Margherita di spine
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Margherita di spine

Ascesa e caduta dell'inventore di GURU

  1. 240 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Margherita di spine

Ascesa e caduta dell'inventore di GURU

Informazioni su questo libro

«Quella di Matteo Cambi è la storia di un successo rapido e abbagliante e di una caduta altrettanto repentina.»
- Cosmopolitan - Soldi, belle donne, suite principesche, e ancora ville, auto private, elicotteri, yacht e un'azienda, la G U R U, che continua a crescere aumentando vertiginosamente il fatturato mese dopo mese. Una vita esagerata, condita da una creatività fuori dal comune, un istinto naturale per il marketing e una predisposizione all'eccesso, che portano Matteo Cambi troppo velocemente in vetta e poi a un passo dal precipizio.
Dalle feste faraoniche di Lele Mora e Flavio Briatore al mondo della Formula 1, dall'alcol all'inferno della cocaina, attraverso la penna di Gabriele Parpiglia l'autore si racconta senza indulgenza e senza omettere nulla. E la sua vita ci appare come in un film, protagonista l'ascesa, la caduta e la rinascita di un imprenditore giovanissimo e geniale.

Domande frequenti

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Informazioni

60 milioni di motivi per essere felice

Chiudo il contratto con Flavio e tutto va alla grande. Sono nella fase “caminetto”, così dicevano i miei amici intimi: pippo come un camino. Ormai non ho orari, per me è sempre giorno. Sembro uno della famiglia Cullen di Twilight. Vivo solo con la luce. Non conosco il sonno e la notte. Riduco gli incontri di lavoro e la mia presenza in azienda. Ci sono solo se è necessario, e solo per riunioni importanti, tanto la macchina G U R U viaggia da sola: 160 dipendenti a Parma. Dieci negozi sono di nostra proprietà. Siamo un gruppo di 200 persone. Dirigenti in ogni settore. Nebiolo ha creato una rete, una struttura molto moderna (almeno così credevo), e l’abbiamo trasformata in una holding. Ma con due pecche: il Presidente era un drogato e Nebiolo era un visionario che aveva scelto di imitare in tutto e per tutto la crescita di Dolce&Gabbana. E io, che ero più mitomane di lui, firmavo e firmavo e firmavo. Periodo d’oro.
E nell’oro arriva la telefonata di Tommaso Buti. Non lo sentivo spesso.
«Ciao Matteo, se vuoi la prossima settimana andiamo a Torino e ti presento Lapo Elkann. Lui è partito con il progetto delle felpe FIAT e vuole incontrarti, gli farebbe piacere. Che dici?» Io accetto: Lapo è sempre Lapo. Lo guardavo da lontano e amavo il suo stile, il suo essere “avanti” nel mondo del marketing. Era un creativo come me. Anzi, noi siamo avanti.
Vado a Torino. L’incontro avviene in Fiat nel suo reparto marketing. In quel periodo Lapo era anche su tutti i giornali perché fidanzato con l’attrice Martina Stella. A Torino parliamo e progettiamo. L’idea è vincente: «Facciamo costumi da uomo e da donna FIAT by G U R U». Con Lapo nasce un’amicizia. Iniziamo a sentirci e ci frequentiamo a distanza. Ma lui non sapeva alcune cose di me, tipo che ero un drogato.
In azienda vado quando e se è necessario. I faldoni da firmare li facevo recuperare di pomeriggio dalla mia guardia del corpo, che me li portava a casa. Se ero presentabile, li prendevo di persona. Altrimenti, sentite o, meglio, leggete che cazzo ho combinato.
Ero sotto bamba in modo violento. E ormai la cocaina mi impediva di essere normale, sì, insomma, alterava la mia persona e personalità. Succedeva che non volevo avere a che fare con nessuno. Così avevo fatto scavare un buco nel muro di fianco alla porta della mia stanza, e costruito un passaggio, una botola, nella quale quando non volevo incontrare anima viva, nemmeno l’autista che doveva consegnarmi i documenti, lui li infilava dentro il passaggio e via. Io firmavo stando a letto e poi li rimettevo nella botola che dava all’esterno della stanza. Avevo la sicurezza che il lavoro, l’azienda, procedevano da soli. Che i soldi entravano a palate.
