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Oltre a Drinian e ai due fratelli Pevensie, solo Ripicì aveva notato gli abitanti del mare. Appena aveva visto il re agitare minacciosamente la lancia, si era tuffato senza pensarci troppo, scambiando quel gesto per una specie di sfida e deciso a risolvere la faccenda senza indugi. Ma quando aveva scoperto che l’acqua era fresca e dolce, si era eccitato a tal punto da dimenticare ogni cosa. Per questo Lucy, prima che gli tornassero in mente gli uomini del mare, lo aveva preso in disparte e gli aveva fatto promettere di non farne parola con nessuno.
Visto come andarono le cose, bisogna dire che la preoccupazione di Lucy non era assolutamente giustificata. Ora, infatti, il Veliero dell’alba scivolava veloce su un tratto di mare che sembrava deserto. Nessuno vide più gli uomini del mare a parte Lucy, e comunque per un istante solo. Il mattino seguente veleggiavano in acque calme e basse dove il fondo, perfettamente visibile, era coperto di alghe. Poco prima di mezzogiorno Lucy vide un grosso branco di pesci pascolare fra le alghe. Mangiavano senza guardarsi intorno e si muovevano nella stessa direzione. Proprio come un gregge di pecore, pensò Lucy.
Poi in mezzo ai pesci apparve una ragazza del mare. Era abbastanza giovane (avrà avuto l’età di Lucy) e aveva un’aria tranquilla e solitaria; fra le mani teneva un bastone ricurvo.
L’immobilità di quel mare ultimo si trasmise ai naviganti.
— Amico mio — disse un giorno Caspian a Drinian — cosa vedi davanti a te?
— Sire — rispose il capitano — vedo un gran manto bianco che si stende a perdita d’occhio, da nord a sud e per tutta la linea dell’orizzonte.
— Esattamente quello che vedo io — aggiunse Caspian. — E non riesco a capire cosa sia.
— Guardate — fece Lucy, a poppa della scialuppa, mentre con il braccio ancora grondante d’acqua sollevava in aria petali bianchi e foglie piatte e larghe.
— La profondità dell’acqua? — domandò Caspian.
— È strano — rispose Rynelf. — Qui il mare è ancora abbastanza profondo. Almeno una decina di metri.
— Allora non possono essere ninfee; non quelle che intendiamo noi, almeno — dedusse Eustachio.
Forse non lo erano, anche se vi assomigliavano in modo impressionante. Poi, dopo un breve scambio di idee, il Veliero dell’alba tornò nella corrente e prese a veleggiare di nuovo verso oriente, sul Lago delle Ninfee o il Mare d’Argento (erano in ballottaggio questi due nomi e alla fine la spuntò Mare d’Argento, che ancora oggi è il nome segnato sulla mappa di Caspian).
— Da una parte sento di non sopportare più questo profumo, ma dall’altra vorrei che non finisse mai — si confidarono.
Misuravano il fondale in continuazione, ma solo pochi giorni più tardi la profondità del mare cominciò a diminuire: da quel momento in poi l’acqua divenne sempre più bassa. Un bel giorno furono costretti ad abbandonare la corrente che li aveva portati fin lì e ad aprirsi la strada fra le ninfee remando a passo di lumaca. Infine fu chiaro che il Veliero dell’alba non avrebbe potuto andare avanti. Fu solo per l’abilità e l’accortezza dei marinai che la nave non finì incagliata.
— Calate la scialuppa — gridò Caspian a un certo punto — e fate adunare gli uomini a poppa.
— Ma cosa vuol fare? — chiese Eustachio a Edmund, con un filo di voce. — Ha un’espressione così strana…
— Forse abbiamo tutti la stessa espressione — disse Edmund.
Raggiunsero Caspian sul cassero di poppa. In pochi minuti gli uomini dell’equipaggio si radunarono ai piedi della scaletta, in attesa delle parole del re.
— Caspian — disse improvvisamente Edmund con piglio severo. — Non puoi farlo.
— Assolutamente d’accordo — intervenne Ripicì. — Sua Maestà non può fare una cosa del genere.
— No davvero — incalzò Drinian.
— Non posso? — rispose Caspian in gesto di sfida, e per un attimo ricordò a tutti suo zio Miraz l’Usurpatore.
— Vi chiedo umilmente scusa. — Rynelf parlava dal ponte di sotto. — Ma vi faccio notare che se uno di noi avesse detto la stessa cosa, sarebbe stato accusato di diserzione.
— Rynelf, stai approfittando del lungo servizio alle mie dipendenze — tuonò Caspian.
— No, Sire, ha ragione lui — disse Drinian.
— Per la criniera di Aslan! — tuonò ancora Caspian. — Ho sempre pensato che foste miei sudditi, non i miei tutori.
— Giusto! — esclamò Edmund. — Esattamente come fecero a Ulisse quando voleva abbandonare la nave per le sirene.
La mano di Caspian corse sull’elsa della spada, ma Lucy esclamò: — Avevi fatto una promessa alla figlia di Ramandu: le avevi detto che saresti tornato.
Caspian tacque per un istante, poi disse: — Be’, questo è vero. — Era frastornato, indeciso sul da farsi. Poi, rivolto all’equipaggio, aggiunse: — Bene, avete vinto voi. La ricerca è finita. Issate la scialuppa, si torna a casa.
— Sire — esclamò Ripicì. — Non torniamo affatto a casa. Come ho già detto…
— Silenzio! — tuonò Caspian. — Avete voluto darmi una lezione e sta bene, ma se non ci vado io, alla Fine del Mondo non ci va nessuno. Che qualcuno tappi la bocca al topo.
— Maestà — replicò Ripicì — avete promesso di essere un signore buono e giusto con gli animali parlanti di Narnia.
— È vero — fece Caspian. — Con gli animali parlanti, non con quelli che non smettono un secondo di parlare. — E si precipitò giù per la scaletta, indispettito, chiudendosi alle spalle la porta della cabina.
Poco più tardi gli altri lo raggiunsero e videro che il suo stato d’animo era cambiato. Era pallido, aveva le lacrime agli occhi.
— Non è servito a niente — disse. — Visti i risultati, avrei fatto meglio a comportarmi bene e a rinunciare a fare lo smargiasso e il prepotente. Aslan mi ha parlato. No, non dico che sia stato qui: del resto, è talmente grosso che non sarebbe potuto entrare nella cabina. È stata quella testa di leone dorata appesa al muro: all’improvviso è diventata viva e ha parlato. È stato terribile. Che occhi! Non che sia stato troppo duro con me… tranne all’inizio. Ma è stata una cosa penosa. Mi ha detto… la peggior cosa che avrebbe potuto dirmi. Rip, Edmund, Lucy ed Eustachio devono proseguire; io devo tornare indietro da solo...