ANNA DAI CAPELLI ROSSI
eBook - ePub

ANNA DAI CAPELLI ROSSI

  1. 368 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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ANNA DAI CAPELLI ROSSI

Informazioni su questo libro

Quando Anna arriva alla porta dei Cuthbert, Marilla rimane molto sorpresa: aveva deciso di adottare un ragazzino che aiutasse lei e suo fratello alla fattoria, non un'orfanella magrolina, dai capelli rossi e dalla lingua lunga come quella! Ma rimandarla indietro diventa presto impossibile: l'esuberante candore, l'eccezionale vitalità, l'acuta ironia e persino l'insopportabile testardaggine di Anna cambieranno per sempre la vita del burbero Matthew e della severa Marilla.
Anna dai capelli rossi è un classico della letteratura canadese, scritto sia per adulti che per ragazzi. a freschezza della scrittura e la forza dei personaggi ne fecero, sin dalla prima pubblicazione nel 1908, un successo internazionale. Da allora, la piccola Anna, solare, fantasiosa e risoluta, ha continuato a conquistare l'immaginazione dei lettori.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2012
Print ISBN
9788804618225
eBook ISBN
9788852029639

Capitolo primo

La signora Rachel
Lynde è sorpresa

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La signora Rachel Lynde viveva proprio là dove la via principale di Avonlea si addentrava in una stretta valle, contornata da ontani e funghi e attraversata da un ruscello la cui sorgente si celava negli antichi boschi alle spalle della casa dei Cuthbert. Questo rivo era tortuoso e vivace nel primo tratto che correva tra la boscaglia, disseminato di oscure pozze segrete e ripide cascatelle ma, una volta raggiunta la valletta dei Lynde, diveniva tranquillo e pacato, perché neppure un torrente poteva permettersi di passare accanto alla porta della signora Rachel Lynde senza mostrare il dovuto rispetto per decenza e decoro. Probabilmente il fiumiciattolo stesso sapeva che la signora Lynde stava seduta alla finestra e controllava con occhio attento tutto ciò che transitava davanti alla sua proprietà, fossero essi ruscelli o bambini e, se mai avesse notato qualcosa di strano o fuori posto, non si sarebbe data pace finché non avesse scoperto il perché e il percome.
Ci sono persone, ad Avonlea come altrove, che si interessano tanto appassionatamente agli affari dei vicini da rischiare persino di trascurare i propri. La signora Rachel Lynde, invece, era una di quelle creature capaci di pensare alle proprie faccende e, contemporaneamente, di badare a quelle degli altri. Era una massaia molto efficiente, che svolgeva i suoi compiti presto e bene; era l’anima del Circolo del Cucito; aiutava nella gestione della Scuola domenicale ed era la più energica sostenitrice della Società di Assistenza Parrocchiale e del Gruppo Missionario. Nonostante tutti questi impegni, la signora Rachel aveva tempo d’avanzo e sedeva per ore alla finestra della sua cucina, lavorando a maglia trapunte di cotone grezzo – ne aveva fatte sedici, sussurravano tra loro con ammirazione le altre massaie di Avonlea – e tenendo d’occhio la via principale che traversava la valletta e si arrampicava sulla ripida collina di terra rossa alle sue spalle. Poiché Avonlea era situata su un piccolo promontorio triangolare che si protendeva nel Golfo di St Lawrence, circondato su due lati dalle acque del mare, chiunque entrasse o uscisse dalla cittadina doveva passare per la strada della collina e quindi transitare davanti allo sguardo onniveggente della signora Rachel.
