
- 238 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Le cronache di Narnia - 6. La sedia d'argento
Informazioni su questo libro
TERRA 1942 - NARNIA 2356 Un altro tuffo nello strabiliante mondo di Narnia, popolato da centauri, gnomi e giganti gentili. Sarà Aslan, il Grande Leone, a trasportare fin là Eustachio Scrubb e Jill Pole e ad assegnare loro un singolare compagno: Pozzanghera, creatura delle paludi. Compito dei tre eroi improvvisati sarà quello di liberare il principe Rilian, figlio di re Caspian, rapito da una strega malefica. E non occorre dire che un'impresa del genere comporterà incredibili peripezie…
Domande frequenti
Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
- Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
- Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Le cronache di Narnia - 6. La sedia d'argento di C.S. Lewis,Pauline Baynes, Chiara Belliti in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.
Informazioni
Print ISBN
9788804599081eBook ISBN
9788852027048TUTTO È BENE
QUEL CHE FINISCE BENE

Il mattino seguente Jill si svegliò di buon’ora, e quando si trovò nella caverna per un attimo pensò con terrore di essere caduta di nuovo nel Mondodisotto. Poi si rese conto di essere stesa su un giaciglio di erica, con addosso una mantella di pelliccia e vicina a un bel fuoco che crepitava sulla pietra del focolare, mentre il sole del mattino filtrava attraverso l’entrata della caverna; solo allora ricordò quello che era accaduto. Avevano cominciato a cenare con gli altri, poi si erano addormentati, vinti dalla stanchezza. Ricordò la sera precedente, i nani che sedevano intorno al fuoco e armeggiavano con padelle più grandi di loro, lo sfrigolare delle salsicce, il buon profumo che emanavano, e poi ancora salsicce e salsicce. Badate bene, non salsicce che sembrano fatte di plastica, senza sapore. Quelle erano vere, saporite, belle grasse, cotte a puntino e servite calde. E tazzone strapiene di cioccolato fumante, patate arrosto e nocciole tostate, mele cotte ripiene di uva passa e succhi di frutta freschi, per dar sollievo al palato dopo le pietanze bollenti.
Jill sedette e si guardò intorno. Pozzanghera ed Eustachio non erano lontano da lei e stavano ancora dormendo.
— Ehi, voi due poltroni, sveglia! — li chiamò Jill ad alta voce.
— Uhu! Uhu! — la salutò una voce assonnata. — È l’ora di andare a nanna, di farsi un bel pisolino. Uhu! Uhu! Perché non fate così anche voi?
— Oh, guarda chi c’è — esclamò Jill alzando gli occhi in direzione della voce. Una matassa di penne arruffate stava appollaiata su un enorme orologio a pendolo, in un angolo della caverna. — Ne ero sicura. È Pennalucida.
— Uhu! Uhu! Son io, son io — salutò il gufo con gli occhi semiaperti, sollevando la testa nascosta sotto l’ala. — Sono arrivato verso le due stanotte, con un messaggio per il principe. Ci hanno avvertito gli scoiattoli: buone notizie, comunque. Il principe ha lasciato la caverna e voi dovete seguirlo. Uhu! Uhu! Buona giornata, buona giornata. — E così dicendo si coricò.
Visto che non c’era possibilità di avere altre informazioni da Pennalucida, Jill balzò in piedi e diede un’occhiata in giro. Voleva darsi una rinfrescata e fare colazione, ma in quel momento un piccolo fauno entrò trotterellando, con il clac clac degli zoccoli che riecheggiava nella caverna.
— Figlia di Eva, ti sei svegliata finalmente — disse il fauno. — Potresti dire al figlio di Adamo che anche per lui è giunta l’ora di saltare giù dal letto? Avete pochi minuti per prepararvi e due centauri si sono gentilmente offerti di accompagnarvi a Cair Paravel. Dovrete salirgli in groppa. — Poi, a bassa voce aggiunse: — Si tratta di una cosa molto particolare. Un grande onore. E credo che non sia mai stato riservato a nessuno prima di adesso. Meglio non farli aspettare, dunque.
— Dov’è il principe? — chiesero Pozzanghera ed Eustachio non appena aprirono gli occhi.
— È andato a incontrare suo padre il re, a Cair Paravel — rispose il fauno, che si chiamava Orruns. — Il veliero di Sua Maestà attraccherà da un momento all’altro. Sembra che re Caspian abbia incontrato Aslan prima di avventurarsi nei mari ignoti – non so se si sia trattato di una visione o se si siano parlati a quattr’occhi – e che Aslan gli abbia ordinato di tornare indietro, perché a Narnia avrebbe trovato il figlio che credeva scomparso per sempre.
