«Chiara, andiamo a fare due passi in riva al mare?»
«Mmh... In verità sono un po’ stanca...»
È l’estate del 2005. Siamo in Sardegna: Capo d’Orso.
Mare caraibico (più o meno), spiaggia bianca (quasi...), sole accecante. Coppie che giocano a racchettoni con le caviglie nell’acqua, bambini che si rincorrono sulla battigia, adulti che si tuffano tornando bambini, africani che cercano di vendere asciugamani a donne sdraiate... sull’asciugamano, corpi abbronzatissimi lucidi d’olio, tressette, scopone e scala sui tavolini del baracchino, musica tunz tunz da una radio in lontananza e coccobello coccobello che aleggia su tutto e tutti.
E poi ci sono io, Chiara, la ragazza grassottella seduta sotto l’ombrellone in terza fila.
Ho detto grasottella? Mi correggo prego: leggermente sovrappeso.
Comunque sia, ho davanti quindici giorni di meritato relax con le amiche.
Finalmente inizia la vacanza!
«Chiara! Affittiamo le bici e andiamo a cercare qualche spiaggetta nascosta?»
«Le bici? Ma no dài, stai scherzando?! Sono stanchissima.»
«Chiara, prendiamo il pedalò e arriviamo fino all’isolotto?»
«Sì, e chi pedala? Io son stanca.»
«Sei stanca? Ma se anche oggi sei stata tutto il giorno a fare il solitario sotto l’ombrellone!»
«Boh, sai come si dice: “Il mare stanca”. Ecco, sono stanca...»
«Dài Chiara, facciamoci una nuotata! Va’ che mare...»
«Non me la sento... mi metto qui all’ombra e mi faccio un solitario. Sono un po’ stanchina...»
«Chiara, poi non ti lamentare che non c’hai il fidanzato, se non esci mai la sera! Ci mettiamo carine, ci sediamo in un pub, ci beviamo una birretta, attacchiamo bottone con qualcuno...»
«Ma... io veramente andrei a letto.»
«Appunto! A letto con qualcuno!»
«A letto per dormire! Stupide! Dài, son stanca.»
«Chiara, andiamo in disco stasera?» «Chiara, facciamo l’alba?» «Guardiamo sorgere il sole e poi cappuccino e brioche?» «Chiara, affittiamo la canoa e andiamo a fare il bagno nella grotta azzurra?» «Peschiamo i ricci, Chiara! Dài Chiara!» «Ci beviamo una caipirosca al baracchino, Chiara!» «Facciamo l’acquagym!» «Il corso di sub!» «Organizziamo un falò sulla spiaggia con grigliata e cento invitati!» «Eh Chiara! Dài Chiara! Dài Chiara! Dài! Dài! Chiara! Chiara! Chia-ra! Chia-ra! Chia-ra! Chia-ra!»
«No. No! NOOO!!! Sono stanca. Stanca. Stanca... non ce la faccio più: voglio dormire... voglio l’ombrellone! Anzi no! Voglio il divano, sì, il divano di casa mia! Anzi no: il divano di casa di mia madre, sì... ecco, il divano di casa di mia madre. A Pordenone. Col silenzio, le tapparelle abbassate per metà e il ventilatore acceso al minimo, il bicchiere d’acqua sul comodino e il telecomando in mano o un libro, ecco un libro! Pace... pace e sonno... il divano di casa di mia madre e sì... dormire... sì... dormir... dorm...
Finalmente... la vacanza... è finita!!!
«Chiara, alzati da quel divano! Alza quel culo! Hai ventisei anni: vai a farti un giro, vai a trovare un’amica, prendi la bicicletta...»
Bastaaaaa!
Mia madre, al ritorno da quella vacanza pensava fossi depressa.
«Mamma, non sono depressa. Sono stanca. Lo volete capire tutti quanti? Sono stanca, stanca! Sono pigra, va bene? Stanca, stanca e pigra va bene? Lasciami dormire! Sono stanca di dirvi che sono stanca! E non mi fare incazzare!... Che mi stanco!»
Andava così. Un giorno sì e un giorno no. Ho passato l’estate a riposare e a rifiutare: inviti, proposte, serate, uscite, gite.
Era l’estate del 2005. L’estate dei miei ventisei anni.
L’estate dei primi sintomi della mia malattia.
Quell’estate, mia sorella Elena, mentre in tutte le radio imperava il tormentone I bambini fanno “oh”, scelse di abortire al quarto mese.
Quell’estate Peppino Patroni Griffi, il regista dello spettacolo di cui stavo per cominciare le prove, venne ricoverato d’urgenza in ospedale, dopo il primo incontro con la compagnia.
Quell’estate, poco prima dell’inizio delle prove, una telefonata mi avvisò che il più caro amico di una mia collega si era suicidato all’improvviso.
Quell’estate la Morte strizzava l’occhio. All’improvviso.
E io... ero sempre più stanca.
Improvvisamente l’estate scorsa! È il titolo dello spettacolo che stavamo preparando.
Ah sì! Non ve l’ho detto! A vent’anni mi sono trasferita a Milano per studiare recitazione alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano! Da allora vivo nel ridente capoluogo lombardo e... faccio l’attrice! Yuppi!
Cioè, sono un’attrice! Cioè, sono Chiara ma faccio l’attrice, ci provo almeno, a fare l’attrice. Ok, lo ammetto, ogni tanto sono un’attrice e faccio Chiara. Insomma... come tutti no? Ci sei o ci fai? Ecco. Comunque, dicevo:
IMPROVVISAMENTE L’ESTATE SCORSA
di Tennessee Williams
Regia di Giuseppe Patroni Griffi
Con (dopo un lungo elenco di nomi in ordine di importanza): Chiara Stoppa!
