Il tuo bambino: tutte le risposte
eBook - ePub

Il tuo bambino: tutte le risposte

Dalla nascita ai tre anni

  1. 468 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Il tuo bambino: tutte le risposte

Dalla nascita ai tre anni

Informazioni su questo libro

Come gestire i tanti problemi (sonno, inappetenza, paura del distacco...) che sorgono nei primi anni di vita di vostro figlio? Moltissimi genitori in ansia hanno chiesto aiuto a Tracy Hogg, ottenendo sempre consigli e indicazioni fondamentali. In questo libro è racchiusa tutta l'esperienza della famosa puericultrice e il suo celebre metodo per comunicare con i più piccoli e capirne le vere esigenze. Perché per ottenere la giusta risposta, bisogna prima di tutto sapere come porre la giusta domanda. Ecco allora le utili informazioni per riconoscere i potenziali problemi e le tecniche per risolverli nella vita quotidiana, oltre ai suggerimenti per evitare quei comportamenti e quegli atteggiamenti genitoriali, per lo più inconsapevoli, che possono innescare dinamiche negative. Sempre ricordando che ogni bambino è una persona unica e che la chiave per crescerlo sereno (e rimanere sereni) è creare delle strategie "su misura" per lui.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Il tuo bambino: tutte le risposte di Tracy Hogg in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Medicine e Gynecology, Obstetrics & Midwifery. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

VI

«Prendi in braccio/metti giù»