Il fatturato verso la fine del 2005 tocca i sessanta milioni di euro. Utile otto milioni di euro. Nelle mie tasche cinque milioni di euro e produzione capi oltre i cinque milioni. La crescita di incremento percentuale fatturato negli ultimi anni posizionava G U R U tra le dieci aziende best performer d’Italia. Alle mie spalle mi lasciavo D&G, Diesel, Pinko, Breil e Freddy, insomma, dei colossi che crescevano meno di me. La mia percentuale di crescita negli ultimi quattro anni era stata del 5141%. Ricevo anche il premio come giovane imprenditore della moda, riconoscimento dato dalla Camera Nazionale della Moda italiana e dall’università Bocconi. Gran bella storia. Che io puntualmente ho rovinato.
Non vado mai in giro se non con cinquantamila euro di contante. Avevo tutto per essere felice. Succedevano cose inimmaginabili. L’azienda H3G di telefonia decide di lanciare un contratto business. E indovinate chi prende come testimonial? Matteo Cambi. Nel promo dovevo dire solamente: «Parola di guru». Per la prima volta avevo una visibilità incredibile a zero euro. Per la prima volta avevo pubblicità gratuita con cartellonistica in tutta Italia.
Poi mi convocano anche all’università Federico II di Napoli, facoltà di Economia, indirizzo marketing, per una lezione su imprenditoria e comunicazione. Aula magna piena. Io preparatissimo, voto: mille. Ero felice.
E invece non lo ero. O meglio ero felice quando a domicilio mi consegnavano la bamba. Costo della cocaina mensile fissato intorno a ventimila euro. Ne compravo mille euro a consegna per un totale di dieci grammi che finivano in tre giorni netti, secchi, precisi, voluti, goduti, inalati, pippati; e il mio naso ormai era completamente insensibile. Ogni tanto sanguinavo, avevo irritazioni, ma andavo avanti.
E poi c’era Stefania da rivedere, da rassicurare, da coccolare. Appare a casa mia con un pancione ben definito. Io vedo la pancia da donna incinta, e non me ne rendo conto. L’abbraccio, le dico che pagherò tutto, visite mediche, tutto. Imposto il rapporto in modo chiaro.
«Ti voglio vedere ma niente sesso, niente cene. Restiamo vicini. Io per te, tu per me»: lei miracolosamente accetta. E da quel momento, momento in cui ero in down totale, per me diventa una sorta di psicologa. O meglio, il mio angolo felice.
Raramente vado a Milano, se non costretto. Una sera devo presenziare a una cena benefica, di quelle dove ci devi essere, dove devi fare le foto per dimostrare che sei pulito, che fai beneficenza, che sei uno del settore. C’era il mondo della moda, del cinema, dello spettacolo e poi c’era il mondo di amur, di Lele Mora. Io però siedo al tavolo con quelli del mio settore: la moda. Tra questi noto una modella. Bella, bellissima, era la ragazza testimonial della Tim.
«Chi è quella figa spaziale? Come si chiama?» chiedo a Giorgia, mia amica e moglie di un calciatore.
«Matteo, è Fernanda Lessa, la numero uno in questo momento!» Be’, se lei era la numero uno, ovvero la donna copertina, richiamo fotografi: comunicazione uguale apparire uguale popolarità uguale andiamo all’attacco perché lei aveva bisogno del numero uno, cioè me! Quella sera mi avvicino: sa chi sono. Punto a mio favore. Non avevo croccanti da regalare ma ero colpito dal fatto che lei non pendesse dalle mie labbra. Quasi mi snobba. Questa cosa mi fa arrapare.
Pochi giorni dopo invito sia lei sia Giorgia a cena a casa mia. Il Pres. fa sempre le cose in grande: le invito a Parma ma le faccio venire in elicottero, il mio, da Milano. L’appuntamento è all’aviazione generale. E indovinate chi c’è alla guida dell’elicottero? Cambi, Matteo Cambi. Ebbene sì: non avevo nemmeno il patentino per guidarlo, ma accanto a me c’era il pilota. Look strepitoso, il mio. Jeans strappato, scarpa alta, tipo stivaletto alla Beatles, giacca di pelle, occhiali Ray-Ban a goccia alla Tom Cruise, magliettina nera a maniche corte, fuori due gradi ma che io, a causa della coca, non sentivo. Ormai ero atermico. Fernanda e Giorgia salgono in elicottero e via, direzione Parma. Qui succede qualcosa di incredibile e assolutamente vero.
