Il 4 luglio, le strade erano illuminate a giorno dai fuochi d’artificio.
«Emanuel, come se chiama il marito di Rose, la sorella de Theresa…»
«Carlo? Ponzi…»
«E dove hai detto che c’ha l’ufficio?»
«Al 27 di School Street.»
«Allora è lui. Stamattina nel North End girava una voce. Che ci hanno fatto una causa per un milione di dollari…»
«Un milione?»
«Guarda qua, il “Boston Post”… l’ho trovato a Beacon Hill, a casa dei Warren quando sono andata a far le pulizie stamattina.»
«Non dice il suo nome…»
«Dice 27 School Street. È lì che c’è sempre la fila, dicevi.»
«Securities Exchange Company. Cazzo!»
«Deve essere proprio ricco… per avere qualcuno che gli chiede così tanti soldi, eh?»
«Che ne so, io.»
«Cosa state trafficando con Carlo… da dove arrivavano quei soldi?»
La mia testa cominciò a ronzare a vuoto come il motore di un’automobile.
«Se ti chiedono un milione di dollari è perché si presume che tu li abbia, mamma. E se Carlo li ha, possiamo stare sicuri che ci ripagherà.»
«Tutti dicono che è milionario…»
«Certo che è milionario! E noi ci fidiamo di lui. Come fai a non fidarti di uno così ricco?»
«Certo. E come fai a non fidarti di qualcuno, quando c’è tutta una città che lo sta facendo insieme a te, vero Emanuel?»
La notizia salì fino ai piani alti del West End, dove risuonò come un colpo di grancassa nel silenzio.
«Manny, vai fuori. C’è una telefonata per te.»
Mad mi mandò a bordo piscina. C’era uno dei suoi domestici che mi aspettava in piedi, davanti a uno dei tavolini, coi guanti bianchi reggeva il telefono. Era Mr Cooper. Aveva un tono molto solenne. Come se fosse in rappresentanza di tutti i suoi colleghi WASP.
«Emanuel, dimmi che sta succedendo con la SEC. L’hai letto il “Boston Post” di ieri?»
«Sì, l’ho letto, Mr Cooper.»
«Che diavolo state combinando tu e quel Ponzi con i nostri soldi?»
Gli ripetei quello che stavamo pensando tutti: se gli hanno chiesto un milione di dollari è perché ce l’ha, un milione di dollari. Mr Cooper era un uomo di mondo. Dirigeva un’azienda. Sapeva meglio di me come funzionavano queste cose.
«Senti un po’, stupido di un italiano! Qua stiamo parlando di soldi. Forse non ti è chiaro. Ora ti spiego una cosa: se ti chiedono un milione di dollari, non è detto che tu li abbia, anzi forse te li chiedono appunto perché pensano che tu non li abbia proprio. Se invece sei tu a dire in giro di avere un milione di dollari, devi provare ai procuratori di averli sul serio!»
«Capisco, Mr…»
«Se poi tutti in città sanno che hai un milione di dollari, c’è da vedere da dove arrivano questi soldi e se sono realmente i tuoi. Insomma, non so se l’hai capito – caro il mio genio della finanza – il tuo compare, Ponzi, può non averlo proprio questo milione di dollari, oppure può averlo ma non averne diritto, perché magari sono solo soldi degli altri.»
«Mr Cooper, parlerò con Charles appena possibile…»
«Emanuel Speranza… Ricordati che se la nave affonda, sarai tu a ridare indietro tutti i soldi. Ce li metterai di tasca tua. Intesi?»
«Mr Cooper, io non li ho tutti quei soldi. Sono dentro la SEC…»
«Il fatto che tu non li abbia a me non interessa.»
«Mr Cooper…»
«Noi siamo gente seria… Pensi che ci facciamo fregare da due figli di nessuno come voi?»
«Charles ripagherà fino all’ultimo centesimo, glielo prometto.»
«Bene, perché altrimenti sarai tu a pagare, con qualsiasi moneta. Anche la galera!»
Riattaccò.
Il cassetto del mio comodino era pieno di cambiali della SEC firmate da Ponzi. Secondo i miei calcoli, prima di settembre, continuando a tenere depositati tutti gli interessi, Carlo mi avrebbe dovuto pagare tremilaseicento dollari in un’unica soluzione. Erano i soldi che un operaio specializzato guadagnava in un anno di lavoro. Con quelli mi sarei finalmente liberato da questa doppia vita.
«Emanuel, io sono stanca. Sono due settimane che non ho notizie di te. Due settimane! Mi hai chiamato tre volte, in due settimane. Ti sembra normale?»
«Theresa, è un discorso che abbiamo già fatto…»
«Sì, esatto. È un discorso già fatto. Tutto quanto è già successo. Sono mesi che va avanti così! Anche le tue risposte sono sempre le stesse. Adesso mi dirai che hai lavorato giorno e notte, che lo hai fatto per noi, lo stai facendo per me e per tua madre…»
«…è la verità!»