Era dunque là seduta a lavorare a maglia in un pomeriggio di giugno appena iniziato. Il sole entrava dalla finestra, tiepido e luminoso; il frutteto sul pendio davanti a casa era in fiore e pareva una nuvola di tulle nuziale bianco e rosa sovrastata dal ronzio di miriadi di api. Thomas Lynde – un uomo mansueto che la gente di Avonlea chiamava “il marito di Rachel Lynde” – stava mettendo a dimora rape tardive sul colle dietro il fienile, e Matthew Cuthbert avrebbe dovuto fare lo stesso nel vasto campo di terra rossa lungo il ruscello che si stendeva verso Green Gables, la fattoria dai tetti verdi. La signora Rachel lo sapeva perché, la sera prima, nel negozio di William J. Blair a Carmody, aveva sentito il signor Cuthbert dire a Peter Morrison che intendeva piantare rape il pomeriggio successivo. Ovviamente era stato Peter a chiederglielo perché, come tutti sapevano, Matthew Cuthbert non era tipo da fornire volontariamente informazioni sul proprio conto.
E invece, alle tre e mezzo di un normale pomeriggio lavorativo, ecco Matthew Cuthbert avanzare placidamente lungo la valletta e giù per la collina. Indossava un bel colletto bianco e il suo abito migliore, prova evidente che stava recandosi in città. Inoltre conduceva il suo calesse attaccato alla cavalla saura, il che lasciava presagire che intendesse percorrere una distanza considerevole. Ma dove stava recandosi Matthew Cuthbert e, soprattutto, perché?
Se si fosse trattato di un qualsiasi altro cittadino di Avonlea, la signora Rachel, mettendo insieme questo e quel dettaglio, sarebbe stata perfettamente in grado di rispondere a entrambe le domande. Ma Matthew si allontanava talmente di rado dalla propria casa, che doveva essere qualcosa di veramente imprevisto e urgente a spingerlo; era l’uomo più timido del mondo e odiava stare in mezzo a sconosciuti o in qualsiasi altro posto dove lo costringessero a parlare. Dunque vedere Matthew, bardato con tanto di colletto bianco e alla guida del calessino, era una cosa che capitava assai di rado. Per quanto si interrogasse, la signora Rachel non riuscì a risolvere i propri dubbi, e la tranquillità del piacevole pomeriggio ne fu guastata.
“Dopo il tè mi recherò a Green Gables e mi farò raccontare da Marilla dove è andato e perché” decise la solida matrona. “In questo periodo dell’anno Matthew non va mai in città e non è certo tipo da recarsi in visita a qualcuno. Caso mai fosse rimasto senza semi di rapa, non si sarebbe vestito di tutto punto, né avrebbe tirato fuori il calesse. E certo non procedeva tanto rapidamente da far pensare che stesse andando in cerca del dottore. Però, tra ieri pomeriggio e oggi, dev’essere successo qualcosa che lo ha spinto a partire. Sono proprio curiosa, ecco, e non avrò un minuto di pace nella mente e nell’anima finché non avrò scoperto cosa ha tirato Matthew Cuthbert fuori di casa quest’oggi.”
Di conseguenza, subito dopo il tè, la signora Rachel si mise in moto. Non doveva fare molta strada: il grande, ampio edificio circondato dal frutteto dove vivevano i Cuthbert era a un quarto di miglio scarso di distanza dalla valletta dei Lynde. Di certo, però, il tortuoso viottolo che vi arrivava lo allontanava di parecchio dal resto dell’abitato. Infatti, quando aveva costruito la propria dimora, il padre di Matthew Cuthbert, timido e silenzioso quanto il figlio, l’aveva posta il più lontano possibile dai suoi simili, pur senza immergerla completamente nei boschi. Green Gables sorgeva dunque sull’estremo limite della proprietà e là era rimasta fino ad allora, scarsamente visibile dalla via principale, lungo la quale si trovavano, più amichevolmente, tutte le altre case di Avonlea. A giudizio della signora Rachel Lynde vivere in un posto come quello non poteva certo chiamarsi vita.
