Discorsi per la libertà
eBook - ePub

Discorsi per la libertà

  1. 192 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Discorsi per la libertà

Informazioni su questo libro

"L'Italia è il Paese che amo.... Qui ho appreso la passione per la libertà." È con queste parole che Silvio Berlusconi è "sceso in campo" nel 1994, presentandosi agli italiani e dichiarando da subito il suo credo profondo. Il tema della libertà è diventato poi, nel corso della lunga carriera politica, argomento fondante del suo operare, con la devozione dovuta a qualcosa di prezioso e inviolabile, tanto da fargli affermare: "La libertà va custodita come una religione. È la nostra religione laica". In queste pagine sono stati raccolti alcuni fra i discorsi più significativi tenuti da Silvio Berlusconi nel corso degli anni, riguardanti la politica interna e internazionale, il cui leitmotiv fosse, appunto, quello della libertà. Tante sono le occasioni in cui ha espresso il proprio pensiero, diversi i pubblici a cui si è rivolto e le sedi in cui ha pronunciato questi discorsi - dalle aule parlamentari al Congresso degli Stati Uniti, dalla Knesset di Gerusalemme ai paesi dell'Abruzzo terremotato - ma in tutti la difesa della libertà è propugnata come "la missione più alta e più nobile, la più entusiasmante che ci sia".
Sono parole sentite, pronunciate con tono vibrante, che aiutano a delineare la figura politica di Silvio Berlusconi uomo, imprenditore, politico e statista.
"La libertà è come l'aria: soltanto quando manca comprendiamo veramente quanto sia indispensabile. È come la salute: a cui non pensiamo quando stiamo bene, quando ci sentiamo forti e sani. Ci si accorge della libertà soltanto quando comincia a mancare. È come la pace, soltanto quando c'è la guerra, o solo quando c'è il pericolo di una guerra, la invochiamo.... La libertà è l'essenza dell'uomo, l'essenza della nostra intelligenza e del nostro cuore, l'essenza della nostra capacità di amare e di creare e Dio, fin dalle origini, ha voluto l'uomo così: lo ha voluto libero!"

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Discorsi per la libertà di Silvio Berlusconi in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Politics & International Relations e Political Ideologies. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Discorso di apertura al primo
congresso nazionale di Forza Italia

Milano, 16 aprile 1998

Saluto ai partecipanti
Grazie, grazie di cuore a tutti, grazie davvero. Se avete deciso di impedirmi di parlare attraverso lo strumento della commozione ci siete riusciti! A tutti un saluto cordialissimo.
Credo di interpretare il desiderio di tutti i congressisti nel salutare innanzi tutto le delegazioni straniere, le delegazioni dei partiti che in Europa condividono i nostri valori e i nostri principi: grazie di essere qui.
Voglio ringraziare anche le delegazioni dei partiti italiani che sono con noi. Mi scuso con qualcuno di loro ma, come vedete, non siamo ancora abbastanza avanti nell’apprendimento della politica: riusciamo ancora a essere sinceri!
Abbraccio tutti voi, delegati e dirigenti di Forza Italia che siete qui oggi. Ma vorrei anche abbracciare idealmente tutti i nostri simpatizzanti, tutti i nostri militanti che qui non sono, tutti i nostri elettori, quegli otto milioni di elettori, un esercito di donne e di uomini liberi, che vogliono restare liberi, che sono rimasti con noi, che ci sono stati sempre vicini nei momenti felici e nei giorni difficili!
Il nostro primo congresso
Siamo qui, finalmente, al primo congresso nazionale di Forza Italia. A qualcuno dei molti critici che abbiamo non sembrerà neppure vero, e forse gli dispiacerà, perché il partito che non c’è, il partito di plastica, il partito virtuale, il partito aziendale, improvvisamente e incontestabilmente c’è!
Forza Italia esiste, resiste e cresce. Gli elettori di Forza Italia esistono, resistono e crescono!
Dopo aver ottenuto, passando attraverso il fuoco di molteplici competizioni elettorali, i voti di milioni e milioni di italiani, dopo essersi dato uno statuto democratico e moderno in oltre venti assemblee, dopo avere raccolto le adesioni di centoquarantamila azzurri, dopo aver dato vita a centodiciassette congressi in tutte le province e le principali città d’Italia, dopo aver eletto oltre tremila dirigenti e delegati a questo congresso, Forza Italia, il partito che non c’è, è qui, in carne e ossa, con la sua classe dirigente a rappresentare i suoi elettori, che crescono, se è vero, come è vero, che negli ultimi sondaggi, quelli seri, quelli veritieri – non quelli fatti apposta per penalizzarci e per diminuirci – l’indicazione di voto è per il 23,4 per cento in favore di Forza Italia. Questo significa che oggi quasi un italiano su quattro intende votare per Forza Italia!
