
- 176 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Dante era un figo
Informazioni su questo libro
Qui dentro trovi una versione molto sintetica ma fedele della Divina Commedia, utile per sapere almeno di cosa parla, per cavartela nelle interrogazioni con un minimo di dignità, e per capire perché questo poema sia ritenuto fondamentale per la lingua italiana e la letteratura mondiale e soprattutto perché sia una lettura sublime. Come dici? Cento canti scritti in versi endecasillabi potrebbero essere una prova un po' difficile? È vero ma... seguimi e scoprirai che, anche se non lo puoi capire per intero, Dante è davvero figo!
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Informazioni
Editore
EDIZIONI PIEMMEAnno
2020Print ISBN
9788856676563eBook ISBN
9788858524985L’Inferno canto per canto
Canto I
Dante si sente a metà della vita che, a vederla bene, è un po’ come essere al centro del tempo. Nella vita reale lui ha trentacinque anni ed è una sera dell’anno 1300. I precisini dicono che potrebbe essere il 7 aprile oppure il 24 marzo. Se vuoi, lo puoi ricordare. Dante è confuso, si sente perso e assonnato, e quando si guarda attorno si trova dentro a una selva che è oscura non solo perché è sera, non solo perché i rami sono fitti e intrecciati, ma anche perché è il riflesso della sua confusione interiore. Per fortuna arrivano i primi raggi del sole e questo conforta un po’ il nostro Dante, che vede in lontananza un colle la cui sommità è bagnata dalla luce solare. E decide: andrà là! Riposa un po’ e quindi si avvia, non senza fatica.
Sarebbe facile che ci arrivasse subito, ma non ci sarebbe storia. Tre fiere (nel senso di “belve feroci”) arrivano a ostacolargli il cammino. La prima è una lonza, poi si aggiunge un leone e per ultima arriva una lupa famelica. Sono tre simboli che hanno fatto scorrere fiumi di inchiostro.
Molti studiosi illustri si sono arrovellati sul significato simbolico delle tre fiere. Alcuni dicono che rappresentino tre peccati tra i peggiori: lussuria, superbia e avarizia, ma qualcuno ha corretto il tiro con superbia, avarizia e invidia. Altri hanno ipotizzato che si tratti di frode (cioè un pessimo inganno), violenza e incontinenza (non quella urinaria ma l’incapacità di controllarsi e moderarsi). Comunque le si interpreti, restano proprio tre brutte bestie.
Visto lo sbarramento, Dante gira sui talloni e sarebbe propenso a tornare indietro, ma nella penombra dei rami scorge una figura. Gli prende un colpo! Capisce subito che non è una situazione normale e chiede se si tratti di un vivente o di un’anima. L’altro si presenta: dice di essere un’anima e un’anima antica, fa una specie di gioco degli indizi per arrivare a rivelargli che è… niente meno che Virgilio!
Virgilio è un celeberrimo poeta latino che ha scritto testi famosissimi e tra questi ti sarà capitato di sentire l’Eneide, un poema epico che canta la fondazione di Roma per mano di Enea, fuggito da Troia in fiamme portando in spalla il padre Anchise e per mano il figlioletto Astianatte. Sarà lui a fare da guida a Dante attraverso l’Inferno e il Purgatorio. Capito adesso perché c’è un famoso motore di ricerca che porta il suo nome?!
Virgilio fa notare a Dante che dovrebbe affrontare il colle e non tornare nell’oscura confusione della selva. Dante trema come un fan davanti a un mito e dichiara a Virgilio che lui è il suo maestro! Poi gli chiede aiuto per superare la lupa che per ultima l’ha bloccato.
Virgilio spiega a Dante che farà un percorso un po’ diverso perché la lupa è malevola, mai sazia e pronta ad aggredire chiunque. Poi profetizza che verrà un veltro, che ammazzerà la lupa facendola soffrire e la farà tornare all’Inferno. Pure sul veltro si sono versati fiumi di inchiostro, ma nessuno è mai riuscito ad arrivare con esattezza a identificare il personaggio rappresentato da questa figura, che in realtà è un simbolo. Comunque, il veltro sarà indifferente ai beni materiali e non avrà una precisa patria, e salverà l’Italia, per cui in molti hanno dato la loro vita fin dagli inizi della sua storia.
