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Un rumore mi svegliò di soprassalto. Pilg il Piagnone batteva forsennatamente contro la parete del mio nido e gridava. — Lant! Lant! È successo! Vieni, presto!
Misi fuori la testa. — È successo che cosa?
— Il disastro! Il disastro! — Pilg saltava su e giù per l’eccitazione. — Te l’avevo detto che sarebbe successo!
Tirai dentro la testa e mi vestii. L’euforia di Pilg era una faccenda da far venire i brividi. Sentii il pelo drizzarsi.
Pilg il Piagnone predicava disastri da molte settimane, com’era sua abitudine. Li predicava almeno due volte all’anno, all’epoca degli equinozi. Il fatto che abbandonavamo la sfera di influenza di un sole per entrare in quella dell’altro rendeva del tutto instabili i sortilegi locali. Ci avvicinavamo alla congiunzione, quando il sole blu avrebbe eclissato il disco di quello rosso, e Pilg aveva raddoppiato l’intensità e la frequenza delle sue previsioni. L’epoca delle catastrofi era alle porte: presto sarebbe certamente successo qualcosa di terribile.
Generalmente ci prendeva. Dopo, noi del villaggio avremmo raccolto i cocci e lui avrebbe scosso la grossa testa, gemendo: “Aspettate di vedere che cosa sarà l’anno prossimo. Aspettate. Sarà anche peggio”.
A volte scherzavamo dicendo che se “l’anno prossimo” di Pilg fosse mai arrivato sarebbe stato davvero la fine del mondo.
Gettai la scala e lo raggiunsi a terra. — Qual è il problema?
— Ti avevo avvertito, Lant. Ti avevo avvertito. Adesso, forse, mi crederai. I segni c’erano tutti, lassù nel cielo. Quali altre prove volevi?
Parlava delle lune. Si stavano ammassando tutte in un angolo del cielo. Shoogar il Mago aveva predetto un periodo di totale oscurità, e Pilg l’aveva interpretato subito come un presagio di chissà quali altre calamità.
Mentre attraversavamo di corsa il villaggio cercai di farmi spiegare che cos’era successo. Il fiume aveva cambiato il proprio corso? Forse qualcuno era caduto da un albero? O il bestiame era morto per una misteriosa malattia? Ma Pilg era troppo eccitato per rispondere con chiarezza.
A quanto sembrava, uno dei pastori era tornato dalle colline correndo a perdifiato, in preda al panico, gridando qualcosa a proposito di un nuovo mago. Ottenni finalmente l’informazione quando eravamo già nello spiazzo al centro del villaggio. Il pastore che aveva propalato la notizia era appoggiato a uno dei grandi albericasa e raccontava ansimando la sua storia a un gruppo di uomini. Gli uomini si assiepavano per sentire e lo tempestavano di domande concitate. Anche le donne avevano interrotto il lavoro, e sostavano a rispettosa distanza, ascoltando intimidite le sue parole.
— È un nuovo mago — ansimò lui. — Un mago rosso! L’ho visto! — Qualcuno gli passò un otre di pelle. Lui bevve rumorosamente parecchi sorsi di Quaff, poi ansimò: — È vicino al tumulo del dio vento. Scagliava fuoco rosso giù per la montagna.
— Del fuoco rosso. Del fuoco rosso...
Gli uomini si passarono parola, agitati. — Se scagliava fuoco rosso dev’essere un mago rosso. — Quasi subito udii la parola duello. La sentirono anche le donne, perché trattennero il fiato e fecero un passo indietro.
Mi feci strada fino al centro del gruppo. — Oh, Lant — disse uno degli uomini. — Hai sentito? Ci sarà un duello.
— Ah, sì? — domandai. — Avete visto le rune del duello sul nido di Shoogar?
— No, ma...
— E allora come fate a sapere che ci sarà un duello?
— C’è un mago rosso — ansimò il pastore. — Un mago rosso...
— Sciocchezze. Nessun mago rosso può avere tutti i poteri che dite voi. Perché non aspettate di sapere qualcosa di più preciso, prima di spargere voci che servono solo a spaventare le donne e i bambini?
— Anche tu conosci Shoogar! Non appena scoprirà che c’è un nuovo mago nel territorio, farà...
— Volete dire che non lo sa ancora?
Nessuna risposta.
Alzai la voce. — “Nessuno” ha pensato di dirlo a Shoogar?
Silenzio. No, non ci aveva pensato nessuno. Il mio compito era chiaro: bisognava impedire a Shoogar di agire in modo precipitoso. Mi diressi in fretta verso il suo nido.
