JAMES HADLEY
CHASE
COLPA D’AMORE
Traduzione di Gianna Tornabuoni
PERSONAGGI PRINCIPALI
HARRY COLLINS
titolare di un’officina meccanica
ANN
sua moglie
BILL YATES
amico di Collins
GLORIA SELBY
affascinante ragazza
ED DIX
uomo d’affari americano
JOE
LOUIS
BERRY
amici di Dix
1
I fari del camion la fecero emergere dall’oscurità , simili a un riflettore puntato sul palcoscenico. La ragazza stava ferma a fianco di una Buick del ’39 che evidentemente non era lavata da parecchi mesi e che da anni nessuno aveva pensato di riverniciare. Indossava una gonna di lana verde e una giacca di camoscio color vinaccia. Alzò la mano verso di me in un cenno di richiamo. Quando viaggio col carro attrezzi, non do mai retta alle donne che chiedono un passaggio con il solito gesto del pollice, ma questo era un caso del tutto diverso. Quella ragazza era nei pasticci a causa della sua automobile, e il mio mestiere è appunto quello di riparare le macchine che, per una ragione o per l’altra, sono state danneggiate.
Mi portai al suo fianco e mi affacciai al finestrino.
— Sono in panne — fece la ragazza. — Può aiutarmi?
L’orologio del cruscotto segnava le ventitré e venti, e io ero stanco e affamato. Nelle ultime due ore mi ero affannato intorno a una macchina che aveva subito un guasto a un chilometro e mezzo circa dall’aeroporto di Northolt, tuttavia non esitai a scendere per vedere quel che era successo.
— Non è la benzina — mi spiegò la ragazza. — Il serbatoio è quasi pieno. Sarà il motore, forse.
Mi accostai alla Buick e sollevai il cofano: un odore di bruciato mi rivelò immediatamente dove stava il danno. Diedi uno sguardo servendomi della mia torcia elettrica e richiusi il cofano.
— È l’accensione — dissi. — Ci vorranno un paio di giorni per la riparazione.
— Santo cielo! Ne è sicuro? Ha appena guardato.
— Che bisogno c’è di guardare? Non sente l’odore? Oltre tutto, è il mio mestiere.
La ragazza lanciò uno sguardo al mio camioncino e, alla luce dei fari, poté agevolmente leggere la scritta che spiccava a tutte lettere sullo sportello dipinto di bianco:
HARRY COLLINS, LTD
meccanico
14, Eagle Street, W1
Com’ero orgoglioso di quel carro attrezzi un paio d’anni prima! Quando me l’avevano consegnato, non riuscivo a staccarmene, ma l’entusiasmo di allora era adesso tramontato. Consideravo il camioncino un sepolcro imbiancato.
— Sul serio? — La ragazza rideva. — Qualsiasi altra donna si sarebbe trovata ad aver fermato un bellimbusto, ma io no. Io fermo un meccanico! Sono fortunata, non c’è che dire.
— Non è affatto fortunata, perché non posso esserle di nessun aiuto. Posso soltanto condurla sino al garage più vicino, se le fa comodo.
— Ma non ci sarà nessun garage aperto a quest’ora.
— Be’, prima o dopo apriranno.
— No, grazie mille, non ho intenzione di andare in giro sino ad allora. Oltre tutto questo trabiccolo non è mio. Lascerò la macchina qui, e l’amico che me l’ha prestata la manderà a riprendere domani.
— Il suo amico farà salti alti così dalla gioia.
La ragazza rise. — Peggio per lui. Io voglio andarmene a casa. Mi darebbe un passaggio sino al West End?
— Se lo vuole proprio, volentieri.
Aprì lo sportello del camioncino e montò. Io esitai un istante, lanciando un ultimo sguardo alla sagoma scura della Buick. — Mi secca lasciare quella macchina senza fari. Qualcuno ci può andare a sbattere contro.
— Per amor di Dio! Se la prende sempre in questo modo per tutto? È un vero miracolo che non le siano venuti già i capelli bianchi.
