Simon Snow è sdraiato sul divano.
Simon Snow è quasi sempre sdraiato sul divano, ultimamente. Con le rosse ali coriacee raccolte sotto di sé a mo’ di guanciale e una lattina di sidro scadente in mano.
Un tempo reggeva una spada a quel modo. Quasi fosse un’appendice del suo corpo.
A Londra finalmente è arrivata l’estate. È tutto il giorno che studio, la prossima settimana ci sono gli esami; io e la Bunce siamo immersi nei libri. Fingiamo entrambi che anche Snow stia studiando. Non mette piede all’università da settimane, scommetto. Scende dal divano solo per fare un salto al negozio sotto casa a comprare sidro e patatine fritte; si lega la coda attorno ai fianchi e nasconde le ali sotto un orrendo impermeabile nocciola… pare Quasimodo. O un maniaco sessuale. O tre ragazzini insieme che, nascosti sotto un’impermeabile, si fingono un segaiolo matricolato.
L’ultima volta che ho visto Snow senza ali né coda, la Bunce era appena tornata da una lezione. Lei non ci ha pensato due volte, gli ha lanciato un incantesimo di occultamento e lui si è inferocito. «Porco cavolo, Penny, quando avrò bisogno della tua magia te lo chiederò!»
La magia della Bunce.
La mia magia.
Fino a poco tempo fa tutta la magia era solo sua.
Lui era il Prescelto, giusto? Il supremo. Il più magico in assoluto.
Adesso io e la Bunce facciamo in modo di non lasciarlo mai solo. Andiamo a lezione, studiamo. (Perché è questo che facciamo, io e lei. È questo che siamo, ormai.) Ma uno di noi due resta sempre nei paraggi… a preparare un tè che Snow non berrà , a dividere con lui verdure che non mangerà , a fargli domande a cui non risponderà …
Credo che il più delle volte odi la nostra vista, proprio.
In particolare la mia. Forse farei meglio a cogliere il suggerimento…
Simon Snow, però, ha sempre odiato la mia vista… con le poche eccezioni dolceamare del passato più recente. In un certo senso, la faccia che fa quando entro nella stanza (come se di colpo ripensasse a qualcosa di terribile) è l’unica cosa che ancora riconosco come familiare.
L’ho amato in circostanze ben peggiori. L’ho amato disperatamente… Che sarà mai un po’ di speranza in meno?
«Vado a prendermi dello spezzatino al curry. Tu vuoi niente?» gli chiedo.
Non stacca gli occhi dal televisore.
Ci riprovo. «Vuoi qualcosa, Snow?»
Un mese fa, mi sarei avvicinato al divano e gli avrei sfiorato la spalla. Tre mesi fa, lo avrei baciato sulla guancia. Il settembre scorso, quando lui e la Bunce sono venuti ad abitare in quest’appartamento, avrei dovuto staccare le labbra dalle sue per fargli la domanda, e forse Snow non mi avrebbe nemmeno lasciato terminare.
Fa no con la testa.
Maya Angelou ha detto che quando una persona si mostra per quella che è, bisogna crederle.
L’ho sentito in tv in una trasmissione motivazionale andata in onda dopo Law & Order, e non ho cambiato canale.
«Quando qualcuno si mostra per quello che è, tu credigli.»
Ecco quello che dirò quando romperò con Baz.
Lo farò io perché non debba farlo lui.
So che vuole chiudere con me. Lo capisco da come mi guarda. O meglio, da come non mi guarda… perché se lo facesse, gli toccherebbe ammettere di essersi accollato uno sfigato di prima categoria. Un fallimento totale.
Va all’università , adesso. Sta alla grande.
Ed è bello come sempre. (Anzi, più bello che mai. Più alto, più sfrontato… può farsi crescere la barba quando vuole. Come se l’adolescenza non avesse ancora smesso di servirgli un asso dietro l’altro.)
Tutto quello che è successo lo scorso anno…
La storia dell’Arcimago e del Tedio… tutto ha contribuito a fare di lui quello che era previsto diventasse. Ha vendicato sua madre. Ha risolto il mistero che lo accompagnava dall’età di cinque anni. Ha dato prova di essere un uomo e un mago a tutti gli effetti.
E di averci visto giusto fin dall’inizio: l’Arcimago era davvero malvagio! E io ero davvero un ciarlatano, «il peggior Prescelto che sia mai stato scelto», proprio come diceva lui. Su di me ci aveva sempre visto giusto.
«Quando qualcuno si mostra per quello che è, tu credigli.»
