L’eredità del veggente più celebre di tutti i tempi, dal carattere poco scientifico e molto polemico, avvolta da un alone di mistero, mantiene intatta ancora oggi la sua forza. Le sue predizioni, dopo oltre quattrocento anni, sono tuttora ritenute molto precise. Nostradamus, attraverso l’osservazione delle stelle, capì che il futuro era in pericolo e ci avvertì dell’imminenza di una catastrofe di dimensioni epiche. Abbiamo ancora speranza di salvezza?
L’uomo oltre la leggenda
Michel de Notre-Dame, Nostradamus, il profeta più noto e popolare fra quanti si siano dedicati alla lettura degli astri, nacque a Saint-Rémy-de-Provence, nel Sud della Francia, il 14 dicembre 1503. Il padre, Jacques de Notre-Dame, era il notaio della città. La famiglia era di origini ebraiche – secondo alcuni autori, della tribù di Issachar, a quanto pare molto prodiga di indovini – convertita al cristianesimo intorno al 1480, sotto la minaccia della confisca dei beni per tutti gli ebrei della Provenza che non si fossero battezzati. Il nonno, Abramo Salomone, in seguito alla conversione cambiò il cognome in Notre-Dame (Nostra Signora), secondo una pratica comune fra i cristianizzati di richiamarsi alla Vergine Maria. In seguito Michel latinizzò il nome in Nostradamus. Dal nonno apprese le scienze matematiche e la Qabbalah (Cabala) ebraica, che per l’epoca significava approfondire l’astrologia, la medicina e la farmacia. Nel prologo delle sue Profezie egli stesso affermò che furono queste conoscenze a trasmettergli il dono di predire il futuro.
Jean Amié de Chavigny, magistrato della città di Beaune nel 1548 e dottore in diritto e teologia, ci ha lasciato informazioni sui suoi primi anni di vita. A quanto risulta Michel, fin da giovanissimo, imparò a maneggiare l’astrolabio per determinare la posizione delle stelle sulla volta celeste e a decifrare il destino degli uomini dagli apparenti capricci delle congiunzioni astrali. Venne mandato ad Avignone per frequentare la facoltà di lettere e formarsi nelle scienze umanistiche. Poi si trasferì a Montpellier, per studiare medicina nella celebre università. Nel 1525 una grave epidemia di peste devastò Narbona, Tolosa e Bordeaux, e Michel, senza aver ottenuto ancora ufficialmente il titolo, mise al servizio dei malati quanto aveva appreso durante gli studi. A soli ventidue anni preparò delle polveri che ottennero ottimi risultati nella prevenzione del morbo.
Quando la peste fu superata, il giovane tornò a Montpellier, dove alla fine ottenne il titolo di dottore. Successivamente si trasferì ad Agen, dove si sposò ed ebbe due figli. Tutti i membri della sua famiglia, però, morirono nel giro di poco tempo. Pur avendo assistito moltissimi malati, Nostradamus non riuscì a salvare dalla peste sua moglie e i figli, vittime di quella stessa epidemia che era riuscito a dominare. Se sapeva come curare la malattia, perché non assisté i suoi cari prima che fosse troppo tardi? Per i cittadini di Agen quelle morti furono un chiaro segno del «castigo divino» per le sue insolite pratiche mediche, che da quel momento non vennero considerate altro che stregonerie. Distrutto dal dolore, si vide costretto a lasciare la città sotto l’ombra persecutoria del tribunale dell’Inquisizione. La tragedia personale lo spinse a intraprendere un lungo viaggio di oltre dieci anni per la Francia e l’Italia. Nel suo peregrinare ebbe molti scambi clandestini con dottori, alchimisti, cabalisti e mistici. Medicò numerosi malati di peste con trattamenti a base di aria pura, acqua pulita ed erbe medicinali.
Risale a quest’epoca il famoso aneddoto sulla prima manifestazione pubblica del suo dono di preveggenza. Accadde in un villaggio delle campagne nei pressi di Ancona. Si racconta che Nostradamus, incontrando tre frati francescani mendicanti, vestiti di stracci, con grande umiltà si inginocchiasse di fronte a uno di loro, Felice Peretti. Il terzetto, stupito dal suo comportamento, lo invitò ad alzarsi dalla strada fangosa, ma il medico disse di no, aggiungendo: «Non faccio altro che rendere i debiti omaggi a Sua Santità». Felice Peretti era chiamato a un grande destino. Diciannove anni dopo la morte di Nostradamus, nel 1585, l’umile fraticello sarebbe salito al trono pontificio col nome di Sisto V.