«Signori! Stasera si debutta, mi raccomando eh!»
Il giorno della prima il direttore di scena del teatro di Roma è imperlato di sudore, se ne va in giro per i camerini incitando gli attori e ripetendo ossessivamente la stessa frase: «Stasera si debutta! Mi raccomando!».
Le ore che precedono l’apertura del sipario sono come la corrida di Pamplona. Gente che corre mezza svestita su e giù per i corridoi dei camerini, quello che all’ultimo momento non trova questo o quell’altro fondamentale oggetto di scena, l’assistente alla regia che schizza tra le quinte, da una parte all’altra del palco, per assicurarsi che tutto sia al suo posto, i tecnici che controllano un’ultima volta le luci, i macchinisti che ripassano la sequenza delle scene, e gli attori! Gli attori! Che ripetono la loro parte tra i denti come un branco di rinchiusi di un reparto psichiatrico, parlano da soli, pregano, si concentrano, fanno esercizi di respirazione, solfeggi con la voce, ogni genere di gesto scaramantico... tutto un affaccendarsi, un agitarsi per sfogare la tensione, un agitarsi per lenire l’ansia, un agitarsi per non pensare, un agitarsi... per calmarsi!
Così fino a mezz’ora prima dello spettacolo, quando il pubblico sta già entrando in sala, e il direttore di scena ci riunisce tutti nel retropalco: «Signori, ci siamo!», come un allenatore che arringa la sua squadra prima della finale. «Stasera è la prima!», come William Wallace che arringa i suoi guerrieri scozzesi, però... in romanaccio stretto: «E m’ariccomanno all’applausi. Dimo ar pubblico che Peppino Patroni Griffi sta ancora male ma che j’auguramo de tornà presto tra de noi. M’ariccomanno! Che so’ du’ mesi che stamo a provà... famolo bbene ’sto spettacolo! Che quanno Peppino torna je famo trovà ’na rappresentazione coi fiocchi. Vabbene? Stasera c’è ’a prima! Forza, daje tutti!».
Il discorso fa effetto e lascia tutti gasati e pronti all’attacco. Ci alziamo all’unisono per andare ai nostri posti di combattimento quando il direttore ci richiama: «Ah, un’ultima cosa: Chiara!». Ci fermiamo e torniamo a voltarci verso il nostro coach. «Tutto bene, Chiara? Tutto a posto? Te vedo stanca...» Non faccio a tempo a rispondere che per fortuna il nostro direttore/allenatore/William Wallace è già tornato a incitare il gruppo con l’augurio propiziatorio del teatrante: «Merda eh!!! Me raccomando eh! Merda a tutti signori! Merda merda merda!».
È un successone! Una prima coi fiocchi! Peppino Patroni Griffi ne sarebbe stato entusiasta! Tutti contenti! Anzi contentissimi. Non appena si chiude il sipario gli attori, i tecnici, i macchinisti si battono il cinque, si abbracciano e si congratulano a vicenda! Tra i camerini circola l’adrenalina del “dopo debutto”. Tutti euforici, pieni di energia, tutti pronti per affrontare le gozzoviglie e i festeggiamenti della notte romana di fine settembre.
Io invece... sono un relitto.
«Che c’è dolcezza, non sei contenta? Sorridi!»
Laura, prima attrice della compagnia, tacco dodici, rimmel, mascara e rossetto sempre perfettamente curati; alla moda, sgargiante, luminosa. Le manca solo il barboncino bianco al seguito e poi sarebbe l’immagine perfetta della “primadonna” d’altri tempi.
Ne sono letteralmente innamorata.
La conobbi anni fa, mentre ancora studiavo recitazione. All’epoca facevo la maschera al Piccolo Teatro come tutte le matricole della scuola e ogni sera vedevo e rivedevo lo stesso spettacolo. Non ricordo quale fosse il titolo, ricordo però che Laura ne era la protagonista indiscussa. Divenne subito il mio mito, un riferimento, il punto a cui tendere.
Quando, anni dopo, una volta sostenuto il provino per Improvvisamente l’estate scorsa ho scoperto che la protagonista dello spettacolo a cui stavo per prendere parte sarebbe stata lei... fu per me una benedizione.
Siamo diventate subito strettissime amiche. Non era assolutamente la donna vezzosa e capricciosa che appariva a uno sguardo superficiale (tutta invidia! tiè!), e non mi importava se qualcuno alle mie spalle diceva che Laura mi aveva semplicemente eletto a sua dama di compagnia. Ero felice di stare accanto a una donna come lei.
«Che c’è dolcezza, non sei contenta? Sorridi!!!»
... Poi, be’, sì, Laura è un’entusiasta e, se le sei accanto... devi esserlo anche tu.
«Sì, sì, Laura, contenta... anzi contentissima... ma...»
«Dolcezza! Adesso basta con ’sta storia che sei sempre stanca! È dall’inizio delle prove che ti lamenti che sei stanca! Su! Forza! Reagisci!»
«Sì, è che... non riesco nemmeno a fare due rampe di scale...»
Il camerino del teatro di Roma è al primo piano e quando lo raggiungo ho l’affanno e le gambe molli. Rimango a prendere fiato mentre contemplo la mia immagine davanti allo specchio dell’armadio.
Son proprio fuori all...