Ormai Eustachio era completamente sveglio e aiutò Jill e Orruns a preparare la colazione. A Pozzanghera fu consigliato di rimanere a letto. Di lì a poco un centauro che si chiamava Figliodellenuvole, un famoso guaritore, sarebbe venuto a visitare il paludrone per via del piede bruciato.
— Ah — sospirò Pozzanghera rassegnato — so già come andrà a finire. Il centauro mi taglierà la gamba fino al ginocchio. Vedrete. — Ma nonostante tutto era felice di poltrire a letto.
La colazione era a base di pane tostato e uova strapazzate ed Eustachio divorò tutto con grande entusiasmo, dimenticando che nel cuore della notte aveva fatto onore alla deliziosa cena offerta dai nani.
— Figlio di Adamo — disse il fauno, guardando quasi spaventato la bocca piena di Eustachio — non mangiare così in fretta, non c’è bisogno. Credo che i centauri stiano ancora facendo colazione.
— Si sono svegliati tardi — commentò Eustachio. — Devono essere le dieci, se non sbaglio.
— No, non era ancora spuntata l’alba quando hanno aperto gli occhi — precisò Orruns.
— Allora devono aver aspettato parecchio prima di fare colazione — osservò il ragazzo.
— No, no, hanno cominciato a mangiare non appena si sono svegliati.
— Caspita — esclamò Eustachio — ma quanto mangiano?
— Non capisci, figlio di Adamo? — rispose il fauno. — Un centauro ha uno stomaco simile a quello di un essere umano e uno come quello di un cavallo. Naturalmente tutti e due reclamano soddisfazione. Così, di buon mattino, il centauro fa un’abbondante colazione a base di pancetta affumicata, rognone, omelette, prosciutto crudo, pane tostato e marmellata. Il tutto annaffiato di birra e di caffè. Dopodiché si preoccupa di sfamare l’altro stomaco, brucando per un’ora e anche più. E per finire, un bel beverone caldo, un po’ di avena, e tanto zucchero. Ecco perché non conviene invitare un centauro per il fine settimana. Eh, no, non conviene!
Il fauno aveva appena finito di parlare quando sentirono uno scalpitio di zoccoli in prossimità dell’imboccatura della caverna. I due ragazzi si voltarono a guardare. I centauri, uno con la barba nera e uno con la barba dorata che ondeggiava sul petto nudo, rimasero ad aspettarli, sbirciando appena all’interno della grotta. I ragazzi finirono in fretta di mangiare, perché non volevano far aspettare le due magnifiche creature. Forse voi non lo sapete, ma i centauri non sono buffi a vedersi come sembrerebbe. Al contrario sono creature splendide, dal portamento solenne ed elegante, e nel loro sangue scorre l’antica saggezza imparata dalle stelle. Per questo non sono mai né troppo felici né arrabbiati, ma quando perdono la pazienza, e a volte succede, il furore che li anima cresce come marea e diventa terribile.
— Addio, Pozzanghera — disse Jill, avvicinandosi al suo giaciglio. — Scusa se ti ho chiamato guastafeste.
— Devi perdonare anche me — intervenne Eustachio. — Sei il miglior amico che si possa avere.
— E spero che ci incontreremo di nuovo — concluse Jill.
— Non credo proprio, ragazzi — rispose Pozzanghera. — Tanto per cominciare, temo che non rivedrò più la mia modesta capanna. Per quanto riguarda il principe, è un bravo ragazzo, certo, ma mi sembra così gracile. Poveretto, vivere sottoterra non gli ha certo giovato. Quanto volete che campi…
— Pozzanghera — lo sgridò Jill — vecchio impostore! Hai una faccia da funerale, ma sotto sotto sei un tipo allegro. Sembri avere paura di tutto e invece sei forte e coraggioso come… un leone.