Nel 1544 Nostradamus si sposò con una ricca vedova, Anne Ponsarde Gemelle, nella cittadina di Salon, che allora si chiamava Salonde-Crau, dove stabilì la residenza e aprì un ambulatorio per portare assistenza a tutta la nutrita schiera di pazienti ansiosi di assumere i suoi oli, i suoi decotti e le sue pozioni contro ogni tipo di male. Questo periodo di pace e tranquillità fu molto fecondo, anche dal punto di vista della numerosa prole che gli donò la benevola e comprensiva moglie, grande sostegno di tutta la seconda fase della sua esistenza. Fu in questi primi anni a Salon che Nostradamus elaborò uno dei suoi decotti più apprezzati, in grado di curare la sterilità. Si racconta che usò questo rimedio con la fiorentina Caterina de’ Medici, nipote di papa Clemente VII, figlia di Lorenzo II de’ Medici e moglie del re di Francia Enrico II. Nei suoi primi undici anni di matrimonio la regina non ebbe figli, ma dopo aver ingerito il composto di Nostradamus – preparato con urina di agnello, sangue di lepre, la zampa sinistra di una donnola immersa nell’aceto forte, corno di cervo in polvere, sterco di vacca e latte di asina – diede inizio a una sequenza prodigiosa di gravidanze, che giunse a termine solo con la nascita del decimo figlio.
A Salon Nostradamus lavorò anche alla stesura di diverse opere mediche e si dedicò allo studio approfondito di libri di astrologia e divinazione, che lo avvicinarono alle scienze occulte. In virtù della sua presunta capacità di prevedere il futuro, a partire dal 1550 pubblicò una serie di almanacchi annuali che ebbero un successo tale da indurlo a scrivere le celebri Les vrayes centuries et propheties (Le vere centurie e profezie, spesso semplicemente Le profezie). La prima edizione, che comprendeva quattro gruppi di cento profezie (le centurie) in versi, di quattro strofe ciascuna (le quartine), vide la luce nel 1555 e tre anni più tardi la raccolta venne completata con altre sei centurie. Redatte in un linguaggio ambiguo ed ermetico, senza ordine cronologico e disposte in quartine rimate che complicano ancora di più l’interpretazione, le centurie contengono confuse profezie e previsioni su un periodo storico che arriva fino all’anno 3797.
Le criptiche quartine del libro suscitarono una vasta eco. Il successo fu immediato e garantì a Nostradamus il riconoscimento di tutta la Francia. La gente cominciò ad accorrere a frotte per farsi predire il futuro. Anche Enrico II e sua moglie Caterina vollero incontrare il veggente a Parigi per leggere l’avvenire dei loro giovanissimi figli. I sovrani lo riempirono di doni e i cortigiani rimasero incantati dalla personalità e dall’impressionante figura barbuta del profeta. L’erede al trono di Francia era allora il primogenito Francesco, promesso dall’infanzia a Maria Stuarda, figlia del re di Scozia. Ma Francesco morì giovane dopo pochi mesi di regno, nel 1560, e dato che il secondo figlio maschio, Luigi, era morto in fasce, gli succedette il terzo fratello, Carlo. Tuttavia il pupillo di Caterina era il figlio Enrico, all’epoca duca d’Angoulême. Quando Nostradamus le disse che sarebbe stato lui a diventare re di Francia, Caterina non dubitò della veridicità del vaticinio. Il prestigio di Nostradamus crebbe a dismisura quando, qualche anno più tardi, la profezia sulla morte di re Carlo si avverò, esattamente come egli aveva scritto.
