Non vale una lira
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Non vale una lira

Euro, sprechi, follie: così l'Europa ci affama

  1. 176 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Non vale una lira

Euro, sprechi, follie: così l'Europa ci affama

Informazioni su questo libro

Bisogna uscire dall'euro. Subito. Da quando è entrata in vigore, la moneta unica non ha fatto che disastri: ci ha resi tutti più poveri, ha accresciuto le differenze tra i Paesi e ha trascinato nel suo fallimento il sogno europeo dei nostri padri. Oggi l'Europa è soltanto un mostro burocratico e antidemocratico, sempre più lontano dai cittadini e dai loro bisogni, che ci opprime con la sua tirannia fiscale e con una quantità di normative astruse.
È l'Europa dei diktat e delle troike, che impone agli altri severità e concede a sé ogni beneficio, l'Europa che taglia le pensioni ai cittadini e le aumenta ai suoi burocrati, che chiede sacrifici a tutti, ma poi fa vivere i suoi 766 parlamentari nel lusso, spendendo 2 milioni e mezzo di euro in rinfreschi e 4 milioni per rinnovare il centro fitness interno al Parlamento di Bruxelles. È l'Europa che non riesce a risolvere l'annoso problema della seconda sede di Strasburgo: un palazzo da 500 milioni che resta chiuso 317 giorni l¿anno e che moltiplica i costi di funzionamento, costringendo ogni mese i deputati a gigantesche transumanze con un'enorme massa di documenti al seguito.
È l'Europa che mantiene 139 sedi sparse in tutto il mondo e 5366 addetti, di cui 33 alle isole Figi, 37 alle Mauritius e 44 ai Caraibi, dove l¿attività più impegnativa è una corsa di macchinine elettriche. Costo totale, 524 milioni di euro.
È l'Europa delle leggi assurde, delle 60 pagine di rapporto tecnico sul Wc (due anni di studio, 90.000 euro di spesa) per stabilire la formula dello sciacquone perfetto, l'Europa che si preoccupa del passaporto dei furetti croati, della peluria del cavolfiore (dev'essere «leggerissima»), della lunghezza delle banane e della curvatura dei cetrioli, l'Europa che scrive 22 pagine di regolamento per specificare che «il serbatoio dell'acqua calda è quello che contiene acqua calda».
Ed è l'Europa che elargisce soldi per finanziare qualsiasi follia, dall'utilizzo degli insetti in cucina alla compagnia che fa musica con sassofoni e rutti al programma per incentivare la connessione emotiva dei contadini tirolesi al loro paesaggio, dal dialogo fra estoni e lituani sul fondamentale tema delle marionette alla missione dei ballerini belgi che vanno a insegnare danza agli africani (che è un po¿ come insegnare agli esquimesi a cacciare le foche), per non parlare dei corsi in cui si spiega a cosa serve l'Ue. Un'Europa che a noi italiani costa 174 euro al secondo, cioè 10.464 euro al minuto, cioè 627.853 euro l'ora, cioè 15 milioni al giorno, cioè 5, 5 miliardi l'anno. Per darci in cambio che cosa? Nulla. Da quando c'è la moneta unica abbiamo meno soldi in tasca, meno libertà nella vita, meno speranze nel cuore. Mario Giordano dimostra, numeri alla mano, che la scelta di entrare nell'euro è stata per il nostro paese un vero e proprio autogol, come avverte ogni giorno sulla propria pelle un sempre maggior numero di italiani e come sostengono da tempo molti economisti e sei premi Nobel. Anche loro certi che dall'euro si debba uscire. E subito.