Forza Italia: un movimento politico fondato sui valori
e sui programmi
La domanda che ci viene spesso rivolta è: «Ma che partito siete?». Forse dobbiamo rivolgercela anche tra noi questa domanda: ma che partito siamo, qual è il partito che siamo venuti costruendo tutti insieme durante questi quattro anni (che a guardarli da qui sembrano molti di più: sembrano quasi un secolo per le fatiche che ci sono costate, per le gioie ma anche per il calvario che ci hanno portato)?
Era la fine del 1993. L’Italia aveva conosciuto il fenomeno di Tangentopoli e aveva visto penalizzata tutta, o quasi tutta, la classe dirigente dei partiti democratici occidentali. La Procura di Milano aveva colpito indirizzando molto bene i suoi colpi. Erano stati eliminati praticamente tutti i piccoli partiti: il Partito liberale italiano, il Partito socialdemocratico, il Partito repubblicano, il Partito socialista. Anzi, non tutto il Partito socialista, ma gli esponenti che non erano di sinistra del Partito socialista, e la stessa cosa era avvenuta per la Democrazia cristiana. La sinistra aveva fatto approvare una nuova legge elettorale, della quale si fecero le prove con le elezioni amministrative dell’autunno. Con il 34 per cento dei voti la sinistra riuscì a conquistare l’80 per cento dei Comuni. La sinistra chiese quindi al capo dello Stato di sciogliere le Camere e di indire nuove elezioni; lo ottenne, e in molti cominciammo a preoccuparci perché vedemmo che i partiti moderati, o meglio quello che era rimasto dei partiti moderati, non avevano capito che, per competere con quella nuova legge, bisognava sommare voto a voto, come aveva fatto benissimo la sinistra. Antichi odi, antipatie, rancori li dividevano, e quindi non riuscirono a trovare un accordo.
Ricordo benissimo di avere fatto dei sentieri alla volta di questi protagonisti, cercando di convincerli a ragionare. Vi ricordate anche l’accordo tra la Lega e il Patto Segni, che poi la Lega mandò all’aria?
Ci sentimmo quasi costretti, in quel frangente, a cercare una soluzione. Era difficile trovare il coraggio: ricordo ancora quanti dubbi, quanti interrogativi, quante discussioni, quante notti passate a occhi aperti... e questo coraggio non ci veniva, dobbiamo confessarlo. Poi lo trovammo, fu con noi, è rimasto con noi in questi quattro anni, è ancora qui presente e sarà con noi da qui in avanti!
Voglio rendere un omaggio. Ho la soddisfazione di avere qui tra il pubblico per la prima volta la persona che, pur essendo contraria a questa decisione, un giorno venne a trovarmi e mi disse: «Se senti il dovere di farlo, devi trovare il coraggio di farlo!». Ho avuto la fortuna di avere come madre una persona così!
Allora ci decidemmo, guardammo a qual era il sentimento del Paese, a qual era il sentimento soprattutto degli elettori che avevano votato per i partiti democratici, e che improvvisamente non si sentivano rappresentati.
C’era nell’aria una grande paura, un grande timore, si pensava che il futuro dell’Italia potesse essere un futuro illiberale e soffocante se i comunisti di prima e di dopo fossero andati al governo. Ma c’era anche una grande voglia di cambiamento, una voglia di rinnovamento del modo stesso di fare politica, una voglia di rinnovamento morale, una voglia anche del modo di esprimersi della politica in una maniera diversa. Non più quel linguaggio da templari che nessuno capiva: si sentiva il bisogno di un linguaggio semplice, comprensibile e concreto.
Noi, forse aiutati dall’esperienza che avevamo nel tenere i rapporti con il pubblico, nel capire i desideri del pubblico, riuscimmo a interpretare quel desiderio di concretezza e di cambiamento e, una volta presa la decisione di dare vita a una nuova formazione politica, ci mettemmo a lavorare a un programma, per dare una risposta concreta a ciò che la gente si attendeva, un programma che partiva da quelli che erano i nostri intimi sentimenti, la nostra considerazione di che cosa doveva essere per noi lo Stato. Non certo lo Stato Moloch, lo Stato partito, lo Stato autoritario, quello Stato che ritiene di essere la fonte e il fondamento stesso dei diritti dei cittadini, e che può quindi, se lo ritiene, a un certo momento opportuno, ridurli o addirittura arrivare a calpestarli.