Esploratore dell’ignoto
Come ebbe a scrivere egli stesso, in certe notti di veglia Nostradamus entrava in uno stato di trance che lo conduceva alla chiaroveggenza, e gli avvenimenti dei secoli a venire si dipanavano davanti ai suoi occhi; vedeva le immagini del futuro come se fossero immerse in un recipiente d’acqua. Ma oltre ad avere le visioni, era anche convinto che la mappa del futuro fosse scritta nelle stelle, e lo studio dei cieli fu una parte imprescindibile del suo lavoro. «L’idea di predire il futuro poggia sull’assunzione della ciclicità del tempo. Il Sole, la Luna e le stelle seguono dei percorsi fissi e la posizione di ogni pianeta rispetto agli altri si ripete, e tutto ciò fa sì che accadano eventi rassomiglianti fra loro» indica Vincent Bridges, storico che si autodefinisce «antropologo dello strano».
Le mille predizioni, delle quali soltanto novecentoquarantadue sono giunte fino a noi, sono circondate da un alone di riferimenti simbolici e arcani, scritte in uno stile oscuro, in un coacervo di lingue che rende l’enigmatico contenuto interpretabile in molti modi diversi. Probabilmente Nostradamus temeva le ripercussioni dei vaticini funesti e per questo li mascherò in complicate strofe di quattro versi. «Appena pochi secoli fa non si poteva nemmeno parlare di discipline esoteriche, in Occidente. Quello che stiamo facendo adesso è togliere il velo di mistero che le avvolge. Se in quell’epoca qualcuno avesse osato affermare apertamente di sapere quando sarebbe arrivata la fine del mondo, lo avrebbero bruciato sul rogo. Sono conoscenze pericolose e molto rilevanti, e solo oggi possiamo parlarne in tutta libertà» spiega Bridges. Viene da pensare che Nostradamus fosse cosciente del potere di tutti questi saperi proibiti, dato che le autorità ecclesiastiche li osteggiavano apertamente. Per Dolores Cannon, autrice di Conversations with Nostradamus (Conversazioni con Nostradamus), ciò dimostra la potenza della Chiesa di allora: «Se avessero potuto stabilire la benché minima relazione tra le quartine e la Chiesa o il futuro, lo avrebbero condannato a morte. Ecco il perché di tanto mistero e la ragione per cui usava tutti questi trucchi per scriverle».
Tuttavia c’è anche chi sostiene che Nostradamus non intendesse fare predizioni rigorose, ma che si lasciasse guidare dall’ispirazione. Scrisse a suo figlio César:1 «Essendo stato a volte, nel corso della settimana, penetrato dall’ispirazione che riempiva di delicato odore i miei studi notturni, ho composto, per mezzo di lunghi calcoli, libri di profezie un poco oscuramente redatti, che sono vaticini perpetui da oggi fino all’anno 3797. È possibile che qualcuno scrolli la testa con scetticismo in ragione dell’ampia estensione temporale delle mie profezie, e tuttavia tutte si realizzeranno e verranno comprese in maniera intelligibile su tutta la Terra». Più avanti si legge: «E gli uomini che verranno dopo di me conosceranno la verità di quello che dico, perché avranno visto che infallibilmente si saranno realizzati molti avvenimenti da me vaticinati. Sapranno anche quali rimarranno da compiersi, giacché con chiarezza l’ho indicato».
In una delle centurie c’è una quartina che accrebbe la reputazione di Nostradamus mentre era ancora in vita e lo rese popolare da allora in poi. È la seguente: «Il giovane leone dominerà il vecchio / In campo bellico, a singolar duello / In gabbia d’oro gli occhi gli spaccherà / Due ferite una, poi morire, morte crudele» (centuria I, quartina 35). Nel giugno del 1559, quattro anni dopo la pubblicazione, Enrico II, in occasione del matrimonio di sua figlia maggiore Elisabetta con il re di Spagna Filippo II (celebrato per procura con il duca d’Alba, a Parigi), organizzò una festa di tre giorni nella quale vennero rievocati i tornei e le giostre di cavalleria, già caduti in disuso, ma a cui il re era molto affezionato. Il leone – segno astrologico della Francia e del suo re – morì tra sofferenze atroci a causa di una scheggia che, attraversando l’elmo d’oro, si conficcò in un occhio di Enrico. La scheggia fatale si staccò allo spezzarsi della lancia del leone araldico di Scozia, sotto il cui blasone combatteva il conte di Montgomery, di dodici anni più giovane del re e all’epoca luogotenente della guardia scozzese alla corte di Francia. Com’era scritto nella profezia, di due ferite – frattura del cranio e occhio trafitto – solo la seconda fu mortale. L’agonia di Enrico durò dodici giorni, fino al 10 luglio 1559. Nostradamus si sbagliò solo su un dettaglio: il re si ferì soltanto a un occhio, non a tutti e due. Si racconta che il sovrano, nel letto di morte, maledicesse il profeta, quando capì (troppo tardi) la portata della fatidica quartina.