Domande frequenti

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PARTE TERZA

Perché questa Europa non ci piace (i soldi buttati, i privilegi del Palazzo, le leggi assurde)

Svanita l’Europa migliore, ci resta solo l’Europa peggiore. La prima era un sogno, la seconda, purtroppo, la realtà. Una realtà che non ci piace per nulla. Anzi, a dirla tutta, ci fa orrore. Magari ci fa anche sorridere, con i suoi eccessi legislativi, con l’ansia di regolamentare ogni cosa, persino la curvatura delle banane e la circonferenza dei piselli, che per essere piselli europei devono avere caratteristiche standard (e per ora stiamo parlando solo di piselli ortaggi, ma non si sa mai…). Magari ci fa indignare con i suoi sprechi che al confronto la Cassa per il Mezzogiorno è stata un esempio di asburgica amministrazione del denaro pubblico. Magari ci fa imbufalire con i suoi burocrati strapagati e i privilegi degli europarlamentari, le sedi inutilmente sfarzose e i funzionari che se la spassano ai Caraibi a spese nostre. Ma, alla fine, di fronte a quest’Unione delle malefatte, il sentimento che prevale è quello dell’angoscia: abbiamo passato anni a sperare che potesse fare qualcosa per noi, non ci siamo accorti di quello che ci stava già facendo. E che è terribile.
In effetti, lassù qualcuno ci odia. Bruxelles è diventata, nel corso degli anni, un concentrato di nefandezze e assurdità, il simbolo dell’inefficienza e delle richieste folli, della lontananza dai cittadini e delle leggi da manicomio. Dall’euro alla neuro, il passo è stato breve. Forse non saremmo riusciti lo stesso a innamorarci di questo sogno unitario, forse non saremmo riusciti a costruire un sentimento comune, forse non saremmo riusciti a superare le barriere nazionali che ci dividono da secoli. Però, di fatto, diciamo la verità: non hanno nemmeno provato a portarci fin lì. Chiusi nei loro privilegi, ancor maggiori di quelli delle singole caste nazionali, i «gatti grassi» dell’Ue, come li hanno ribattezzati gli inglesi, hanno soltanto abusato della pazienza altrui, riempiendosi le tasche, e le pance, mentre riducevano alla fame i popoli europei. Hanno sguazzato nei lussi mentre chiedevano agli altri di fare sacrifici. Hanno sparso fiumi di retorica europea mentre in realtà stavano lì, fra ozi e champagne, a legiferare sulla barba del cavolfiore…
E così, ogni volta che penso alla guida dell’Europa mi torna in mente una vecchia battuta di cabaret. C’era uno che diceva: «Spero di morire nel sonno, come mio nonno. E non gridando, come i suoi passeggeri». Si applica alla perfezione all’Europa, no? Purtroppo i passeggeri di questo treno fuori controllo siamo noi. Allacciate le cinture, stiamo andando a sbattere contro il muro. E se vedrete le stelle, non sono certo quelle della bandiera Ue…