Noi pensavamo, come pensiamo ancora oggi, che lo Stato dovesse essere uno Stato amico, che avesse come primo compito quello di garantire ai cittadini l’esercizio dei loro diritti, uno Stato quindi al servizio dei cittadini, non uno Stato che pretendesse dai cittadini che loro fossero al suo servizio. Avevamo nel cuore anche i sentimenti profondi che derivavano dalla nostra tradizione cristiana, dal nostro pensare liberale; quei valori, quei principi che non sono astrusi e complicati, ma sono quelli di tutte le grandi democrazie occidentali.
Con quei principi e con quei valori ci accingemmo a scrivere il nuovo programma. Ci aiutò anche qui l’esperienza che avevamo del mondo del lavoro: su una pagina fotografammo i diversi problemi e sull’altra pagina ci inventammo delle soluzioni. Qualche soluzione non ce la inventammo, ma guardammo all’esperienza di quei Paesi che erano usciti da gravi situazioni di crisi: l’Inghilterra della signora Thatcher, i risultati ottenuti dal presidente Reagan nei suoi otto anni di amministrazione in America.
Venne fuori un programma organico e articolato. Lo presentammo a coloro che stavamo individuando come nostri candidati. Ne trovammo in poco tempo trecento, di grande qualità umana e di elevato spessore culturale e professionale.
Senza saperlo avevamo inventato il partito programmatico, il partito di programma che è il contrario dei partiti tradizionali, dei partiti ideologici, quelli che nascono da un’ideologia consolidata e da un gruppo organizzato di militanti, quelli, per intenderci, che non tengono in gran conto il programma, che anzi lo considerano carta straccia, come vediamo stanno facendo ora i partiti che sono al governo del Paese.
Ma non avevamo intenzione di fare di Forza Italia un vero partito, pensavamo che fosse giusto continuare a essere un comitato elettorale che chiamasse a raccolta i suoi elettori al momento delle elezioni. Anche dopo avere vinto le elezioni ed essere stati al governo continuammo a pensarla così.
Volevamo continuare a restare liberi dai vincoli di un’organizzazione, pensavamo che fosse giusto proseguire così, pensavamo addirittura che non fosse opportuno partecipare alle elezioni amministrative perché non eravamo sicuri di poter individuare, in tutti i Comuni, dei candidati che ci dessero sicure garanzie di rispettare quell’onestà, quel disinteresse nella gestione della cosa pubblica che avevamo messo in testa ai nostri imperativi categorici.
Fummo comitato elettorale per le elezioni europee del 1994, per le elezioni regionali del 1995 e ancora per i referendum del 1995. Cominciammo a cambiare idea quando vedemmo che era elevatissimo il numero delle schede recanti il voto per Forza Italia che venivano annullate. Cambiammo definitivamente idea quando vedemmo quante schede furono annullate nelle elezioni politiche del 1996. Pensammo che fosse necessario avere in tutti i seggi persone attrezzate professionalmente per controllare gli scrutini, e quindi demmo il via alla costruzione di un’organizzazione. Dovemmo cambiare lo statuto (furono necessari un po’ di mesi) e convocare molte assemblee: finalmente l’anno passato potemmo aprire le adesioni a Forza Italia. Raccogliemmo, come ho ricordato, centoquarantamila adesioni, e nell’autunno potemmo così chiamare a raccolta i nostri azzurri nei congressi delle varie province e delle varie città italiane. Da quei congressi uscirono i dirigenti locali, usciste voi, delegati al congresso.
Ed eccoci qui a questo congresso nazionale, che abbiamo preparato e costruito come un vero e proprio congresso programmatico.
Siamo partiti da quei quarantacinque punti del 1994 che sono diventati poi cento nel 1996. Abbiamo consegnato il nostro programma ai nostri dipartimenti. Quattromila persone in tutta Italia, divise in venti dipartimenti per venti differenti materie, hanno analizzato il nostro programma, hanno approfondito i vari punti, hanno discusso le soluzioni, l’hanno ampliato, l’hanno arricchito, l’hanno migliorato.
