Gesù è nato a Napoli
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Gesù è nato a Napoli

  1. 120 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Gesù è nato a Napoli

Informazioni su questo libro

"La suddivisione tra quelli a cui piace l'albero di Natale e quelli a cui piace il presepe, tra alberisti e presepisti, è tanto importante che, secondo me, dovrebbe comparire sui documenti di identità. Il primo tiene in gran conto la Forma, il Denaro e il Potere; il secondo invece pone ai primi posti l'Amore e la Poesia. Tra le due categorie non ci può essere colloquio, uno parla e l'altro non capisce. Quelli a cui piace l'albero di Natale sono solo dei consumisti. Il presepista invece, bravo o non bravo, diventa creatore e il suo Vangelo è Natale in casa Cupiello. I pastori debbono essere quelli di creta, fatti un poco brutti e soprattutto nati a San Gregorio Armeno, nel cuore di Napoli, e non quelli di plastica che vendono al supermercato, e che sembrano finti; i pastori debbono essere quelli degli anni precedenti e non fa niente se sono quasi tutti scassati, l'importante è che il capofamiglia li conosca per nome uno per uno e sappia raccontare per ogni pastore nu bello fattariello..."
Nessuno come Luciano De Crescenzo sa raccontare le storie che compongono una mitologia, sia essa dell'antica Grecia o della nostra vita quotidiana. In questo nuovo libro ricostruisce con la consueta ironia le origini del presepe, da Virgilio a Eduardo, e ritrae a uno a uno i personaggi che lo compongono: dai Re Magi a Cicci Bacco, da Benino al Pastore della Meraviglia. Fino a quando, come in un basso napoletano, i pastorelli si metteranno a discutere, litigare, spettegolare.... "Vorrei che leggendo questo libro i pastori del presepe diventassero come dei vostri parenti, degli zii o dei cugini, dei personaggi di famiglia a cui si vuole bene."

