Canticchiando piano tra sé, lo Stracciaiolo percorreva a piedi il deserto vuoto e brullo, il giorno dopo la tempesta. Il cielo era ancora scuro e coperto di nubi e la terra, impregnata d’acqua, era scivolosa sotto i suoi stivali, ma niente di tutto questo aveva importanza per lui.
Le altre persone preferivano il sole, il bel tempo e il terreno duro e asciutto sotto le suole, rallegrandosi della luce e del tepore del giorno. Ma la vita aveva inizio nell’utero umido e buio e lo Stracciaiolo traeva grande conforto dal pensiero che la procreazione fosse istintiva e non necessitasse di quegli aspetti della natura che lui meno apprezzava.
Era un individuo strano, una figura tutt’altro che attraente, addirittura quasi comica. Molto alto e sottile come un giunco, il suo incedere era simile a quello di un uccello acquatico dalle zampe lunghe. Indossava abiti neri che avevano visto giorni migliori e tendeva a confondersi con il paesaggio entro cui si muoveva e che, per la maggior parte, era grigio. Teneva gli stracci e i pezzi di stoffa in un sacco di tela consunto – ricavato da scampoli cuciti insieme – che portava su una spalla e che dava l’impressione di doversi squarciare a ogni passo. Un paio di stivali di cuoio graffiati e scalcagnati completava l’insieme; li aveva sfilati a un morto, qualche anno addietro, ma erano ancora in grado di svolgere egregiamente il loro dovere.
L’aspetto dello Stracciaiolo suggeriva che fosse un tipo innocuo. Ogni dettaglio lo contrassegnava come una facile preda in un mondo nel quale i predatori dominavano su ciò che restava di una popolazione decimata. Naturalmente lui sapeva come appariva agli occhi delle creature sempre in agguato, che cosa pensavano quando lo vedevano arrivare. Ma il loro giudizio non lo preoccupava. Era sopravvissuto per tanto tempo grazie alla sua capacità di tenere la testa bassa ed evitare di mettersi nei guai. Le persone come lui ancora riuscivano a passare inosservate: il trucco stava nel non fare nulla che richiamasse l’attenzione.
Di conseguenza si sforzava in ogni modo di sembrare un semplice vagabondo che voleva solo essere lasciato in pace. A questo mondo, però, non sempre si ottiene ciò che si desidera. E in quel momento altri occhi lo stavano scrutando: lo Stracciaiolo se li sentiva addosso. Erano parecchie paia, che lo guardavano da direzioni diverse. Gli animali – creature che i veleni e l’inquinamento chimico avevano trasformato in mutanti – stavano già distogliendo i propri. Il loro istinto più acuto, più finemente accordato, percepiva subito se qualcosa non andava. Gli animali, se ne avevano la possibilità, la maggior parte delle volte si allontanavano.
Quelli che lo fissavano in quel momento erano gli occhi dei predatori umani, privi della capacità di penetrazione necessaria per giudicarlo nel modo corretto. Due uomini lo stavano studiando per decidere se fosse il caso di assalirlo.
Lo Stracciaiolo era intenzionato a evitarli, ovviamente, e il suo piano consisteva nel dare l’impressione che non valesse la pena di aggredirlo. Ma, anche in quel caso, sembrava che non avrebbe ottenuto ciò che desiderava.
Respirò profondamente l’aria fredda e carica di vapori, gustando sulla lingua l’umidità stagnante, annusando l’odore delle sostanze marce rimescolate dalla violenta tempesta e il tanfo di putrefazione che saliva dal terreno bagnato, effluvi meravigliosi e benvenuti.
A volte, quando era solo, lo Stracciaiolo riusciva a illudersi di essere l’unico sopravvissuto, a considerare il mondo la sua riserva personale, il suo luogo speciale; a immaginare che tutto ciò che lo circondava appartenesse a lui.
Poteva fare finta che nessuno gli avrebbe dato fastidio.
Il motivetto senza parole lasciò il posto a una canzoncina:
Stracciaiolo, Stracciaiolo,
come puoi prendere il volo,
se il predone sta laggiù,
e la preda sua sei tu?
