Fantasie proibite (I Romanzi Extra Passion)
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Fantasie proibite (I Romanzi Extra Passion)

  1. 256 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Fantasie proibite (I Romanzi Extra Passion)

Informazioni su questo libro

Fin da bambina lady Caroline Foster sapeva cosa le avrebbe riservato il futuro: un matrimonio con uno stimato nobiluomo e tranquille giornate fra gli agi dell'alta società. Certo non una vita emozionante, eppure preferibile a quanto le sta succedendo ora: abbandonata dopo dodici anni di fidanzamento, il padre le ha combinato le nozze con un uomo che potrebbe essere suo nonno! Ma Caroline non ci sta ed escogita un audacissimo piano che richiede l'intervento di Ian Clayton, il fratellastro del suo ex fidanzato. Ian rimane però sbalordito nel sentirsi chiedere, proprio dalla donna che da anni accende le sue fantasie più inconfessabili, di rovinarle la reputazione. Un vero gentiluomo la dissuaderebbe, se non fosse accecato dal desiderio...

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2012
eBook ISBN
9788852029165
Cheryl
Holt

Image

FANTASIE
PROIBITE

Traduzione di Laura Guida
Mondadori

FANTASIE
PROIBITE

Questo libro è dedicato
alle migliaia di persone
che mi hanno scritto negli anni
per dirmi quanto avessero apprezzato
il mio romanzo
Sarò tua,
e a coloro che hanno atteso
con tanta (im)pazienza che io narrassi
la storia di Ian Clayton.
Spero vi piaccia!