SPESE FOLLI NEL MONDO: LA UE DÀ LEZIONI DI DANZA IN BURKINA FASO

E butta 4 milioni per far conoscere meglio la dinastia islamica Omayyad

Quattro milioni per far conoscere Omayyad, la grande dinastia islamica. Li ha stanziati l’Unione europea nel luglio 2013. Ma sicuro: mentre le popolazioni del continente si arrabattavano tra crisi e tasse, mentre la troika spargeva le parole d’ordine dell’austerità, mentre ai cittadini europei venivano chiesti ancor più lacrime e sangue, Bruxelles si permetteva il lusso di finanziare con 4 milioni di euro (per l’esattezza 4.153.653) un programma di «cooperazione multilaterale transfrontaliera» coordinato dalla «Fondazione per l’eredità di al-Andalus». Lo scopo ufficiale? Correre ai ripari e correggere in fretta quello che le istituzioni comunitarie definiscono un «grave squilibrio», ormai intollerabile. E qual è questo squilibrio così grave? Lo stipendio da fame degli operai? La disoccupazione dei giovani? L’importo delle pensioni sceso sotto il livello di guardia? Macché: lo squilibrio «intollerabile», secondo Bruxelles, è il fatto che non è abbastanza conosciuta la storia degli Omayyad. Proprio così: si può andare avanti senza conoscere le gesta dei discepoli di Maometto, da Muawiya I a Yazid III? Assolutamente no. E dunque giù, soldi su soldi. «In questo modo aumenteremo il ricco patrimonio Omayyad» proclamano trionfanti i documenti comunitari. E pazienza se, nel frattempo, il patrimonio degli europei diventa sempre più povero…
Bisogna fare attenzione perché gli sprechi sono spesso nascosti dietro sigle anonime, acronimi bastardi, asettiche paroline che a prima vista sembrano innocue. I 4 milioni per gli Omayyad, per esempio, passano sotto un nome incomprensibile: CbcMed. Un altro nome apparentemente inattaccabile (EuropAid) serve invece a stanziare 2,5 milioni per il «dialogo con il Nordafrica» (agosto 2013). Con Medisolae-3D vengono finanziate visite virtuali nelle isole del Mediterraneo, che per essere virtuali hanno un costo piuttosto reale: 2,7 milioni di euro. Con il Med-Enec II, infine, vengono regalati 5 milioni all’Egitto per organizzare dibattiti sulla green economy (novembre 2013).
Come vedete, si tratta di contributi deliberati fra l’estate e l’autunno 2013, cioè nel pieno della crisi, mica in un periodo di vacche grasse e casse gonfie. E forse per questo i burocrati d’Europa cercano di farli scomparire sotto quelle sigle astruse, nascoste fra le pieghe del bilancio. Così non devono rispondere ad alcune semplici domande: perché dobbiamo pagare 2,5 milioni di euro per dialogare con il Nordafrica? Come spesa di comunicazione non è un po’ eccessiva? Dialogo per dialogo non possiamo usare Skype? E a che diavolo servono questi costosissimi tour virtuali per le isole? E, soprattutto, perché i cittadini europei dovrebbero finanziare i dibattiti sulla green economy al Cairo, fra cui l’imperdibile ciclo di conferenze «Cairo Climate Talks»? Forse per compiacere qualche pezzo grosso di Bruxelles che andrà a far sfoggio delle sue conoscenze, omaggiato e riverito come si conviene? Ma poi, a chi finiscono davvero questi soldi?
L’Unione europea, del resto, ha fatto anche di peggio. È riuscita nell’impresa storica di mandare ballerini belgi in Burkina Faso per dare lezioni di danza agli africani. Possibile? In Burkina Faso si muore di fame, da quanto ci risulta. E in Europa c’è la crisi. Che senso ha allora questa spesa, per loro e per noi? I ballerini belgi saranno pure bravissimi: ma che insegneranno? Danze popolari fiamminghe? La mazurka alla vallone? La polka di Bruges? E perché spendere soldi per dare lezioni di danza agli africani, che per altro se c’è una cosa che sanno fare benissimo è proprio danzare? «Se la musica si muove, l’Africa si sposterà» hanno risposto a Bruxelles, senza batter ciglio. Sì, ma intanto quelle che ballano davvero sono le nostre finanze…
A volte l’Europa si cimenta anche in progetti più seri. Ma non sempre vanno a buon fine. Per esempio: 8,8 milioni di euro sono stati regalati al Mali per costruire un centro di consulenza su come trovare lavoro in Europa. Ma se temete l’invasione di malinesi nel Vecchio Continente, potere stare tranquilli: in tre anni hanno trovato lavoro solo 6 persone. Sei persone, avete capito bene, nonostante l’investimento di 8,8 milioni di euro. Ciò significa che ognuno di questi posti di lavoro è costato più di 1 milione di euro. Se lo avessimo dato direttamente alle persone interessate, non avremmo fatto prima?
Poi dicono che l’Europa non ha soldi. Non è vero: l’Europa, evidentemente, è piena di soldi. E infatti siamo riusciti a regalare (in cinque anni) anche 450 milioni al Malawi, uno Stato che si distingue per l’attenzione allo sviluppo e al progresso, come dimostrano alcune delle sue recenti normative, in particolare quella che ha messo fuori legge le flatulenze e quella che ha stabilito 14 anni di carcere per i gay. Appena ricevuti i fondi dell’Ue, il presidente del Malawi, per non smentirsi, ha deciso di comprarsi un jet per uso personale. Un jet fiammante se l’è comprato anche il presidente dell’Uganda, poi si è costruito anche una villa da 100 milioni di euro: alla faccia dell’Europa che in cinque anni gli ha girato la bellezza di 407 milioni di euro. Quei 407 milioni saranno serviti per il jet? O per la villa? Non è dato sapere. In compenso il «Daily Mail» racconta con precisione com’è finito uno studio medico, con tanto di annessa farmacia, costruito dall’Ue in Sierra Leone: completamente abbandonato e in disuso, ora viene utilizzato come orinatoio. Ma sicuro: i soldi dell’Europa sono talmente tanti che in Africa ci fanno la pipì sopra.

