Con te sempre accanto
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Con te sempre accanto

I nostri cari sono ancora con noi: la mia vita da medium

  1. 276 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Con te sempre accanto

I nostri cari sono ancora con noi: la mia vita da medium

Informazioni su questo libro

Il dolore di chi perde una persona cara è inconsolabile, ma non bisogna disperare: chi in vita ci ha amato ed è stato da noi amato, infatti, non se ne va mai per sempre. Anche dopo la morte ci rimane accanto, nonostante noi non riusciamo a coglierne la presenza. Qualcuno, però, sarebbe in grado di farlo. È il caso di Ginella Tabacco, accortasi di avere il dono di comunicare con i defunti dopo aver perso il compagno della sua vita. In queste pagine racconta la propria esperienza, offrendo testimonianze toccanti e aprendo una nuova prospettiva, ricca di speranza, sulla vita oltre la vita.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2012
Print ISBN
9788804621201
eBook ISBN
9788852027314

XIV

Boccioli

Questi fiori recisi ancora in boccio apriranno i loro petali e faranno arrivare rugiada odorosa a lenire il dolore di genitori affranti, a irrorarli di speranza.
UN MESSAGGIO DALL’“OLTRE”
Sono davvero molte le persone che ho conosciuto nel corso di tanti anni provate dal terribile dolore per la morte di un figlio. Le ho viste tutte comprensibilmente disperate all’inizio; in molti casi ne ho seguito il processo di elaborazione del lutto e devo dire che, com’è naturale, questo percorso non è stato uguale per tutte. Per ognuna all’inizio il dolore è stato devastante, in molte ha fatto nascere il desiderio di raggiungere subito il figlio “perduto”, le ha spinte a dimenticare gli altri congiunti provati dallo stesso dolore, le ha portate al rifiuto di riprendere a vivere, accontentandosi quasi soltanto di sopravvivere. Altre invece sono riuscite relativamente più in fretta a chinare la testa di fronte all’imponderabile, pur avendo nell’immediato imputato a Dio la causa di tanto dolore o avendo ritenuto inutile aver pregato tanto.
Credo che i messaggi ricevuti dall’Aldilà siano stati di aiuto per quasi tutte queste persone. L’ho potuto sperimentare specialmente in quelle mamme e in quei papà di cui ho avuto la possibilità di seguire più da vicino il passaggio da una disperazione senza conforto all’accettazione e alla consolazione attraverso un faticoso lavoro su se stessi.
Gianluca
Ho conosciuto i genitori di Gianluca, Franco e Francesca, a Roma, nel corso di un Convegno nel gennaio 1999. Era per loro la prima esperienza di medianità e devo dire che l’impatto non fu incoraggiante. Francesca, specialmente, era scettica, convinta che si trattasse di trucchi e di espedienti per sempliciotti, sicura che lei e suo marito non avrebbero abboccato. Avevano però deciso ugualmente di partecipare al Convegno, avendo conosciuto l’anno prima in Terra Santa due genitori che, come loro, avevano perso l’unico figlio ed erano sereni, perché dicevano di avere conosciuto sensitivi che li avevano messi in “contatto” con il loro caro.
Avevo, dunque, davanti a me queste due persone che, come molte altre, sarebbero diventate amici carissimi, ma che in quel momento mi guardavano con un certo sospetto, quasi con sfida. Pensò Gianluca a sciogliere un po’ del disagio che quella situazione mi creava. Si fece riconoscere subito, parlando del lutto sopportato con dignità dai genitori, si presentò come «ragazzo dal cuore ingenuo, che aveva amore per tutti», che aveva l’abitudine di «mettersi dopo gli altri e di immedesimarsi nell’altrui dolore». Aggiunse, rivolto ai genitori, «io amo partecipare a ciò che è nato dalla mia partenza, amo le giuste, degne, efficaci, lievi intuizioni che degnamente fate diventare azioni».
