Virgil Tibbs e gli occhi di Buddha (Il Giallo Mondadori)
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Virgil Tibbs e gli occhi di Buddha (Il Giallo Mondadori)

  1. 196 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Virgil Tibbs e gli occhi di Buddha (Il Giallo Mondadori)

Informazioni su questo libro

Il corpo decomposto di una ragazza, irriconoscibile, viene rinvenuto in un parco. Non occorre altro per riaprire il caso freddo dell'ereditiera Doris Friedkin, scomparsa un anno prima, e affidare l'indagine all'ispettore Tibbs. L'influente famiglia della presunta vittima vuole il miglior poliziotto di Pasadena, e lui lo è. Tuttavia non gli sarà facile dimostrarsi all'altezza della sua reputazione, perché la faccenda è più complicata del previsto. Intanto la vittima non è Doris, ma una ragazza che le somiglia solo superficialmente. Morta per strangolamento da appena una decina di giorni, nessuna traccia di violenza sessuale. Inoltre non corrisponde ad alcuna segnalazione pervenuta negli ultimi sei mesi. Due misteri, quindi, forse intrecciati o forse no. Ma la mente di Tibbs è un rasoio a cui nulla sfugge. Si trattasse anche di cercare la soluzione nel più remoto angolo del mondo, lui è pronto a tentare qualsiasi strada. Perché in luoghi dove la realtà sfida l'umana comprensione, si possono trovare molte risposte.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2012
eBook ISBN
9788852028199
JOHN BALL

VIRGIL TIBBS
E GLI OCCHI DI BUDDHA

Traduzione di Diana Fonticoli
Mondadori
PERSONAGGI PRINCIPALI
VIRGIL TIBBS
ispettore di polizia di Pasadena
ROBERT MCGOWAN
capo della polizia di Pasadena
DORIS FRIEDKIN
ragazza scomparsa
HERBERT FRIEDKIN
GRACE FRIEDKIN
genitori di Doris
PEGGY COLLINS
RANDY JOPLIN
BARRY SAMUELS
amici di Doris
NANCY KALLMAN
ragazza assassinata
ARTHUR KALLMAN
MARY STEPANIK KALLMAN
genitori di Nancy
BILLY OWENS
amico di Nancy
BOB NAKAMURA
BILL ORR
JERRY FERGUSON
poliziotti di Pasadena