E quando qualcuno riduce tutto a un disastro… be’, vuol dire che quel qualcuno è un disastro totale.
Non so più come farglielo capire. Me ne sto qui sdraiato sul divano. Nessun progetto. Nessuna aspettativa. Adesso è questo che sono.
Baz si è innamorato di ciò che ero: potere e potenziale incontrollato. Le bombe nucleari non sono altro che potenziale.
Ora sono ciò che viene dopo.
Sono la rana a tre teste. La ricaduta radioattiva.
Credo che a quest’ora mi avrebbe già mollato, se non fosse tanto dispiaciuto per me. (E se non avesse promesso di amarmi. I maghi ne fanno sempre una questione d’onore.)
Perciò sarò io a farlo. Io posso. Una volta un orco-spino mi ha conficcato un aculeo nella spalla, e io me lo sono tirato via con i denti: sopporto bene il dolore.
È solo che…
Avrei tanto desiderato un altro paio di sere così. Con lui qui, nella mia stessa stanza, mio almeno in apparenza.
Non troverò mai più una persona come Baz. Non esiste nessuno come lui; è come uscire con una leggenda. È un vampiro eroico, un mago di talento. E poi è uno schianto. (Sono stato una leggenda anch’io. Ero stato Predetto, sapete? Ero parte della tradizione orale.)
Avrei tanto desiderato un altro paio di sere così…
Però odio veder soffrire Baz. Odio essere la ragione delle sue sofferenze.
«Baz» attacco. Mi alzo a sedere e poso la lattina di sidro. (Odia il sidro, ne odia persino l’odore.)
È in piedi sulla porta. «Sì?»
Deglutisco. «Quando qualcuno si mostra per quello che è…»
Proprio allora, Penny piomba in casa spalancando la porta contro la spalla di Baz.
«Per lo spirito di Crowley, Bunce!»
«Ho trovato!» esclama lei lasciando cadere lo zaino. Indossa una T-shirt larga di colore viola e ha i capelli castani raccolti sulla testa in un ciuffo disordinato.
«Hai trovato cosa?» domanda incuriosito Baz.
«Noi» risponde Penny, indicando me e Baz «andremo in vacanza!»
Mi stropiccio gli occhi. Li sento cisposi, anche se sono sveglio da ore, ormai. «Non ci penso proprio», farfuglio.
«In America!» insiste lei. Mi tira giù i piedi dal divano, si siede sul bracciolo e mi guarda. «A trovare Agatha!»
Baz scoppia in una risata. «Ah! E Agatha sa del nostro arrivo?»
«Sarà una sorpresa!» replica Penny.
«Sorpresa!» esclama Baz con finto entusiasmo. «Siamo il tuo ex, il suo innamorato e la ragazza che non ti è mai piaciuta un granché!»
«Guarda che le piaccio eccome!» replica Penny, offesa. «Agatha è una persona restia a manifestare i propri sentimenti, tutto lì.»
Baz commenta con una risatina sprezzante. «Ma non tanto restia a tagliare i ponti con l’Inghilterra e con la magia, a quanto pare.»
«Sono preoccupata per lei, se vuoi proprio saperlo. Non risponde ai miei messaggi.»
«Perché non le sei simpatica, Bunce.»
«Da quant’è che non la senti?» domando.
«Da un paio di settimane. A quest’ora in genere mi avrebbe già risposto. Anche solo per dirmi di lasciarla in pace. E poi posta meno foto di Lucy» – la sua cagnolina – «su Instagram. Forse si sente sola. Magari è depressa.»
«Depressa» ripeto.
«Fammi capire, partiamo per una vacanza o per offrire assistenza psicologica?» chiede Baz. È appoggiato alla porta a braccia conserte, con le maniche della camicia arrotolate. Sembra sempre che posi per una pubblicità di orologi costosi. Anche se non porta l’orologio.
«E se fosse per tutte e due le cose? Abbiamo sempre desiderato attraversare l’America in macchina.»
Baz la guarda sconcertato. «Ah sì?»
Penny si volta verso di me e sorride. «Intendevo io e Simon.»
È vero, l’abbiamo sempre desiderato. E per un attimo mi vedo la scena: noi tre che sfrecciamo su un’autostrada deserta – anzi, una highway – a bordo di una vecchia decapottabile. Guido io. Abbiamo tutti gli occhiali da sole, ascoltiamo i Doors e Baz si sta lamentando. Ma ha la camicia sbottonata fino all’ombelico, perciò io non ho di che lamentarmi. Il cielo è immenso, azzurro, abbacinante...