Bentornato, Ellery! (Il Giallo Mondadori)
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Bentornato, Ellery! (Il Giallo Mondadori)

  1. 210 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Bentornato, Ellery! (Il Giallo Mondadori)

Informazioni su questo libro

Ellery Queen ha deciso: è il momento di dare l'addio al crimine. Ormai non ci sono più gli assassini di una volta, nei delitti non si riconosce più quell'estro, quell'ingegno che rendeva interessanti le indagini. O forse no? Forse vale la pena di dedicare un po' di attenzione al caso dei cugini York. Percival, Myra, Emily e Robert vivono ognuno in un castello ai quattro angoli di York Square. Dovranno abitarci per dieci anni, se non vogliono perdere la loro quota dell'eredità di zio Nathaniel. Che tuttavia è destinata ad aumentare, casomai uno di loro dovesse lasciare prematuramente questo mondo... Ora sembra proprio che qualcuno abbia in mente di accelerare la faccenda, quando una delirante lettera al tuttofare Walt prelude all'omicidio di uno dei quattro, e poi a un altro. Sì, decisamente questo assassino merita che Ellery Queen soprassieda per il momento alla sua decisione.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2012
eBook ISBN
9788852027925
ELLERY QUEEN

BENTORNATO,
ELLERY!

Traduzione di Laura Grimaldi
Mondadori

BENTORNATO,
ELLERY!

PERSONAGGI PRINCIPALI
ELLERY QUEEN
scrittore
RICHARD QUEEN
ispettore della polizia di New York e padre di Ellery
ROBERT YORK
EMILY YORK
MYRA YORK
PERCIVAL YORK
i quattro cugini di York Square
SIGNORA SCHRIVER
governante degli York
WALT
uomo di fatica degli York
TOM ARCHER
segretario di Robert York
ANN DREW
dama di compagnia di Myra York
VELIE
sergente della polizia di New York