1

Ogni tanto, anche in febbraio, a Pasadena capita una giornata splendida. Quando questo avviene, emerge tutta la bellezza della California, e nemmeno le strade che segnano come cicatrici il paesaggio riescono a sottrarre maestosità alle San Gabriel Mountains, che s’innalzano verso il cielo, pochi chilometri a nord del centro cittadino. In quelle giornate l’aria è eccezionalmente tersa e profuma di primavera, tanto da risvegliare il desiderio di andare alla ventura e da accendere di nuova vita le ambizioni latenti.
Bob Larson, il capo degli scout, sentiva profondamente queste emozioni, mentre guidava i suoi ragazzi verso nord, attraverso Oak Grove Park, in direzione del Jet Propulsion Laboratory. Era quasi impossibile trovare veri boschi a una ragionevole distanza, ma la zona a nord del settore meglio valorizzato del parco era abbastanza indicata per le elementari attività scoutistiche: non c’erano segni troppo evidenti del lavoro di pale e bulldozer, e capitava abbastanza spesso di fare interessanti scoperte relative alla presenza di animali selvatici.
Gli occasionali barattoli di latta arrugginita e altri rifiuti abbandonati dalla civiltà erano volutamente ignorati, per una tacita regola del gioco. Se i membri più giovani del gruppo li notavano, fingevano che fossero stati lasciati dai primi pionieri, passati da quelle parti con le loro carovane.
In testa alla fila di ragazzi dei quali era temporaneamente responsabile, Bob teneva gli occhi bene aperti, nel caso ci fosse qualche pezzo di ferro arrugginito che potesse graffiare le caviglie, o qualche ramo in cui inciampare. Il suo lavoro di rappresentante di articoli elettronici gli dava poche possibilità di far vita all’aperto, e spesso lo assaliva la consapevolezza che il suo fisico pesante mal si adattava all’ideale dell’esploratore agile e snello. Tuttavia, Bob era uno dei capi degli scout più rispettati, nella zona di Pasadena, per la sua esperienza nella tecnica del campeggio e per la sua abilità nel guidare il gruppo attraverso vari tipi di terreno. Una volta, aveva sperato di poter diventare membro della squadra di soccorso montano dello sceriffo, ma l’età e la mancanza di agilità avevano troncato sul nascere quest’ambizione.
Come capo degli scout, riscuoteva un successo indiscusso, e le pareti della sua modesta abitazione ostentavano parecchie targhe ricevute in varie occasioni, quale riconoscimento per il lavoro svolto nello scoutismo.
Arrivato ai piedi di una collinetta, alzò una mano. — Aspettate qui! — ordinò. — Voglio vedere che cosa c’è più su. — C’era una sia pur remota probabilità, in quella stagione, di trovare un serpente a sonagli; due anni prima, ne aveva ucciso uno in quella zona, e l’incidente aveva acuito la sua prudenza.
Impiegò pochi secondi per arrivare in cima all’altura e per iniziare l’ispezione, che fu attenta e minuziosa. Questo gli consentì di vedere a distanza ravvicinata qualcosa che, altrimenti, gli sarebbe sfuggito. Dopo aver fatto segno ai ragazzi di restare dov’erano, tornò nel punto di prima per assicurarsi di non essersi sbagliato.
Mentre si avvicinava, si accorse che purtroppo aveva visto giusto. Prese il fazzoletto dalla tasca e se lo premette contro il naso, poi s’impose uno sforzo per arrivare fino a tre metri dal corpo che giaceva per terra.
Era uno spettacolo orribile. Una volta, quella “cosa” era stata una donna; una donna giovane e, forse, attraente a giudicare da quello che si vedeva del corpo. A un tratto, Bob provò un senso di sollievo al pensiero di non far parte della squadra di soccorso montano. Troppo spesso quel lavoro consisteva nel recupero di resti umani, e nessuna ragione al mondo lo avrebbe indotto a toccare quello che gli stava davanti.
Tornò sui suoi passi, ringraziando il cielo che ai ragazzi fosse stata risparmiata quell’orrenda vista. Raggiunto il gruppo, riprese il comando, sforzandosi di comportarsi con naturalezza. — Devo tornare indietro per un motivo molto importante — annunciò. — Poi riprenderemo l’escursione.