— È semplicemente sopravvivere, non vivere, ecco cos’è — borbottò, mentre avanzava lungo il viottolo erboso, profondamente segnato da solchi e bordato da cespugli di rose selvatiche. — Non c’è da stupirsi che Matthew e Marilla siano un po’ stravaganti, dato che vivono qua tutti soli. Gli alberi non sono certo di compagnia, ma anche Dio sa che, se mai lo fossero, qui ce ne sarebbe d’avanzo. Io però preferisco guardare la gente. A dire il vero, loro sembrano abbastanza contenti, ma immagino che sia perché ci sono abituati. Ma si sa che noi uomini siamo in grado di abituarci a tutto, anche a essere impiccati, come dicono gli irlandesi.
Detto questo, la signora Rachel lasciò il viottolo ed entrò nel cortile sul retro di Green Gables. Il giardino era ben tenuto e ordinato, delimitato su un lato da salici secolari e sull’altro da un regolare filare di pioppi. Non c’era né un sasso né un bastone fuori posto perché, se ci fossero stati, la signora Rachel se ne sarebbe subito accorta. Era dell’idea che Marilla Cuthbert spazzasse e mettesse in ordine il cortile tanto spesso quanto puliva l’interno della casa. Si sarebbe potuto mangiare per terra senza trovare neppure un proverbiale granello di polvere.
La signora Rachel bussò educatamente alla porta della cucina ed entrò quando fu invitata a farlo. La cucina di Green Gables era un locale ridente o, meglio, lo sarebbe stato se non fosse sembrato quasi eccessivamente lindo e ordinato, tanto da somigliare piuttosto a un salotto inutilizzato. Le ampie finestre si aprivano a est e a ovest: da quella occidentale, che dava sul cortile, la luce calda del sole di giugno inondava la stanza, ma quella orientale, attraverso la quale si scorgevano appena la candida fioritura dei ciliegi del frutteto di sinistra e le betulle sottili e flessuose che bordavano la valletta del ruscello, era quasi completamente ricoperta da un groviglio di rampicanti e di verzura. Davanti a questa sedeva Marilla Cuthbert, le rare volte in cui si concedeva di sedersi, poiché diffidava sempre un poco dei raggi del sole, che le parevano troppo ballerini e irresponsabili per un mondo che, a suo avviso, andava preso assai sul serio. E proprio là stava seduta in quel momento, lavorando a maglia; alle sue spalle era già apparecchiata la tavola per la cena.
Ancor prima di aver finito di chiudere discretamente la porta, la signora Rachel aveva registrato mentalmente ciò che si trovava su quella tavola. C’erano tre piatti, quindi Marilla s’aspettava che qualcuno tornasse a casa con Matthew per il tè, ma le stoviglie e il servizio erano quelli di tutti i giorni; disposte in bell’ordine sulla tovaglia, c’erano un solo tipo di torta e la conserva di mele selvatiche, il che lasciava immaginare che l’attesa compagnia non fosse niente di speciale. Ma, allora, cosa significavano il colletto immacolato di Matthew e la cavalla saura legata al calesse con cui era partito? La signora Rachel era abbastanza confusa a causa dell’inusuale mistero riguardante la tranquilla e, di solito, assai poco misteriosa Green Gables.
— Buona sera, Rachel — l’accolse Marilla con tono stranamente vivace. — È davvero una bella serata, non trovate? Volete accomodarvi un momento? Come sta la vostra gente?
Un sentimento che, in mancanza di altri termini, potremmo chiamare amicizia esisteva, ed era sempre esistito, tra Marilla Cuthbert e la signora Rachel, nonostante – o forse proprio a causa – della scarsa somiglianza tra i due personaggi.
Marilla era una donna alta e sottile, spigolosa e priva di dolcezza; i capelli scuri mostravano già qualche filo grigio ed erano sempre acconciati in una crocchia compatta, fermamente appuntata sulla nuca con due forcine di metallo. Sembrava una donna di scarsa esperienza e d’animo rigido, e infatti lo era; ma attorno alla sua bocca aleggiava un’espressione che, qualora avesse avuto modo di svilupparsi, poteva rivelare un certo senso dell’ironia.