Furono specialmente queste parole, per me del tutto incomprensibili, a rappresentare per Franco e per Francesca la miglior prova che Gianluca potesse portare. Il ragazzo, infatti, parlando di «degne ed efficaci intuizioni» si riferiva a un progetto di solidarietà a favore dell’Albania cui teneva molto.
Era stato in quel paese e sperava di ritornarci. Vi era andato insieme ad alcuni compagni dell’ultimo anno di liceo e a due suoi professori per portare aiuti alla Missione che le Suore Dorotee, presso le quali studiava, avevano aperto a Laç-Vau Dejës. Aveva messo tutto il suo entusiasmo e il suo impegno per promuovere iniziative e attività atte a raccogliere fondi da portare in Albania. Ne era tornato scosso e profondamente colpito per le condizioni sociali, economiche e culturali della gente che aveva avvicinato. Al suo ritorno raccontava: «Io e i miei amici ci siamo vergognati di noi, perché facciamo storie e ci lamentiamo se non abbiamo il motorino o la macchina. Là non hanno medicine, acqua, scuole, è prezioso anche il sale da cucina. Dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo aiutarli, dobbiamo ritornare».
Disse ancora di essere piacevolmente colpito per come i genitori, prima concentrati soprattutto su se stessi e sul figlio, si fossero «così aperti al mondo».
Parlò anche del suo scarso amore per lo studio: «Ogni autunno portava a me il martirio del mio rientro a scuola» e «avaro fui di pomeriggi in attento studio. ... Avevo da vivere, papà, dovevo gioire e invece la scuola proprio poca gioia mi dava; avevo di tutto, non sempre diedi il meglio. Ora però, vedeste come recupero e che ammirazione suscito!». Poi, rivolto a me, disse una cosa veramente sorprendente: «Ora sto in classe di “violini” e proprio non potevo essere paragonato a quello strumento che da te, Ginella, viene usato per distinguere chi il massimo fa per ottenere il massimo!».
Ai genitori di Gianluca, che non capivano, spiegai che davvero in Piemonte viene definito “violino” chi è molto studioso e diligente!
Questo straordinario giovane si trovava evidentemente a proprio agio nel parlare con noi e, benché non ne fosse stato assolutamente richiesto, prese a dire: «Ora voglio portarvi il momento nel quale diedi l’addio al mondo. Ero prudente, ma non ho avuto il tempo di vedere chi portava il suo mezzo addosso al mio. Ora ho dato a voi prova di me; pieno non era il mio stomaco, carico non era il mio cervello. Notai lì vari modi di interpretare le cose. Onore alla verità!».
Gianluca con queste parole aveva voluto definitivamente tranquillizzare i suoi genitori di non aver né bevuto né fatto uso di droga e che l’incidente era stato causato da una donna che non aveva rispettato il semaforo ed era passata con il rosso, cosa questa emersa poi dalle indagini.
In questo modo, dunque, avvenne la conoscenza con Gianluca e i suoi genitori, che se ne andarono molto rasserenati e sicuri che il figlio continuava a esistere (eccome se esisteva!).
Due mesi dopo ci ritrovammo a Riccione. Vidi Francesca e mi avvicinai per salutarla. Lei si stupì che, con tutta la gente che incontro, l’avessi riconosciuta subito e si stupì ancora di più che ricordassi il nome di suo figlio. Le dissi allora di avere con me una foto di Gianluca, forse dimenticata dopo il colloquio di Roma; lei fu sorpresa di quanto le stavo raccontando, perché sapeva di avere sempre tenuto nella borsa quella fotografia durante il colloquio con me e non si era mai accorta di averla persa. La foto in mio possesso, poi, non aveva sul retro, come tutte le altre date agli amici come ricordo di Gianluca, né le date di nascita e di morte del ragazzo né la preghiera scritta per lui. Non abbiamo trovato una spiegazione a questo “mistero”, ma a me premeva soprattutto raccontare a Francesca che due mesi prima, a Roma, appunto, mentre eravamo in chiesa, in coda per ricevere la Comunione, avevo “visto” Gianluca appoggiato alla sua spalla e volevo chiederle se il ragazzo avesse l’abitudine di atteggiarsi così. Lei me lo confermò e fu una bella emozione per entrambe.