Fu una delusione per tutti, e naturalmente i ragazzi non ne capivano il motivo. Bob fece un cenno al capogruppo, un giovane di diciassette anni, per segnalargli che si trattava di una faccenda seria. Ottenne lo scopo; il ragazzo, al quale mancava poco per essere promosso “aquila”, e che per questo si dava un gran da fare, fece un gesto autoritario con il braccio sinistro.
— Andiamo! — disse.
Si udì qualche borbottio, mentre la fila invertiva la marcia, ma i ragazzi obbedirono. Un minuto dopo, si erano allontanati quanto bastava perché Bob tirasse fuori la piccola ricetrasmittente che portava sempre con sé quando usciva con il gruppo. Alzò l’antenna e stabili il contatto.
— Chiamate la polizia di Pasadena e mandatemi incontro qualcuno — disse. — Ho scoperto un cadavere vicino alla pista e, a quanto sembra, dev’essere lì da un pezzo.
L’agente Ostrom era di ronda a bordo della sua Matador bianca, quando ricevette la chiamata. Afferrò il microfono della radio e avverti il centralinista che si sarebbe recato sul posto. Meno di cinque minuti dopo, fermò la Matador in un parcheggio, annunciò che stava per lasciare l’auto e si mise alla ricerca del suo contatto. Imboccò il sentiero di buon passo; due ragazze, che venivano in senso opposto, rimasero colpite da quel giovane biondo e atletico, e lo salutarono con un “Salve!”.
— Salve! — rispose Ostrom, continuando per la sua strada. Qualche minuto più tardi, vide degli scout che venivano verso di lui, evidentemente ignari della recente scoperta. Li oltrepassò, con un saluto cordiale, poi guardò Bob Larson, che gli fece un cenno di assenso.
Non appena vide l’uniforme di Ostrom, il capogruppo non ebbe più dubbi sul fatto che fosse accaduto qualcosa di grave. Rimase fermo, mentre i ragazzi gli sfilavano davanti, nella speranza di poter ascoltare la conversazione, che prometteva di essere interessante.
Larson glielo impedì. — Non ho più bisogno di te, Jack — disse. — Per favore, prendi il comando del gruppo fino al mio ritorno.
A malincuore, il capogruppo obbedì. Non appena si fu allontanato, Larson indicò con un cenno della testa il tratto superiore del sentiero. — Posso mostrarvi dov’è.
— Bene. Fate strada, per favore.
Ostrom aveva ricevuto la prima medaglia al valore del Dipartimento, ma, alla vista del cadavere scoperto da Larson, contrasse i muscoli dell’addome per tenere lo stomaco sotto controllo. Prese la ricetrasmittente e riferì: — C’è qui un corpo di donna, in via di decomposizione. Razza caucasica, età dai diciotto ai trenta, capelli scuri, figura snella. Il corpo è in parte ricoperto di terra, dalla vita in giù.
S’interruppe un momento per riflettere. Ricordava chiaramente il comunicato rimasto affisso sul tabellone per più di un anno, e alcuni particolari del caso che aveva dato il via a un’indagine fra le più laboriose che il Dipartimento avesse mai svolto. Non era da escludere che la soluzione sfuggita per tanto tempo fosse ora a portata di mano.
Ristabilì il contatto. — Ostrom — disse.
— Vi ascolto.
— Riguardo al corpo scoperto qui a Oak Grove Park. Si trova in una zona poco battuta, ma non lontana dal sentiero. Forse era completamente coperto di terra, e il vento l’ha sollevata.
— La notte scorsa, infatti, soffiava un forte vento, da quelle parti.
— Lo so. — Ostrom prese fiato, prima di lasciar cadere la bomba. — Non escluderei che possa trattarsi di Doris Friedkin.
Il centralinista non perse tempo a riferire la notizia agli uomini di turno alla Squadra Omicidi. Il tenente Dick Smith, che ricevette la telefonata, informò a sua volta l’ufficio del magistrato della Contea di Los Angeles, sotto la cui responsabilità si sarebbe provveduto a rimuovere il cadavere, dopo aver concluso le prime indagini sul posto.
Un sergente e tre agenti si recarono nel parco, a bordo di un’auto fornita di attrezzature speciali. Altre due auto in servizio di ronda furono dirottate in quella zona per tener lontani i curiosi che, in certi momenti, sembrano spuntare dal nulla. Fatto questo, Smith telefonò a casa del capitano Ray Cockel.