— Stiamo tutti bene — rispose la signora Rachel. — Mi sono preoccupata che foste voi a non stare bene, quest’oggi, quando ho visto partire Matthew. Ho pensato che stesse recandosi dal dottore.
Le labbra di Marilla si contrassero sornione. Si era aspettata la visita della signora Rachel; la vista di Matthew che andava inspiegabilmente a zonzo non poteva che essere stimolante per la curiosità della vicina.
— Oh, no, sto bene, anche se ieri ho avuto uno spiacevole mal di testa — rispose. — Matthew è andato a Bright River. Un bambino dell’orfanotrofio della Nuova Scozia verrà a stare qui da noi ed è in arrivo con il treno della sera.
Se Marilla le avesse detto che Matthew era andato a Bright River a prendere un canguro proveniente dall’Australia, la signora Rachel non si sarebbe stupita altrettanto. Era talmente sconvolta che rimase senza parole per più di cinque secondi. Non era possibile che Marilla stesse prendendosi gioco di lei, ma la signora Rachel fu tentata di crederlo.
— State parlando sul serio, Marilla? — chiese quando recuperò la voce.
— Sì, certo — disse Marilla, quasi che accogliere ragazzini provenienti dall’orfanotrofio della Nuova Scozia facesse parte delle usuali attività primaverili di qualsiasi fattoria ben organizzata di Avonlea, invece di rappresentare una novità inaudita.
Alla signora Rachel sembrò di aver preso un colpo in testa. Nella mente le turbinarono soltanto pensieri che terminavano con il punto esclamativo: “È andato a prendere un ragazzo! Proprio Marilla e Matthew Cuthbert, di tutte le persone al mondo, hanno pensato di adottare un bambino! E di prenderlo all’orfanotrofio! Ebbene, non c’è davvero più religione!” Dopo quella notizia, non si sarebbe mai più stupita di nulla! Di nulla!
— Ma come vi è venuta un’idea del genere? — domandò con tono di disapprovazione.
La cosa era stata fatta senza chiedere il suo parere; doveva per forza essere disapprovata.
— Ebbene, ci abbiamo pensato un bel po’… per essere precisi, per tutto l’inverno — ribatté Marilla. — Qualche giorno prima di Natale è venuta a trovarci la moglie di Alexander Spencer e ci ha detto che, a primavera, sarebbe andata a prendere una bambina dell’orfanotrofio di Hopetown. Sua cugina abita là; la signora Spencer era andata a trovarla e aveva saputo tutto della faccenda. Da allora in poi Matthew e io ne abbiamo discusso a lungo e, alla fine, abbiamo deciso di prendere un ragazzo. Matthew sta invecchiando, sapete… ha già sessant’anni e non è più arzillo come un tempo. Il cuore lo fa parecchio tribolare. E si sa quanto sia difficile trovare qualcuno per farsi aiutare con il lavoro dei campi al giorno d’oggi. Non c’è nessuno, a parte quegli stupidi dei ragazzi francesi ma, appena ne prendi uno, lo istruisci, gli insegni qualcosa, quello se ne va a lavorare alla fabbrica di aragoste in scatola, oppure parte per gli Stati Uniti. All’inizio Matthew aveva suggerito di prendere un orfano proveniente dalla Madre Patria, ma io gli ho risposto un “No, grazie” bello secco. «Possono anche essere dei bravi ragazzi – non dico di no – ma non voglio monelli inglesi in casa mia» gli ho detto. «Almeno prendiamone uno nato qui. Chiunque sceglieremo, correremo un rischio. Ma mi sentirò più serena e dormirò notti più tranquille se decideremo per un ragazzo nato in Canada.» Quindi, alla fine, abbiamo pensato di chiedere alla signora Spencer di portarne uno anche a noi quando fosse andata a prendere la sua orfanella. La scorsa settimana abbiamo saputo che stava preparandosi a partire, allora le abbiamo mandato a dire, tramite i contadini di Richard Spencer a Carmody, di portarci un fanciullo sveglio e capace di dieci o undici anni. Abbiamo pensato che quella sia l’età più adatta: sono già grandi abbastanza per rendersi utili nei lavori, ma ancora abbastanza piccoli da essere istruiti a dovere. Abbiamo intenzione di dargli una buona educazione e garantirgli una casa sicura. Oggi abbiamo ricevuto un telegramma della signora Spencer – il postino ce l’ha portato dalla stazione – in cui si diceva che arriveranno stasera con il treno delle cinque e mezzo, quindi Matthew è andato a prenderlo a Bright River perché la signora Spencer lo farà scendere lì. Ovviamente poi lei proseguirà il viaggio fino a White Sands.