Il metodo per dormire da quattro mesi a un anno

Un caso grave di educazione involontaria
Quando conobbi James, aveva cinque mesi e non aveva mai dormito nella sua culla, né per i pisolini né per la nanna di notte. Non si addormentava a meno che la mamma non gli stesse accanto, nel lettone di mamma e papà. Ma non era una situazione idilliaca, in cui tutta la famiglia era felice di dormire insieme. La mamma di James, Jackie, doveva mettersi a letto con lui alle 20 e sdraiarsi insieme a lui ogni mattina e ogni pomeriggio, quando il piccolo faceva i suoi sonnellini. E il povero papà, Mike, doveva entrare di soppiatto quando tornava dal lavoro. «Se la luce al piano di sopra è accesa so che è sveglio» spiegò Mike. «In caso contrario, devo scivolare in casa silenzioso come un ladro». Jackie e Mike avevano fatto di tutto e di più per il figlio e lui continuava a non dormire bene. In effetti, si svegliava numerose volte per notte, e per riaddormentarlo la mamma aveva una sola soluzione, attaccarlo al seno. «Lo so che non ha fame» ammise Jackie quando ci incontrammo. «Mi sveglia soltanto per avere compagnia.»
Come molti bebè che hanno difficoltà a dormire durante il primo anno, il problema aveva avuto origine quando James aveva soltanto un mese. Se sembrava opporre «resistenza» ai loro sforzi di metterlo a nanna, all’inizio i genitori stavano con lui a turno su una sedia a dondolo. Alla fine il piccolo si addormentava, ma non appena veniva messo giù, eccolo con gli occhi spalancati. Disperata, la mamma cominciava a calmarlo sdraiandolo sul proprio petto. Ovviamente il calore del corpo lo consolava. La mamma, stremata, si coricava a letto con lui, e insieme si addormentavano. James non era mai più tornato nel sul lettino. Ogni volta che si svegliava, Jackie se lo adagiava sul petto, nella speranza che si riaddormentasse. «Facevo tutto il possibile per allontanare il momento inevitabile in cui l’avrei allattato di nuovo.» Ma, ovviamente, finiva sempre per dargli un’altra poppata. Naturalmente, durante il giorno James dormiva meglio: era esausto, dopo essere rimasto sveglio per tutta la notte.
Ormai dovreste aver capito che siamo di fronte a un caso palese di educazione involontaria. Ricevo migliaia di e-mail, dico sul serio, da genitori di bebè di quattro o più mesi che mi dicono che il piccolo...
− ... continua a svegliarsi spesso di notte;
− ... li sveglia a un’ora assurda del mattino;
− ... non fa mai un bel sonnellino lungo (o, come disse una mamma «non pisola mai»);
− ... dipende da loro per addormentarsi.
Questi, nelle loro numerose varianti, sono i problemi più frequenti nel primo anno. Se i genitori non fanno qualcosa per cambiare la situazione, questa peggiora e continua fino ai primi anni di vita, se non più a lungo. Ho scelto il caso di James perché riassume tutti questi problemi!
All’età di tre o quattro mesi i bebè dovrebbero seguire una routine strutturata e coerente, dormire nei loro lettini per i pisolini e per la nanna. Dovrebbero inoltre essere in grado di tranquillizzarsi per dormire e di riaddormentarsi in caso di risveglio. E dovrebbero dormire per tutta la notte, ossia per almeno sei ore piene di fila. Ma molti bimbi non rientrano in questa descrizione, né a quattro mesi, né a otto, né a un anno, o anche dopo. E quando i loro genitori mi contattano, assomigliano molto a Jackie e Mike. Alla disperata ricerca di aiuto, sanno che a un certo punto hanno commesso un errore, ma non sanno in che modo ritornare sulla buona strada.
Per stabilire come risolvere un problema del sonno, specie con i bimbi più grandicelli, si deve prendere in considerazione l’intera giornata. Ciascuna delle situazioni presentate può essere fatta risalire a una routine priva di coerenza, inesistente o inappropriata (per esempio, un bebè di cinque mesi che segue una routine di tre ore). Naturalmente, si ha sempre a che fare, in qualche misura, anche con l’educazione involontaria.
In generale, quasi tutte le situazioni seguono lo stesso, prevedibile schema: nei primissimi mesi il bebè non dorme bene o dorme in modo irregolare. I genitori cercano una soluzione rapida e semplice. Portano il piccolo nel lettone o lasciano che si addormenti nel dondolino o nell’auto. Oppure usano se stessi: la mamma porge il seno per calmarlo, papà passeggia avanti e indietro tenendolo in braccio. Bastano due o tre notti perché il bebè diventi dipendente dall’aiuto esterno. In ogni caso, la soluzione prevede di far tornare il bimbo a seguire un buona routine. Per stabilire o mettere a punto una routine con un bebè di tre mesi o più, insegno ai genitori la tecnica «Pick up/put down», P.U./P.D., cioè Prendi in braccio/metti giù.