Aveva scritto:
Caro Walt,
sai chi sono.
Non sai di saperlo.
Lo saprai.
Ti scrivo per dirti che so chi sei realmente. Conosco l’abilità delle tue mani. So fin dove arriva la tua obbedienza. So da dove vieni e che cosa fai. So che cosa pensi. So che cosa vuoi. Conosco la grandezza del tuo destino.
Mi piaci.
Y
1
Walt era in ginocchio, col sole sulle spalle e le dure lettere di bronzo che gli si imprimevano nella carne: TH nel ginocchio sinistro, RK nel destro.
Guardò le proprie mani, la cui abilità era nota a qualcun altro. A chi? Le guardò tagliare l’erba attorno alla targa di bronzo.
Tre dita della sinistra spinsero delicatamente da parte le cesoie, mentre le altre due tastavano la terra. E con abilità, con estrema abilità, la destra impugnò la falce e tagliò di netto l’erba alla radice. C’era qualcuno al corrente del fatto che Walt aveva costruito la falce con le sue stesse mani? C’era qualcuno in grado di ammirare la destrezza con cui usava gli attrezzi da giardinaggio? Qualcuno era forse sufficiente?
Era stato sufficiente. Walt sollevò cautamente le gambe dalle dure incisioni della targa e le appoggiò sotto le parole IN VITA, in modo che la piccola DI gli restasse tra le ginocchia. Era stato sufficiente, per lui, sapere di essere capace di svolgere il suo lavoro alla perfezione e con modestia. Con tanta modestia che, nel quadrato formato dagli strani castelli e dal parco privato degli York, Walt si muoveva come un’ombra, senza essere notato da nessuno.
Forse, un tempo, Walt aveva desiderato confusamente d’essere notato, d’essere visto. Non riusciva a ricordare di aver mai provato un desiderio simile, ma doveva averlo provato. Per anni, era stato tranquillo, soddisfatto della propria esistenza, paziente come un vecchio saggio. Ma ora...
“... so chi sei realmente...”
La cosa lo turbava.
Walt non si era mai reso conto di quanto fosse stato disperato, in lui, il bisogno di sentirsi dire da qualcuno: “Mi piaci”.
Ma ora che gli era stato detto, non sapeva che fare.
Image
York Square
Un’ombra passò sulle sue mani abili. Walt non sollevò lo sguardo. Non era necessario. Sapeva chi stava passando: Robert York, cappello nero, ghette, abito grigio ferro, panciotto di raso scuro, cravatta color topo, occhi inespressivi dietro le lenti senza montatura, faccia impassibile e fredda.
— Buongiorno, Walt — disse Robert York, educatamente.
— ‘giorno, signor Robert. — Come al solito, quando l’incontro aveva luogo in quel punto, erano esattamente le dieci meno sette minuti.
York Square non doveva avere mai avuto una giovinezza. Il suo parco privato, coi quattro castelli tetri agli angoli, ognuno munito di torretta, doveva essere sembrato antiquato anche all’epoca in cui i proprietari dei manieri calavano i ponti levatoi. E quello che York Square era come luogo, Robert York lo era come uomo. Era impossibile immaginarlo da bambino: lo si sarebbe immaginato in cappello nero e abito grigio ferro, cravatta color topo e panciotto di raso scuro, ghette e occhiali senza montatura. Costringere Robert York a vivere in uno dei quattro castelli di York Square era come costringere un uomo a essere un bipede; ordinargli di mantenere alta la tradizione degli York era come ordinare all’erba del parco di crescere verde. Erano uguali, lui, il parco, i castelli, York Square: precisi, antiquati, prevedibili. Walt lavorava al bordo erboso attorno alla targa di bronzo con la stessa precisione con cui Robert York faceva la sua passeggiata mattutina nel parco.
Walt prese a falciare l’erba a destra della targa. Non tutti gli York erano come Robert, naturalmente.
La signorina Myra, per esempio...
La signorina Myra era più giovane di Robert: aveva quarantaquattro anni. Nascondeva un segreto, di cui gli altri York non parlavano mai. Lo nascondeva per modo di dire, veramente, perché bastava guardarla da vicino per notare le continue contrazioni nervose del labbro inferiore e lo sguardo spento dei suoi occhi. Myra aveva una dama di compagnia, una simpatica ragazza gentile che si chiamava Ann Drew e che in quel momento passeggiava con lei all’estremità del parco. Ann Drew teneva una mano sotto il braccio di Myra, per sorreggerla e guidarla, e cercava di regolare i propri passi decisi sui piccoli balzelli incerti dell’altra.
La signorina Myra stringeva una mano della ragazza tra le sue, e a ogni passo sorrideva, come per dire: “Ce l’ho fatta!”. Ann Drew rispondeva con un mormorio suadente. Con tutti i limiti impostigli dal suo carattere chiuso, Walt provava una certa simpatia per quelle due, per la signorina Myra e per Ann Drew. La ragazza era gentile, gentile in modo commovente: quando le si rivolgeva la parola, sembrava smettere di pensare a quello che le stava a cuore in quel momento per ascoltare attentamente l’interlocutore. Walt era sicuro di non aver mai conosciuto una persona capace di tanto. E la signorina Myra York... be’, era innocua. La sua malattia non la rendeva insopportabile.
Walt osservò per un attimo le due donne. Non fece nessun cenno di saluto. Walt non faceva mai cenni di saluto, né chinava il capo.
Si piegò di nuovo sul suo lavoro, e riprese a tagliare l’erba attorno alla targa incastrata nel terreno. Quando finì, si alzò e fece un paio di passi indietro, per ammirare la propria opera.
IN VITA
DI
NATHANIEL YORK JR.
NATO IL 20 APRILE 1924
“E io” pensò Walt. “Io...”
— Walt?
Rimase meravigliato, ma avendo una strana capacità di nascondere quello che provava, non lo dimostrò: reagiva con un’immediata immobilità di mente e di corpo non appena si sentiva assalire da qualunque sensazione di sorpresa, di paura, di timore.