Dopo quel secondo incontro, i rapporti con i genitori del ragazzo iniziarono a essere davvero di amicizia. Più di una volta fui ospite a casa loro a Roma, dove avvertii la forte energia di Gianluca, specialmente nella sua camera che con grande gentilezza fu messa a mia disposizione. Proprio lì ho ricevuto bellissimi messaggi, sicuramente agevolata dalla medianità di Francesca che riceveva, e continua a ricevere, incredibili e chiarissime “missive” attraverso il registratore.
In occasione della beatificazione di papa Giovanni, mi trovai a Roma, di nuovo ospite di Franco e Francesca.
La sera stabilimmo un contatto con il Mondo spirituale. Mentre io ricevevo messaggi dall’“Oltre”, Francesca teneva acceso il registratore. Gianluca non si fece attendere e, come sempre, diede di sé prove gioiose. A un tratto, inatteso, si presentò, e non era la prima volta, un personaggio famoso che già in passato mi aveva caldamente invitato a fare uso della radio, perché, mi diceva, avrei potuto ottenere buoni risultati.
Interruppe, dunque, la “conversazione” con Gianluca e invitò Franco a prendere la propria radio a onde corte e a seguire le indicazioni che gli sarebbero state fornite. Tutto fu eseguito nei dettagli, ma devo dire che i risultati non furono soddisfacenti, perché le parole erano quasi tutte incomprensibili. Ringraziammo, tuttavia, e ci riproponemmo di tentare un’altra volta. Era tardissimo, noi piuttosto stanchi, per cui concludemmo la seduta e ci augurammo la buonanotte.
Quando il mattino successivo raggiunsi in cucina Francesca, la vidi raggiante. Lei era già alzata da almeno un’ora e aveva riascoltato la registrazione della sera precedente; erano successe due cose che tutti noi abbiamo ritenuto fantastiche: sul nastro registrato era incisa naturalmente la mia voce, ma c’era anche quella di Gianluca, che ci lasciò sbalorditi perché, qualche secondo prima che si sentisse la mia voce, in maniera chiara si udiva quella del giovane che anticipava perfettamente ogni mia parola, proprio come se me la suggerisse.
L’altra sorpresa riguardava la radio: sul nastro registrato la sera precedente era rimasto inciso tutto quanto la radio stava trasmettendo nel momento in cui noi, pieni di speranza, eravamo in attesa... si trattava di stazioni straniere che trasmettevano musica e parole per lo più incomprensibili per noi. Quel mattino, riascoltando la registrazione, vi trovammo frasi in chiaro italiano, tra cui «raggi del nostro Cielo giungono fedelmente accanto a voi» e «siate degni del Cielo». Ma la cosa più toccante, e non soltanto per me, fu udire un coro di giovani voci che, cantando, a un tratto scandirono chiaramente «GI-NEL-LA», il mio nome.
So che può sembrare incredibile, ma eravamo in tre ad ascoltare esterrefatti, felici e riconoscenti.
Mi viene in mente una conversazione di uno dei tanti denigratori dell’esperienza medianica che aveva esortato un povero padre, che sul registratore aveva udito il nome del proprio figlio deceduto, a non illudersi, perché quel «Marco» sicuramente doveva essere arrivato da un messaggio “partito” da una nave. Chissà che risate si farebbero lui e i suoi amici se dovessero leggere ciò che ho appena raccontato, ma mi piacerebbe sapere quale spiegazione originale e plausibile troverebbero! (Spero non quella della nave!) Quelle persone rifiutano il confronto, così convinte come sono che noi, poveretti, siamo fuori di testa, degli illusi, quando addirittura non ci tacciono di essere imbroglioni e profittatori della buona fede di persone sofferenti. Mi dispiace per loro che, sostenendo che è fantasia o imbroglio tutto quanto non è verificabile con la ragione, si privano della bellezza di questa esperienza. Essa certamente non potrà mai scaturire dalla “ignoranza” di quali prodigi possono compiere il cuore e l’amore.
