Una delle età della vita che forse fanno registrare più frequentemente la difficoltà a concentrarsi è l’adolescenza.
Ne consegue che la sfera della realtà esterna che facilmente ne risente è la scuola, perché ai ragazzi viene a mancare l’energia mentale necessaria per imparare, cioè per concentrarsi su qualcosa e tenerlo presente nella mente.
Dice Anna Freud a questo proposito:
In primo luogo, mi ha sempre colpito come fatto sfavorevole che il periodo del tumulto adolescenziale coincida con richieste fondamentali come quelle che si pongono agli adolescenti di rendimento nello studio, di scegliere una professione, di maggiore responsabilità sociale e finanziaria in generale. Molti fallimenti sotto questo riguardo, spesso con tragiche conseguenze, sono dovuti non a un’incapacità dell’individuo in quanto tale, ma semplicemente al fatto che le richieste gli sono poste in un momento della vita in cui tutte le sue energie sono impegnate nella soluzione di altri problemi di fondo, vale a dire quelli che gli sono posti dalla propria crescita e dal proprio sviluppo sessuale.20
È incredibile la gamma di giudizi svalutativi con cui invece noi adulti consideriamo spesso questo aspetto dell’adolescenza, se siamo abituati a emettere giudizi sulla realtà piuttosto che a tentare di capirla. Dal generico: «Potrebbe fare, ma non vuole» al più drastico: «Non ce la può fare», l’adolescente che affronta questo tipo di crisi è bombardato da giudizi da parte di tutti, genitori, parenti, insegnanti.
La favola che segue ora vorrebbe aiutare gli adulti ad affrontare questo problema cercando di capire, piuttosto che emettendo giudizi.
È oggi la prima volta
Che le può aprire gli occhi,
L’adolescente.
Esiti, sole?
Con brama schiva la bendi d’affanni.
G. UNGARETTI, Aprile
Fra i cuccioli della Scuola dello Spiazzo ce n’era anche uno di nome Gualtiero, soprannominato da un po’ di tempo a questa parte «Testa in orbita», perché sembrava vagare in alto, nella stratosfera, con l’aria sempre un po’ assente e imbambolata davanti agli altri, soprattutto gli adulti. Era come se un bel giorno, nel momento in cui stava crescendo e il suo corpo stava cambiando forma e volume, all’improvviso il suo collo si fosse allungato a dismisura e la sua testa fosse salita oltre le nuvole per abitarci stabilmente. E così gli altri cuccioli, che se n’erano accorti, l’avevano soprannominato «Testa in orbita», e gli adulti della scuola si sforzavano di capire che cosa gli fosse successo, senza però riuscirci molto.
Fu un giorno in cui le lezioni erano sospese che i suoi insegnanti cominciarono a parlarne tra di loro. «Se continua così, Gualtiero mi preoccupa» iniziò il primo. «Ogni volta che raccontiamo le storie sembra attento, ma quando gli chiediamo di raccontarle nuovamente fa sempre una gran confusione, mischia l’inizio di una con la metà di un’altra e la fine di un’altra ancora. È come se ascoltasse solo qualche pezzetto qua e là e poi tentasse di metterli insieme a modo suo.»
«È vero» intervenne un altro. «Possibile che non si accorga che non hanno un senso logico se le racconta così? Sembra che per lui sia più importante rispondere a tutti i costi piuttosto che rifletterci un po’. Chissà che cosa vuol dire con questo atteggiamento!»
Fu così che gli insegnanti di Gualtiero decisero di andare a consultare i vecchi saggi, che nel bosco erano quelli che avevano più esperienza di tutti e venivano ascoltati anche dagli adulti, giovani o anziani.
Chi partecipò molto volentieri alla discussione fu lo scoiattolo Blacky che ormai era non solo cresciuto, ma anche invecchiato, e da quando aveva cominciato a far parte dei saggi si era ripromesso di ricordarsi sempre della sua esperienza di cucciolo, per evitare che un altro soffrisse come era successo a lui. «Non perché la sofferenza si possa cancellare,» aveva spiegato una volta agli inizi «perché fa anch’essa parte della vita come le giornate di sole e quelle di pioggia, ma semplicemente perché se un cucciolo impiega tutta la sua energia e la sua intelligenza per combattere la sofferenza dentro di sé non gliene resta più per imparare le cose che gli sono necessarie per crescere.»
E da allora il vecchio scoiattolo era sempre stato l’anziano che gli adulti giovani e meno giovani andavano a consultare ogni volta che un cucciolo non usava l’energia della sua testa per imparare le cose che gli erano necessarie.
«Vediamo un po’ qual è il problema di Gualtiero» cominciò lui anche stavolta. «È una cosa che gli succede sempre per cui non impara mai, oppure gli capita anche di imparare delle cose?»
