La congiura di Catilina
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La congiura di Catilina

  1. 182 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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La congiura di Catilina

Informazioni su questo libro

Il tentativo di colpo di stato ordito dal patrizio romano Lucio Sergio Catilina nella prima delle monografie storiche scritte da Gaio Sallustio Crispo (86-35 a.C.). L'attenta ricostruzione di un avvenimento del quale vengono ricercate e interpretate le cause, primo esempio di moderna metodologia storiografica.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
Print ISBN
9788804361664
eBook ISBN
9788852048326

NOTE

Introduzione

1 Le Antiquitates rerum humanarum ac divinarum, vasta summa di sapere in quarantuno libri che si apriva con una trattazione filosofica sul tema dell’immortalità dell’anima, erano state pubblicate tra il 56 e il 47 a.C. Del 43, all’epoca in cui Sallustio compone la sua prima opera, è il De vita populi romani, grande affresco dell’antica Roma, di cui erano descritti i culti e le istituzioni. Posteriore al 45 sono le Imagines, il cui titolo faceva riferimento alle maschere funebri degli antenati esposte, come spiriti tutelari, negli atri delle dimore delle grandi famiglie romane. Successiva al 43 è ancora l’opera De gente populi romani.
2 Il mito della Roma primitiva ispirerà, durante l’età augustea, poeti come Virgilio, Properzio, Tibullo e storici come Tito Livio.
3 Come testimonia lo stesso De coniuratione Catilinae. Per il concetto di nobilitas vedi le note nn. 2 V e 6 XVII in fondo al volume.
4 De coniuratione Catilinae III, 5.
5 Una lettera di Cicerone del febbraio 54 (Ad Quintum fratrem II, 9) e l’Invectiva dello Pseudo Cicerone: ma il secondo testo, che pure Quintiliano cita come autentico, è molto probabilmente un falso di età augustea, mentre il Sallustio a cui allude Cicerone potrebbe essere solo un omonimo del futuro storico.
6 Nigidio aveva fama di mago, di astrologo, di matematico, e forse fantasticava di misteriose palingenesi sociali, tanto da essere di lì a poco costretto all’esilio da Cesare; le sue opere presentavano, a detta di Gellio (Noctes atticae XIX, 14, 3), un carattere iniziatico e segreto, ed erano poco intelligibili a causa della loro estrema sottigliezza.
7 La notizia si trova in Gellio, Noctes atticae XVII, 18.
8 Dione Cassio, Storia romana XL, 63.
9 Il De coniuratione Catilinae, composto fra il 43 e il 42; il Bellum Iugurthinum, scritto fra il 42 e il 41.
10 Composte a cominciare dal 39, si proponevano di narrare anno per anno le vicende della repubblica romana dalla morte di Silla (78 a.C.) fino alla congiura di Catilina (63 a.C); a causa della morte, restarono interrotte all’anno 66.
11 Per questo concetto vedi nota n. 2 IX.
12 «Sallustio esordì nella Guerra Giugurtina e nella Guerra Catilinaria con divagazioni introduttive, che nulla hanno da vedere col racconto stretto dei fatti» (Quintiliano, L’istituzione oratoria, a cura di R. Faranda e P. Pecchiura, vol. I, Torino 1979, pp. 410-411).