— È stato rinvenuto un cadavere in Oak Grove Park — lo informò. — Nella parte nord. L’agente che si è recato sul posto riferisce che si tratta di una donna di razza caucasica, tra i diciotto e i trent’anni, capelli scuri. Dev’essere morta da un po’.
— È snella?
— Sì, ho controllato.
Cockel trasse un sospiro. — Potrebbe essere la Friedkin.
— Sì. Lo pensa anche Ostrom, l’agente che ha visto il cadavere. Dice che è in avanzato stato di decomposizione, ma non esclude che si tratti della Friedkin.
Quel nome fece scattare una molla nel cervello del capitano. — Rintracciate Virgil e mettetelo al corrente — ordinò. — Lo so che è domenica, ma cercate ugualmente di trovarlo. Tenetemi informato. Se è la figlia di Friedkin, vengo immediatamente. E avvisate anche il capo McGowan.
— Bene, capitano.
La possibilità che si trattasse di Doris Friedkin, scomparsa ormai da parecchio tempo, era traumatizzante. In pochi minuti ne furono informati tutti i poliziotti in servizio. Una delle donne poliziotto chiamò l’agente Jerry Ferguson a casa sua, per trasmettergli la notizia. Ferguson, responsabile delle pubbliche relazioni, si recò immediatamente nel proprio ufficio. Se il cadavere era veramente quello della Friedkin, la polizia avrebbe avuto fra le mani un colpo grosso, e lui doveva essere preparato.
A Oak Grove Park, aveva assunto il comando delle operazioni il sergente Bill Orr. Mentre aiutava a scaricare le macchine fotografiche e gli altri strumenti necessari, diede istruzioni agli uomini dirottati dal servizio di ronda, per spiegare quale zona doveva essere tenuta sgombra. Si era già radunato un gruppo di ragazzi, e Orr si affannava a mandarli via, sia pure con gentilezza.
Quando fu tutto pronto, si caricò sulle spalle ciò che sarebbe servito a lui e imboccò il sentiero, diretto verso il punto dove avrebbe trovato Ostrom ad aspettarlo. Il lavoro che lo attendeva sarebbe stato tutt’altro che piacevole, ma si sforzava di non pensarci. Era un poliziotto scrupoloso, anche se questo non alterava i suoi istinti naturali, e non c’era niente che lo turbasse più del doversi occupare di cadaveri rimasti troppo tempo in acqua, o comunque decomposti.
Impiegò pochi minuti per arrivare nel punto dove lo aspettava Ostrom, quasi in cima alla collinetta. — Ti consiglio di prepararti spiritualmente — lo avvertì l’agente.
Orr era un tipo che andava subito al sodo. — È molto conciata? — domandò.
— Abbastanza. È in via di decomposizione. Dev’essere stata una bella ragazza, da viva, ma adesso… Non capisco come mai non sia stata trovata prima e perché nessun animale l’abbia toccata.
Attraverso la ricetrasmittente di Ostrom, una voce domandò: — Orr è lì?
— È appena arrivato.
— La vittima è stata identificata?
— Non ancora.
Orr allungò una mano e prese la ricetrasmittente. — Si sa niente di Virgil? — domandò.
— Il capitano di servizio è riuscito a rintracciarlo. Dovrebbe essere lì tra mezz’ora.
— Bene — disse Orr, chiudendo la trasmissione.
Non appena il sergente ebbe raggiunto la cima della collinetta e si fu guardato intorno, si rese subito conto che di tracce non se ne sarebbero trovate. Negli ultimi due giorni aveva piovuto; poi aveva imperversato il vento Santa Ana, spingendo la terra tutt’intorno ai pochi cespugli esistenti. Orr pensò che neppure l’ispettore australiano Napoleon Bonaparte, famosissimo segugio, sarebbe riuscito a trovare qualche indizio.
Il lavoro preliminare fu svolto col massimo scrupolo. Vennero scattate foto da ogni angolazione possibile, e intanto si ispezionò l’area circostante, alla ricerca di brandelli di stoffa impigliati in qualche ramo, o di piccoli oggetti lasciati cadere. Anche un mozzicone di sigaretta sarebbe stato raccolto e conservato, ma non venne trovato nemmeno quello.
— Bisognerà passare al rastrello tutta la zona — disse Orr. — Col vento che c’è stato, eventuali indizi potrebbero trovarsi sei, sette centimetri sotto terra.
Ostrom si servì della radio per richiedere l’attrezzatura occorrente. Mentre finiva di parlare, sulla collinetta apparve un uomo, che si avvicinò al luogo delle indagini.
Era ben vestito, in giacca e cravatta. Le scarpe, appena velate dal legger...

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