«No, no, ci sono delle cose che anche Gualtiero ha imparato e sa fare bene, anzi molto bene, come correre, saltare, andare a scovare le erbe preziose sotto i cespugli e giocare con gli altri. Sono tutte cose importanti per lui. È solo quando deve usare la sua testa che cade in crisi.»
«Ma anche per imparare queste cose si deve usare la testa!» rifletté pensieroso lo scoiattolo. «Quindi questo vuol dire che ci sono delle cose per le quali Gualtiero usa l’energia della sua testa per imparare e delle altre per cui non la usa proprio per niente. Ma, ditemi, è una cosa recente questa che gli succede oppure gli è sempre successa?»
«Io direi che sia una cosa abbastanza recente,» rispose un adulto che si era occupato di lui appena era arrivato alla scuola «perché quando era piccolo gli succedeva raramente, solo qualche volta che era particolarmente emozionato.»
«Allora, forse c’è stato qualcosa nella sua vita che è recentemente cambiato e che lo emoziona molto. Che cosa può essere?»
«Non so» rispose sempre lo stesso adulto «però io, che non lo vedevo più da quando ha lasciato il gruppo dei piccolissimi, mi sono accorto che è così cambiato in questi ultimi tempi che non l’avrei nemmeno riconosciuto.»
«Cambiato come?» chiese lo scoiattolo.
«Innanzitutto nel suo aspetto, perché ha un corpo molto più grande e diverso da prima, e poi nel carattere, perché è diventato insicuro e un po’ ombroso, mentre prima era un cucciolo molto più allegro.»
«Ombroso in che senso?» domandò ancora il vecchio, pazientemente, perché capire non è facile.
«Nel senso che pensa sempre di essere trattato male dagli altri, oppure che non gli diamo abbastanza importanza e siamo ingiusti con lui. E allora diventa indisponente nei nostri confronti, oppure imbambolato come se non volesse capire. E alla fine succede veramente che gli altri lo trattino male, a volte anche senza volerlo, persino i suoi compagni» risposero alcuni degli insegnanti.
«Però, a dire la verità,» soggiunse un altro «forse non è tutta colpa sua, perché anche i suoi genitori pensano che noi ce l’abbiamo con lui e che lo trattiamo male mentre trattiamo meglio i suoi compagni!»
«Questa è una cosa che succede molto frequentemente» spiegò con pazienza lo scoiattolo «perché se un genitore vede il proprio figlio in difficoltà si identifica con lui e vuole sostenerlo. Allora è facile che si ricordi lui stesso delle difficoltà che ha incontrato da piccolo. E così si schiera con lui, in parte per sostenerlo come ogni buon genitore, e in parte, senza rendersene conto, per difendere la parte piccola e fragile che è rimasta dentro di lui da quando era cucciolo e che si risveglia nel momento in cui vede suo figlio affrontare le stesse difficoltà che anche lui ha incontrato sul suo cammino. E può darsi che per proteggerlo cerchi di spostare in avanti le prove, per paura che non sia ancora in grado di superarle.»
«Ma siamo sicuri che sia possibile spostare le prove in avanti?» osservò uno.
«Il problema» rispose un altro «non è quello di spostare le prove della vita in avanti, ma di imparare a superarle al momento giusto. Solo che per un genitore è difficile rendersi conto quando è il momento giusto.»
«Ma forse non tocca al genitore sapere se è il momento giusto,» ribatté il vecchio scoiattolo «forse è il figlio che deve imparare a riconoscere se è pronto o meno a superare una prova. Ma anche ammesso che i genitori di Gualtiero lo proteggano troppo e quindi non si accorgano che questo lo fa restare insicuro, ci deve essere anche qualche altra causa nel suo atteggiamento, perché le cose non sono mai così semplici. Per esempio, vi viene in mente qualcosa che sia recentemente cambiato in lui?»
«Una cosa nuova potrebbe anche essere il suo cambiamento fisico» disse ancora il vecchio insegnante. «Io ho notato che succede spesso ai cuccioli di avere delle crisi quando il loro corpo cambia e diventa adulto, mentre in realtà sono ancora piccoli. È come se loro non si riconoscessero ancora così cambiati. Anzi, a volte diventano persino goffi, non sanno più mettere insieme i movimenti delle zampe e sembrano anche scoordinati!»
«Questo non succede a Gualtiero, perché lui è ben coordinato, altrimenti non riuscirebbe così bene nei giochi che gli piacciono, però è vero che non sembra essere a suo agio con un corpo così cresciuto.»
«Allora un altro problema» osservò pensieroso lo scoiattolo «può essere che in questo momento il corpo di Gualtiero sia più avanti della sua mente nel cammino della crescita, per cui bisogna aiutarlo a metterli insieme.»
«Già, ma come?» ribatté dubbioso il pessimista a tutti i costi.