Tornando a Gianluca, sicuramente la sua grande energia, di cui ho già parlato, ha dato un fondamentale contributo a questa straordinaria esperienza e ad altre precedenti e successive.
Il 3 aprile 2000, a sera inoltrata, a casa mia, a Cuneo, avevo appena concluso un contatto con un giovane quando, assolutamente non invitato, Gianluca “si presenta”, si fa riconoscere e poi dice testualmente: «Gara di fiori bianchi oggi a me hanno fatto arrivare, a vostro figlio portarono tutti fiori bianchi». Il ragazzo parla anche del particolare ricordo avuto quel giorno dai suoi «rari genitori» e da «fedeli studenti che mantengono vivo il ricordo di me». Conclude: «Ginella, riferisci subito mio messaggio ai miei genitori». Gli faccio notare che è molto tardi e che ritengo sia meglio rimandare al giorno dopo, ma lui insiste, al punto che mi decido e chiamo Roma. Mi scuso per l’ora e spiego il motivo della telefonata. Francesca esulta nel sentire le parole del figlio e me le spiega, soffermandosi soprattutto su quella «gara di fiori bianchi». Quella giornata, che stava per finire, corrispondeva al quarto anniversario della morte del figlio e c’erano stati davvero tanti fiori bianchi.
«Da giorni» mi dice Francesca «amici e parenti mandavano fiori bianchi da portare sulla tomba. Sembrava che si fossero passati parola, azalee, rose, gardenie, gladioli, tulipani... tutti bianchi. La sua tomba sembrava sepolta da una nuvola bianca e anche la cappellina delle suore in cui era stata celebrata la messa era addobbata di fiori bianchi.»
Mi soffermo ancora un momento sul discorso Albania, perché su questo argomento Gianluca ha portato davvero tante prove di identificazione, riguardo soprattutto alle tante opere umanitarie compiute dai genitori. «Quanto amore date» disse una volta. «L’amore è davvero omesso solo per voi stessi ed è male: è dovere curarsi.» I genitori del ragazzo ammisero che, effettivamente, avevano grossi problemi di salute che abitualmente trascuravano.
«Bravi, però, dico a voi che restate in degno ascolto dei gemiti e tu, Ginella, nostra preziosa messaggera, continua a lasciar sprigionare amore e bontà dal tuo “ponte”.» Ancora ai genitori: «Voglio rassicurarvi: la vostra vita mi dà la spinta a elevarmi in spazi maestosi e siete voi a dare vigore alle mie ali». In passato aveva detto: «Devo dire che il magico Gianluca che sono qui diventato lo devo all’utilità che mi avete dato e alle ali che mi avete aiutato a sviluppare. Incredibili i voli che faccio qui!».
L’azione di aiuto e di solidarietà dei miei amici romani non è rimasta ferma all’Albania, ma si è estesa al Camerun e al Brasile.
Un giorno Gianluca commentò così il gran lavoro dei genitori e dei loro collaboratori: «Quanti piatti avete riempito, quanti bicchieri e quanta reale cura a sofferenti nel cuore e nello spirito. Nei momenti di sconforto entro io, c’è ancora in me l’energia grande di prima da dispensare qui e lì. Alle vostre lettere dell’alfabeto, aggiungo ora le mie: “D” di dolore che vi ha rinnovati, “E” di encomio per voi da parte del Cielo, “F” di forza che continuerò a mandarvi, “G” di gioia di ritrovarci. Dio è amore e ama chi sa amare. Vi è piaciuta la sorpresa?».
Non ero in grado di capire che cosa significasse il discorso di quelle lettere dell’alfabeto. Me lo spiegò Francesca: su una pagina del giornalino della loro associazione, c’era scritto: “A” come Albania, “B” come Brasile, “C” come Camerun. Gianluca, scherzoso come sempre, aveva pensato di portarci questo bel regalo. E aveva concluso: «Ci saranno altre lettere per voi». Poco tempo dopo, infatti, mentre ero al telefono con sua madre, il ragazzo riprese il suo particolare elenco alfabetico: «“I” di in alto i cuori». A questo punto, Francesca pensò (me lo avrebbe detto subito dopo): “Voglio proprio vedere come ti metti con la ‘H’!”. La risposta arrivò immediata: «Se proprio vuoi la “H”, ti dico... Accademia dell’Amore!».