I

1 L’opera di Sallustio propone subito fin dall’esordio un concetto rigoroso e teso di humanitas. Ogni uomo oscilla fra due stati: la feritas, verso la quale lo spingono gli istinti; l’humanitas, che è una paziente e difficile conquista dello spirito (come subito sottolineano termini quali student, ope, niti). Una battaglia si combatte da sempre nel nostro animo: non si nasce uomini, si diventa. Concetto-guida dell’etica aristocratica classica, che si comunicherà a ogni successivo umanesimo moderno.
2 Platone, Repubblica 586 a-b (dove si discute sul tema del piacere e della superiorità dei piaceri che derivano dalla conoscenza): «Allora le persone che non conoscono intelligenza e virtù, che badano sempre alla buona tavola e a simili cose, vengono trasportate, sembra, in giù, e poi nuovamente indietro sino alla posizione mediana e così errano per tutta la vita e mai, superando questo limite, hanno innalzato lo sguardo a ciò che è veramente alto né mai vi sono state trasportate, né mai si sono realmente riempite di ciò che è, né hanno gustato un solido e puro piacere. Ma, come bestie, tengono sempre lo sguardo in giù, curve verso il suolo e le loro mense, e pascolano rimpinzandosi e montando; per la smodata cupidigia di questi piaceri si prendono a calci e a cornate, e s’ammazzano a vicenda con corna e zoccoli ferrei». Suggestioni e parentele anche con il finale del Timeo (dove si parla dell’origine degli animali come uomini degradati da vizi ed errori). Ma il concetto, all’epoca di Sallustio, doveva essere molto diffuso. Già Cicerone nel De legibus (I, 9, 26) aveva scritto che la natura «cum ceteras animantes abiecisset ad pastum, solum hominem erexit ad caelique quasi cognationis domiciliique pristini conspectum excitavit» («avendo tenuto gli altri animali rivolti in basso al vitto, soltanto all’uomo diede statura eretta e lo rivolse alla contemplazione del cielo, come della sua parentela e sede originaria»). Lo riprenderanno Ovidio (Metamorfosi V, 84-86) e Giovenale (Satire XV, 143-147).
3 Tutto il primo capitolo è impostato su una serie di antitesi eroiche di natura etico-filosofica: homines/animalibus; animo/corpore; imperio/servitio; dis/beluis; vita brevis/memoriam longam; divitiarum et formae gloria fluxa/virtus aeterna. L’antitesi centrale è quella fra corpo e anima, e si richiama alla concezione dualistica di Platone espressa in numerosi dialoghi. L’immagine dell’anima come guida e signore, del corpo come servo ed esecutore, è già presente nel Fedone (80 a). Qui Socrate, rivolgendosi a Cebete, afferma: «Guarda ora anche da questo punto: quando sono insieme anima e corpo, all’uno la natura ordina di servire e di obbedire, all’altra di comandare e dominare. Ciò posto, quale dei due credi sia simile al divino e quale al mortale? Non pare a te che il divino per sua propria natura sia atto a dirigere e a comandare, e il mortale a obbedire e a servire?».
4 Sallustio introduce qui il tema della gloria che rende immortali; ma specifica subito che la vera gloria risiede nel possesso della virtus. Anche in questo caso la fonte prima è Platone. Nel Simposio (208 b), Socrate a un certo punto rievoca un discorso sull’amore tenuto a lui dalla sapientissima Diotima, che dice: «Credi tu che Alcesti sarebbe morta per Admeto o Achille avrebbe voluto seguire Patroclo nella morte o il nostro Codro sarebbe andato a morire per salvare il regno dei figli, se essi non avessero pensato che così sarebbe rimasta imperitura la fama della loro virtù, che noi ora serbiamo? Certo no – continuava – ma, credo, proprio in vista della virtù immortale e di questa fama gloriosa, ognuno fa di tutto, e tanto più quanto è migliore: perché ama l’immortalità». Va osservato l’uso laico e romano dei riferimenti platonici: in Sallustio non compare mai alcun discorso metafisico e religioso (senza che esso sia per questo negato); l’immortalità compete solo alla memoria sociale del popolo romano, che valuterà ogni atto sulla base di parametri rigorosamente etico-politici.
5 Sentenza diffusa nel mondo antico. Tucidide, ad esempio (Guerra del Peloponneso II, 40, 2): «Siamo noi stessi a prendere direttamente le decisioni o almeno a ragionare come si conviene sulle circostanze politiche: non riteniamo nocivo il discutere all’agire, anzi il non condurre alla luce, attraverso il dibattito, tutti i particolari possibili di un’azione, prima di intraprenderla».

II

1 Per un romano del I secolo a.C. il nome di «re» si associava naturalmente a concetti di dispotismo e di tirannia. Livio (Ab urbe condita XXVII, 19, 4): «regium nomen, alibi magnum, Romae intolerabile» («l’appellativo di re, altrove illustre, a Roma era intollerabile»). Si veda, all’inizio del capitolo VII, la valutazione sull’animo dei sovrani svolta da Sallustio.
2 Qui l’autore pensa soprattutto a Numa Pompilio e a Tullo Ostilio, che la leggenda presentava il primo come re pacifico e religioso, il secondo come re animoso e guerriero.
3 Sintetica allusione ai miti di origine e alla concezione ciclica della storia comuni a tutto il mondo classico: secondo tale concezione, da un’iniziale età dell’oro, dove la vita si svolgeva secondo ritmi semplici, pacifici e armoniosi, l’umanità si corrompeva, decadendo progressivamente fino a un’età violenta e ingiusta. Questi temi godranno di un’immensa fortuna nella poesia contemporanea e appena successiva, da Virgilio a Tibullo a Ovidio.
4 Ciro (vissuto nel VI secolo a.C.) fondò l’impero persiano sottomettendo numerosi popoli, tra cui Medi, Lidi, Fenici, Babilonesi, Egizi (per il concetto di natio vedi nota n. 1 X). La sua vita era nota grazie alla Ciropedia di Senofonte, che lo rappresenta come un exemplum di monarca ideale. Atene estese la sua egemonia sul mondo greco dopo le guerre persiane (conclusesi nel 478 a.C); Sparta, al termine della guerra peloponnesiaca (431-404 a.C). Si tratta di celebri esempi di espansionismo politico e militare del mondo antico.
5 La sentenza di Sallustio riecheggia dispute di carattere filosofico-militare molto sentite in Roma. Si confronti con Cesare (De bello gallico VI, 30): «Multum cum in omnibus rebus, tum in re militari potest Fortuna» («Molto può la fortuna in ogni cosa e più ancora nelle imprese militari»). Oppure con queste riflessioni di Livio (Ab urbe condita IX, 7), probabilmente mutuate proprio da Sallustio e da Cesare: «Pluri...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Di Sallustio
  3. La congiura di Catilina
  4. Introduzione
  5. Struttura e sommario dell’opera
  6. Nota bibliografica
  7. LA CONGIURA DI CATILINA
  8. DE CONIURATIONE CATILINAE
  9. Note
  10. Traduzioni utilizzate nelle note
  11. Copyright