Se vostro figlio dorme bene e segue una buona routine, non avete bisogno di P.U./P.D. Ma se state leggendo queste pagine, probabilmente vi serve. Questo capitolo si concentra esclusivamente su P.U./P.D.: spiega di che cosa si tratta e come la tecnica cambia a seconda delle diverse fasce d’età. Sottolineo dei tipici problemi del sonno che si presentano nel primo anno e vi conduco attraverso alcuni casi tratti dalla vita vera per ciascuna fase d’età, per mostrarvi come P.U./P.D. interviene per risolvere. Verso la fine del capitolo, aggiungo anche una sezione speciale riservata ai sonnellini, un problema che riguarda tutte le fasce d’età. Infine, poiché molti genitori mi hanno scritto per dirmi che P.U./P.D. non funziona con il loro bambino, prendo in considerazione i punti in cui spesso le mamme e i papà sbagliano.
Che cos’è P.U./P.D.?
Pick up/put down è alla base della mia semplicissima filosofia riguardo al sonno. È sia uno strumento per insegnare sia un metodo per risolvere i problemi. Con questa tecnica, vostro figlio non dipende da voi o da un qualsiasi aiuto esterno per addormentarsi, e non è abbandonato a se stesso. Non lasciamo che sia il bebè a cercare di capire che cosa deve fare: siamo lì per lui, in modo che non pianga disperato in cerca d’aiuto.
Uso P.U./P.D. con i bebè da tre mesi fino a un anno che non hanno ancora imparato l’arte di addormentarsi. A volte lo applico anche più tardi, nei casi particolarmente difficili o quando un bebè non ha mai seguito nessun tipo di routine. P.U./P.D. non sostituisce il rituale delle 4 S per rilassarsi (p. 209); è l’ultima spiaggia, per così dire. Se ne avverte la necessità soprattutto in caso di educazione involontaria.
Se vostro figlio è agitato al momento della nanna, o se avete bisogno di un aiuto esterno per farlo addormentare, è fondamentale cambiare queste abitudini prima che diventino radicate e peggiorino. Quando la piccola Janine aveva due mesi, per esempio, dormiva «soltanto nel passeggino», secondo la sua mamma, che ora dice: «Non riesco a farla addormentare se non la porto a fare un giro in auto» (si parla ancora di Janine a p. 256). La dipendenza da un aiuto esterno, come tutte le dipendenze, con il tempo non può che peggiorare. Ed ecco dove interviene P.U./P.D. Lo adotto per:
− insegnare ai bebè dipendenti da un aiuto esterno come addormentarsi da soli, di giorno e di notte;
− stabilire una routine nei bebè più grandicelli o ristabilirne una se i genitori hanno deviato dalla «retta via»;
− aiutare il bebè a effettuare il passaggio da una routine di tre ore a una di quattro;
− allungare i pisolini troppo brevi;
− incoraggiare il piccolo a dormire più a lungo di mattina quando si sveglia presto a causa di qualcosa che hanno fatto i genitori, e non per il suo naturale bioritmo.
P.U./P.D. non è una magia. Prevede molto duro lavoro (ecco perché spesso suggerisco ai genitori di coordinare i loro sforzi e di fare a turno: vedi p. 297 e box, p. 200). Dopotutto, state cambiando il modo in cui di solito mettete a nanna vostro figlio. Quando lo deponete nella culla senza l’aiuto esterno, probabilmente piangerà, perché è abituato al vecchio sistema, qualunque sia l’aiuto che gli avete concesso in passato: con il biberon, attaccato al seno, cullato o dondolato o tenuto in braccio mentre voi passeggiate avanti e indietro. Mostrerà subito resistenza alle novità, perché non comprende quello che state facendo. A quel punto voi lo prenderete in braccio, rassicurandolo: voi sapete che cosa state facendo.
A seconda dell’età di vostro figlio, di quanto è fisicamente robusto e attivo, adatterete la pratica (nel prossimo paragrafo scoprirete come farlo in ciascuna sezione dedicata alle diverse età).
Dunque, P.U./ P.D. consiste praticamente in questa semplice procedura: quando il piccolo piange, andate nella sua stanza. Prima cercate di consolarlo con paroline dolci e dandogli qualche leggero colpetto sulla schiena.
Fino a sei mesi potete anche fare Shush-pat; con i bimbi più grandicelli Shush-pat (specie la parte che riguarda il suono) può invece disturbare il sonno, quindi ci si limita a posare una mano sulla schiena del bebè in modo da fargli sentire la vostra presenza. Se non smette di piangere, lo prendete in braccio. Ma lo rimettete giù non appena smette di piangere, e non un secondo dopo. Lo state consolando, non state cercando di farlo riaddormentare: quello dovrà farlo da solo. Se piange e inarca la schiena, però, lo rimettete giù immediatamente. Non contrastate mai un bebè che piange, ma mantenete il contatto mettendogli saldamente la mano sulla schiena, in modo che sappia che siete lì. Restategli accanto. Intervenite anche parlando: «È semplicemente l’ora della nanna, tesoro. Stai solo per addormentarti».
Se piange nell’istante in cui lo allontanate dalla vostra spalla o mentre lo rimettete nella culla, sistematelo comunque sul materasso. Se piange, riprendetelo in braccio. L’idea alla base del metodo è farlo sentire consolato e sicuro, permettendogli di esprimere le proprie emozioni. In breve, il vostro comportamento gli dice: «Puoi piangere, ma la mamma o il papà sono qui accanto a te. Lo so, stai mettendocela tutta per riaddormentarti, e io sono qui per aiutarti».