Nostradamus non fu l’unico a predire la disgrazia. Lo fece anche Luca Gaurico, astrologo ufficiale di Caterina de’ Medici, veggente di grande prestigio e vescovo nominato da papa Paolo III Farnese. In seguito alla vicenda la fama di astrologo di Gaurico fu affiancata da quella di visionario, mentre Nostradamus, agli occhi della società dell’epoca, divenne una via di mezzo fra un mago e un terapeuta. Il regno dell’erede di Enrico, Francesco II – re di Scozia dopo il matrimonio con Maria Stuarda nel 1558 –, durò poco più di un anno. Alla sua morte, causata da un’otite, Caterina de’ Medici divenne reggente del monarca Carlo IX, allora quattordicenne, e la Francia non tardò a rendersi conto che una nuova fase della sua storia era cominciata. Quanto a Nostradamus, il cambiamento non fu per il peggio. Caterina fece persino un viaggio fino a Salon, con tutta la corte al seguito, soltanto per parlare con lui. Il fatto che la reggente si recasse dal profeta, anziché richiedere la sua presenza a Parigi, non sfuggì all’attenzione dei cortigiani, abituati a salvaguardare la loro vita e la loro fortuna adattandosi all’umore dei sovrani. La reputazione di Nostradamus crebbe ancora di più quando, nel 1564, Carlo IX di Francia lo nominò medico di corte.
L’ammirazione della gente non cessò di aumentare nemmeno dopo la morte, avvenuta, come egli stesso aveva previsto, il 2 luglio 1566. A quanto racconta il suo segretario Chavigny, Nostradamus sapeva il giorno e l’ora della sua morte, «dato che alla fine di giugno di quell’anno aveva scritto di proprio pugno le seguenti parole latine: “Hic prope mors est” (la mia morte è vicina). E il giorno prima di passare da questa all’altra vita, avendolo io assistito per molto tempo e avendolo curato dal tramonto fino alla mattina del giorno successivo, mi disse queste parole: “Non mi vedrà in vita il sorgere del Sole!”». Nel testamento lasciò scritto che non desiderava «essere sotterrato alla solita maniera, ma collocato verticalmente contro la parete della chiesa dei francescani. In questo modo, anche dopo la mia morte, né gli stupidi né i vigliacchi, né i cretini né i pezzenti potranno venire a ballare sulla mia tomba». Le sue disposizioni vennero applicate ed egli fu seppellito al convento dei Cordeliers. Qualche anno dopo, però, i suoi resti vennero trasferiti alla chiesa di Saint-Laurent, dove anche oggi, ogni anno, si recano migliaia di pellegrini e di curiosi per visitare il luogo del suo riposo eterno.
Appena qualche anno dopo la sua dipartita nuovi avvenimenti tornarono a consolidare la sua fama. O forse, direbbero gli scettici, ancora una volta gli avvenimenti vennero adattati alle profezie, anziché il contrario. A ogni modo, nella quartina X,95 Nostradamus lasciò scritto: «Nelle Spagne giungerà un re potentissimo / Per mare e per terra soggiogando il nostro Mezzogiorno / Questi male farà, abbassando la Mezzaluna / Abbasserà le ali a quelli del Venerdì». Gli interpreti sostengono che Nostradamus abbia previsto la battaglia di Lepanto, avvenuta nel 1571. Filippo II, che regnò tra il 1555 e il 1598 si scontrò militarmente con i sultani ottomani (la Mezzaluna) per il controllo del Mediterraneo.
Si può anche dire che Nostradamus vide giusto quando comunicò a Caterina de’ Medici che il suo figliuolo prediletto sarebbe diventato re di Francia. Alla morte di Carlo IX il sesto figlio di Caterina, Enrico, che era stato duca d’Angiò a partire dal 1566 e aveva ricevuto la corona elettiva di Polonia nel 1572, divenne sovrano francese nel 1574. Il veggente non visse abbastanza a lungo per vedere la fine della dinastia dei Valois che, iniziata nel 1328, si concluse proprio con Enrico III, morto senza eredi nel 1589.