Oggi arriviamo a questo congresso con il contributo di questi venti dipartimenti che sono passati attraverso convegni di lavoro provinciali, regionali e infine nazionali, e hanno offerto alle commissioni che lavoreranno sul programma le idee guida per la discussione e per quelle tesi che poi, sabato mattina, saremo chiamati tutti insieme a votare, e che costituiranno per noi la Bibbia, il Vangelo, l’impegno per la nostra azione politica nei confronti dei nostri elettori. Un congresso quindi, questo nostro, molto diverso da quelli dei partiti tradizionali.
Di recente abbiamo assistito alle assise fiorentine della Cosa Due: uno spettacolo di politica politicante, dove tra il Pds e sigle inesistenti si è discusso per creare il terzo doppione del Partito comunista italiano, per la terza volta! Un vero eterno ritorno all’identico, un eterno ritorno dell’identico!
Cominciamo dunque i nostri lavori, i lavori di questo nostro partito che, se volessimo definirlo come lo definirebbero gli studiosi di politica, dovremmo chiamare «un partito di valori e di programma». Se volessimo collocarlo «geograficamente» diremmo che è assolutamente un partito di centro; il centro del sistema politico italiano.
È un partito liberale ma non elitario, anzi: un partito liberaldemocratico popolare; è un partito cattolico ma non confessionale; è un partito laico ma non intollerante e laicista; è un partito nazionale ma non centralista. È, insomma, un partito che vuole darsi un nome molto semplice e che, per quello che pensiamo noi, sarebbe lieto di essere chiamato in modo molto semplice: il partito della gente, il partito della gente di buon senso, di buona volontà, il partito degli italiani che portano nel cuore un grande amore per gli altri e per il proprio Paese, il partito degli italiani che amano la libertà. Forza Italia, forza di libertà!
Vorrei ricordare a tutti le nostre commissioni di lavoro: sono otto. La prima si intitola «Economia italiana: la sfida, l’inganno, le speranze», sui problemi dell’economia presenti e futuri, relatore sarà Antonio Marzano. La seconda: «Lo Stato: restituiamolo ai cittadini», relatore Giuliano Urbani. La terza: «Libertà di lavoro, libertà dal bisogno», relatore Renato Brunetta. La quarta: «La formazione di uomini liberi», relatore Vittorio Mathieu. La quinta: «Italia nel mondo», relatore Antonio Martino. La sesta: «In nome della legge», relatore Marcello Pera. Per la questione centrale della politica, non soltanto italiana, di oggi e di domani, la settima: «La questione federale», relatore Giulio Tremonti. Infine l’ottava, quella a cui io cercherò di partecipare, se me lo consentiranno, la commissione delle nostre azzurre: «Più azzurre, più libertà, più democrazia», che ha come relatrice Tiziana Majolo. A tutti, buon lavoro.
Le nostre radici
Ci riuniamo ricordando il 18 aprile 1948. Quel giorno il popolo d’Italia, il popolo del Nord e del Sud, scelse l’Occidente, scelse la libertà!
Noi non siamo certo tra quelli che pensano che la storia della nostra Repubblica sia una storia negativa, una storia di criminalità. E non siamo neppure tra quelli che criticano coloro che hanno portato, proprio cominciando da quel giorno, la libertà, la democrazia, il senso di appartenenza all’Occidente nel nostro Paese. Noi, al contrario, ricordiamo con gratitudine i protagonisti di quell’evento, di quella storia, che hanno garantito a tutti noi cinquant’anni di libertà nella democrazia, nel progresso e nel benessere. I nomi li conosciamo: Alcide De Gasperi, Giuseppe Saragat, Luigi Einaudi, Randolfo Pacciardi, Ugo La Malfa.
Quelle sono le nostre radici e per questo, per ricongiungerci al punto sano e forte delle origini della libertà e della democrazia in Italia, abbiamo voluto celebrare questa festa come la nostra festa. I democristiani hanno detto che è soltanto la loro festa. Non è vero. Nel voto del 18 aprile si riconobbero tutte le posizioni politiche e culturali che non erano socialcomuniste, e lo stesso De Gasperi interpretò quel voto non come la vittoria del partito democristiano ma come la vittoria di tutto il governo di centro.
Il 18 aprile fu l’unità dei liberi e forti, degli italiani che non volevano i comunisti al governo. Se il 25 aprile 1945 segna la fine del nazifascismo, il 18 aprile 1948 è la data in cui nasce in Italia la democrazia e la libertà.