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Informazioni

Un giorno in Taverna

La taverna e l’oste
L’oste è un personaggio spesso rappresentato come poco raccomandabile, anzi pericoloso.
Nella leggenda raccontata in La cantata dei Pastori di Andrea Perrucci, Maria e Giuseppe cercano un alloggio in quella fatidica notte del 25 dicembre, e il diavolo Belfagor, travestito da oste, tenta di ospitarli nella sua taverna col proposito di uccidere la Madonna, perché sa che sta per dare alla luce il Figlio di Dio. Intervengono, allora, gli Angeli e salvano Maria.
La taverna è un luogo di perdizione, in cui si beve e si mangia e si soddisfano i piaceri della carne. Infatti, in molti presepi l’oste ha un viso rosso e paffuto. In più, nei paraggi c’è sempre Cicci Bacco col suo fiasco in mano.
La taverna è anche il luogo nel quale si celebrano inganni e delitti, e fa da contraltare alla purezza della Grotta della Natività.
Cicci Bacco
Al personaggio che sembra il più mondano di tutti, il grande bevitore Cicci Bacco, è assegnato in fondo un compito delicatissimo e di altissimo significato simbolico e dottrinario.
Se ci pensate, le grandi novità della liturgia cristiana sono il senso eucaristico che assumono il pane e il vino, in pratica l’eredità che Gesù lascia durante l’Ultima Cena. Al pane e vino che sono corpo e sangue di Cristo, Cicci Bacco contrappone la precedente iconografia legata al dio Bacco.
Cicci Bacco ha sempre un fiasco in mano ed è continuamente ubriaco, nessuno meglio di lui richiama l’ebbrezza e l’estasi delle Baccanali pagane.
Il fiasco di Cicci Bacco, così come i grappoli d’uva che avvolgono la testa di Bacco, evocano sia la vendemmia, sia le antiche feste dionisiache in cui i partecipanti si divertivano ballando e ubriacandosi.
C’è una tradizione presepiale in cui Cicci Bacco è su un carro pieno di botti di vino, trainato da un bue e con un codazzo di personaggi vari che suonano zampogne, pifferi e tamburi.
I Re Magi
Come succede con san Giuseppe, quasi tutto quello che sappiamo dei Magi lo abbiamo appreso dai Vangeli apocrifi. San Matteo è l’unico dei quattro Evangelisti che fa un rapido accenno a questi signori che vengono dal lontano Oriente.
Matteo non dice che sono tre, e nemmeno che si tratta di figure regali. In realtà, i Magi secondo la tradizione presepiale arrivano alla Grotta con i loro doni il 5 gennaio, cioè nella notte che precede l’Epifania, ed è quello il momento in cui in genere vanno sistemati nel presepe. Ma c’è chi è più impaziente, e usa tre versioni diverse di Re Magi, e per la precisione prima le moschelle, quelli piccoli che stanno ancora sulle montagne, poi i medi che stanno a metà strada rigorosamente a cavallo e per ultimi i grandi, ovvero quelli in ginocchio davanti alla Grotta. E, come se tutto questo non bastasse, ognuno ha un regalo tra le mani.
Chi erano? Erano sciamani studiosi di astronomia e rappresentano la congiunzione tra la nuova religione cristiana e gli antichi culti misterici orientali. Simboleggiano anche l’omaggio che giunge al nuovo Messia dai tre continenti conosciuti a quel tempo.
Vediamo i Magi uno a uno.
Gaspare è il personaggio che proviene dall’Asia, quindi alla sua statuina si dà generalmente l’aspetto di un orientale. È lui che porta l’oro, simbolicamente associato al fatto che il Gesù nascente era un re.
Baldassarre è il Magio nero, perciò sul suo conto sappiamo che viene dall’Africa. Porta l’incenso, che era usato come effluvio sacerdotale, omaggio alla divinità di Cristo. Nei presepi dei secoli scorsi, Baldassarre si accompagna spesso a una Re Màgia, che ci ricorda la Luna e viaggia su una portantina.
Melchiorre è apparentemente il più anziano dei tre, ha la pelle e la barba bianca, e giunge dall’Europa. Il suo dono è la mirra, che era un unguento aromatico utilizzato soprattutto per imbalsamare i defunti. Ciò indicherebbe l’omaggio al dominio di Gesù sul tempo e alla sua vittoria sulla morte. Ma è anche un’anticipazione della crocifissione scritta nel suo destino.
Stefania
Questa signorina, anzi dovrei dire signora, è la madre di un sasso. Vuole recarsi alla grotta di Gesù, ma gli angeli non glielo permettono, perché alle donne non sposate era proibito visitare la Madonna. Stefania, allora, fascia una pietra affinché sembri un neonato e finge di essere madre.
La leggenda non finisce qui, a un certo punto la pietra prende vita. Sapete come? Con uno starnuto. Il sasso diventa un bambino, anzi diventa santo Stefano. Nasce, infatti, un giorno dopo Cristo e lo festeggiamo il 26 dicembre.
Secondo una diversa tradizione, Stefania era sterile ma col trucco della pietra in fasce si introdusse nella Grotta, dove Maria le sorrise e le predisse per il giorno successivo la nascita di Stefano, il bambino che lei tanto desiderava.
Ora, il ruolo simbolico di Stefania riguarda proprio la pietra, la pietra che a un certo punto diventa uomo.
Per capire bene il significato e l’origine di tutto ciò, dobbiamo rifarci al famoso mito di Deucalione, nella versione raccontata da Apollodoro. Anche qui, troveremo tante analogie tra leggende della tradizione cristiana e quelle della tradizione pagana. Dunque, Apollodoro racconta che quando l’umanità raggiunse l’Età del Bronzo, era totalmente corrotta. Perciò, Zeus decise di punirla, distruggendo l’intero genere umano con un diluvio. Ma, grazie a un avvertimento ricevuto da suo padre Prometeo, Deucalione venne a sapere in anticipo del terribile destino che attendeva la Terra. E cosa fece? Costruì un’arca, naturalmente, per salvarsi dal grande diluvio.
A differenza, però, del Noè dell’Antico Testamento, Deucalione non imbarcò animali, ma solo sua moglie Pirra. Quando il cataclisma si placò, i due sbarcarono sul monte Parnaso, il famoso monte su cui risiedevano le nove Muse, e si salvarono dalla tempesta che ammazzò tutti gli altri uomini. A questo punto, cosa accadde? Che appena misero piede a terra trovarono ad aspettarli Ermes, che era il dio messaggero, e che quindi era certamente inviato da Zeus.
“Complimenti per la salvezza raggiunta” disse Ermes a Deucalione e Pirra “adesso avete anche diritto a un premio. Ditemi cosa volete, io esaudirò qualunque vostro desiderio.”
Deucalione e Pirra si lanciarono uno sguardo sorpreso, il desiderio che avevano avuto in quegli ultimi giorni era solo salvarsi. E adesso? Si guardarono intorno, tutto era completamente deserto, in giro non c’era più nessuno.
“Possiamo chiedere proprio tutto?” esclamò Deucalione.
“Te l’ho detto” gli rispose Ermes “quello che desideri.”
“Allora vogliamo che ci siano di nuovo gli uomini sulla Terra” disse Deucalione facendosi coraggio.
Ermes si fece un po’ pensieroso, poi rispose:
“Va bene, quel che è detto è detto. Datemi solo un attimo, il tempo di parlarne a Zeus”.
Si allontanò e tornò meno di un secondo dopo.
Zeus ha dato queste istruzioni: lanciate pietre alle vostre spalle e gli uomini popoleranno di nuovo la Terra.
I sassi che Deucalione lanciò alle sue spalle immediatamente diventavano uomini, quelli che lanciava Pirra diventavano donne. Così, l’umanità fu di nuovo numerosa sulla Terra.
Questo mito fissa il rapporto tra l’uomo e la pietra, un rapporto che anche nella tradizione degli Ebrei è decisivo; pensate, per esempio, che i templi dell’antichità ebraica dovevano essere obbligatoriamente edificati con pietra grezza, nessuno scalpello umano doveva averla sfiorata.
Del resto, si sa che in alcuni culti la pietra stabilisce un contatto con il cielo: la celebre Pietra Nera, che è conservata alla Mecca e che è adorata dai musulmani, è un meteorite. La tradizione islamica vuole che sia stato Allah a farla scendere sulla Terra direttamente dal Paradiso.
I due compari
Si chiamano zi’ Vicienzo e zi’ Pascale e frequentano l’osteria perché sono giocatori incalliti di carte. Sono noti anche come i “due san Giovanni”, perché ricordano i due solstizi, quello estivo di giugno in cui si festegg...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Gesù è nato a Napoli
  5. Introduzione
  6. Il Natale avanti Cristo
  7. Virgilio Mago
  8. La nuova libertà religiosa
  9. Il disegno di Dio
  10. Il Presepe napoletano e le sue origini
  11. I personaggi
  12. Un giorno in Taverna
  13. Un giorno al Pozzo
  14. Un giorno nella Grotta
  15. Un giorno a Napoli