Il confine tra realtà e mito, tra fede in Dio e stregoneria, tra conscio e inconscio è così labile che è difficile stabilire quanto vi sia di vero nelle profezie e in che misura gli avvenimenti ipoteticamente predetti siano divenuti realtà a tutti gli effetti. Molti pensano che Nostradamus abbia visto la venuta di Napoleone Bonaparte (centuria I, quartina 60) e di Hitler (III,35) come due Anticristi,2 abbia predetto l’indipendenza degli Stati Uniti (IV,96), il governo di Vichy in Francia (III,49), le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki (II,6), la creazione dello Stato di Israele (III,97), la guerra dei Sei Giorni (III,22), la guerra in Iugoslavia (II,32), l’attentato a papa Giovanni Paolo II (X,12), oltre che le due guerre mondiali, la distruzione di New York, Parigi, Roma, Londra, e persino una Terza guerra mondiale... E ha previsto quasi tutti i re di Francia, Cromwell e Carlo I, la morte di diversi papi e, secondo alcuni, anche gli omicidi di John F. Kennedy e di altri personaggi. Per quanto riguarda la Spagna, si pensa che abbia pronosticato la guerra civile, con le seguenti parole: «Da castel franco partirà l’assemblea / L’ambasciatore non grato farà scisma: / Quelli di Ribiere entreranno nella mischia / E al grande abisso negheranno l’entrata» (IX,16). «Predisse molti grandi avvenimenti storici, svolte nel piano politico e religioso, scoperte scientifiche e invenzioni» afferma Joseph Jochman, esperto in civiltà antiche. A detta di molti, per esempio, profetizzò il cinema muto e sonoro, l’aeroplano, il telegrafo, il telefono e l’elettricità.
Dietro i segreti alchemici e astrologici
Le culture di tutto il mondo e di tutte le epoche hanno mascherato le proprie profezie più apocalittiche in molti modi diversi. Uno dei più intriganti metodi di «camuffamento» è quello operato per mezzo dell’alchimia, un sistema di pensiero e comunicazione col quale Nostradamus aveva molta familiarità. Comunemente si pensa che l’alchimia consista soltanto nella ricerca del metodo per trasformare il piombo in oro, ma in realtà si tratta di una disciplina scientifica molto più ambiziosa, che si serve di una terminologia e una simbologia uniche ed esclusive. «Tutti gli uomini di cultura di allora, come Nostradamus, studiavano l’alchimia. In quell’epoca non esisteva la scienza. La scienza moderna deve tutto all’eredità lasciata dall’alchimia. Newton era alchimista, e scoprì la gravità. Anche Einstein si dilettava con essa. Per quanto possa sembrare assurdo, sua moglie raccontò che Einstein, prima di addormentarsi, leggeva antiche opere sull’alchimia» indica lo scrittore e regista Jay Weidner.
Col passare dei secoli la chimica e la fisica hanno soppiantato l’alchimia come scienza dominante, però la sua funzione di linguaggio simbolico e la sua filosofia sulla trasformazione spirituale resistono al tempo. «Gli alchimisti» aggiunge Weidner «concentrano la loro energia mentale e spirituale sugli elementi base per cercare di trasmutarli ed estrarne lo spirito. All’epoca, potevano esaminare una ciotola d’acqua fino all’esaurimento per vedere il futuro; ed è proprio questo il prodigio, l’eccezionalità che potrebbe essersi verificata in un esperimento di Nostradamus.»
Ai tempi del veggente francese l’alchimia era la scienza predominante, ma chi la praticava lo faceva in segreto, con l’idea di tenere in serbo le scoperte, potenzialmente pericolose, soltanto per se stesso. Secondo John Hogue, scrittore che si autodefinisce «profeta attuale», le scoperte in questo campo potrebbero essere la ragione per cui Nostradamus decise di formulare le sue profezie con espressioni ancora più oscure. Accentuando intenzionalmente il carattere confuso dei suoi vaticini, «avrebbe tenuto occupati i mentecatti delle generazioni successive, mentre gli iniziati avrebbero saputo decifrare il codice e trovare qualcosa in più in mezzo a tanta oscurità, qualcosa in più del metallo: parliamo dell’essenza dello spirito». Nostradamus sottolineav...