SPESE FOLLI IN EUROPA: FINANZIATA LA COMPAGNIA CHE FA MUSICA COI RUTTI

E c’è pure il contributo da 3 milioni per chi usa gli insetti in cucina

Cosa mangiamo oggi? Locuste ai ferri? Vermi al pesto? Magari un po’ di grilli cacio e pepe? Che ne dite di un lepidottero in salsa rosa? O di un coleottero con patate al forno? Se vi sembra un menu assurdo, be’, tranquilli: è quello che vi ha appena servito l’Unione europea. Nel gennaio 2012, infatti, i saggi amministratori di Bruxelles hanno staccato un bell’assegno da 3 milioni di euro per finanziare ogni Paese che incoraggi l’uso degli insetti in cucina. Sono convinti del fatto loro: dicono che si tratta di un cibo assai conveniente, ricco di proteine e di calcio e a basso contenuto calorico, non inquinante e pure assai gustoso. Contenti loro, contenti tutti. Contente soprattutto le mense scolastiche e i servizi di ristorazione degli ospedali italiani, che all’improvviso si sentiranno all’avanguardia: lo vedete? Anziché mandarci l’ufficio d’igiene, dovete darci un premio… Pare infatti sia già partito il nuovo Master-larve-chef per trovare il Cracco degli imenotteri, il tre cimici Michelin, l’erede di Gualtiero Marchesi in salsa di calabrone. E se l’operazione sarà un po’ cara, pazienza, tanto il conto l’abbiamo già pagato…
Fra l’altro questa non è neppure la spesa più folle fra quelle varate di recente dall’Europa. Infatti, se si vanno a vedere i contributi distribuiti a pioggia fra le varie iniziative culturali, si scopre che dentro c’è un po’ di tutto, dai 200.000 euro al Festival del Vento, per «dare all’organo un ruolo naturale nella vita culturale», ai quasi 2 milioni (1,8 per l’esattezza) per finanziare undici film (undici!) in 3D per il museo di Baleia, in un anfratto semisconosciuto dell’arcipelago di Madeira. Circa 200.000 euro (198.500) sono andati invece allo State Puppet Theatre di Tallinn per «favorire il dialogo con gli altri Paesi baltici sul tema delle marionette»: del resto, com’è possibile non avere a cuore il dialogo dei Paesi baltici intorno al tema fondamentale delle marionette? Come si può vivere senza sapere se estoni e lituani riusciranno a mettersi d’accordo sullo spettacolo dei burattini?
In fondo lo sappiamo: i soldi europei sono lì, pronti all’uso. Perché allora non dilapidarli con generosità, mentre il continente muore di fame? Detto, fatto: ci sono 2,5 milioni di euro stanziati per la compagnia di danza contemporanea Web Europe di Vienna, 50.000 euro per il laboratorio hip hop di Lione, 100.000 euro per il celebre tango finlandese, 125.000 per integrare la musica danese e quella svedese, 125.000 per la scuola di cornamusa nella penisola di Coigach e 57.000 per l’European Joysticks Orchestra, specializzata nel comporre opere musicali con il joystick del computer. Già m’immagino i capolavori realizzati grazie a quest’ultima spesa: la Traviata in versione PlayStation, il Nabucco con la consolle Xbox One. Uno spettacolo. Ma non è niente di fronte ai 400.000 euro che l’Europa spende per aiutare le performance dei «Gorilla volanti», una compagnia di danza inglese specializzata nel combinare i suoni di sassofoni, clarinetti e rutti. Ma sì, proprio i rutti. Sol minore, fa diesis, si bemolle e rutto libero, alé. Per tenere il ritmo bisogna coordinare bene le diverse fasi. Strumentali? No: della digestione, evidentemente.
