Trattennero il fiato nell’ascoltare l’allarme improvviso, il propagarsi immediato dell’agitazione in tutto il campo.
I latrati arrivavano da lontano, e vi fecero subito eco voci di uomini, domande, grida, movimenti tra le tende, sferragliare di armi. Il cavallo stronfiò e scosse la testa.
«Via da qui» ordinò Ari.
Seija prese a Juuso le redini e si rivolse a Britte. «Tieniti forte, qualsiasi cosa succeda, mi raccomando.»
La bambina annuì, con le mani serrate intorno al pomo della sella.
S’incamminarono rapidi nel buio, raggiunsero il bivacco tra le tende dove i saahavi avrebbero dovuto pernottare e lì Ari e Juuso ripresero i loro cavalli equipaggiati. Ari estrasse una spada da un fagotto e la porse a Seija. A pochi passi di distanza, cinque soldati uscirono dalle tende, armati ma con gli elmi di sghimbescio e le casacche allacciate alla bell’e meglio. Uno aveva gli stivali in mano. «Was ist los?»2 Si guardavano intorno, spaesati.
Seija rimase nascosta dietro il cavallo e pregò che nessuno badasse troppo alla figura minuta e incappucciata in sella. Ari invece attirò l’attenzione verso la zona del campo in cui i cani abbaiavano. «Der Feind greift an! Wir müssen ihm den Weg zu unserem Lager versperren.»3
I soldati si girarono subito a guardare, uno di loro imprecò, quello scalzo invocò i santi a mezza voce mentre si infilava gli stivali. Non badarono più ai saahavi e corsero via, in direzione dei cani.
Ari montò in sella. «Andiamo. Da adesso non ci deve più fermare niente.»
«Forse ci attaccano davvero» disse Seija, sistemandosi dietro a Britte. «Là c’è la tenda del principe.»
«Nel giro di perlustrazione non abbiamo trovato traccia dei nemici» rispose Juuso. «Quei demoni non possono essere stati così bravi da nascondere ogni segno, se sono in tanti.»
«Può esserci solo la neihme» disse Ari, «ma non rimarremo qui per scoprirlo. Grazie agli dèi, l’allarme non è da questa parte.»
Nell’incitare il cavallo, Seija sentì ancora di più la vergogna: stava abbandonando il campo nel momento del pericolo e così l’Eroina di Etten tanto declamata usciva di scena con un atto vigliacco. “Non è il momento di pensare alla mia reputazione” si rimproverò in silenzio, ma il senso di colpa non smetteva di punzecchiarla.
Raggiunsero al trotto il limitare delle tende e videro le sentinelle già in agitazione, con le armi spianate, in attesa di capire da dove arrivasse la minaccia. «Was ist los?» chiesero ai saahavi in arrivo.
«Euer Gnade!»4 esclamò un soldato, ravvisando Seija in sella con Britte.
«Halte die Stellung fest! Wartet auf weitere Befehle!»5 ingiunse loro Ari e in contemporanea spronò il cavallo con violenza. L’animale lanciò un nitrito e balzò in avanti, le sentinelle dovettero farsi da parte per evitarlo e non seppero come reagire quando anche Seija e Juuso partirono al galoppo dietro di lui. Il tempo di un respiro ed erano già nel folto della foresta.
«Tieniti coperta la faccia» disse Seija a Britte, mentre le fronde bagnate frusciavano intorno a loro. La bambina si tirò il cappuccio più giù che poté e lo tenne stretto con una mano.
Non potevano proseguire al galoppo perché il rischio di azzoppare i cavalli era troppo alto con quel buio e la vegetazione tanto fitta; rallentarono appena furono abbastanza distanti da non essere più visibili. Juuso prese la guida della marcia, piegò a sinistra e condusse avanti i compagni per molto tempo.
Nel silenzio nero e umido, il rumore degli arbusti spezzati dalle zampe dei cavalli sembrava quasi assordante. Un uccello notturno lanciò un grido e volò via, con un frullo d’ali. Seija alzò la testa di scatto, ma non vide altro che la nuvola bianca generata dal suo stesso respiro. Le pareva di essere in una grotta di rami e aghi di pino che le rendeva impossibile scorgere anche solo un lembo di cielo. «Va tutto bene» sussurrò a Britte nell’orecchio, ma nel frattempo si rese conto di non udire più i cani. Era già così lontana dal campo cristiano? Oppure i cani tacevano davvero?
Britte era rigida e muta tra le sue braccia.
D’un tratto, Juuso tirò le briglie del cavallo fin quasi a fermarsi, si guardò intorno e modulò per tre volte il verso ritmato della civetta, poi rimase in attesa. Gli rispose un verso identico, ripetuto solo due volte. «Di qua» disse allora, e riprese la guida del gruppo.
