
- 266 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Paradosso cosmico (Urania)
Informazioni su questo libro
"Fantascienza per grande schermo, fantascienza barocca, fantascienza pura. Così Brian Aldiss ha definito questo romanzo, pubblicato negli USA nel 1953 e rimasto a lungo sconosciuto in Europa. È una riscoperta coloratissima, ricchissima, traboccante: imperatori americani, mutanti, torturatori, schiavi, la Società dei Ladri, la Mente Microfilmica, l'invasione neanderthaliana, i duelli, i balli, le maschere, le spie, i semidei, le fughe, le esecuzioni, le ciurme paranoiche delle stazioni solari, i salti temporali e spaziali, tutto si avvolge spettacolarmente attorno a un enigma centrale, e precipita verso la soluzione in una vertiginosa sequenza dove la perfetta serietà non esclude il perfetto divertimento." Carlo Fruttero & Franco Lucentini
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Informazioni
Argomento
LiteratureCategoria
Science FictionPARADOSSO
COSMICO
Traduzione di Beata della Frattina

Introduzione
di George Zebrowski
Charles L. Harness pubblicò il suo primo racconto, “Trappola temporale”, nel numero di “Astounding Science Fiction” dell’agosto 1948. Ora ha settantasei anni ed è ancora nel pieno di un periodo di produttività iniziato verso la fine degli anni Settanta, con un nuovo romanzo pubblicato ogni due anni. Appartiene a un ristretto gruppo di scrittori, tra cui William Tenn, James Gunn, Chad Oliver, Ward Moore e altri, le cui opere si possono tranquillamente collocare allo stesso livello di quelle dei maestri della fantascienza, anche se i capricci dell’editoria hanno reso difficile ai loro talenti trovare il pubblico che meritavano.
Nel caso di Harness due romanzi recenti, Corridoi del tempo (1988) e Sogni pericolosi (1990), hanno ricevuto grandi lodi dai recensori su testate molto diverse come il “New York Times” e “Locus”, ma sono stati trascurati dagli editori; tuttavia il coro di apprezzamenti per l’intera opera dell’autore si è fatto sempre più potente e articolato.
Paradosso cosmico, uno dei romanzi di fantascienza più insoliti mai pubblicati, comparve per la prima volta nel numero di “Startling Stories” del maggio 1949 con il titolo “Flight into Yesterday.” Nel 1953 uscì con lo stesso titolo un’edizione rilegata contenente una versione ampliata, vittima di un editing insufficiente, di una cattiva correzione di bozze e di una pessima qualità di stampa. Ace Double Novels pubblicò il libro nel 1955 con il titolo Paradosso cosmico, con cui è noto ancora oggi. Nonostante il riconoscimento generalizzato dell’energia e della passione che lo animavano (l’opera attinge alle profondità del ricordo, del trauma e dell’amore, temi insoliti per un romanzo di genere, ricco di idee pittoresche che rivelano l’influenza di autori come A.E. van Vogt e di opere come Le mille e una notte) negli Stati Uniti il libro non fu più ristampato.
Fu Michael Moorcock a riaccendere l’interesse per Harness ripubblicando alcuni dei suoi primi racconti sulle pagine di “New Worlds”. Faber fece uscire una nuova edizione di Paradosso cosmico con un’introduzione penetrante ed elogiativa di Brian Aldiss. Nel 1966 vide la luce una nuova edizione inglese per un Club del libro, mentre nel 1967 il romanzo fu pubblicato in tascabile. Dieci anni più tardi Brian Aldiss e Harry Harrison presentarono nuovamente il romanzo ai lettori inglesi nella collana di capolavori della fantascienza della New English Library, ma non vi fu una nuova edizione americana.
Il romanzo più noto di Harness fino a quel momento, L’odissea del superuomo, era stato ignorato dagli editori americani, ed era infine stato pubblicato dalla rivista inglese “Authentic Scence Fiction” nel numero del marzo 1953. Era stato Moorcock a convincere gli editori inglesi di “New Worlds” (Compact Books) a pubblicare il romanzo breve nel 1966. All’edizione tascabile seguirono nel 1968 un’edizione rilegata da parte di Sidgwick & Jackson, e finalmente un tascabile americano pubblicato da Berkley nel 1969, probabilmente perché Harness era già uscito nella serie di antologie della stessa casa editrice della collana Orbit, curata da Damon Knight. Quello stesso anno Panther diede alle stampe una nuova edizione tascabile in Gran Bretagna, che fu ripubblicata nel 1970 e nel 1981. Secondo l’autore tutte queste edizioni sono ristampe della versione uscita su rivista, che è il risultato di una serie di tagli da lui operati su un manoscritto più lungo. Gli intervalli di tempo che separano le numerose riscoperte dell’opera di Harness dimostrano il persistere del suo fascino.