— Gli incidenti fanno presto a succedere. — Girai dietro al camioncino per prendere una lanterna rossa, e dopo averla accesa, la attaccai alla maniglia dello sportello posteriore della Buick.
— Non la riavrà mai, quella lanterna.
— Se non la riavrò, pazienza. Cosa vuole farci.
Sedetti al volante e misi in moto. La luce del cruscotto illuminava le sue snelle gambe rivestite di finissime calze di nylon. Le ginocchia scoperte mi parvero ben modellate. La ragazza sedeva dritta, guardando fissa davanti a sé, il mento sollevato quasi in atto di sfida. A quella luce fioca vedevo poco di lei. Solo quando l’avevo centrata con i fari, avevo potuto osservare che i suoi capelli erano neri, con la riga nel mezzo, e le ricadevano sulle spalle in lunghe onde morbide. Avevo la vaga impressione che fosse più bella delle solite belle ragazze, ma non ne ero del tutto sicuro.
— È suo il camioncino? — Mentre parlava aveva aperto la borsetta, da cui trasse un pacchetto di sigarette. Me ne offrì una.
— Sì, e anche l’impresa è mia.
Accostò un fiammifero alla mia sigaretta. Tentai di guardarla meglio alla breve luce del fiammifero, ma un furgone che passava proprio in quel punto mi costrinse a volgere gli occhi alla strada.
— Così, Harry Collins è lei.
— Già , proprio io.
— E io sono Gloria Selby.
Proseguimmo in silenzio per un centinaio di metri, poi Gloria disse: — Le capita spesso di lavorare tanto lontano dalla sua base?
— Come sa che sto lavorando?
— Perché non è tipo da andare in giro con le mani sudicie, se non per necessità di lavoro.
— Ha indovinato. Uno dei miei rari clienti ha avuto un guasto e mi ha chiamato. C’era un garage a cinque minuti di strada, ma lui ha talmente fiducia in me che ha preferito costringermi a lasciare a metà la cena per fare venticinque chilometri. Un tipo simpatico!
— Poteva rifiutare. Perché non l’ha fatto?
— Eh, gli affari non vanno troppo bene, a dire la verità , e non posso permettermi il lusso di rifiutare il lavoro.
— Io credevo che tutti i proprietari di garage fossero dei signoroni.
— Così credevo anch’io, un tempo. Per questo mi sono messo nel ramo. Ma la faccenda è un po’ diversa.
— Come mai? Non rende, questo tipo di lavoro?
— Immagino di sì, ma io ho sbagliato località , evidentemente.
— Eppure, Oxford Circus sembrerebbe un quartiere ottimo, a questo riguardo.
— Già , sembrava anche a me, prima. Ma non mi dica che sa dov’è Eagle Street!
— È una traversa di Oxford Street, vicino a Peter Robinson.
Per un attimo volsi lo sguardo verso la ragazza, per riportarlo poi subito sulla strada che si snodava davanti ai miei occhi come un nastro nero, appena illuminata dai piccoli fari. — È la prima persona, tra le moltissime che ho conosciuto, a sapere dov’è Eagle Street. Ci hanno messo un divieto di sosta, e perciò nessun automobilista ci si ferma mai, nemmeno a fare benzina. Ma perché le sto dicendo queste cose? A lei certo non interessano.
— Le ho detto che mi annoia?
Dopo qualche minuto di silenzio, riprese: — Porterò la mia macchina da lei, per il servizio di manutenzione, e le manderò i miei amici.
— Gliene sarò molto grato.
— Non crede che lo farò, vero?
— Oh, forse lo farà ... se se ne ricorderà . Probabilmente non abita vicino a Eagle Street, e continuerà a servirsi del garage di cui si è servita finora.
— Io abito in New Bond Street. Non è lontano, mi pare.
— Che tipo di macchina ha?
— Ho preso da poco una delle nuove Jaguar: una macchina ottima.
— Oh, sì, di quelle che non richiedono grande manutenzione.
— Qualcuno la dovrà pure tener pulita. Posso portarla al suo garage? Attualmente la tengo in Shepherd Market, troppo lontano da casa. Qualche volta, la sera, rientro un po’ tardi.