— Ora, se proprio vogliamo parlare di funerali… — cominciò Pozzanghera. Jill, che aveva sentito i centauri picchiettare con gli zoccoli per far segno che dovevano andare, sorprese non poco il buon vecchio Pozzanghera lanciandogli le braccia al collo e stampandogli un bacione sulla faccia color del fango, mentre Eustachio gli stringeva forte la mano. I due ragazzi corsero dai centauri e Pozzanghera, sprofondato nel suo giaciglio, mormorò: — Non me lo sarei mai aspettato da lei. Anche se devo ammettere che sono proprio un bel tipo…
Stare a cavalcioni sul dorso di un centauro sarà anche un onore (e in effetti, a parte Jill ed Eustachio, nessuno al mondo ha mai avuto la fortuna di provare una simile esperienza), ma è decisamente scomodo. Se tenete alla vostra vita, non permettetevi di sellare un centauro. D’altra parte cavalcare senza sella è un vero supplizio, soprattutto per chi, come Eustachio, non sa cavalcare affatto. Per fortuna i centauri furono molto premurosi e quando si lanciarono al galoppo nelle foreste e nei boschi di Narnia spiegarono ai ragazzi le proprietà di erbe e radici, l’influenza dei pianeti ed elencarono persino i nove nomi di Aslan, soffermandosi sul significato di ognuno di essi. Anche se Jill ed Eustachio erano ancora stanchi e doloranti, avrebbero dato qualsiasi cosa per iniziare una nuova, magnifica avventura. Che meraviglia ammirare le colline e le radure coperte di neve che brillano di notte! E che dire dei conigli, degli scoiattoli e degli uccellini che ti danno il buongiorno? Per non parlare dell’aria dolcissima di Narnia, delle voci tranquille e melodiose degli alberi…
Arrivarono nei pressi di un fiume le cui acque azzurre brillavano nel sole d’inverno; da lì scesero in prossimità dell’ultimo ponte (che si trova a Beruna, ridente cittadina dai tetti rossi) e si imbarcarono su una zattera guidata da un paludrone: sono loro, infatti, che si occupano di tutte le attività acquatiche, pesca compresa. Traghettati sulla riva opposta, i nostri amici ripresero a trottare lungo il fiume in direzione sud e ben presto arrivarono a Cair Paravel.
Erano appena giunti, quando videro il magnifico veliero che avevano ammirato il primo giorno a Narnia. Risaliva il fiume e sembrava un gigantesco uccello; la corte era riunita sulla verde distesa che separa il castello dal molo, perché tutti volevano salutare il re e dargli il benvenuto.
Rilian non indossava più l’abito nero, ma portava una tunica di maglia d’argento e sopra un mantello rosa. Era fermo sul bordo del molo e attendeva il padre; accanto a lui, sulla sedia trainata dal cammello, sedeva il nano Briscola. I ragazzi si resero conto che, fra tanta gente, non sarebbero riusciti a raggiungere il principe Rilian, ma questo non dispiacque loro eccessivamente: infatti provavano un leggero imbarazzo. Chiesero ai centauri se potevano continuare a tenerli in groppa, per permettere loro di vedere oltre le teste dei cortigiani, e quelli – sempre gentili – accettarono di buon grado.
Dal ponte della nave giunse lo squillo festante e gioioso delle trombe. I marinai lanciarono una corda, i paludroni e i topi (parlanti, naturalmente) la legarono con abilità alla riva. Finalmente il veliero attraccò.
I musici, che finora si erano nascosti chissà dove fra la folla, cominciarono a suonare una marcia trionfale e solenne, mentre il veliero del re si accostava e i topi allungavano la passerella. Jill si aspettava che il re scendesse immediatamente, ma si rese subito conto che qualcosa non andava. Un nobile, pallido in volto, venne a terra e si inchinò davanti al principe e a Briscola. Per alcuni minuti i tre confabularono fra loro, senza che nessuno potesse sentire quello che dicevano. La musica non era cessata, ma gli attori principali della scena sembravano tristi e pensierosi. Quattro cavalieri apparvero sul ponte del veliero e Jill notò che trasportavano qualcosa. Quando si avvicinarono alla passerella, gli spettatori compresero che si trattava del re, steso sul letto pallido e immobile. I cavalieri scesero e lo posarono a terra, mentre il principe, chino su di lui, lo abbracciava commosso. Quando il vecchio sovrano alzò il braccio per benedire il figlio, tutti esultarono, anche se in cuor loro sentivano che qualcosa non andava. All’improvviso la testa del re sprofondò fra i cuscini: tacque la musica, scese un silenzio di tomba. Il principe, in ginocchio al capezzale del padre, si chinò ancora una volta su di lui e pianse.
La folla sussurrò. Jill vide che coloro che portavano un copricapo – cappelli, cappucci, elmetti – se lo toglievano, compreso Eustachio.
Poi la ragazza vide sventolare qualcosa in alto, in direzione del castello. Incuriosita, guardò meglio e notò che il grande vessillo con l’emblema del leone in oro era a mezz’asta. A questo punto la musica riprese, ma lenta e triste come una marcia funebre che spezzava il cuore.
Jill ed Eustachio scivolarono dal dorso dei centauri (che non se ne accorsero nemmeno) e lei disse: — Vorrei tanto tornare a casa.