La signora Rachel si vantava di dire sempre la propria opinione e decise di esprimerla anche in questa occasione, una volta recuperato l’equilibrio che le pareva di aver smarrito dopo aver ricevuto la sconvolgente notizia.
— Ebbene, Marilla, devo francamente dirvi che penso stiate commettendo una follia… e facendo una scelta assai rischiosa, ecco tutto. Non avete idea di chi vi sarà affidato. State accogliendo in casa, sotto il vostro tetto, un bambino sconosciuto di cui non sapete nulla, di cui non conoscete né carattere né genitori, e che non potete neppur vagamente immaginare come diventerà crescendo. Non più tardi della scorsa settimana ho letto sul giornale che un signore e sua moglie, abitanti a ovest dell’isola, hanno preso un ragazzino da un orfanotrofio e quello gli ha dato fuoco alla casa – e lo ha fatto apposta, Marilla – rischiando di carbonizzarli nei letti. E ho anche saputo di un altro caso in cui un bambino adottato si beveva tutte le uova della fattoria… e nessuno riusciva a farlo smettere. Se aveste chiesto il mio consiglio su questa faccenda – cosa che, cara Marilla, non avete fatto – vi avrei dissuaso dal fare una cosa del genere, quant’è vero Iddio.
Questa sparata non sembrò né offendere né impressionare Marilla, che continuò tranquillamente a lavorare a maglia.
— Non nego ci sia del vero in ciò che dite, Rachel; anch’io ho qualche scrupolo. Ma Matthew era assolutamente deciso, e io me ne sono resa conto, quindi ho acconsentito. È così raro che Matthew si incaponisca su qualcosa perciò, quando accade, ritengo sia mio dovere cedere. E, per quel che riguarda i rischi, ogni cosa a questo mondo ne comporta alcuni. Anche le persone che mettono al mondo dei figli corrono rischi: non sempre va tutto bene. E poi la Nuova Scozia è abbastanza vicina all’isola. Non stiamo prendendolo dall’Inghilterra o dagli Stati Uniti; non può essere tanto diverso da noi.
— Ebbene, spero che vada tutto per il meglio — ribatté la signora Rachel, con tono che lasciava trapelare i suoi profondi dubbi. — Solo non dite che non vi avevo avvertito, quando ridurrà in cenere Green Gables o metterà della stricnina nell’acqua del pozzo. Ho udito di un caso, avvenuto dalle parti di New Brunswich, in cui un orfano adottato ha fatto una cosa simile e un’intera famiglia è morta tra atroci tormenti. Ma, quella volta, si trattava di una ragazzina.
— Bene, ma noi non prenderemo una bambina — rispose Marilla, come se avvelenare l’acqua del pozzo fosse una prerogativa esclusivamente femminile e, in caso di adozione di un maschio, non ci fosse nulla da temere. — Non mi sognerei mai di prendere una femmina da crescere. Ho discusso in proposito anche con la signora Spencer, che lo sta facendo. Ma, per com’è fatta lei, sarebbe impossibile dissuaderla dall’adottare l’intero orfanotrofio, se ne fosse convinta.
