Cose fragili
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Cose fragili

  1. 372 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Cose fragili

Informazioni su questo libro

Un circo misterioso terrorizza il pubblico con una performance straordinaria prima di svanire nella notte, portando con sé uno spettatore… Due anni dopo American Gods, Shadow va a visitare una vecchia villa scozzese e si trova intrappolato in un gioco pericoloso di mostri e omicidi… In un'Inghilterra vittoriana appena un po' alterata, Sherlock Holmes si trova alle prese con il più inquietante delitto della corona mai registrato dalla storia… Due ragazzini si intrufolano in una festa e incontrano le ragazze dei loro sogni – e dei loro incubi… I membri di un esclusivo club epicureo si lamentano perché hanno ingerito qualsiasi cosa gli fosse possibile ingerire, tranne il leggendario, rarissimo ed eccezionalmente pericoloso uccello d'Egitto… Un incalzante succedersi di invenzioni – compresa un'avventura ambientata nel mondo di Matrix – affolla questa raccolta che contiene esattamente il tipo di storie che ci si aspetta da Neil Gaiman: brillanti, originali, fantasiose, capaci di fare un salto dall'horror al gotico, di mettere un piede tra i fantasmi e le paure dell'infanzia. Mescolando mitologia e filosofia antica con l'umorismo più pop, queste storie raccontano mondi dove niente è come sembra e c'è sempre il rischio di inciampare in qualche imprevisto, di imbattersi in una vecchia conoscenza, per poi ritrovarsi a casa, confortati dal riconoscere il più puro Gaiman in ogni pagina.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
Print ISBN
9788804643548

