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Il club (I Romanzi Extra Passion)
- 288 pagine
- Italian
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Il club (I Romanzi Extra Passion)
Informazioni su questo libro
Lady Jane Beaumont è convinta che la misteriosa scomparsa dell'amica Delphina sia legata a un club segreto, dove i gentiluomini conducono le mogli per coinvolgerle in giochi erotici. Decisa a indagare, Jane entra nel Club fingendo di voler comprare i servigi di un amante, ma l'uomo mascherato che la raggiunge in camera non è uno sconosciuto bensì Christian, il fratello di Delphina. Soprannominato Lord Wicked per il suo scandaloso passato, Christian è da poco tornato dall'India ed è anch'egli impegnato nella ricerca della sorella. Non esita quindi a prendere Jane sotto la propria ala e a guidarla nel mondo proibito del Club. Con il desiderio segreto, e interessato, di risvegliare in lei la passione...
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Informazioni
eBook ISBN
9788852028311IL CLUB
Traduzione di Marta Capeari

1
Londra
Maggio 1818
Maggio 1818
“Come lo spiego a un uomo che ho già pagato che in realtà non voglio fare l’amore con lui?”
Jane Beaumont, lady Sherringham, andava avanti e indietro per la stanza del bordello, rosicchiandosi l’unghia del pollice, aspettando inquieta di sentir battere alla porta.
Era lì in cerca della sua amica Delphina, lady Treyworth. In cerca di risposte. Aveva pagato una vera fortuna per i servigi di uno dei giovanotti alle dipendenze della signora Brougham, la tenutaria di quella casa georgiana ai margini di Mayfair, nota semplicemente come il “Club”. Ma poiché si trattava solo di un espediente, adesso avrebbe dovuto convincere l’uomo ad andarsene senza toccarla.
Si sarebbe arrabbiato? Jane rabbrividì.
Con suo marito, lord Sherringham, non aveva mai osato tirarsi indietro. Si era sempre sottomessa ai suoi desideri, terrorizzata dalle sue brutali reazioni. Ormai, però, il marito era morto da tredici mesi e lei non doveva più sopportare le sue visite notturne.
“Oh, Dio mio” pensò Jane, sostenendosi a un montante del letto enorme che occupava quasi l’intera stanza. Ceppi di ferro foderati di velluto sporgevano dalle colonnine intarsiate dell’alcova. Jane si sentì rimescolare lo stomaco mentre osservava il rilievo scolpito nel legno: serpenti intrecciati a qualcosa che poteva essere una spada, o la parte più intima di un uomo.
Ripensò al pomeriggio di due mesi prima, quando le sue due amiche più care le avevano raccontato che i mariti le portavano in quel circolo. — Ma le donne non possono frequentare un club per gentiluomini — aveva osservato Jane.
— Questo sì — aveva risposto Charlotte. Nei suoi occhioni azzurri sgranati Jane aveva colto, stupita, un misto di orrore e vergogna.
— Sta proprio qui la novità del Club — aveva spiegato pudicamente Del. — Gli uomini ci portano le mogli. In costume. Tutti i venerdì sera, le signore devono vestirsi da monache. — A quel punto aveva abbassato la voce e socchiuso gli occhi. — Ho ancora sul fondoschiena i segni lasciati dal frustino.
Lei aveva aperto la bocca in una muta esclamazione di orrore. Aveva sopportato le punizioni che le infliggeva Sherringham a mano nuda, ma il marito non aveva mai osato batterla con il frustino.
Jane rabbrividì osservando la camera da letto. “Del, è quest’orribile Club la ragione per cui sei scomparsa?”
Un rapido bussare alla porta la fece trasalire. — Signora? Posso entrare?
L’uomo che aveva ingaggiato possedeva una voce seducente. Un timbro profondo, non del tutto educato, con una nota ringhiosa che le fece salire un brivido lungo la schiena.
— S… sì — rispose esitante.
Non si era tolta il mantello che indossava sopra gli abiti da lutto, e aveva la veletta abbassata a celarle il viso. Ma quando la porta si aprì, si voltò per non farsi vedere e attese rigida lo scatto della porta che si richiudeva.
Mentre suo marito odorava generalmente di sudore, alcol e del profumo di altre donne, quest’uomo fu preceduto da un effluvio esotico di bergamotto misto a sandalo.
Prima che Jane fosse in grado di trovare la forza di voltarsi, lui le chiese: — C’è qualcosa che non va, tesoro?
Lei sbirciò nello specchio per vedere che aspetto avesse, ma la sua immagine vi era riflessa solo in parte. Riuscì a scorgere appena una grossa mano inguainata in un guanto di pelle nera, una lunga gamba stretta da pantaloni di buon taglio, il profilo dell’anca che svaniva sotto la marsina, lo scorcio di una spalla possente. E questo fu tutto.