Alla signora Rachel sarebbe piaciuto restare finché Matthew fosse tornato con il sensazionale orfanello ma, considerando che sarebbero passate due ore abbondanti prima del loro arrivo, decise di proseguire lungo la via e di raggiungere la casa di Robert Bell per riferire la notizia. La cosa avrebbe avuto un effetto incomparabile, e la signora Rachel amava moltissimo fare scalpore. Quindi salutò e se ne andò con gran sollievo di Marilla; quest’ultima, infatti, si sentiva nuovamente assalire da dubbi e paure sotto l’influsso del pessimismo della vicina.
“Perbacco! Di tutti gli eventi possibili e immaginabili… Questa sì che è grossa!” sbottò la signora Rachel, quando si ritrovò sul vialetto. “Mi pare quasi di sognare. In ogni caso sono davvero dispiaciuta per quel povero orfano: Matthew e Marilla non sanno niente di bambini e si aspetteranno che sia più saggio e posato del suo stesso nonno, ammesso e non concesso che ne abbia mai avuto uno, il che è decisamente improbabile. Comunque è davvero strano pensare che ci sarà un bambino a Green Gables: non ce ne sono mai stati, perché Matthew e Marilla erano già grandi quando è stata costruita la nuova casa, se mai quei due sono stati bambini, cosa che, a vederli, sembrerebbe difficile da credere. Non vorrei essere nei panni di quell’orfanello per nessuna ragione al mondo. Mi fa davvero pena, quel poveretto, ecco.”
Dal profondo del cuore, questo disse la signora Rachel ai cespugli di rosa canina; ma, se avesse visto l’orfanello che stava aspettando pazientemente alla stazione di Bright River in quel momento, la sua compassione sarebbe stata ancora più sentita e profonda.

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Anna dai capelli rossi
  3. 1. La signora Rachel Lynde è sorpresa
  4. 2. Matthew Cuthbert è sorpreso
  5. 3. Marilla Cuthbert è sorpresa
  6. 4. Il mattino a Green Gables
  7. 5. La storia di Anna
  8. 6. Marilla prende una decisione
  9. 7. Anna recita le preghiere
  10. 8. Comincia l’educazione di Anna
  11. 9. La signora Rachel Lynde inorridisce
  12. 10. Le scuse di Anna
  13. 11. Le impressioni di Anna sulla Scuola domenicale
  14. 12. Un voto solenne e una promessa
  15. 13. Il piacere dell’attesa
  16. 14. La confessione di Anna
  17. 15. Una tempesta in un bicchier d’acqua
  18. 16. Diana viene invitata per il tè, con risultati disastrosi
  19. 17. Un nuovo interesse nella vita
  20. 18. Anna al salvataggio
  21. 19. Un concerto, una catastrofe e una confessione
  22. 20. Una fervida immaginazione impiegata male
  23. 21. Un nuovo aroma culinario
  24. 22. Anna riceve un invito per il tè
  25. 23. Anna si fa male per una questione d’onore
  26. 24. La signorina Stacy e i suoi scolari organizzano un concerto
  27. 25. Matthew s’impunta sulle maniche a sbuffo
  28. 26. Viene fondato il Club Letterario
  29. 27. Vanità e tempeste dell’anima
  30. 28. Una sfortunata fanciulla, candida come un giglio
  31. 29. Una nuova era nella vita di Anna
  32. 30. Si organizza la classe per la Queen’s Academy
  33. 31. Dove s’incontrano il fiume e il rio
  34. 32. Esce la lista dei promossi
  35. 33. Il concerto all’Hotel
  36. 34. Una ragazza della Queen’s
  37. 35. L’inverno alla Queen’s
  38. 36. La gloria e il sogno
  39. 37. La mietitrice chiamata Morte
  40. 38. Una svolta lungo il cammino
  41. Copyright