Se quando lo mettete giù piange, riprendetelo in braccio. Ma ricordate di non contrastarlo se inarca la schiena. Tutta questa agitazione e questi contorcimenti sono in parte dovuti al suo tentativo di addormentarsi. Respingervi e rintanarsi nel vostro collo è il suo modo da neonato di trovare pace. Non sentitevi in colpa, non gli state facendo del male. E non prendetela sul personale, non è arrabbiato con voi. È semplicemente frustrato perché non ha mai imparato come addormentarsi, e voi siete lì per aiutarlo e rassicurarlo. Come gli adulti che si rigirano e si rivoltano nel letto nelle notti insonni, tutto quello che vuole è un po’ di riposo.
In media P.U./P.D. richiede venti minuti, ma può andare avanti per un’ora o più. Non sono sicura di quale sia il mio record, ma con certi bambini l’ho dovuto fare per più di cento volte. Spesso i genitori non si fidano del metodo. Sono sicuri che con il loro bambino non funzionerà. Non lo considerano come uno strumento. Le mamme, in particolare, si chiedono: «Ma se non uso il mio seno, come faccio? Come posso calmarlo?». Voi disponete della voce e dell’intervento fisico. La voce, che ci crediate oppure no, è il vostro strumento più potente. Parlandogli con un tono dolce e affettuoso, ripetendo la stessa frase più e più volte, se necessario («Stai solo per addormentarti, tesoro»), fate capire a vostro figlio che non avete intenzione di abbandonarlo. Lo state aiutando ad addormentarsi, tutto qui. I bebè i cui genitori usano P.U./P.D. finiscono per associare la voce con la consolazione, e non hanno più bisogno di essere presi in braccio. Quando basta udire le parole di mamma e papà per sentirsi al sicuro, non ce n’è bisogno.
Se mettete correttamente in pratica P.U./P.D. (lo prendete in braccio quando piange e lo mettete giù nell’istante in cui smette), alla fine resterà senza forze, e piangerà meno. All’inizio potrebbe cominciare a tirare su con il naso, ad ansimare tra un vagito e l’altro, come se si stesse «esaurendo». In Inghilterra abbiamo un nome per quei respiri brevi che si fanno dopo un bel pianto: «pappa del cuore». Sono quasi sempre il segnale che il sonno è lì dietro l’angolo. Continuate a tenergli la mano sulla schiena. Il peso della mano, insieme alla rassicurazione verbale, gli fa capire che siete lì. Non dategli colpetti alla schiena, non fate: «Shh... shh...», non uscite dalla stanza... fino a quando non vi accorgete che è piombato in un sonno profondo.
P.U./P.D. rassicura e instilla fiducia. Anche se ci vorranno cinquanta o cento ripetizioni, sono certa che siete pronti a farle, pur di insegnare a vostro figlio a dormire e riavere del tempo per voi, non è vero? In caso contrario, allora state leggendo il libro sbagliato. Non esistono soluzioni veloci e facili.
P.U./P.D. non previene il pianto. Ma previene la paura dell’abbandono, perché voi restate con il bimbo e consolate le sue lacrime. Non sta piangendo perché vi odia o perché gli state facendo del male. Piange perché state cercando di farlo addormentare in modo diverso dal solito e si sente frustrato. I bebè piangono sempre quando cambiano un’abitudine consolidata. Ma è una questione di frustrazione, ben diversa dal pianto che deriva dall’essere lasciati soli: quello è un pianto di disperazione, di paura, un lamento quasi primitivo, con le caratteristiche giuste per farvi correre immediatamente da vostro figlio.
Torniamo per esempio alla piccola Janine, già citato in precedenza. Non fu affatto contenta quando la sua mamma smise di usare un aiuto «mobile», come il passeggino o l’auto, per farla addormentare. All’inizio pianse tutte le sue lacrime, e il suo messaggio era: «Che cosa stai facendo, mamma? Non è così che ci si addormenta». Ma dopo qualche notte di P.U./P.D., riuscì ad addormentarsi senza un aiuto esterno.
Per essere efficace, P.U./P.D. deve essere adattato alla fase dello sviluppo del bimbo. Dopotutto, avere a che fare con un bebè di quattro mesi è diverso dal gestirne uno di undici. Quindi ha senso modulare P.U./P.D. per adattarsi alle necessità e alle caratteristiche in evoluzione. Nei prossimi quattro paragrafi (da tre a quatto mesi, da quattro a sei, da sei a otto, e da otto mesi a un anno) presento una rapida visione d’insieme delle caratteristiche dei bimbi nelle diverse età, e di come i problemi del sonno cambino leggermente nel corso del tempo (i disturbi del sonno dopo il primo anno sono trattati nel capitolo VII). Non sorprende che molti dei problemi più comuni, come i risvegli notturni e i sonnellini troppo brevi, possano persistere. Ho...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. di Tracy Hogg (con Melinda Blau)
  3. Il tuo bambino: tutte le risposte
  4. Introduzione Dal linguaggio segreto dei bambini alla risoluzione dei problemi
  5. I. E.A.S.Y. non è sempre facile (però funziona!)
  6. II. Anche i più piccoli provano emozioni
  7. III. La dieta liquida del bebè
  8. IV. Il cibo non è solo nutrimento
  9. V. Insegniamo ai bambini a dormire
  10. VI. «Prendi in braccio/metti giù»
  11. VII. «Non si dorme ancora abbastanza»
  12. VIII. Come domare i bambini da uno a tre anni
  13. IX. Insegnare presto l’uso del vasino/water
  14. X. Ma proprio quando credete di esserci riusciti... tutto cambia!
  15. Ringraziamenti
  16. Copyright