Il nido di Shoogar era quanto di meglio per un mago, una specie di zucca schiacciata e deforme, che pendeva da un albero nero, gigantesco e tenebroso, ben oltre il limite del villaggio. La Corporazione dei Consiglieri aveva paura di lasciarlo avvicinare troppo, dato che era sempre occupato a sperimentare nuovi incantesimi.
Trovai Shoogar già intento a preparare l’attrezzatura da viaggio. Dai modi, molto nervosi, capii che era preoccupato. Mi preoccupai anch’io, quando vidi il contenuto della borsa. L’ultima volta che lo avevo visto usare tutti quegli arnesi intagliati nell’osso era stato quando aveva lanciato la maledizione delle tre ulcere contro Hamel il Fallito.
— Sei proprio sicuro che non sia contro le regole della Corporazione? — domandai.
Per un attimo pensai che volesse fulminarmi. Rabbrividii e feci istintivamente uno scongiuro, dimenticando momentaneamente che era stato proprio lui, Shoogar, a darmi l’amuleto che indossavo: non poteva di certo infrangere i suoi stessi incantesimi! Di sicuro non nei prossimi giorni, prima dell’avvento dell’alba azzurra.
— Tu! — ringhiò. — Che cosa ne sai, “tu” di magie? E io che ti credevo un amico! Non hai neanche avuto la cortesia di informarmi che era arrivato un intruso!
— Non lo sapevo neanch’io, fino a poco fa. Forse è arrivato solo oggi.
— Arrivato oggi? E si è messo subito a scagliare il fuoco giù per la montagna? Senza prima informarsi sugli dei del luogo, sui flussi e riflussi delle maree, sugli incantesimi residui e sui loro effetti collaterali? Ridicolo! Lant, sei uno sciocco e non capisci niente di magia. Perché sei venuto a seccarmi?
— Sono venuto perché tu, invece, non capisci niente di diplomazia! — ribattei brusco, con il pelo ritto. Sono uno dei pochi al villaggio che può obiettare a Shoogar e sopravvivere per raccontarlo. — Se ti lasciassi correre su per la montagna tutte le volte che secondo te qualcuno ti ha fatto un torto combatteresti un duello ogni volta che il sole blu sorge all’orizzonte.
Shoogar mi guardò e dalla sua espressione capii che avevo colto nel segno. — Lisciati la pelliccia, Lant. Non intendevo dire che sei uno sciocco totale. Solo che non sei un mago.
— Mi rallegra sentirti riconoscere le mie abilità di diplomatico — replicai, rilassandomi. — Le nostre qualità sono complementari, Shoogar. Se dobbiamo vivere bene dobbiamo rispettare i poteri dell’altro. Solo così proteggeremo il villaggio.
— Tu e i tuoi dannati discorsi — ringhiò lui. — Un giorno o l’altro ti farò gonfiare la lingua come un melone acido, per avere finalmente un po’ di pace.
Ignorai la minaccia. Considerate le circostanze, Shoogar aveva tutto il diritto di essere nervoso. Chiuse la borsa con l’attrezzatura da viaggio, tirando i lacci con rabbia.
— Sei pronto? — chiesi. — Manderò un messaggio a Orbur, e gli dirò di preparare due biciclette.
— Presuntuoso — borbottò Shoogar, ma sapevo che mi era segretamente grato per il pensiero. Wilville e Orbur, i miei due figli maggiori, intagliavano le biciclette migliori di tutta la regione.
Trovammo il nuovo mago vicino al tumulo di Musk-Watz, il dio del vento. Oltre la ripida gola che partiva dal tumulo c’era un ampio altopiano erboso, che digradava dolcemente verso sud. Il nuovo mago se ne era appropriato e vi aveva sparpagliato strumenti e attrezzatura. Proprio mentre fermavamo le biciclette lo vedemmo lanciare un incantesimo con un oggetto sconosciuto. Shoogar e io ci fermammo a rispettosa distanza per osservarlo.
Lo straniero era poco più alto di me, ma molto più di Shoogar. La sua pelle era più chiara della nostra e senza pelliccia, tranne che per una piccola calotta di pelo scuro sulla sommità della testa. Indossava degli strani aggeggi a cavallo del naso, come delle lenti di quarzo montate su intelaiature di osso, attraverso le quali si poteva vedere.
L’insieme dei suoi tratti era alieno e inquietante, e le sue ossa sembravano di proporzioni alquanto bizzarre. Di sicuro, nessun essere normale aveva una pancia così grande. Guardandolo mi sentii rimescolare il sangue nelle vene. Lo intuii, non tutti i suoi antenati erano umani.