Dall’alto, mentre sto facendo il sorvolo per atterrare, calcolando il vento, vedo una scheggia rossa impazzita nei dintorni del parco di casa mia.
Era la mia Ferrari F 430 rossa che correva e correva. Dall’alto sembrava un videogame. Una scena assurda. Chi cazzo guida la mia macchina? Continuo a guardarla fino a quando… boom! No, non ci siamo schiantati con l’elicottero, ma la Ferrari finisce dentro un canale pieno di melma e rane. Io dall’alto guardo tutto. Duecentomila euro nella merda. Ma chi cazzo guidava? La stavano rubando? Se la stavano rubando, perché giravano intorno e non fuggivano? Atterro in fretta e furia, mi scuso con le signore che erano scioccate anche più di me, prendo la Bentley e volo verso la zona dell’incidente con la guardia. Ero una bestia di Satana. Arrivo sul luogo del delitto e chi c’era seduto ai bordi dello stagno? Pedrito!
«Presidente, ha visto cos’è successo? Ghiaccio su strada! Non è colpa mia. Io stavo provando la macchina, come lei mi ha detto, per non tenerla ferma e non far diventare le gomme quadrate. Me lo ha detto lei: “Il parco macchine non deve restare fermo”. Sono stato sfortunato.» Io smadonno.
«Pedrito, cazzo, la curvettina c’è sempre stata. Lei è andato dritto. Chiami il carro attrezzi, io ho la Lessa in casa. Faccia lei, non voglio sapere un cazzo. Le dico solo una cosa: alle nove a tavola, siamo in cinque. Spero che il caviale di Peck e il pane e la focaccia di Princi (noto bar-panificio-restaurant milanese, Ndr) siano in casa per la cena.»
Lui, impeccabile: «Certo Presidente».
Torno a casa. Le mie ospiti si sistemano nelle loro stanze. Io vado su in camera. E dimentico una cosa: quel giorno in azienda da me avevo appuntamento con Lapo, che ricambiava il favore: avrebbe dovuto vedere i disegni relativi ai progetti da sviluppare.
Che giornata! Lapo arriva con due ore di ritardo. Aveva ritirato la prima Bentley GT Continental uscita in Italia. Colore rosso. Per non fare tardi si era gettato in corsia di emergenza a tutto gas sull’Appennino. La polizia lo ha braccato: verbale, punti patente tolti ma alla fine è arrivato. Ero pieno d’invidia: appena la vedo, ne ordino immediatamente una! Con Lapo in azienda va tutto alla grande. Procediamo. La nostra chiacchierata continua al ristorante, da Cocchi. Di avere Fernanda Lessa a casa non me ne fregava nulla: avevo occhi solo per Lapo. Ci stringiamo la mano e ci diamo appuntamento al prossimo incontro per chiudere il realizzo e i contratti.
Torno a casa. Doccia, pippo, sono stressato e stanco morto: Milano, l’incidente di Pedrito, la Lessa a casa, l’incontro con Lapo; insomma, devo drogarmi. Dopo la riga ho un’intuizione. Pedrito non ha acceso le candele nel salone di fianco alla piscina. Ero fissato, paranoico, folle. Usavo solo candele profumate Diptyque. Costo: cinquanta euro l’una. Adoravo quelle all’ambra e al fico. In accappatoio, calzino e ciabatta scendo giù in ascensore e infatti… le candele non c’erano! Le sistemo e le accendo tutte. Sono incazzato nero, così incazzato che ne accendo cinquanta. Ma il profumo che volevo non c’era. Allora prendo due profumatori dell’ambiente e inizio a sparar per la casa con lo spray. Sembravo un matto. Finisco due flaconi interi. Chiaramente era la cocaina che mi faceva agire così. Guidava lei, io seguivo.