1
Londra
Inverno 1814
— Vorrei parlare con il signor Clayton.
Lady Caroline Foster fissò il maggiordomo che aveva aperto la porta. Cercò di apparire altera, ma intimidire qualcuno le risultava difficile. Le ci erano volute settimane per sapere dove vivesse Ian e ora che era arrivata a casa sua era terrorizzata da quello che aveva messo in moto.
— Voi siete...? — la interrogò il maggiordomo.
La domanda la disorientò.
Nella fretta di parlare con Ian, non si era fermata a considerare che uno dei primi compiti di un servitore è accertarsi dell’identità di un visitatore. Doveva sembrare proprio sull’orlo della rovina, e avere molta urgenza, per non essersi curata di ciò che avrebbe comportato quella visita. Ian era l’unica persona di sua conoscenza che avrebbe potuto assisterla, ma il loro incontro doveva restare segreto e non poteva correre il rischio di essere scoperta.
Aveva viaggiato in una carrozza a noleggio e aveva indossato un mantello con cappuccio per coprire la chioma bionda, i grandi occhi azzurri e il volto dai lineamenti perfetti e facilmente riconoscibili. I servitori erano i più grandi pettegoli del mondo. Se avesse detto il proprio nome, in pochi minuti la notizia si sarebbe diffusa in tutte le case della Londra che contava.
Si drizzò e dall’alto del suo metro e settanta ripeté: — Desidero parlare con il signor Clayton. È in casa oppure no?
Un uomo si avvicinò nell’oscurità dell’atrio, ma lei non riuscì a distinguerlo chiaramente.
— Chi è, Riley? — chiese.
— Una visita per il signor Ian, sir — rispose il maggiordomo.
— Me ne occupo io, torna pure al tuo lavoro.
Il nuovo venuto lo fece spostare e con fare insolente si appoggiò allo stipite della porta.
A prima vista, con i capelli dorati e gli occhi di un blu acceso, la statura imponente e il fisico asciutto, l’uomo assomigliava così tanto al suo ex fidanzato, John Clayton visconte di Wakefield, che Caroline si sentì quasi venire meno. Per fortuna non era lui, ma uno molto più giovane, che aveva la ventura di assomigliargli enormemente.
Durante i sei terribili mesi trascorsi da quando John aveva posto fine al loro fidanzamento di una vita e l’aveva umiliata sposando in gran fretta una ragazza qualsiasi, per di più incinta, Caroline lo aveva evitato come la peste. Se le fosse capitato di incontrarlo, avrebbe voluto avere in mano una pistola per sparare dritto al suo perfido cuore.
— Chi siete? — domandò lei, con il tono più autorevole di cui era capace.
— Voi, piuttosto, chi siete? — replicò lui, con un tono da ragazzino nonostante dovesse avere una ventina d’anni.
— Sono venuta a trovare Ian Clayton — rispose lei. — Abbiate la cortesia di avvisarlo che sono qui, oppure ditemi se è fuori e tornerò più tardi.
Figlia del conte di Derby, Caroline era cresciuta imparando a essere altezzosa e arrogante e a trattare quelli che considerava inferiori con atteggiamento aristocratico; ed era un’abitudine difficile da rompere. In realtà non le piaceva apparire pomposa, ma tenuto conto che le tremavano le ginocchia fu contenta della sua abilità nel guardare gli altri dall’alto in basso.
Avventuratasi fino a casa di Ian, si trovava del tutto fuori dal suo elemento e la rassicurava potersi almeno appoggiare alla forma.
— Ian è qui — ammise il giovane con un’alzata di spalle.
Visto che non sembrava volersi muovere per avvisarlo, Caroline lo incalzò. — E dunque?
— È a letto.
— Ma sono le due del pomeriggio!
— Lo so.
Lei si accigliò. Ancora a letto? A metà giornata?
Ian era il fratellastro di John e si conoscevano da più di dieci anni. E per tutto quel tempo lui era sempre stato fin troppo coscienzioso e attivo. Che cosa gli era successo per trasformarlo in una specie di bradipo?
— È malato?
— Assolutamente no.
— Fatelo alzare — gli ordinò.
Il misterioso interlocutore fece spallucce. — Be’, almeno il gomito l’ha alzato, direi. Il resto non so.
Sembrava un indovinello che Caroline non era in grado di decifrare, perciò spinse via il giovane ed entrò nell’atrio, come fosse la padrona di casa. Si diresse verso le scale con la chiara intenzione di salire a cercare Ian.
Non aveva mai fatto visita a uno scapolo, e non era nemmeno in grado di spiegare che cosa l’avesse spinta a farlo. Ma la prospettiva le sembrò eccitante e quasi buffa.
Con una mano appoggiata sulla ringhiera si voltò di scatto. — Pensate di avvisarlo o lo devo fare io?
— Vado io — rispose il giovane dopo una pausa. La valutò con uno sguardo intenso e sconcertante. — Dovete essere Caroline Foster.
— Non siate ridicolo. Conosco Caroline Foster. Non si sarebbe mai comportata in modo così imprudente.
— Davvero?
— No, è una donna dalla condotta irreprensibile. Chiedetelo a chiunque, ve lo confermerebbe.
— Non dovete fingere — la schernì. — È evidente chi siete.
— Non sono Caroline Foster! — ripeté alzando la voce.
— Ian è stato precisissimo nel descrivere quanto siete snob. Non potete essere che lei. Mi chiedevo infatti se sareste venuta a curiosare qui intorno.
Era un tale insulto che non sapeva da dove cominciare a ribattere. Come osava criticarla? Non la conosceva nemmeno!
— Come vi chiamate? — gli domandò acida.
— Jack Romsey. Jack Clayton Romsey.
— Siete uno dei fratelli Clayton?
— Un altro figlio illegittimo, lady Caroline.
Sottolineò la parola illegittimo come se potesse mandarla in deliquio. — Con il vostro atteggiamento superbo, avrei dovuto immaginarlo.
— Vado a chiamarvi Ian — accondiscese Jack — ma ci vorrà un po’ prima che vi riceva. Mettetevi comoda.
La lasciò furibonda per come era stata trattata.
Caroline si sentì abbandonata. Non c’erano cameriere, il maggiordomo sembrava svanito. Certo, Ian era uno scapolo e la sua ricchezza era di dubbia origine, nemmeno paragonabile al patrimonio della famiglia Foster. Tuttavia si sarebbe aspettata almeno un po’ più di cortesia.
C’era un salottino sulla destra e vi entrò, determinata a fare come Romsey le aveva suggerito: mettersi comoda. Lei e Ian si conoscevano da sempre, perciò non aveva invaso la casa di uno sconosciuto, per quanto non potessero nemmeno definirsi amici.
Si erano frequentati solo perché Ian, in passato aveva vissuto con John, ma essendo il fratellastro povero, che era emerso dal nulla e si era aggrappato alle ricchezze di John come una sanguisuga, aveva sempre ritenuto che la sua alleanza con lui fosse sospetta. In una deplorevole occasione aveva stupidamente espresso questo parere e da quel momento non si erano più potuti vedere.
Lui continuava a maltrattarla e lei lo detestava per la sua arroganza e il suo paternalismo. Aveva passato venticinque anni a permettere agli uomini di darle ordini, ed era stufa marcia del loro atteggiamento di superiorità e dei loro stupidi consigli.
Caroline si guardò intorno, studiando l’arredo e i quadri alle pareti. Aveva sempre visto Ian insieme a John, ma un giorno i due fratelli avevano litigato e da allora avevano rotto i rapporti. Ian era andato a vivere per conto suo e lei era più curiosa del dovuto su come se la stava passando.
C’erano alcune bottiglie sulla credenza e vi si diresse per versarsi un po’ di whisky, che lo zio di Ian distillava in Scozia. Riempì un bicchiere fino all’orlo e lo sorseggiò, estasiata da quell’aroma intenso.
Non ricordava di aver mai bevuto superalcolici prima, nessun uomo glielo avrebbe permesso, e per protesta lo scolò tutto. Si sentì molto meglio. Bere un liquore le sembrò così peccaminoso e così originale che decise di farne un’abitudine.
Passarono quindici minuti, poi trenta. Si versò dell’altro whisky e il secondò bicchiere andò giù ancor meglio del primo. Aveva troppo caldo, la pelliccia del mantello la soffocava, ma non se lo tolse. Sentiva le guance in fiamme, le labbra tremanti, il corpo debole e molle.
L’alcol era potente e aveva ridotto le sue inibizioni e i suoi timori. Perché Ian la ignorava? E Romsey? Lo aveva avvisato del suo arrivo? Forse si era semplicemente seduto sul pianerottolo, aspettando di vedere quanto tempo si sarebbe fermata.
Bene, glielo avrebbe fatto vedere! In quelle ultime orribili settimane ogni reticenza o riserva erano svanite. Visto che stava per sposarsi contro la sua volontà, venduta come una giovenca al mercato, non intendeva farsi mandar via come una scolaretta ubbidiente.
Si scolò un terzo bicchiere di whisky, trovandolo la cosa più deliziosa che avesse mai assaggiato, e andò verso le scale. ...

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