Virgilio a questo punto anticipa a Dante che sta per compiere un viaggio attraverso i tre Regni dell’Oltretomba: Inferno (il Regno dei dannati eterni), Purgatorio (il Regno del passaggio per l’espiazione) e Paradiso (il Regno dell’eterna beatitudine).
Virgilio lo accompagnerà fino al Purgatorio e poi lo lascerà, perché non è stato battezzato. Nel percorso del Paradiso gli sarà a fianco Beatrice.
Dante non sta più nella pelle sia all’idea del viaggio sia alla prospettiva di rivedere Beatrice, e si avviano.

Canto II
È la sera di venerdì 8 aprile (o 25 marzo) 1300; inizia il viaggio e si invocano le Muse, cioè le dee pagane delle arti.
Ma come? Dante non è cattolico? Sì, ma sa che sta scrivendo un’opera epica e quindi invoca le dee perché lo hanno fatto tutti prima di lui, e lui aderisce allo schema collaudato.
Dante si fa venire un dubbio: come faranno ad andare nell’Oltretomba? Certo, c’è stato san Paolo, certo Virgilio ci ha fatto andare pure Enea, ma loro come se la caveranno? Chi gli concede un privilegio tanto straordinario?
Per rassicurarlo, Virgilio gli racconta che mentre era nel Limbo (il luogo delle anime sospese) gli era apparsa l’anima di una donna bellissima e dalla voce soave, che gli aveva parlato indicandogli Dante come il più grande poeta mai vissuto e lo aveva pregato di andare ad aiutare quell’uomo, che lei aveva amato e che era alle prese con le tre fiere. La donna aveva poi rivelato di essere Beatrice e di provenire dal Paradiso.
Beatrice aveva spiegato anche di essere scesa dal suo luogo di beatitudine senza temere l’incontro con le anime degli inferi perché lassù la Vergine Maria si era commossa per Dante e aveva incaricato santa Lucia, che si era rivolta a Beatrice. Una vera catena di soccorso!
Detto tutto questo, Virgilio sprona Dante a darsi una mossa e così avviene.
Dante ringrazia Virgilio, tutto felice della cura di Beatrice, e lo prega di avviarsi con lui.
Canto III
È sempre la sera di venerdì 8 aprile (o 25 marzo) 1300.
Dante e Virgilio arrivano alla porta dell’Inferno. E qui leggono la famosa iscrizione: “Per me si va ne la città dolente, / per me si va ne l’etterno dolore, / per me si va tra la perduta gente” (e “per me” non significa “secondo me” ma “attraverso di me”!).
Superata la soglia, si sentono urla, lingue sconosciute e toni rabbiosi. Sono gli ignavi, cioè le anime di quelli che non si sono mai schierati da nessuna parte ma sono sempre e solo stati dalla parte del più forte o dalla parte più comoda.
Non sono nemmeno dentro l’Inferno, ma solo nel Vestibolo e sono mescolati agli angeli che sono stati né con Dio né con Lucifero.
La loro pena è correre per l’eternità dietro a un’insegna che gira su se stessa e sono tormentati da vespe e mosconi che li pungono in continuazione e fanno colare il sangue sulla loro pelle. Il loro sangue e le loro lacrime sono raccolti da vermi.
A Dante sembra di riconoscere papa Celestino V, che rinunciò al soglio pontificio per viltà.
Celestino V si chiamava in realtà Pietro Angeleri e faceva l’eremita (cioè se ne stava parecchio da solo a pregare). Si fece presto una gran fama di santo e taumaturgo (cioè capace di guarire con il solo tocco delle mani) e tutti lo chiamarono Pietro di Morrone. Venne eletto papa nell’agosto del 1294 e rinunciò al soglio papale nel dicembre dello stesso anno, travolto dal gran caos della vita pontificia. A Dante, lo avrai capito, questa rinuncia non piacque per niente.