Eustachio annuì senza una parola, mordendosi le labbra. — Io sono qui — disse una voce profonda dietro di loro.
Si girarono e videro il leone. Era così splendido, luminoso e forte da oscurare qualunque altra cosa; in men che non si dica Jill dimenticò il re e la sua triste sorte e ripensò ai fatti poco piacevoli di cui era responsabile: la caduta di Eustachio dalla montagna, i segni che aveva dimenticato, i litigi e le baruffe cui aveva partecipato. Avrebbe voluto dire “mi dispiace”, ma non riusciva ad aprir bocca. Bastò uno sguardo di Aslan perché i due ragazzi si avvicinassero a lui. Si chinò su di loro e con la lingua accarezzò i volti pallidi.
— Non pensateci più, non vi sgriderò. Non dovete preoccuparvi, avete portato a termine la missione per cui vi ho fatti venire a Narnia.
— Aslan, per favore, possiamo tornare a casa?
— Sì. Sono qui per questo — rispose Aslan. Spalancò la bocca enorme e soffiò. Ma stavolta non ebbero l’impressione di volare. Sembrò loro di restare fermi, mentre il potente respiro di Aslan portava via il veliero e il re defunto, il castello, la neve e il cielo d’inverno. Tutto questo si dissolse in un attimo, come piccoli anelli di fumo che si consumano nell’aria, e improvvisamente Jill, Eustachio e Aslan furono immersi nella luce abbagliante del sole di mezza estate, sull’erba morbida e profumata, in mezzo a grandi alberi con accanto un ruscello. Ancora una volta erano tornati sul Monte di Aslan, più in alto e al di là dei confini del mondo in cui si trova Narnia. La cosa strana era che continuavano a sentire la marcia funebre in onore di re Caspian, anche se non capivano da dove venisse. Si incamminarono lungo la riva del fiume, preceduti da Aslan. Il leone era diventato così bello e la musica si era fatta struggente al punto che Jill non riuscì a trattenere le lacrime.
Poi Aslan si fermò e i ragazzi guardarono nelle acque del fiume. Sulla ghiaia dorata del greto giaceva re Caspian. Era morto e l’acqua scorreva su di lui come vetro liquido; la lunga barba bianca ondeggiava come erba che cresce nel fondo dei fiumi. Rimasero immobili tutti e tre e piansero in silenzio. Anche Aslan pianse: le sue erano lacrime enormi e fulgide, e se la terra fosse stata un unico gran diamante, non sarebbe stata così preziosa.
Jill guardò Eustachio e fu sorpresa nel vedere che il suo non era il pianto di un ragazzo, né quello di un ragazzo che vuole nascondere le lacrime. Piangeva come un uomo adulto: questo, almeno, secondo la sua impressione, perché sul Monte di Aslan nessuno mostrava l’età che aveva.
— Figlio di Adamo — disse Aslan — entra in quel cespuglio di rovi, stacca la spina che vi troverai e portamela. Eustachio obbedì. La spina era lunga quasi mezzo metro ed era appuntita come uno spadino.
— Lascia che la spina penetri nella mia zampa, figlio di Adamo — ordinò Aslan, sollevando la zampa destra e mostrando gli enormi polpastrelli.
— Devo proprio farlo? — chiese Eustachio.
— Sì — rispose Aslan.
Eustachio strinse i denti e infilò la spina nel polpastrello del leone. Una grande goccia di sangue cadde, di un color rosso forte e intenso come non riuscireste neppure a immaginare. La goccia finì nell’acqua del fiume, sul cadavere del re. In quel preciso istante la marcia funebre cessò e qualcosa nel re morto cominciò a trasformarsi. La barba bianca divenne grigia e poi bionda, quindi sempre più corta fino a scomparire del tutto. Le guance affossate si fecero bianche e rosse, le rughe si attenuarono fino a quando il re aprì gli occhi, e dopo gli occhi la bocca, facendo un bel sorriso. Improvvisamente si alzò....
Indice dei contenuti
- Copertina
- Dello stesso autore
- La sedia d'argento
- Dietro la palestra
- A Jill viene affidato un compito
- Il re salpa sul suo veliero
- Il Parlamento dei gufi
- Pozzanghera
- Le terre selvagge e desolate del Nord
- La collina degli strani solchi
- Il castello di Harfang
- Una scoperta importante
- Il lungo viaggio nel mondo senza sole
- Nel castello delle Tenebre
- La regina delle Tenebre
- Nel Mondodisotto senza la regina
- In fondo al mondo
- La scomparsa di Jill
- Tutto è bene quel che finisce bene
- Copyright