Ma durante tutto questo periodo non c’è mai stata una nuova edizione di Paradosso cosmico. Brian Aldiss stuzzicò la curiosità dei lettori più giovani proponendone un capitolo nell’antologia Space Opera (Doubleday, 1974). Alcuni critici, recensori e curatori risvegliarono gli appetiti del pubblico con citazioni da quel romanzo ormai leggendario. Robert Silverberg ristampò Trappola temporale in Alpha One (1970), il primo volume di una serie di antologie retrospettive edita da Ballantine Books. Nella sua introduzione al racconto di Harness Silverberg descrive Paradosso cosmico come “un romanzo intricato e vertiginoso, che merita un attento studio da parte di chiunque abbia il desiderio di padroneggiare l’arte di costruire trame”. Dieci anni più tardi ancora non era comparsa una nuova edizione, nonostante le lamentele espresse in “The Science Fiction Collector” da William D. Vernon, il quale afferma che “si tratta di un romanzo da non perdere, se per caso riuscite a trovarne una copia”. Lo stesso numero della rivista ospitava una bibliografia annotata e illustrata dell’opera di Harness. “The Science Fiction Collector” era una rivista dei lettori e per i lettori, in grado di attirare l’attenzione degli editori sia sui talenti già affermati sia su quelli emergenti, e di aiutare gli autori a trovare un pubblico. Harness aveva dimostrato di essere sia un talento affermato sia un talento emergente, con ben due romanzi leggendari pubblicati a suo nome, eppure ancora non c’era una nuova edizione di Paradosso cosmico.
Nel 1979, quando Harness si trova all’inizio del suo attuale periodo di creatività, The Science Fiction Encyclopedia, a cura di Peter Nicholls, lo descrisse come “uno scrittore dotato di grande immaginazione, al punto che è difficile capire i motivi dello scarso interesse di cui è vittima in patria”. In The New Encyclopedia of Science Fiction (1988) James Gunn scrive che i racconti e i romanzi di Harness “sono caratterizzati da trame intricate, personaggi complessi e un uso creativo del fantastico… E tuttavia questo autore deve ancora ricevere tutto il riconoscimento che merita” nonostante il fatto che “si sia guadagnato un seguito entusiasta sia tra i lettori che tra i critici”.
Nel 1984 ho incluso il romanzo nella mia raccolta in dieci volumi, Classics of Modern Science Fiction (Crown). Harness mi ha rivelato che il titolo originale del romanzo era Toynbee 22, che si riferisce alla numerazione delle civiltà estintesi sulla Terra elaborata dallo storico inglese descritto nel romanzo. T-21 è il numero che corrisponde alla civiltà descritta nella trama, la quale si sta sforzando di sfuggire al declino inevitabile previsto dalla teoria storiografica di Toynbee. Nel romanzo di Harness i filosofi seguaci di tale teoria sperano che il viaggio spaziale (a bordo di una nave in grado di muoversi più veloce della luce, la T-22) servirà da ponte verso una cultura nuova. Nel nostro mondo, Arthur C. Clarke e altri hanno espresso la speranza che l’espansione nello spazio affrancherà la creatività umana, permettendole di superare le costrizioni di un pianeta dagli orizzonti economici limitati.
Harness mi ha anche spiegato che Flight into Yesterday, il titolo sia dell’edizione su rivista che della prima edizione rilegata del romanzo, era stato scelto da Sam Merwin, il direttore di “Startling Stories”. Donald A. Wollheim di Ace Books lo cambiò in Paradosso cosmico, forse il più affascinante dei tre, dato che descrive accuratamente l’ambigua e difficile situazione dei protagonisti. Per questo motivo, e per evitare di generare confusione tra i lettori e i bibliografi, l’autore ha deciso di conservare il titolo dell’edizione più diffusa. Tuttavia quello da lui preferito ha trovato un’appropriata collocazione come titolo del capitolo 22.
Durante la preparazione dell’edizione Crown l’autore ha dedicato al romanzo un editing molto accurato, correggendo la punteggiatura, gli errori di stampa e le parole sbagliate, e cogliendo l’occasione per ampliare alcune scene troppo compresse, aggiornare l’opera allo scopo di accrescere la comprensibilità di dettagli importanti e migliorare la dinamica complessiva della trama. I difetti puramente tecnici delle edizioni precedenti rappresentavano un inutile ostacolo per i lettori. L’edizione Crown ha ricevuto il normale editing che non era una prassi comune nell’editoria fantascientifica negli anni Quaranta e Cinquanta. Grazie a circa 3500 parole di materiale ampliato, revisionato e reintegrato, è stata la prima edizione definitiva di un autentico classico della fantascienza, che ha sostituito tutte quelle precedenti. Questa nuova edizione per Easton Press corregge gli errori tipografici dell’edizione Crown ed è corredata da una nuova postfazione dell’autore.