— Io abito sopra il garage, e non vado certo a letto presto.
— Che prezzi fa?
— Trenta scellini alla settimana, cinque per la lavatura.
— Ma è quanto pago soltanto per la custodia!
Scossi il capo in cenno di diniego. — Scommetto di no.
La ragazza rise. — Be’, ci penserò.
Ero sicuro che della Jaguar non avrei saputo più nulla, ne avrei rivisto mai più la ragazza dopo averla lasciata in Bond Street. Decisi perciò di levarmi una piccola soddisfazione: quella di mostrarle che non mi aveva incantato, con le sue chiacchiere.
— E come mai ha una Buick, questa notte, invece della sua macchina?
— La sorella del mio amico doveva prendere l’aereo della notte per Parigi, e siccome lui aveva qualcosa di urgente da fare, mi ha pregato di accompagnarla all’aeroporto servendomi della sua Buick. Mai stato a Parigi?
— Quando ero sotto le armi, ma solo per tre o quattro giorni.
— Le è piaciuta?
— Abbastanza. La vita era cara, laggiù, allora. Ma adesso pare sia molto peggio.
— Oh, dappertutto è lo stesso. Se si è pratici del luogo, tutto va bene, altrimenti... Io conosco un posticino a buon mercato, e ho là parecchi amici: non mi costa granché, e ci sto d’incanto.
— Ci va spesso?
— Circa una volta al mese.
— Lavoro?
— Sì. Disegno e confeziono biancheria.
La cosa mi meravigliò. — Ma è un lavoro redditizio?
— Oh, sì. Non posso lamentarmi. A Parigi ho una buona clientela. Il mercato è limitato, ma l’ho in mano tutto.
— Un po’ troppo giovane per lavorare in proprio, direi.
La ragazza rise. — Anche lei è un po’ troppo giovane per lavorare in proprio.
— Be’, non saprei. Ho trentadue anni.
— Sposato?
— Sì. E lei?
— Io? Perché vuole che mi sposi? Ho la mia carriera a cui pensare.
Infilai Wood Lane dirigendomi verso Shepherd’s Bush. Chissà che non mi stesse raccontando la verità , tutto sommato. Forse possedeva veramente un appartamento in Bond Street, un laboratorio di biancheria e una Jaguar. Forse andava davvero a Parigi una volta al mese. Con un improvviso senso di irritazione, mi resi conto per la prima volta che da tanto tempo vivevo sull’orlo del fallimento da aver perfino dimenticato la possibilità di un regolare e facile guadagno.
Che sbaglio, da parte mia, aver investito tutto nel garage! Se avessi lasciato un po’ di denaro da parte, non mi sarei trovato nei pasticci, adesso. Avrei potuto comprare degli utensili appropriati, un tornio e qualche altra cosa del genere. Invece di investire sino all’ultimo soldo in un’elaborata attrezzatura per la pulizia delle macchine (attrezzatura di cui mi servivo di rado), avrei fatto meglio a tenermi da parte qualcosa. Ma a quell’epoca ero talmente ottimista che l’eventualità di un insuccesso non mi passava nemmeno per la testa.
La ragazza seduta al mio fianco poteva permettersi di andare a Parigi, guidare una Jaguar e abitare in Bond Street: tre cose al di fuori delle mie possibilità . Ne ero irritato. Come? Io avevo studiato, mi ero preparato seriamente al lavoro prescelto, e non ne ricavavo altro che preoccupazioni. Lei, a quanto potevo giudicare, era dotata unicamente di un naturale talento che la metteva in grado di confezionare degli straccetti piuttosto carini, e... si dava delle arie da principessa!
— Va bene quest’orologio? — chiese all’improvviso. — È già così tardi?
— Va un po’ avanti. Mancano venti minuti a mezzanotte.
— Per fortuna non mi devo alzare presto al mattino. Detesto alzarmi presto. E lei?
— Che mi piaccia o no, io devo alzarmi. — Il tono della mia voce rivelava chiaramente l’irritazione che provavo. — Apro il garage alle sei e...