Ritrovarono prima la robusta Tilda e poi Vesa e gli altri tra gli abeti. Seija respirò, alleggerita. Ari andò incontro ai compagni per primo.
«Siano ringraziati gli dèi!» li accolse Vesa. «Abbiamo sentito i cani da lontano e temevamo il peggio.»
«Qui tutto bene?» domandò Ari, abbracciando con lo sguardo i compagni e i dintorni, per quanto gli era possibile. I saahavi erano solo sagome nere in sella a ombre di cavalli.
«Nessun pericolo finora, ma è meglio muoversi. Gli alberi tacciono e non mi piace.»
«Gli alberi?» sussurrò Britte, che aveva capito anche se il discorso si svolgeva nella lingua dei finni.
«Vuol dire che non si sentono i richiami e nemmeno i movimenti degli animali notturni» spiegò Seija. «Quando gli animali si nascondono non è mai un buon segno.»
Perché anche i cani dei cristiani tacevano? Seija tese l’orecchio più che poté ma non riuscì a cogliere alcun suono, a parte i fruscii delle piante. Le sembrò che il buio la rendesse sorda, oltre che cieca, e questo la fece sentire ancora più esposta. Un presagio di pericolo le accapponava la pelle. O era solo suggestione?
Britte rabbrividì e si guardò intorno. Si passò la mano sulla fronte.
«Muoviamoci» decise Ari. «A quest’ora avranno scoperto la nostra fuga e presto cominceranno a cercarci.» Si voltò verso Seija. «Soprattutto a cercare te.»
«Non useranno i cani» gli rispose lei. «Se li terranno ben stretti intorno al campo per prevenire altri attacchi.»
«Di notte senza cani faranno fatica a trovare le nostre tracce e allo spuntare dell’alba avremo già un bel vantaggio» intervenne Vesa, e Ari annuì. «Con un allarme in corso non si fideranno nemmeno a lasciare il campo troppo sguarnito e quindi non manderanno più di una ventina di uomini. Potrebbero dividersi in due gruppi, però, per coprire un’area maggiore. Dobbiamo proseguire più a lungo possibile finché il buio ci copre.»
«Mi dispiace, per stanotte non potremo dormire» disse Seija a Britte. La piccola non rispose, il suo sguardo continuava a saettare ovunque, su ogni cespuglio e dentro ogni ombra, e il suo silenzio mise Seija ancora più a disagio. «Che cosa c’è?» le chiese.
«Non mi piace stare qui, andiamo via» piagnucolò Britte.
Seija s’irrigidì. “No, non un’altra volta!” pensò, e si sforzò di rimanere concentrata su ogni sfumatura della voce e del comportamento della bambina. In fin dei conti, era più che comprensibile che Britte avesse paura: tutti loro non volevano altro che allontanarsi da lì. «Certo che andiamo via. Subito» rispose. «Dobbiamo solo capire quale direzione prendere.»
«Di là.» Britte puntò il dito verso gli abeti davanti ad Ari e Seija sentì un nodo alla gola, perché piegare da quel lato li avrebbe riportati inevitabilmente nei dintorni del campo cristiano. «Come fai a saperlo?» domandò, aguzzando i sensi più che poté. Che cosa spingeva Britte ancora una volta verso la direzione sbagliata?
La bambina esitò. «Non lo so... ma è meglio se andiamo di là.» Il suo tono si era fatto più urgente.
Seija si affiancò ad Ari, ancora impegnato a valutare con gli altri il cammino migliore. «Togliamoci da qui» li interruppe. «Questo è un brutto posto e Britte dice di nuovo che vuole andare via.»
A bocca aperta, Ari la capì al volo.
«Vuole andare di là» aggiunse Seija indicando.
Ari strinse i pugni sulle redini. «Muoviamoci. Siamo già stati fermi troppo» decise, e spronò il cavallo.
«Non di qua!» gemette Britte, vedendo i saahavi incamminarsi dietro ad Ari dalla parte opposta a quella che lei voleva. Seija la cinse con un braccio e si chinò per parlarle all’orecchio. «Facciamo solo un giro più largo, non ti devi preoccupare» mentì. «Per ora dobbiamo andare di qua, ma più avanti riprenderemo la strada giusta, vedrai.»
La bambina si convinse solo a metà, esitò a obiettare, ma era più rigida di prima. Seija incitò il cavallo e si affrettò a mettersi nel gruppo con gli altri. Si disposero in fila, con Ari che apriva la marcia e Juuso in coda. Seija rimase nel mezzo e sentiva Britte agitarsi tra le sue braccia a ogni passo. Continuò a sussurrarle parole di incoraggiamento, ma lei l’ascoltava sempre meno. «Non è la strada giusta...» ripeteva con angoscia crescente. Anche un cavallo nitrì, innervosito.
«Ti sbagli, Britte. Fidati di me.»
«No, non dobbiamo andare di qua!»
«Tra poco faremo la deviazione.»