La cena scorre via serena. Mi piace ascoltare Fernanda e la sua storia, di chi, come me, è venuto dal niente e ce l’ha fatta. Dopo cena consumiamo un drink dopo l’altro. A quel punto mi dimentico di Fernanda e faccio un salto in stanza per una righina piccolina. Torno giù e scopro che lei, con piccoli cenni e due battutine, ha capito che avevo appena pippato. La cosa non la infastidisce. Ridiamo insieme. Andiamo nella mia stanza. Lei si mette in lingerie ed era coperta con una stola di Hermès bianca di puro cachemire. Una nuvola di bellezza. Quel weekend dà vita a una nuova storia. E mi piace. Ci piacciamo. Niente fotografi. Il calcolo che avevo usato finora, questa volta non serve. Me la godo in silenzio.
Il lunedì mattina faccio accompagnare a Milano sia lei sia Giorgia, dandoci poi appuntamento per il weekend successivo. «Ragazze, venite con me a Barcellona per la fashion week. Partiamo venerdì e torniamo lunedì.» A Barcellona una data storica. Siamo nel 2005 e la G U R U, a febbraio, entra sulle passerelle d’Europa. Faccio sfilare la mia azienda, scelgo Barcellona, il top in Europa per le aziende giovani, e via con un nuova esperienza lavorativa. La mia genialata, il tocco del G U R U: aver preparato nello spazio esterno del locale una manifestazione in pieno stile “Flower Power” con modelli e modelle vestiti hippie e cartelloni che inneggiavano alla pace: Abbasso la guerra evviva le margherite. Purtroppo avevo già scelto le modelle principali che avrebbero indossato il mio brand in passerella, altrimenti avrei messo senza dubbio Fernanda, pagandola, sia chiaro. La scelta era ricaduta su Esther Cañadas, ai tempi moglie del pilota di MotoGP Sete Gibernau (il numero uno), e su Eva Riccobono, una giovane italiana promettente nel campo della moda, già conosciuta a livello internazionale. La Cañadas mi costa cinquantamila euro, mentre la Riccobono nel pacchetto inserisce anche il fidanzato dj che si sarebbe occupato del jet set musicale della sfilata: costo sempre lo stesso, cinquantamila euro. Più l’allestimento per la sfilata. Insomma, se ne vanno duecentomila testoni. Attenzione, un passo indietro velocissimo. Leggete quello che sta per succedere non appena il Presidente atterra a Barcellona.
Con Fernanda non volevo fare il cazzone, volevo essere serio, anzi un imprenditore innamorato ma soprattutto serio. Ecco, esagerare è stato sempre il mio più grande errore. Infatti divento troppo, ma troppo serio. Succede che non appena atterrati ci dirigiamo verso lo stand dove G U R U avrebbe esordito. Ero carico come una molla di cocaina che, ovviamente, mi ero portato dietro: dieci grammi, fregandomene di controlli e puttanate vari che avrebbero potuto creare problemi a tutti. Arrivo sul set della sfilata ed ero serio, troppo serio. Mi accorgo che l’allestimento non era la replica del disegno che mi avevano presentato e avevo approvato. E le luci non davano l’effetto sperato. Ero serio, troppo. M’incazzo con la responsabile, la mia pierre: dovevamo sfilare il giorno dopo. Noto che Fernanda mi guarda. Allora m’incazzo ancora di più e tiro un pugno (che cartone!) contro una colonna di cemento per non colpire la ragazza.
Risultato? Doppia frattura scomposta della mano. Che si gonfia subito. Ancora oggi, quando stringo la mano a qualcuno, provo dolore. Credevo che la cocaina anestetizzasse il tutto. Col cazzo: mi veniva da piangere. «Tesoro, non mi sono fatto nulla. Vado un attimo in ospedale. Vuoi aspettatarmi al Four Seasons? Ho prenotato due suite.» Una persona normale sarebbe andata all’ospedale più vicino. Il Presidente no: quando dice che va in ospedale, significa che va dal suo medico di fiducia, a Parma. E infatti in meno di un’ora il mio culo e la mia manona gigante (sembrava quella del mio amico Gigi Buffon) sono già in aereo, destinazione studio del dottor Negri, primario di ortopedia.
«Matteo, ti devo operare perché è scomposta. Poi ti ricovero e poi ti devo anche ingessare»: il professore è un amico, e parla per il mio bene.
Io accetto i suoi consigli e infatti: «Prof… ingessami senza operarmi. Devo tornare a Barcellona d’urgenza. Ingessami per favore, ti prego».