Dante e Virgilio avanzano e si trovano sulla riva del fiume Acheronte, dove sono assiepate le anime dei dannati. Dall’acqua arriva il demone Caronte (“Caron dimonio, con occhi di bragia”!), il traghettatore di anime, con la sua barca a remi.

Lo si vede e lo si sente anche perché urla alle anime di prepararsi alle pene eterne. Quando poi adocchia Dante, gli dice di andarsene, dato che è ancora vivo (caso mai non se ne fosse accorto da solo…), e gli profetizza che da morto dovrà andare in Purgatorio (e così Dante si sistema!). Interviene però Virgilio che gli spiega che Dante è lì per volontà divina e quindi basta chiacchiere.
Compiono la traversata e appena messo piede a terra sono accolti da un terribile terremoto e da una spaventosa luce rossastra, e Dante sviene (ed è solo la prima di varie volte).
Canto IV
È sempre la sera di venerdì 8 aprile (o 25 marzo) 1300.
Dante si riprende e capisce di essere nel primo dei nove cerchi dell’Inferno. Entrano nel Limbo, dove Virgilio è di casa.
La prima cosa che colpisce Dante è il suono dei sospiri che arriva da ogni parte. Virgilio spiega perché tutti sospirino tanto: queste anime non sono colpevoli ma non hanno avuto il battesimo (per vari motivi, tra cui per esempio essere nate prima di Gesù) e quindi non hanno avuto la salvezza. La loro unica pena è desiderare di vedere Dio ma non poterlo fare.
Lì c’erano anche i grandi personaggi della Bibbia, prima che il Cristo venisse a prenderli. Dante sa che comunque nel Limbo ci sono menti straordinarie dell’antichità e incontra in effetti illustri letterati. Vuoi i nomi? Sai che ti rispondo? Non ragioniam di loro, per ora! (Vabbe’ dai: c’è Omero. Ti basta?) Altre nobili figure sono in un castello circondato da sette giri di mura e raccolto attorno a un verde prato. E anche qui non ragioniam di loro, per ora! (Okay: ci sono anche Ettore ed Enea. Ti basta?)
Omero, Ettore ed Enea tutti insieme! Omero compose l’Odissea, il poema Epico in cui Ettore si gioca un gran ruolo ed Enea ne ricopre uno minore. Ma, attenzione: Enea è il protagonista dell’Eneide, il poema epico composto da Virgilio. Insomma, tutto torna, no? Ti domandi perché siano all’Inferno? Be’, perché sono vissuti prima della nascita di Cristo. E, comunque, siamo ancora solo nell’anticamera!
Canto V
È sempre la sera di venerdì 8 aprile (o 25 marzo) 1300.
Usciti dal Limbo, Dante e Virgilio entrano nel II Cerchio.
I cerchi si stringono man mano si procede, formando un imbuto. Quanto più alto è il numero del cerchio, tanto più è stretto e tanto peggiore è la pena che vi si espia.
Man mano scende, Dante sente che cresce l›intensità della sofferenza che lo circonda.
Sulla soglia c’è il demone Minosse, che ascolta le confessioni delle anime dannate e poi attorciglia la propria coda attorno al loro corpo tante volte quanti sono i cerchi che devono discendere.
Minosse fu re di Creta. Poiché rifiutò a Poseidone (il dio del mare) il sacrificio di un toro, fu punito con la nascita di un figlio mezzo uomo e mezzo toro, il famoso Minotauro. Fu comunque un sovrano giusto e saggio e per questo qui ...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Nota pratica
- Nota introduttiva
- Che testo divino! Che. Divina Commedia!
- La Divina Commedia in flash
- La Divina Commedia in sintesi
- L’Inferno canto per canto
- Il Purgatorio canto per canto
- Il Paradiso canto per canto
- Opere… e che opere!
- Copyright