Il sovrano del Glen

Una novella di American Gods

Lei stessa è una casa abitata da spettri. Non è padrona di sé; di tanto in tanto i suoi antenati ritornano e scrutano dalle finestre dei suoi occhi, e quella è un’esperienza terrorizzante.
ANGELA CARTER, La signora della casa dell’amore
I
«Secondo me» disse l’omino a Shadow «lei è una specie di mostro. Giusto?»
Erano le uniche presenze, a parte la barista, al bar di un hotel in una cittadina sulla costa settentrionale della Scozia. Shadow era seduto per conto suo, e stava bevendo una birra, quando quel tipo era venuto a sedersi al suo tavolo. Era la fine dell’estate, e Shadow aveva l’impressione che ogni cosa fosse fredda e piccola e umida. Aveva di fronte a sé un libro con “piacevoli itinerari locali”, e stava studiandosi una passeggiata da fare il giorno seguente, lungo la costa, verso Cape Wrath.
Chiuse il libro.
«Sono americano» disse Shadow «se si riferisce a questo.»
L’omino inclinò la testa, e fece un occhiolino molto teatrale. Aveva capelli grigio acciaio, faccia grigia, giacca grigia, e l’aria dell’avvocatucolo di provincia. «Sì, forse è a questo che mi riferivo» disse. Shadow aveva avuto qualche problema a capire l’accento scozzese, da quando era lì, con tutte quelle erre rotanti e trilli e parole strane, ma capire quest’uomo non era affatto difficile. Ogni cosa che diceva era precisa e croccante, ogni parola enunciata con tanta perfezione che a Shadow sembrava di essere lui quello che parlava con la bocca piena.
L’omino sorseggiò il suo drink e disse: «Così lei è americano. Sesso, soldi e adesso Scozia. Eh? Trivella?».
«Scusi?»
«Petrolio? Sta su quelle grandi piattaforme da trivellazione? Ogni tanto qua arrivano quelli del petrolio.»
«No, non trivello.»
L’omino tirò fuori di tasca una pipa e un coltellino, e iniziò a svuotare il fornello. Poi lo scosse nel posacenere. «In Texas il petrolio ce l’hanno, sa» disse, come se confidasse un gran segreto. «Il Texas è in America.»
«Sì» ammise Shadow.
Pensò di dire qualcosa tipo che i texani pensavano che il Texas fosse in Texas, ma sospettava di doversi poi mettere a spiegare la battuta, e quindi lasciò perdere.
Erano quasi due anni che Shadow era lontano dall’America. Era via quando erano cadute le torri. Ogni tanto si diceva che non ci teneva affatto a tornare, e ogni tanto ci credeva quasi. Due giorni prima era arrivato sulla terraferma scozzese, a Thurso, con il traghetto dalle Orcadi, e aveva raggiunto con l’autobus la cittadina in cui si trovava adesso.
L’omino parlava ancora. «E c’è questo petroliere texano, ad Aberdeen, parla con un vecchio che ha conosciuto al pub, proprio come io e lei adesso, e insomma si mettono a parlare, e il texano dice: In Texas io al mattino mi alzo, prendo la macchina – non cercherò di imitare l’accento, se non le spiace – metto in moto, schiaccio l’acceleratore, come lo dite voi…»
«Do gas» lo aiutò Shadow.
«Giusto. Do gas a colazione, e all’ora di pranzo non sono ancora arrivato al confine delle mie proprietà. E il vecchio scozzese fa un cenno con la testa e dice: Sì, ce l’ho avuta anch’io una macchina così.»
L’omino segnalò con una risata rauca la fine della barzelletta. Shadow sorrise e annuì, per indicare che l’aveva capita.
«Cosa beve? Birra? Porta qualcosa anche a me, Jennie, tesoro. Un Lagavulin.» L’omino caricò di tabacco la pipa. «Lo sa che la Scozia è più grande dell’America?»
Quella sera quando Shadow era sceso al bar dell’albergo non c’era nessuno, solo la barista magra che leggeva il giornale e fumava una sigaretta. Era venuto per sedersi accanto al camino, dato che la sua camera era fredda, e le sbarre del termosifone più fredde ancora della stanza. Non si aspettava di avere compagnia.
«No» disse Shadow, sempre disposto a fare la spalla. «Non lo sapevo. Com’è possibile?»
«È una questione di frattali» disse l’omino. «Più si guarda da vicino, più cose saltano fuori. Facendolo nel modo giusto, ci potresti mettere lo stesso tempo ad attraversare l’America e ad attraversare la Scozia. È una cosa così, tipo che tu guardi una carta geografica, e le coste sono linee solide, no? Ma quando le fai camminando, vanno a zig zag dappertutto. L’altra sera ho visto un programma alla tele su questa roba. Bellissimo.»
«Okay» disse Shadow.
L’uomo fece scattare l’accendino, e tirò e soffiò, tirò e soffiò finché fu certo che la pipa fosse accesa, poi si rimise in tasca accendino, coltellino e borsa del tabacco.
«A ogni modo» disse l’omino. «Immagino che lei si fermerà per il weekend.»
«Sì» disse Shadow. «Lei è… dell’albergo?»
«No, no. A dire la verità, ero nella hall quando lei è arrivato. L’ho sentita parlare con Gordon, alla reception.»
Shadow annuì. Quando si era registrato aveva pensato di essere solo nella hall, ma era possibile che l’omino fosse passato di lì. Eppure… c’era qualcosa di sbagliato in quella conversazione. C’era qualcosa di sbagliato in generale.
La barista Jennie posò i bicchieri sul bancone. «Cinque e venti» disse. Riprese il giornale e ricominciò a leggere. L’omino andò al banco, pagò e portò i drink.
«Allora, quanto si ferma in Scozia?» chiese l’omino.
Shadow alzò le spalle. «Volevo vedere com’è. Fare qualche bella passeggiata. Guardare i panorami. Forse una settimana. O forse un mese.»
Jennie posò il giornale. «Siamo in culo al mondo» disse, allegra. «Dovrebbe andare in qualche posto più interessante.»
«Ed è qui che ti sbagli» commentò l’omino. «È in culo al mondo solo se lo guardi nel modo sbagliato. Ha visto la mappa, giovanotto?» Indicò la cartina della Scozia settentrionale punteggiata di mosche che stava appesa al muro. «Sa cos’ha di sbagliato?»
«No.»
«È al contrario!» disse l’uomo, trionfante. «Il nord è in cima. Dice al mondo che lì è dove ci si ferma. Non andate oltre. Lì finisce il mondo. Ma una volta non era così. Questo non era il Nord della Scozia. Era la punta più a sud del mondo dei vichinghi. Sa come si chiama la seconda contea più a nord della Scozia?»