Era tradizione che i maghi indossassero abiti grotteschi per identificarsi appunto come maghi. Ma persino Shoogar si mostrò perplesso di fronte al costume dello straniero. Era un indumento unico che gli ricopriva la maggior parte del corpo e sembrava modellato perfettamente per adattarsi a lui. Aveva un cappuccio, gettato indietro, i pantaloni infilati negli stivali e uno stemma dorato sul cuore. In vita portava una grossa cintura, alla quale erano appesi tre o quattro piccoli attrezzi magici.
Aveva distribuito tutt’intorno anche un certo numero di aggeggi più grandi. La maggior parte aveva lo stesso riflesso grigio-azzurrino del metallo lucidato. Nei nostri villaggi il metallo non è molto in uso, perché arrugginisce in fretta, ma io sono un uomo di mondo, e ho viaggiato. Conosco bene il metallo, perché viene usato nelle terre alte, ma nemmeno nelle terre alte s’era mai visto niente di così raffinato.
I suoi apparecchi erano tutti posizionati su tre gambe, cosicché si trovavano sempre in posizione orizzontale, nonostante le asperità del terreno. Sotto il nostro sguardo, lo straniero sbirciò all’interno di uno di essi, poi guardò oltre la gola verso il sacro tumulo di Musk-Watz, il dio dei venti, poi guardò di nuovo dentro il suo dispositivo. Mosse qualche passo, senza smettere di borbottare tra sé, e aggiustò un altro dei suoi aggeggi. Evidentemente si trattava di un incantesimo complicato. Quale ne fosse lo scopo, né io né Shoogar riuscivamo a indovinarlo.
Di tanto in tanto, lo sconosciuto si voltava verso un grosso nido a forma di uovo, nero e regolare, appoggiato sulla propria estremità più rotonda, al margine dello spiazzo erboso. Poiché in quell’area non c’erano alberi abbastanza grandi ai quali appenderlo, l’uovo era stato posizionato direttamente sul suolo. Una scelta assai poco saggia, naturalmente, ma non avevo mai visto un nido con quella struttura: forse era in grado di resistere agli attacchi dei predatori. Mi chiesi come fosse stato possibile costruirlo in una sola notte. I poteri del mago straniero dovevano essere davvero formidabili.
Lui non si accorse nemmeno della nostra presenza, e Shoogar fremette per l’impazienza. Poi, improvvisamente, lo straniero si raddrizzò e manovrò il suo dispositivo. E il dispositivo scagliò un raggio di fuoco rosso oltre il dirupo, direttamente verso il tumulo di Musk-Watz.
Ebbi una gran paura che Shoogar morisse di collera in quello stesso istante. Controllare gli dei dei venti era un’impresa difficilissima, e lui aveva passato tre lunghe configurazioni lunari a cercare di propiziarsi Musk-Watz ed evitare così un’altra stagione di uragani. Ora, in un solo momento, lo straniero aveva mandato tutto all’aria.
Il fuoco color cremisi solcava l’aria oltre il dirupo, fino a sferzare la roccia accuratamente preparata da Shoogar. Era più rosso del rubino, accecante, sottilissimo, e diritto come l’orizzonte dell’oceano (ho visto anche quello). Temetti che non si fermasse mai.
Anche il suono era terribile. Un ronzio acutissimo e doloroso che sembrava trafiggere l’anima e, in sottofondo, il crepitare della roccia su cui il fuoco batteva.
Dalla roccia si alzò un denso fumo acre, e io rabbrividii pensando a come quella polvere, dissolvendosi nell’atmosfera, l’avrebbe influenzata. Chi poteva mai dire quali effetti nefasti avrebbe avuto sui sortilegi anti tempesta di Shoogar? Mi ripromisi mentalmente di mettere al lavoro le mie mogli per rinforzare il pavimento del nido.
All’improvviso, bruscamente come era incominciato, il fuoco rosso si spense. Il silenzio scese di nuovo sul pianoro, mentre la terra era immersa nella penombra azzurrina. Ma io avevo ancora negli occhi l’impronta di un’immagine luminosa, e il tumulo del dio del vento continuava a crepitare.
Per quanto incredibile, non si era distrutto. Fumava e aveva una terribile cicatrice nera nel punto in cui il fuoco l’aveva colpito, ma per il resto era intatto. Quando Shoogar costruisce qualcosa, lo costruisce a regola d’arte.
Lo straniero stava già riaggiustando i suoi aggeggi, borbottando tra sé parole misteriose. Forse facevano parte dell’incantesimo. Si spostava da un aggeggio all’altro come fa mamma topo con i suoi piccoli, scrutandoli, studiandoli e risistemandoli. Con uno si fermò addirittura a recitare strane litanie.
Sbirciai Shoogar. La bocca era tirata, e persino la barba. Avevo una gran paura che il duello incominciasse ancora prima che lo straniero avesse...