Si voltò supinamente. Emily York gli era arrivata alle spalle.
Gli York avevano una sola cosa in comune: nessun York assomigliava a un altro York. Emily York era più giovane di Myra e sembrava più vecchia. Massiccia, spalle quadrate, capelli brizzolati e crespi, occhi azzurri sporgenti, bocca dura, mani da lavoratrice.
Costretta, come i suoi cugini, a vivere in uno dei castelli, Emily aveva reagito a quel sopruso andando ad abitare nella più piccola delle camere della servitù, che aveva ammobiliato con lo stretto necessario, rendendola simile a una cella trappista. Viveva dei suoi guadagni personali, che in verità erano ben miseri: pari ai guadagni degli assistenti sociali più modesti e inferiori a quelli dei più ambiziosi.
Quando gli altri York avevano assunto del personale (Robert un segretario, Myra una dama di compagnia e Percival una governante che divideva con Robert), Emily si era mostrata orgogliosa di saper fare da sé. Quando doveva fare qualche riparazione, però, non sapeva dove mettere le mani.
— Molto bene, Walt — disse, osservando la targa liberata dall’erba. — Curate questo posto come se fosse vostro.
Walt fece un cenno d’assenso.
— Il mio immondezzaio non si chiude bene — disse Emily. — Sono stata costretta a mettere un dizionario e tre almanacchi sul coperchio, per tenerlo fermo. Ma tutte le volte che devo buttar via qualcosa, sono costretta a toglierli. È molto noioso.
— Sì, signorina Emily.
— Dovrebbe chiudersi ermeticamente... per via delle mosche, sapete?
— Sì, signorina Emily.
— E per via dei microbi. — Emily fece una breve pausa. — Se ne fossi capace, l’aggiusterei da sola.
Walt infilò la mano nella tasca sinistra dei calzoni e prese il portachiavi.
— Be’ — disse Emily York — grazie, Walt.
Walt, inespressivo come sempre, la seguì con lo sguardo mentre si allontanava. Poi, coi soliti movimenti controllati e precisi, raccolse gli arnesi e si mosse, per andare ad aggiustare l’immondezzaio della signorina Emily.
Aveva scritto:
Caro Walt,
sei stato per tanto tempo solo che non sai quanto sia bene il bene che compi, né quanto siano belle le cose belle che fai. So che non sei mai stato servile con nessuno al mondo. So che per te niente è fatto con cura sufficiente. So che, nell’aggiustare un immondezzaio, riponi la stessa cura che un gioielliere ripone nell’incastonare un solitario.
Tanta abilità e tanta perfezione sono forse sprecate per gli umili lavori che sei costretto a fare? No, perché non saresti capace di fare nessun lavoro con minor cura. Sei degno di un altro lavoro? Sì, e lo farai.
Sei stato paziente per molto tempo. Hai avuto ragione a essere così paziente. Sai, così come lo so io, che il Destino ti riserva grandi imprese, che stai per compiere grandi cose, dando così inizio alla tua vera esistenza gloriosa.
Gli uomini non creano il proprio destino: lo adempiono. La tua strada è pronta, ma tu devi percorrerla, e devi essere ubbidiente. Ma lo sei, perché l’obbedienza fa parte della tua meravigliosa natura.
Tra breve, verrà riposta nelle tue mani una grande fiducia. Dovrai accettarla, così come dovrai portare a termine i compiti che ti verranno affidati.
E, per opera tua, il mondo sarà migliore. Te l’assicuro.
Da quando ti ho mandato la prima lettera, tre giorni fa, ti osservo attentamente. E di minuto in minuto mi compiaccio sempre più di averti scelto come mio strumento. Ti scriverò ancora, presto, dandoti istruzioni esatte per il primo grande compito che intendo affidarti.
Nel frattempo, fa’ che nessuno sappia che il tuo grande destino sta per compiersi. Distruggi tutte le lettere che riceverai da me, compresa questa. Ubbidisci, e rallegrerai il cuore di
Y
Come le altre, la lettera era scritta su un foglio di quaderno a righe. Non portava data, né indirizzo del mittente. Era dattiloscritta, senza il minimo errore. Era arrivata in una busta bianca, sulla quale spiccavano le parole:
PER WALT
YORK SQUARE
NEW YORK, N.Y.
2
— E il tuo capo, come va? — domandò Ann Drew.
Il giovane Tom Archer crollò le spalle. Tom aveva gli occhi scuri, seri, e la voce profonda, dalle tonalità calde. — Quando pensa al suo Boscawen è felice, quando invece pensa al Due-penoe, perde le staffe. — Rise. — E la tua padrona, come sta?
— Non migliorerà mai, purtroppo — rispose la ragazza. — Ma di che diavolo parlavi, prima? Che cos’è il suo Boscawen? E il Due-penoe?
— Il Boscawen — rispose Tom Archer — è un francobollo emesso nel 1846 a Boscawen, nel New Hampshire. È azzurro scuro e, a dar retta all’iscrizione, dovrebbe valere cinque centesimi. Invece, basterebbe per pagare i nostri stipendi per almeno un paio d’anni. E sir Robert ne possiede uno.
— E ne è felice. Lo credo! Però perde le staffe quando pensa al Due-penoe. Vuoi spiegarmi che diavolo è?
Archer rise, scoprendo due file di denti candidi e regolari, che spiccavano sulla faccia abbronzata, alla luce crepuscolare. — Il cosiddetto Due-penoe è un francobollo azzurro dell’isola di Mauritius e porta l’immagine della regina Vittoria. Valore nominale: due pence. Nessuno si accorse, all’epoca, che una lastra d’incisione conteneva un errore e che nella parola “pence”, al posto della “c” c’era una “o”. Vennero stampati un certo numero di francobolli, con quella lastra, in varie gradazioni d’azzurro e su carta di diverso spessore. Sono tutti francobolli di gran val...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Bentornato, Ellery! (Il Giallo Mondadori)
  3. Copyright