Shadow lanciò un’occhiata alla cartina, ma era troppo lontana per leggere. Scosse la testa.
«Sutherland!» disse l’omino. Mostrò i denti. «La Terra del Sud. Non lo era di certo per il resto del mondo, ma lo era per i vichinghi.»
La barista Jennie si avvicinò. «Vado via un attimo» disse. «Se avete bisogno di qualcosa chiedete alla reception.» Mise un ciocco nel camino e uscì nella hall.
«È uno storico, lei?» chiese Shadow.
«Buona questa» disse l’omino. «Lei sarà anche un mostro, ma è simpatico. Glielo concedo.»
«Non sono un mostro» disse Shadow.
«Eh, i mostri dicono sempre così» rispose l’omino. «Una volta ero uno specialista. Al St Andrews. Adesso faccio il medico generico. Facevo, anzi. Sono più o meno in pensione. Vado in ambulatorio un paio di volte alla settimana, tanto per non perdere l’abitudine.»
«Perché dice che sono un mostro?» chiese Shadow.
«Perché» rispose l’omino, sollevando il suo whisky con l’aria di chi sta per avere l’ultima parola, «anch’io sono una specie di mostro. I simili si attraggono. Siamo tutti mostri, giusto? Mostri magnifici, che si trascinano attraverso la melma della follia…» Bevve un sorso di whisky, poi aggiunse: «Mi dica una cosa, grande e grosso com’è, lei ha mai fatto il buttafuori? “Mi spiace, amico, stasera non si entra, è una festa privata, leva le ancore e togliti di torno.” Queste cose qua.»
«No» disse Shadow.
«Però deve aver fatto qualcosa del genere.»
«Sì» rispose Shadow, che un tempo aveva fatto da guardia del corpo a un antico dio; ma in un altro paese.
«Lei ha per caso, mi perdoni se glielo chiedo, e non la prenda a male, ma lei ha per caso bisogno di soldi?»
«Tutti hanno bisogno di soldi. Ma io sono a posto.» Non era del tutto vero; ma era vero che, quando Shadow aveva bisogno di soldi, il mondo intero si dava un gran daffare per procurarglieli.
«Le interesserebbe guadagnare qualcosa? Come buttafuori. È un gioco da ragazzi. Soldi regalati.»
«In una discoteca?»
«Non proprio. Una festa privata. Affittano una grande casa qua vicino, e arriveranno un po’ da tutte le parti alla fine dell’estate. L’anno scorso, però, tutti si stavano divertendo un sacco, champagne a fiumi, cose così, e c’è stato qualche problema. Sono arrivati dei tipacci. Tanto per rovinare il weekend agli altri.»
«Gente del posto?»
«Non credo.»
«Una cosa politica?» chiese Shadow. Non voleva farsi trascinare nelle beghe politiche locali.
«Assolutamente no. Teppistelli, attaccabrighe, idioti. Comunque. Probabilmente quest’anno non torneranno. Saranno tutti chissà dove a fare una dimostrazione contro le multinazionali. Ma tanto per stare tranquilli, quelli che affittano la casa mi hanno chiesto di trovare qualcuno che possa tenerli a freno. Lei è grande e grosso, proprio come vogliono loro.»
«Quanto?» chiese Shadow.
«È in grado di cavarsela a menare le mani, ci si dovesse arrivare?» chiese l’uomo.
Shadow non rispose. L’omino lo squadrò ben bene, poi fece un mezzo sorriso, mostrando i denti macchiati di tabacco. «Millecinquecento sterline, per un weekend lungo. È una bella cifra. In contanti. Niente tasse.»
«Il prossimo weekend?» disse Shadow.
«Cominciando venerdì mattina. È una casa grande, antica. Una parte era addirittura un castello, secoli fa. A ovest di Cape Wrath.»
«Non saprei» disse Shadow.
«Se lo fa» disse l’omino grigio «passerà un fantastico weekend in una dimora storica, e le garantisco che conoscerà delle persone davvero interessanti. Un lavoretto perfetto per le vacanze. Fossi più giovane. E, be’, molto molto più alto, anche.»
Shadow disse: «Okay», e appena detto, si chiese se lo avrebbe rimpianto.
«Bravo. Le farò sapere i dettagli e il resto.» L’omino grigio si alzò, e diede una lieve pacca su una spalla a Shadow mentre se ne andava. Uscì dal bar, lasciando Shadow da solo.
II
Shadow era in giro da circa diciotto mesi. Aveva attraversato tutta l’Europa ed era arrivato fino all’Africa settentrionale. Aveva raccolto olive e pescato sardine, aveva trasportato merci su un camion e venduto vino sul ciglio della strada. Poi, parecchi mesi addietro, aveva raggiunto in autostop la Norvegia, Oslo, dove era nato trentacinque anni prima.
Non sapeva esattamente cosa stesse cercando. Sapeva solo di non averlo trovato, anche se c’erano stati momenti, sulle alture, sui picchi, davanti alle cascate, in cui era stato certo che quello di cui aveva bisogno fosse subito dietro l’angolo: nascosto da una sporgenza di roccia, o nel bosco di conifere lì accanto.
Era stata comunque una visita profondamente insoddisfacente, e quando, a Bergen, gli avevano chiesto se voleva imbarcarsi come equipaggio su uno yacht che doveva andare a prendere il suo proprietario a Cannes, aveva detto di sì.
Avevano viaggiato da Bergen alle Shetland, e poi fino alle Orcadi, dove avevano passato la notte in un bed &am...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Cose fragili
  3. Introduzione
  4. Uno studio in smeraldo
  5. La danza delle fate
  6. Presiede Ottobre
  7. La camera nascosta
  8. Spose proibite degli schiavi senza volto nella casa segreta la notte del desiderio e del terrore
  9. Il sentiero dei ricordi
  10. Orario di chiusura
  11. Vita da wodwo
  12. Caffè amaro
  13. Gli altri
  14. Tesori e souvenir
  15. Soli si resta facendo i lazzaroni
  16. I fatti relativi alla scomparsa di Miss Finch
  17. Strange little girls
  18. Arlecchino a San Valentino
  19. Riccioli
  20. Il problema di Susan
  21. Istruzioni
  22. Come credi che mi senta?
  23. La mia vita
  24. Quindici arcani dei tarocchi vampiri
  25. Chi nutre e chi mangia
  26. Il morbo del malatista
  27. Alla fine
  28. Golia
  29. Pagine da un diario trovato in una scatola da scarpe lasciata in un autobus Greyhound in un punto qualsiasi tra Tulsa, Oklahoma, e Louisville, Kentucky
  30. Come parlare con le ragazze alle feste
  31. Il giorno dei dischi volanti
  32. L’uccello del sole
  33. L’invenzione di Aladino
  34. Il sovrano del Glen
  35. Crediti
  36. Copyright