Dio salvi i gorilla volanti e le loro imperdibili performance di rutti, cui si aggiunge anche la «danza dei piedi puzzolenti» e talvolta anche qualche scoreggia: vorremo mica far mancare il nostro sostegno al meglio del continente, no? Ma la gara di sprechi assurdi non si ferma qui: 1.471.000 euro per salvare l’identità del giardino nel Somerset, 1,5 milioni di euro per il festival di Newcastle (previsti: un mago, massaggi alla testa, un muro per arrampicate e pittura del volto), 224.000 euro per i calciatori che «hanno bisogno del dialogo sociale» e 68.000 euro per studiare le condizioni di lavoro dei giocatori di basket professionisti nella Ue. Del resto, con i fondi dell’Unione sono stati finanziati anche seminari per golfisti, il tiro al piattello laser, il barbecue organico sulla spiaggia di Cornish in occasione di una gara di kite surfing e una pista da sci in Danimarca dove, come è noto, la montagna più alta misura 147 metri. Sempre in Danimarca, 900.000 euro sono finiti a un trentasettenne, chiamato Crocodrile Man, che nella città di Nørre Alslev (10.000 abitanti) ha costruito uno zoo per coccodrilli. A chi gli faceva notare la spesa piuttosto alta, Crocodrile Man ha risposto con tono sprezzante: «È difficile aiutare i coccodrilli perché la gente ha pregiudizi contro di loro…».
In Svezia un paesino di nome Orsa, non più di 5000 abitanti, ha ricevuto la bellezza di 850.000 euro (ottocentocinquantamila!) per costruire un «centro del legno». Un centro del legno? 850.000 euro? Non sarà un po’ troppo? «Sì, ma è unisex» spiegano i politici locali. «Tutte le parti della struttura sono accessibili, indipendentemente dal sesso.» Ah be’, allora va bene: se tutte le parti della struttura sono accessibili a uomini e donne, se non ci sono stanze riservate ai maschietti e dependence a uso esclusivo femminile, allora la spesa appare giustificata, no? In fondo che cosa volete che siano 850.000 euro per un centro del legno unisex? A Várgesztes, in Ungheria, l’Unione europea finanzia un «programma sulle soste dei ciclisti». E che sarà mai questo programma? Di che si tratta? Di 10 ceppi di alberi piantati in terra, oltre 200 euro l’uno, per confortare i posteriori traumatizzati dalla sella. Ma perché l’Europa deve buttare soldi per trastullare le natiche dei ciclisti di Várgesztes? Non sarà un modo come un altro per ribadire la vocazione a prendere tutti per i fondelli?
Gli spazi per il ristoro, comunque, stanno molto a cuore all’Unione europea. Infatti il piccolo paese di Harrietsham, in Gran Bretagna, ha ricevuto fondi per realizzare una statua intitolata «il riposo di Percival», con annesso tavolo da picnic. 9,3 milioni di euro vanno poi a chiunque sappia convertire gli spazi sacri di Lovanio, in Belgio, in «oasi di tranquillità e relax», 120.000 eu...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Non vale una lira
  4. Ai lettori
  5. Premessa
  6. Parte prima. Perché bisogna uscire dall’euro (che è stato devastante come una guerra mondiale)
  7. Parte seconda. Perché il sogno europeo è già finito (e guai a chi dice che ci vuole più Europa)
  8. Parte terza. Perché questa Europa non ci piace (i soldi buttati, i privilegi del Palazzo, le leggi assurde)
  9. Grazie
  10. Bibliografia
  11. Copyright