Stracciaiolo, Stracciaiolo,
tieni fissi gli occhi al suolo.
Se non desti l’attenzione,
te lo togli dal groppone.
Ripeté i primi due versi e si chiese se fosse riuscito ad allontanarsi a sufficienza. Ormai era giunto il momento di fare una breve sosta per bere e mangiare. Ma era costretto a proseguire. Sospirò; sulla sua faccia lunga, dai lineamenti affilati, comparve un sorriso a labbra strette, che tese come corde i muscoli attorno alla bocca.
Stracciaiolo, Stracciaiolo,
quelli han visto che sei solo.
Ora aspettano una mossa,
per spolpare le tue ossa.
Stracciaiolo, Stracciaiolo,
non far mostra del tuo duolo.
Con pazienza devi agire
per vederli scomparire.
Attraversò un prato, poi oltrepassò un piccolo ruscello pieno di acqua fangosa e si trovò su una distesa coperta di sassi, dove sbocciavano piccoli fiori violacei. Più avanti c’era un bosco inaridito in cui cresceva una manciata di pioppi rachitici, distanziati l’uno dall’altro come estranei. Al di là di quegli alberi si scorgeva del movimento in mezzo a un mucchio disordinato di massi, alla base di una fila di collinette che portava alla successiva catena montuosa: una presenza incombente e selvaggia. Lo Stracciaiolo se ne accorse, ma lo ignorò. Coloro che lo sorvegliavano erano ancora laggiù e parevano sempre più nervosi; doveva cercare di aggirare il loro nascondiglio e augurarsi che venissero distratti da qualche nuovo avvenimento. Nella zona, però, sembrava non ci fosse nessun altro, a parte lui, e temeva che sarebbero venuti a cercarlo anche solo per combattere la noia e per trovare un diversivo.
Proseguì con cautela, nascondendosi come meglio poté, senza smettere di canticchiare sottovoce.
La luce del giorno sbiadiva progressivamente a mano a mano che le nubi si addensavano. “Con ogni probabilità riprenderà a piovere” pensò lo Stracciaiolo. Guardò il cielo in tutt’e quattro le direzioni, studiando il movimento delle nubi e delle loro ombre sul terreno. Non c’erano dubbi, avrebbe piovuto ancora. Meglio trovare subito un riparo.
Iniziò a risalire il pendio, diretto verso i massi, sforzando i muscoli delle gambe lunghe e sottili, senza seguire un cammino lineare ma spostandosi a destra e a sinistra per percorrere la strada più agevole. Per tutto il tempo continuò ad allontanarsi dai suoi osservatori, fingendo di non badare a loro e di non essersi neppure accorto della loro presenza, in modo che anche quelli perdessero interesse per lui.
Tuttavia d’un tratto i suoi timori si concretizzarono e i due uomini furono su di lui.
Erano usciti dalle rocce, due figure dai capelli incolti e dagli abiti stracciati che impugnavano coltelli e bastoni. Uno era privo di un occhio e l’altro zoppicava. “Se la sono vista brutta in passato” si disse lo Stracciaiolo. Non dovevano essere stati trattati con troppa gentilezza e di conseguenza non parevano disposti a riservarne agli altri. Rimase fermo dov’era e li attese con pazienza, sapendo che ogni tentativo di fuga sarebbe stato inutile.
«Tu» disse l’orbo puntandogli contro il coltello. «Cos’hai nel sacco?»
Lo Stracciaiolo si strinse nelle spalle. «Stracci. Li raccolgo e li scambio con cibo e bevande. È il mio lavoro.»
«Hai anche dell’altro, secondo me» ribatté il secondo uomo, il più grosso dei due. «Meglio che tu ci faccia vedere.»
Lo Stracciaiolo ebbe un istante di esitazione, poi rovesciò in terra il contenuto del sacco, la sua raccolta di fazzoletti dai colori vivaci e pezzi di stoffa, alcune camicie e giubbotti, un paio di cappelli e qualche stivale. Tutto quello che era riuscito a racimolare nei suoi ultimi viaggi e che non aveva barattato con i Troll o con altri.