Mi vuole bene. Esegue una trazione manuale, io tiro due madonne da manuale. Esco con il braccio ingessato. Ma quel bianco mi dava fastidio. In tutto questo Fernanda mi telefonava ma io avevo spento il cellulare e la segreteria, ovviamente, registrava una voce italiana. Lo riaccendo e trovo mille messaggi e chiamate. Dovevo chiamarla.
«Amore, ok, sono a Parma. Amore, ok, sto tornando a Barcellona, tutto ok… però devo fare una piccola cosa. Mi sono solo rotto il braccio, ho un frattura scomposta, ma va tutto alla grande..
«Matteo, sono brasiliana ma non tonta. Mi stai prendendo per il culo!» risponde Fernanda.
Balbetto: «Amore, arrivo. Scusa ma ora devo risolvere un problemino veloce. Amore arrivo al volo». Quel bianco di quel gesso proprio non mi piaceva. Mentre sono in direzione aeroporto ho un’intuizione delle mie. Mi viene in mente un nome: Alfonso Borghi, pittore, maestro, celebre in tutto il mondo. Per intenderci: uno che ha esposto nei maggiori luoghi dell’arte contemporanea, da Parigi a New York, da Barcellona a Milano. E per mia fortuna indovinate dove vive? A Campegine, vicino a Reggio Emilia, a venti chilometri da Parma. Dopo tanta sfiga, ci vuole una botta di fortuna: spero sia a casa. È così. «Maestro la disturbo? Sono Matteo Cambi, mi sono rotto il braccio.»
Il maestro mi blocca: «Matteo, ma te si’ bevuto il cervello? Sono l’artista, non il dottore, giovanotto», risponde ridendo.
«Aspetti maestro! Ho un gesso di merda al braccio ed è di colore bianco. Lo posso dipingere? Posso venire da lei? La prego, dai, dopo tutti i quadri che ho comprato, mi aiuti!»
«Matteo, ma sei matto?»
«Tra quindici minuti maestro sono lì.»
Chiamo Pedrito: «Pedrito, prenda una cassa di vino Sassicaia d’annata e mi raccomando che sia intonsa. Milleduecento euro di vino, spesa totale. Ma va bene. Me la porti sulla via Emilia. La devo dare al maestro Borghi».
Arrivo a Campegine. Il pittore stava mangiando pasta e fagioli. Prima di iniziare l’opera, mi chiede di mangiare con lui, segno di buona educazione. Io avevo nausea solo all’idea del fagiolo nel mio corpo. Mangio la pasta, mangio i fagioli, poi vado in bagno a pippare. Ebbene sì, ho pippato anche nel bagno del maestro Borghi. Beviamo un po’ di Sassicaia. E poi via con l’operazione “gesso”, che era uno schifo e fresco. Borghi va di pennello per quaranta minuti e mi disegna un drago che sputava fuoco (che fantasia avevo) e poi lo firma.
«…Mattè, ora ti levi dai maroni», mi dice. Lo ringrazio e di corsa torno a Barcellona. Mancavano pochi minuti alla mezzanotte e l’aeroporto stava per chiudere. Ma aspettano me. Parto alle 00.10. Atterro in Spagna distrutto, dolorante, l’altitudine mi aveva gonfiato la frattura, sentivo che la mano stava per esplodere. Vado in albergo e prendo una stanza da solo. Fernanda dormiva, io ero distrutto e non volevo disturbarla ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Chi era Matteo Cambi?
  4. Fuga dall’Arizona
  5. Mi chiamo Cambi,Matteo Cambi
  6. La Margherita dei sogni
  7. San “Paolo Maldini”
  8. Gossip&Comunicazione
  9. Ossessione G U R U
  10. Mister (F1) Flavio Briatore
  11. Il più grande investimento dopo il Big Bang
  12. Parma-Londra: andata senza ritorno
  13. Pieno come un “ovulo”
  14. Vanità: il migliore tra i peccati
  15. Il mio “Gp” con il naso
  16. Un maggiordomo stupefacente
  17. La mia “Casa Bianca”
  18. Sono il Re del mondo!
  19. Il supercafone eccolo qua
  20. Il mio “Sliding Doors”
  21. 60 milioni di motivi per essere felice
  22. Un guru all’“Isola dei famosi”?
  23. Io, Corona e via col “Vento”
  24. LaChapelle… lascia perdere
  25. Il sogno americano
  26. Il guru in pista!
  27. Pulp fiction
  28. 21/11/2006 sulla mia pelle
  29. Epifania canaglia
  30. Corsa all’inferno
  31. Crack da Cracco
  32. Cambi, lei è in arresto!
  33. Margherita di spine
  34. “Le mie prigioni” di bugie
  35. Open
  36. La mia vita in comunità
  37. La mia ultima “Sardegna”
  38. Ogni cosa è illuminata
  39. Rinato il 4 luglio
  40. Copyright