«State zitte o ci sentiranno fino a Monaco!» ordinò Ari a bassa voce, girandosi indietro.
Seija provò l’istinto di rispondergli male, ma quando alzò gli occhi su di lui lo scoprì immobile sulla sella, con l’attenzione puntata verso qualcosa alle spalle di tutti. Ebbe un tuffo al cuore e anche lei si girò, ma non individuò pericoli. Poi vide il cavallo di Juuso con la sella vuota. Raggelò.
«Dov’è finito?» domandò Vesa sguainando la spada.
Tutto il gruppo si fermò, armi alla mano; Ari raggiunse veloce il cavallo di Juuso e toccò la sella. «È ancora tiepida. Non c’è sangue.»
Gli altri compagni si guardavano intorno. «Non può essere lontano, allora.»
«Non possiamo lasciarlo qui.»
«Dividiamoci e cerchiamolo. In fretta» decise Ari. «Ma non allontanatevi per più di trenta passi.»
Seija ascoltò a malapena i loro discorsi. Vesa e Tilda le rimasero accanto, Ari tornò lungo la strada appena percorsa, gli altri sparirono ai lati. Seija fece girare il cavallo su se stesso, ma la foresta pareva cristallizzata dal freddo, in un buio denso come pece. Strinse Britte con più forza. Si aspettò che la bambina protestasse o insistesse per riprendere il cammino nella direzione che voleva lei e invece non fiatò. Tremava, ma rimase immobile.
“Il nemico ci ha raggiunti” intuì Seija senza più alcun dubbio. Da dove sarebbe sbucato? In quanti erano? Per eliminare un saahavi senza un grido, senza sangue, occorreva un’abilità eccezionale...
Un nitrito riecheggiò sonoro nella notte, a non più di trenta passi di distanza. Fu seguito dal rumore inconfondibile di un cavallo, forse più di uno, in fuga senza controllo. Pochi istanti e il silenzio ritornò padrone della foresta.
«Siamo nelle grinfie di Hiisi e dei suoi demoni» sussurrò Tilda con timore e toccò gli aghi di frassino e quercia appuntati vicino alla fibbia del suo mantello.
Ari ricomparve al galoppo dal buio, ma solo uno dei tre compagni partiti con lui alla ricerca di Juuso fece ritorno.
«Dove sono gli altri?» domandò Vesa, prima di tutti.
«Caduti» mormorò Seija, con il gelo nello stomaco.
Ari la raggiunse. Aveva gli occhi dilatati. «Via da qui» ordinò. «Arrivano.»
Un altro rumore si stava diffondendo nella foresta, era ancora lontano ma avanzava in fretta. Rumore di cavalli e di armi.
«I cristiani?» Seija non riusciva a crederci. «Come hanno fatto a seguirci, a colpo sicuro?» Ma Ari non aveva il tempo di risponderle; le passò oltre e riprese la guida del gruppo. «Via tutti!»
Seija si mise in coda al fratello.
Un fantasma dalle braccia bianche si parò davanti a Tilda fuori dai cespugli, l’afferrò e la tirò giù dalla sella come un fantoccio di stoffa. Lei non emise un grido e non lottò; morì mentre il cavallo fuggiva via.
«La neihme!» urlò Seija, puntando la spada in direzione della creatura. Lei la fissò da lontano e i suoi occhi di pura tenebra sembravano buchi spaventosi nel volto color gesso; inclinò appena la testa e Britte sussultò.
«No!» esclamò Seija quando la bambina iniziò a sgomitare tra le sue braccia per scendere. Ari caricò la neihme a lama tesa in quello stesso istante, calò un fendente dall’alto ma la creatura si sottrasse alla sua lama con la velocità di una serpe e sgusciò tra i cavalli, spaventandoli. Mirò a Vesa, fattosi sotto dopo Ari, ma non riuscì ad arrivargli abbastanza vicina e sfiorò appena la sua cavalcatura, che s’impennò con un nitrito di terrore. Vesa mantenne a stento l’equilibrio e fece rinculare l’animale di qualche passo.
Seija mugugnò di dolore quando Britte le piantò un gomito nelle costole. La bambina riuscì a liberarsi dalla sua presa e si buttò giù dalla sella. Lanciò uno strillo cadendo, ma poi si rialzò e zoppicò in avanti: verso la neihme che l’aspettava con la mano tesa.
Seija piantò i talloni nei fianchi del cavallo. Balzò tra la neihme e Britte e menò un rovescio scoordinato per la fretta ma abbastanza pericoloso da costringere la creatura ad appiattirsi quasi a terra. «Non la toccare, mostro!»
La neihme rotolò sul muschio e gli aghi di pino e riuscì a chiudere le dita sottili sulla zampa del cavallo. Strinse forte prima che l’animale potesse liberarsi. Il cavallo stramazzò sulle zampe anteriori come colpi...