Francesca domandò se, quando ne era richiesta, potesse rendere testimonianze sulle “attività” in Albania, Brasile e Camerun. La risposta non si fece attendere: «Mai esimersi dal testimoniare l’amore in quel vostro mondo in cui sembra enfatizzato l’odio e non lasciarti impoverire da voci amabili in apparenza, ma che dentro portano “raucedine” che fa male non soltanto a chi le ode, ma anche a chi le proferisce. Mamma, tu vali, non dare a ogni raglio importanza e c’è da alzare al Cielo lo sguardo, là non arrivano i ragli... Strano vederti a volte amareggiata, nonostante tutto quell’oro che ti porto... Abbattuta tu non puoi essere con tutte quelle lacrime che danno a me l’idea che autentica fede in noi ti stia mancando, tanta pace ti mandiamo, mamma!».
Gianluca riprese poi il suo curioso alfabeto: «“L” di lavoro, “M” di mezzi, “N” di novità, “O” di opere in corso, “P” di pace per tutti, “Q” di qualità della vostra azione meritoria». A questo punto, Gianluca si fermò e Francesca, rivolta al figlio, disse: «Finito l’alfabeto, vieni a prendermi!». Risposta: «Mamma, sei tremenda! Provo a dire: “Povero, papà!”».
Ci sono ancora molte altre prove che Gianluca negli anni ha portato di sé; mi limiterò a raccontare di quella volta in cui disse alla mamma: «E c’era anche tuo Gianluca tra i cavalli». Nessuno comprese sul momento di che cosa parlasse il ragazzo: chi aveva avuto a che fare con dei cavalli? All’improvviso, come succede spesso, dopo un po’ di tempo si accese la famosa lampadina nella testa di Francesca: l’ultima riunione in cui erano programmati nuovi aiuti per l’Albania si era tenuta in una cameretta con un tavolo al centro. Alle due pareti ai lati del tavolo erano appesi due quadri raffiguranti cavalli. A questi cavalli forse si riferiva Gianluca? Non posso esserne sicurissima, ma lo ritengo possibile.
Certamente non dà adito a dubbi il suo riferimento a un intervento chirurgico subito da una suora, alle cure efficaci portate a una bimba ustionata, alla fonte d’acqua scaturita dopo una trivellazione del terreno, ai banchi realizzati per la scuola...
Riguardo a queste opere umanitarie di tanti genitori, “orfani” dei propri figli, Gianluca disse: «Dai vostri intenti e dalle vostre opere Dio trae il meglio da portare a voi e a coloro ai quali donate il vostro aiuto...; non abbiate mai dubbi, andate sempre a toccare il cuore a chi lì non sa più di averlo se non per soffrire. Continuerò a dare al “ponte” con me fecondi semi che dovrete seminare e far produrre. Semi dovete portare definiti...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Con te sempre accanto
  3. Prefazione - di Roberto Giacobbo
  4. Con te sempre accanto
  5. Introduzione
  6. I. La posizione della Chiesa
  7. II. Gustavo Rol
  8. III. Giorgio
  9. IV. Le “Giuliette”
  10. V. Testimoniare l’amore
  11. VI. Cuori affaticati
  12. VII. Comunicazioni “speciali” dal Mondo spirituale
  13. VIII. Il perdono
  14. IX. Scettici e increduli
  15. X. Musica
  16. XI. Amicizie preziose
  17. XII. Segni
  18. XIII. Quelle gradevoli intromissioni familiari
  19. XIV. Boccioli
  20. XV. Meraviglie al volo
  21. XVI. Bocciolini
  22. XVII. La preghiera
  23. XVIII. Gocce di Cielo
  24. Conclusione
  25. Postfazione - di don Sergio Messina
  26. Copyright