Era grande. Grande e maschio. Il panico le divampò nel petto, lasciandola senza respiro. “Non può farti del male. Qui puoi gridare, chiamare aiuto. E lui non ha nessun diritto di farti del male.”
— Voltatevi, dolcezza.
Facendo appello a tutto il suo coraggio, Jane si girò. — Mi dispiace molto, ma…
Le parole le morirono sulle labbra. L’uomo stava appoggiato alla parete con fare indolente, rilassato, e anche se diversi metri li separavano, Jane ebbe l’impressione che la stanza si fosse di colpo ristretta.
Le spalle. L’uomo aveva due spalle ampie e poderose. E le gambe, incrociate con disinvoltura alle caviglie, sembravano senza fine, tanto che lo sguardo di Jane impiegò un momento interminabile per percorrerle fino alla punta degli stivali lucidi.
Una maschera di cuoio nero gli celava gli occhi, ma sotto a quella Jane notò che non era rasato. Una barba ispida e scura gli copriva la mascella squadrata. Una cicatrice spuntava sotto la maschera, un’altra gli solcava profondamente il mento.
Le labbra, però, erano arcuate in un sorriso garbato, comprensivo, che gli disegnava delle fossette sulle guance. Allungò la mano con fare rassicurante, come se stesse offrendo del cibo a una cerbiatta impaurita. — Va tutto bene, dolcezza. Non vi farò alcun male. Del resto, sono ai vostri ordini. Sono il vostro schiavo, per così dire.
“Ai suoi ordini.” Per una volta era lei ad avere il comando. Ma di fronte a lui si sentiva impotente.
— Siete in lutto? — L’uomo si staccò dalla parete per muovere un passo lento, disinvolto, verso di lei.
— No, no! — proruppe Jane, arretrando fino a trovarsi contro il letto. Con il cuore che le batteva all’impazzata, riuscì finalmente a trovare la scusa perfetta. — Vo… voglio dire che l’anno di lutto non è ancora terminato. — Agitò convulsamente le mani. Non le era difficile recitare la parte della donna nervosa che aveva cambiato idea. — E la verità è che… mi sentivo… sola. Perciò avevo pensato di… Ma non posso. Non con voi. Non ora.
Ormai le era così vicino che Jane poteva vederne gli occhi attraverso le fessure ovali della maschera. Occhi azzurro indaco contornati da lunghe ciglia nere. Cercò di indietreggiare ancora, ma il letto glielo impedì.
Un altro passo lento lo portò spaventosamente vicino. Il cuore di Jane martellava. Evidentemente lui non aveva capito.
— Non posso… usarvi stasera. Io… ho cambiato idea. Vi pagherò qualcosa in più… se volete. Se siete rimasto deluso…
Un lampo di comprensione balenò negli occhi di lui. — Allora è per questo che non avete dato il vostro nome.
Che diavolo intendeva? Lei un nome l’aveva dato. Uno falso.
Eppure… Il modo in cui inclinava la testa, i folti capelli neri, il taglio della bocca, il bel naso diritto… perché all’improvviso le sembravano così familiari?
Ridicolo. Quando mai aveva incontrato in vita sua un amante a pagamento?
Eppure non riusciva a staccare lo sguardo dalla sua bocca, da quelle labbra sensuali e carnose. La pelle aveva il colorito del miele scuro, segno che aveva trascorso molto tempo sotto un sole cocente.
— Spero di non avervi spaventata, signora.
— No, no, voi non avete fatto nulla di male. Siete stato davvero gentile e delicato e spero che non vi siate offeso. Vi pagherò, sapete. Non avrete sprecato il vostro tempo…
Ormai lui le stava davanti, a un passo. — Certo che non sono offeso. Se non mi volete, io vi comprendo. — Le prese la mano e se la portò alle labbra così lentamente che Jane si dimenticò di respirare e si sentì mancare le gambe.
— No… — Jane ritrasse di scatto le dita dalle labbra del gigolò.
— Non vi piaccio, lady Sherringham?
— Come fate a sapere chi sono? — esclamò lei, sgomenta. Non aveva fornito il suo vero nome, ma lui lo aveva appena detto.
Fu l’espressione a smascherarlo. Jane capì perché le era sembrato così familiare e rimase talmente stupita che cadde all’indietro sul morbido letto.
— Voi non siete l’uomo che ho pagato! Voi siete il fratello di Delphina. Voi siete lord Wickham.
Noto anche, e a buon motivo, come “lord Wicked”, il “depravato”.
Come poteva trovarsi lì, in quel Club ripugnante che aveva distrutto Del?
— Mi stupisce che mi abbiate riconosciuto, lady Sherringham.
Jane si sollevò sui gomiti e finalmente riconobbe il fascinoso libertino poco più che ventenne nel volto mascherato di quell’uomo più maturo. Quando lo aveva conosciuto era semplicemente Christian Sutcliffe, dato che il padre era ancora vivo. Otto anni lo avevano cambiato. Oltre alle cicatrici, aveva gli zigomi più sporgenti, le fossette più profonde. Adesso era più corpulento, più abbronzato e molto più muscoloso.