«Se lui non ha ancora conquistato la sicurezza nel suo nuovo corpo, sarà probabilmente incerto anche nei confronti delle cose nuove che deve imparare, perché il nostro corpo è la prima sicurezza che abbiamo. Quindi si tratta di cominciare a essere sicuri del proprio corpo e per fare questo Gualtiero deve avere il tempo di abituarcisi, finché gli diventi familiare come lo era prima.»
«Questo potrebbe essere vero, perché non è mai sicuro di niente. Anche quando risponde alle domande a scuola, prova prima con una risposta, poi con un’altra, poi con un’altra ancora, senza rifletterci. È come se non riuscisse a tener dentro le cose, le butta fuori tutte insieme come se fossero cattive.»
«E quali sono le cose buone che si possono tenere dentro?»
«Beh, questo lo dovrete scoprire voi. Ognuno di noi ha delle cose buone da tenersi dentro che gli fanno compagnia nella vita.»
«Sapete che cosa possiamo fare?» disse allora il più anziano tra i vecchi saggi che, essendo ormai il più vecchio di tutti, era anche quello più vicino ai cuccioli nel guardare le cose. «Potremmo fare un’inchiesta fra tutti gli animali del bosco per scoprire le cose buone che accompagnano ciascuno di noi nel nostro cammino. Così forse potremo aiutare Gualtiero a riconoscere e a tenere dentro anche le sue cose buone che gli facciano compagnia.»
E fu così che ai margini della Scuola dello Spiazzo venne depositato un enorme cesto e fuori furono lasciate pile e pile di foglie secche su cui scrivere e una piccola montagna di pezzetti di carbone da usare. E un grande cartello diceva: «Mettete qui una foglia scritta con una cosa buona che vi fa compagnia dentro».
Quando gli animali del bosco passavano di lì, ognuno di loro si fermava a scrivere, tanto che dopo qualche giorno furono necessari altri due cesti e altre foglie e altro carbone. E dopo una settimana i saggi della Scuola svuotarono i tre cesti e dovettero lavorare per sette giorni per mettere in ordine tutte le risposte. Poi prepararono sette grandi cartelli e vi scrissero sopra quelle che li avevano colpiti di più e li appesero ognuno a una quercia. Ce n’erano proprio di tutti i tipi, come ad esempio:
«Il tepore della mia tana»
«Il sole che sorge»
«La pioggia che fa crescere l’erba»
«Le risate che faccio con i miei amici»
«I salti sull’erba»
«Le storie che mi raccontava mio nonno»
«Il giorno che ho visto nascere un cucciolo»
«Il giorno che ho imparato a saltare»
«Quando ho fatto la pace con i miei fratelli»
«Le cure della mia mamma e del mio papà quand’ero piccolo»
«Quando ho imparato a leggere le storie del mare»
«Il primo viaggio che ho fatto da solo»
«Lo stare al sole su una pietra calda»
«Quando sono guarito da una brutta malattia»
«Quando ho imparato a camminare»
«Quando ho imparato a parlare»
«Quando ho imparato a scrivere i pensieri che ho nella mente»
«Il piacere di voler bene a qualcuno»
«Il piacere che gli altri ci vogliano bene»
«Il piacere di avere un nuovo giorno davanti a me»
«Il profumo del vento»
«Lo scorrere del fiume»
«La neve che cade sul bosco»
«Il vedere le stelle che si muovono nel cielo di notte»
«Il ritrovare le stesse stelle la notte seguente»
«I disegni delle nuvole nel cielo»
«La prima volta che ho mangiato da solo»
«Il primo cucciolo che mi ha fatto battere il cuore»
«Il primo tuffo nel fiume»
«Il tepore del latte che bevevo»
«La mia prima festa»
«Il primo gioco in compagnia»
«Il piacere di stare con gli altri»
«Tutte le cose che so fare»
«Le storie del bosco»
«I giochi dello Spiazzo»
«Le parole di Gufo Millenario»
e, in fondo al settimo cartellone, c’era anche quello che aveva scritto Gualtiero, ed erano tre cose:
«1 - Il giorno che ho superato la paura di crescere;
«2 - Le persone che mi vogliono bene e quelle a cui voglio bene;
«3 - Il piacere di essere vivo, di camminare, di pensare, di vedere, di sentire e di respirare il profumo del vento». *
Fu così che gli insegnanti del cucciolo decisero che non era più il caso di preoccuparsi per lui. Se il problema era quello di tenere dentro delle cose buone, anche Gualtiero aveva ormai trovato le sue. E queste cose, sicuramente, prima o poi, avrebbero germogliato come fanno da sempre i semi dell’erba, che spunta puntuale ogni primavera anche sui terreni più difficili, fra le rocce e persino fra le tegole dei tetti sulle case degli uomini.