Noi, nel 1994, nel 1996, e ancora oggi, abbiamo ritrovato e rappresentiamo il popolo del 18 aprile, quel popolo che si è riconosciuto e si riconosce in noi per i medesimi valori del 1948: la democrazia, la libertà, l’Occidente. Allora c’era un Partito comunista che aveva in sé molte voglie circa una possibile occupazione armata delle istituzioni; lo fermò Stalin, che non volle violare gli accordi di Yalta sulla spartizione del mondo in due zone di influenza. Allora i comunisti nel mondo inseguivano ancora l’utopia dell’uomo nuovo, quell’utopia che condusse a un fatto che non si era mai verificato prima nella storia: la violenza attuata da uno Stato contro il proprio popolo, l’annientamento di milioni e milioni di donne e di uomini per distruggere l’identità e la memoria storica di un intero popolo, per creare l’uomo nuovo, per fare entrare popoli interi in un sistema che era il contrario del messaggio cristiano e liberale sul valore infinito della persona.
Questo fu il comunismo nel mondo. Gli eredi del Pci che oggi ci governano, tutti, accettarono e applaudirono quel modello. Oggi i postcomunisti, caduta quella tragica illusione, non vogliono più cambiare l’uomo, ma vogliono comunque controllare la società e fanno fatica a liberarsi da certi metodi che sono connaturati a quella ideologia: il discredito sistematico e continuativo, anzi la demonizzazione degli avversari politici, l’utilizzo della giustizia politica per combattere e possibilmente eliminare gli avversari politici, la volontà di realizzare un sistema di potere difficilmente reversibile. Questo è il fine che stanno perseguendo.
Non lo diciamo noi: lo avvertono gli italiani, lo pensano e lo temono gli italiani che ci votano, lo sentivano gli italiani che ci votarono già nel 1994.
Il nostro primo governo
Abbiamo appena ricordato che riuscimmo in soli due mesi nel miracolo di stendere un programma e di mettere insieme trecento candidati. Riuscimmo, per la verità, in un altro miracolo, a conciliare quello che sembrava inconciliabile: Alleanza nazionale, che era radicata nel Centro e nel Sud dell’Italia, e la protesta del Nord, la Lega Nord. Riuscimmo a creare con loro il Polo delle Libertà e del Buongoverno. E venne il terzo miracolo, partecipammo alle elezioni, le vincemmo, avemmo dal popolo italiano l’onore e l’onere di governare.
Andammo al governo con beata innocenza, credendo che la sovranità fosse veramente del popolo, e che bastasse essere eletti per poter governare davvero. Vi ricordate tutti cosa si scatenò contro di noi, la santa alleanza dei poteri forti: mai nessun governo fu messo di fronte a tante difficoltà.
Governammo ugualmente, impegnandoci a fondo con estrema coerenza, cercando di trasformare in azione politica quanto avevamo scritto nel nostro programma; producemmo le leggi che dal nome di chi le propose si chiamarono «leggi Tremonti». L’economia prese respiro; fiducia ed entusiasmo conquistarono molti imprenditori italiani e i risultati vennero. Dobbiamo ricordarceli: si incrementò il prodotto nazionale, si incrementarono le entrate dell’erario senza che noi avessimo introdotto nessuna nuova tassa, nessuna nuova imposta, nessun aumento delle aliquote delle imposte esistenti. Diminuirono per la prima volta dopo tanti anni le spese dello Stato, diminuì di due punti la pressione fiscale.
Mettemmo in pratica, in poche parole, quell’equazione che era, e che è, l’idea guida del nostro programma economico, che tutti conoscete bene: l’equazione del benessere, dello sviluppo, l’equazione di Forza Italia per dare forza all’Italia. Meno Stato (lo Stato deve dimagrire), meno tasse sul lavoro e sulle imprese, che significa più competitività, più sviluppo, più lavoro e quindi maggiori entrate d...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Discorsi per la libertà
  3. Discorso della «discesa in campo»
  4. Dichiarazione programmatica del primo governo Berlusconi
  5. Discorso di apertura al primo congresso nazionale di Forza Italia
  6. Discorso nel decennale della caduta del muro di Berlino
  7. «La libertà è l’essenza dell’uomo» Convegno dei giovani del Ppe
  8. Dichiarazione programmatica del secondo governo Berlusconi
  9. Discorso al Congresso degli Stati Uniti d’America
  10. Dichiarazione programmatica del quarto governo Berlusconi
  11. Discorso di apertura al primo congresso nazionale del PdL
  12. Insieme, per ricostruire
  13. Una rinnovata amicizia. Intervento alla Knesset
  14. Postfazione di Gianni Baget Bozzo Il Berlusconismo
  15. Copyright