— Credo bene che vi stupisca — replicò lei, con il cuore che le batteva forte. — Siete stato via così a lungo. Sul Continente, in India e in Estremo Oriente. Siete stato ovunque, tranne che in Inghilterra, dove avreste potuto aiutare vostra sorella, prima che venisse costretta a sposare lord Treyworth.
— E io mi ricordo di voi — mormorò lui, osservandola. — La virago.
Jane alzò lo sguardo sui suoi occhi azzurro scuro. Tranne che per il colore, erano identici a quelli di Del. — Che cosa ci fate voi qui? — gli chiese. — Qui in Inghilterra, in questo circolo disgustoso?
Vide Wickham, torreggiante su di lei, che le porgeva la mano coperta dal guanto di pelle nera. Non le saltò addosso, come avrebbe fatto lord Sherringham, approfittando della situazione. Con un sorriso vagamente divertito, l’aiutò a risollevarsi in piedi. Jane aveva conosciuto il fratello di Del tre anni prima che lasciasse l’Inghilterra e non avevano mai intrattenuto una conversazione che non fosse finita in diverbio.
Le giravano per la testa mille domande, ma stranamente le uscì fuori la meno essenziale. — Dov’è l’uomo che ho ingaggiato?
Le sopracciglia nere di Wickham si arcuarono sopra la maschera. — È legato come un salame con la sua collezione personale di corde vellutate e rinchiuso in uno sgabuzzino — rispose con impazienza. — E ora, lady Sherringham, ditemi tutto. Cosa sapete su questo Club?
La sua mano si chiuse su quella di lei. Era calda, anche attraverso la pelle morbida.
— Non ne faccio parte, se è questo che volete…
— Non vi ci ha portato vostro marito? — la interruppe lui.
— No, ma so che il marito di Del ce la portava. Da oltre un anno Treyworth la costringeva a venire qui. E lei mi ha confidato che questo posto la spaventava.
Wickham la tirò su senza fatica e Jane dovette aggrapparsi all’altro suo braccio per sostenersi mentre lui la rimetteva in piedi bruscamente.
— Ma se credete che Delphina avesse paura di questo posto, lady Sherringham, perché ci siete venuta, pagando un uomo per la notte?
— Non certo per… per passione, se è questo che pensate. — Jane ritrasse le mani di scatto e gli girò attorno. — È stato solo un espediente. Alla porta mi hanno fermato e condotto dalla signora Brougham. Le ho detto che sono una vedova ricca e sola. Non voleva lasciarmi entrare se… non avessi pagato per i servigi di un uomo. Ma perché l’avete chiuso nello sgabuzzino?
— Per potervi interrogare, lady Sherringham.
— Mi avete spiato?
— Ero venuto a casa vostra per parlarvi di Del — spiegò lui. — Voi stavate uscendo, vistosamente travestita. La cosa mi ha intrigato e mi ha spinto a seguirvi.
— Vistosamente travestita?
— So che vostro marito è morto da più di un anno. Ho sentito dire che quell’uomo non meritava cordoglio.
— Quindi, se mi stavate seguendo, presumo che non sappiate dov’è Del.
Vide il dolore balenare nei suoi occhi, mentre si appoggiava alla colonna scolpita del letto. — No. E voi?
— No! — Jane alzò le mani, esasperata. — È per questo che sono qui. Suo marito mi ha riferito che è partita per il Continente. Ma io so che è impossibile. Ero io quella che parlava di scappare. Del e Charlotte non avevano intenzione di…
— Scappare?
Alla fine, neppure lei aveva avuto il coraggio di sottrarsi al marito. Ma non lo disse a Wickham. Un pensiero orribile le si affacciò nella mente. — Voi perché siete tornato in Inghilterra? — chiese. — È una coincidenza?
— Del mi aveva scritto dicendo che aveva paura di suo marito. Che lui l’aveva disonorata e che temeva addirittura per la propria vita.
— E così, finalmente, siete tornato a casa per aiutarla.
Una favilla si accese negli occhi di lui. — Sì.
Jane provò il desiderio assurdo di ferirlo. Di punirlo. — Del ha davvero il terrore di suo marito. So che la picchia, ma fa in modo che non le restino i segni.
— Cristo santo! — mormorò lord Wickham.
Jane gli puntò contro il petto un dito accusatore. — Ha dovuto sopportare la frusta, qui al Club. È stata costretta a… a fare cose con più uomini contemporaneamente! Lei…
D’impulso, lui si fece avanti e le tappò la bocca con la mano. — Ora basta — gemette. — Questo non aiuta nessuno.
Jane non riusciva a respirare. Cominciava a girarle la testa.
Wickha...
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