«Questa è immondizia!» ringhiò l’orbo minacciandolo con il coltello. «Devi fare di meglio. Devi darci qualcosa di valore!»
«Hai denaro?» chiese il compare.
“Non c’è speranza, con questi due” pensò lo Stracciaiolo. Nessuno usava più il denaro e anche quel poco che era ancora in circolazione non valeva nulla. Forse l’oro e l’argento potevano avere valore. E una buona arma, soprattutto una delle vecchie automatiche risalenti all’epoca delle Grandi Guerre, costituiva un’ottima merce da barattare. Nessuno possedeva denaro. «Non ne ho» rispose facendo un passo indietro. «Posso riprendere la mia roba?»
L’orbo avanzò e calpestò con un tacco il mucchio di fazzoletti colorati, in modo da spingerli nel fango. «Ecco quello che penso dei tuoi stracci. E adesso ti faccio vedere cosa penso di te!»
Lo Stracciaiolo fece un altro passo indietro. «Vi prego, non ho nulla da darvi. Vi chiedo solo di lasciarmi passare. Non vale la pena che perdiate tempo con me. Dico sul serio.»
«Non vali molto, questo è vero» convenne lo zoppo «ma non significa che tu possa passare liberamente. Questo è il nostro territorio e nessuno può attraversarlo senza pagare qualcosa a noi!»
I due si avvicinarono, un passo alla volta, accerchiandolo per impedirgli di aggirarli.
“Come se potessi farlo” pensò lui. A quell’età e nelle sue condizione fisiche. Aveva forse l’aspetto di qualcuno che sarebbe riuscito a scappare o a opporre resistenza? «Credo che non sia una buona idea» disse smettendo bruscamente di indietreggiare. «Forse non vi rendete conto di quello che state facendo.»
I due predatori si fermarono e lo guardarono stupiti. «Tu credi che non sia una buona idea?» ripeté lo zoppo. «Hai detto proprio questo, vecchio topo morto di fame?»
Lo Stracciaiolo scosse il capo. “Finisce sempre così. Non capisco cos’abbiano nella testa” pensò. «Lasciate che vi chieda una cosa. Conoscete un uomo che porta un bastone nero?»
I due si scambiarono una rapida occhiata. «Chi è?» chiese l’orbo. «E perché mai dovremmo conoscerlo?»
Lo Stracciaiolo sospirò. «Non dico che dovreste, anzi, è probabile che non lo conosciate. Lui ha del denaro con sé. Ma non sapete dove trovarlo, vero?»
«No, non conosciamo nessuno del genere» ringhiò l’orbo. Lanciò un’occhiata al compagno. «Avanti, vediamo cosa ci nasconde.»
Si avvicinarono allo Stracciaiolo puntandogli contro i coltelli e infilandosi i bastoni nelle cinture. Erano leggermente piegati in avanti per prevenire qualsiasi mossa difensiva che quel vecchio spaventapasseri potesse tentare; puntavano le lame davanti a sé.
La vittima designata, però, non si mosse: non indietreggiò né diede più l’impressione di tentare la fuga. In realtà, non pareva lo stesso uomo di prima. La trasformazione era sottile e difficile da cogliere, ma appariva evidente che qualcosa era cambiato. La differenza era percepibile nella sua figura e nel lampo di follia che gli brillava negli occhi. E anche nella sua postura.
Fino a un attimo prima il vecchio era una vittima spaventata, una persona che sapeva di non avere chance contro avversari come quei due. Adesso invece sembrava padrone della situazione, nonostante la sua evidente impossibilità di difendersi. Il cambiamento non piacque ai suoi aggressori, eppure non fu sufficiente a fermarli. Uomini di quella risma non si lasciavano intimorire da ciò che non capivano, ma solo da chi era più grosso e meglio armato di loro. E lo Stracciaiolo non lo era: quel povero imbecille fingeva di essere qualcosa che non era e faceva un ultimo, disperato tentativo di aggrapparsi alla vita.
L’orbo attacc...