«Vuoi fare qualcosa per me e per tua madre? Perché non cominci a stare… con me e tua madre!»
«Se continua così, prima dell’autunno avrò soldi sufficienti per portarvi in California… oppure tornare in Italia.»
«Io non voglio una nuova vita. Io voglio questa vita, adesso!»
Tentai di abbracciarla ma lei mi evitò.
«Non è possibile adesso, Theresa, te l’ho spiegato.»
«Allora non è possibile nemmeno per me.»
«Che significa?»
«Significa che non possiamo continuare così.»
«Bene! Allora vuoi che rinunci al mio lavoro? Con tutti i sacrifici che ho fatto!».
«Emanuel, sono mesi che prego Dio… che ti dia il coraggio di farlo. Non l’hai mai fatto. Mi basta questo.»
Theresa se ne restò immobile, in silenzio per qualche istante. Fissava il pavimento, mentre una lacrima le scendeva dalla guancia. Poi scosse la testa:
«Non con questa persona.» Alzò lo sguardo e mi squadrò dalla testa ai piedi. «Guardati, non ti riconosco nemmeno più.»
A quel punto fui io ad abbassare lo sguardo.
«È l’America, Theresa. Questo paese…»
«L’America la portiamo tutti sulle spalle. C’è anche chi lo fa onestamente…»
«Mi stai dicendo che sono un truffatore?»
«No! Non sei un truffatore. Sei solo un ragazzino che si è fatto trascinare troppo…»
«Ci devo convivere io, con la fatica che sto facendo, per portare a casa questi soldi…»
«Hai detto bene! Ci devi convivere tu.»
Theresa fece due passi, aprì la porta della mia stanza e si fermò in attesa, di fianco all’uscio.
«Scegli che strada vuoi prendere, Emanuel Speranza.»
Io restai immobile e lei alzò i tacchi. C’era poco da dire. Non mi avrebbe più aspettato.
Avevo bisogno di fermarmi a pensare. Era tutto così surreale. Io stavo facendo ogni cosa per lei, e adesso lei mi aveva fatto capire chiaramente che era pronta ad andare avanti senza di me. Ero troppo impegnato a fare, a risolvere, a sistemare, a investire e a provare a cambiare vita, che non mi preoccupavo di quello che invece stavo vivendo nel presente. Forse anche perché se lo avessi fatto, mi sarei sentito male.
Mia madre continuava a lavorare e anche lei non la vedevo praticamente più. Erano passati un paio di mesi dal nostro pranzo da Boni’s. Ogni tanto la incrociavo in giro per casa la sera tardi, ma nessuno dei due riusciva a parlare. Inoltre, Mad era diventata sempre più possessiva. L’ultima settimana mi aveva costretto a stare nella villa per sette giorni consecutivi. Non mi aveva mai permesso di uscire.
Adesso si erano aggiunti anche Mr Cooper e tutta la cerchia di Mad. Li immaginavo che parlottavano tra loro, che mi guardavano da lontano, aspettando che io o Carlo facessimo un passo falso. Sentivo la pressione del divario sociale. Sapevo che forse, più di tutto quello che stavo rischiando sugli altri fronti, loro non me l’avrebbero perdonata. Nessun errore, mio o di Carlo, ci sarebbe stato condonato da quella gente. E non penso che fosse solo una faccenda di soldi. Erano già tutti pieni di soldi. Sarebbe stata più una questione di principio, di reputazione.
Grazie ai soldi che aspettavo da Ponzi, decisi che potevo fare a meno di Mad e di questa doppia vita. Era ora di trovarmi un impiego stabile, un lavoro che potevo raccontare a tutti, senza dovermi più inventare delle storie assurde ogni volta. Avrei restituito tutti i vestiti e i regali a Mad. L’avrei ringraziata e mi sarei congedato con stile, come quando finisce una storia d’amore. Anche se amore non era.
Mad si alzò in direzione del tavolo. Frugò dentro la sua borsa e mi tirò venti dollari.
«Tieni, dalli a tua madre.»
«Grazie ma…»
«…te ne servono altri? Ti servono altri soldi, Emanuel? Cosa ti serve?»
«No, no, ti prego, tu sei già troppo…»
«…troppo cosa?» Si sedette davanti a una grande consolle ricoperta di cipria e bottigliette di vetro. Le lampadine attorno allo specchio e l’oro del mobile le illuminano il volto. «Troppo vecchia? O troppo ricca?» Iniziò a truccarsi.
«Troppo gentile… Mad. È ora di finirla. Io… io devo trovarmi un lavoro. Voglio campare come una persona…»
Feci per uscire dal giardino d’inverno.
«Dove vai, Emanuel? Perché te ne vuoi andare?»
«La mia famiglia non mi vede da giorni…»
«Oh! La tua… la tua famiglia!»
«Io penso che dovremmo ridurre i nostri incontri a solo una vol…»
«…la tua famiglia!»
«…sì, una volta a settimana.»
Mad diede un pugno sulla consolle. Cadde tutto a terra. Una delle lampad...