Le reazioni alla prima edizione del romanzo furono contrastanti. Sul numero del gennaio 1954 di “Galaxy” Groff Conklin sembrava perplesso, ma aveva trovato l’opera “davvero sorprendente, non fosse altro che per il calderone di idee ed elementi fantastici che contiene”. La recensione di P. Schuyler Miller nel numero di “Astounding” dell’aprile 1954 lo descriveva come un “romanzo di azione e intrattenimento” degno di un certo interesse, ma non coglieva la potenza visionaria e avvincente della storia. Sul numero di “The Magazine of Fantasy and Science Fiction” del settembre 1953 Anthony Boucher parlava di “un bel romanzo di cappa e spada e di avventure e viaggi nel tempo, che ruota attorno agli intrighi di palazzo di una tirannia e ai problemi di identità di un superuomo affetto da amnesia…” e paragonava l’opera ai due romanzi del ciclo delle Armi di Isher di A.E. van Vogt; tuttavia riteneva l’opera di Harness troppo tortuosa, e la scienza che conteneva confusa e forse erronea. Tre anni dopo, quando il libro uscì in tascabile col titolo Paradosso cosmico, Damon Knight, il più influente recensore dell’epoca, lo salutò (“Infinity Science Fiction”, febbraio 1956) come “il vertice delle opere di Charles L. Harness finora pubblicate” e lo definì “un romanzo dall’architettura simmetrica, che risolve tutti i punti in sospeso e in cui ogni singola, clamorosa svolta della trama viene pienamente giustificata alla luce della scienza e della logica... Harness riesce a portare a termine l’intera, complicatissima struttura, in maniera simmetrica e senza sotterfugi. Alla fine, quando il romanzo giunge al termine, la trama acquista un significato. Il tema di Harness è il trionfo dello spirito sulla carne... Ecco la roccia salda su cui poggia l’intero, intricato gioco ipnotico di invenzioni dell’autore: la fede nello spirito, la negazione del dolore, l’affermazione della vita eterna”.
Manipolato da un giocatore la cui identità rimane celata sia al protagonista sia al lettore, Alar il Ladro sopravvive a una serie di incontri potenzialmente mortali, ciascuno dei quali sviluppa ulteriormente la sua natura nascosta e lo porta più vicino alla morte e alla trasfigurazione, il tutto allo scopo di elevare l’umanità e di farla uscire dal vicolo cieco rappresentato dal ripetersi dei cicli storici. Una delle principali preoccupazioni espresse da Harness nella sua narrativa riguarda il carattere insoddisfacente della natura umana, che molti dei suoi protagonisti si sforzano di trascendere. È questo tema a conferire alle sue storie il loro carattere mitico, mentre le idee scientifiche e tecnologiche tessono una trama poetica di brillante plausibilità. Il lettore distratto si troverà di fronte a un romanzo d’azione dal ritmo rapido, a volte perfino rozzo, ma quello più attento ritroverà il ritmo della poesia epica, l’estasi delle idee e una visione critica dell’umanità stessa di chi legge. Le correnti profonde rappresentate dai drammi personali che danno origine alla scrittura di Harness, unite alla sua formazione giuridica e chimica, danno luogo a un potente melodramma, che rimane incredibilmente avvincente ed enigmatico anche dopo numerose riletture.
Ammiratore di A.E. van Vogt, Harness si ispirò agli scenari onirici e alle trame complesse di quell’autore fino a raggiungere una versione emotivamente soddisfacente di ciò che James Blish (un altro ammiratore dell’opera di Harness) definiva “l’intreccio complesso a più strati”. Paradosso cosmico può essere paragonato a L’uomo disintegrato (1953) e a La tigre della notte di Alfred Bester per il ritmo e la vividezza, specialmente nelle ultime pagine, con la loro eterea bellezza. La tigre della notte fu pubblicato nel 1956, e rivela più di un debito rispetto al romanzo di Harness; si possono rintracciare ancora molti elementi suoi e di Van Vogt in Le sirene di Titano di Kurt Vonnegut (1959). Alar il Ladro è imparentato con il Winston Niles Rumfoord di Vonnegut e il Gilbert Gosseyn di Il mondo del Non-A di Van Vogt (1948). Proprio come quei personaggi, Alar viene sparpagliato lungo lo spazio tempo e si sforza di dominare una natura umana recalcitrante, anche se sembra dotato di un maggiore senso etico del nichilista Rumfoord, e nel finale si rivela più efficiente di Gosseyn.
Nella sua introduzione alla prima edizione rilegata inglese Brian Aldiss scrisse: “Di tutti i generi fantascientifici il mio preferito è quell’area color vino scuro in cui troviamo il romanzo di Charles Harness, Paradosso cosmico. Qui incontriamo una serie di vicende che ci sfidano con la loro bizzarria, per poi conquistarsi la nostra fiducia travolgendoci in una marea di passione e dettagli convincenti. Pur essendo dotati di una radice comune i temi trattati sono costruiti a partire da una molteplicità di elementi strani e inaspettati. Si tratta di una mescolanza di follia e logica, bellezza e paura. Non è fantasy, e neppure narrativa scientifica. Questi romanzi di pura fantascienza si possono classificare come barocco su grande schermo. Prediligono il grande schermo perché usano come attrezzi di scena il viaggio nello spazio e a volte anche nel tempo, e come scenario almeno l’intero sistema solare”. Aldiss prosegue sottolineando che “nonostante le numerose scene di pura ...
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