
- 176 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Leopardi era un figo
Informazioni su questo libro
Qui dentro trovi una versione delle opere più famose di Giacomo Leopardi, fedelmente rese a portata di giovane lettore, e alcuni suoi testi che non incontrerai in (quasi) nessun altro libro, utili per partecipare a un quiz su Leopardi e per sfoggiare citazioni colte nei momenti opportuni. Trovi anche una sua biografia completa e facile (e un pizzico pettegola), per imparare che Giacomo non era così pessimista come dicono... e anzi, era proprio un gran figo!
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Informazioni
Editore
EDIZIONI PIEMMEAnno
2020Print ISBN
9788856676556eBook ISBN
9788858524961Nota introduttiva

Giacomo Leopardi, proprio lui!
Le sue poesie occupano un posto d’onore nelle antologie.
I suoi testi sono apprezzati in tutto il mondo da quasi duecento anni perché parlano nello stesso tempo di sentimenti, di vita e di filosofia.
Il nocciolo della difficoltà sta nel fatto che Giacomo è un poeta raffinatissimo, che sceglie parole che hanno significati in sfumatura e in strati e le mette in versi seguendo regole antichissime. Per dirla semplice: se non hai studiato tanto, resti fuori dal senso di quello che scrive.
Però io non potrei mai permettere che tu cresca senza sapere di lui! Sarebbe come crescere senza aver avuto l’alimentazione giusta: diventi grande lo stesso, ma la mancanza di equilibrio presto o tardi si fa sentire.
Per questo mi sono messa tra te e Giacomo, per presentarvi nelle dovute maniere. Almeno per provare a farvi conoscere.
Vorrei fare una scommessa con te: scommetto che se inizi a leggere, quando arriverai alla fine del volume anche tu penserai: che figo!
Affare fatto?
Ci vediamo all’ultima pagina!
Vita, morte e miracoli
Per prima cosa è necessario che tu sappia dove si trova Recanati. Senza questa precisazione, non andiamo da nessuna parte.
Recanati, innanzitutto, è in Italia. In secondo luogo, è nella regione Marche. In terzo luogo, è in provincia di Macerata. In quarto luogo, da Recanati si vede il mare ma non è sul mare. Cioè, tecnicamente nessuna città è letteralmente sul mare, altrimenti sarebbe una zattera. Intendo dire che non è sulla costa: è su una cresta di montagna che ha la cima pianeggiante circondata dalle valli di due fiumi che si chiamano uno Potenza (ti prego, non fare confusione tra questo fiume e la città della Basilicata altrimenti vengo lì e ti metto 3 in Geografia, di sicuro con il consenso del tuo docente) e l’altro si chiama Musone (che no, non è un’indicazione di carattere permaloso, ma solo un nome). Quindi, Recanati è geograficamente isolata. Ma, fidati, oggi è collegatissima con il resto del mondo ed è pure una meta turistica molto apprezzata, tra le altre cose perché c’è la casa in cui è nato quel figo di Giacomo Leopardi.
Nel periodo in cui visse Leopardi, si trovava nel territorio dello Stato Pontificio, cioè il regno del papa.
Tieni bene a mente tutto questo quando pensi a Leopardi, alla sua vita e alle sue opere. Grazie.
Adesso possiamo cominciare.
Una simpatica famiglia (quasi simpatica, a essere onesti). Il padre
I genitori di Giacomo Leopardi sono due tipi molto, molto interessanti. Per questo li tiro in ballo, perché così ti fai un’idea della famiglia. In fondo, visto che andiamo a ficcare il naso in casa loro, è bello almeno presentarsi.
Partiamo dal babbo.
Monaldo Leopardi, conte di San Leopardo, apparteneva a una delle famiglie più in vista di Recanati. Suo padre, il conte Giacomo (cioè il nonno del nostro Giacomo), morì nel 1780, quando Monaldo aveva solo 4 anni. La mamma, Virginia dei Marchesi Mosca (oh, un sacco di animali nei cognomi di questa famiglia!), decise di non risposarsi e di crescere da sola i suoi quattro figli. Ma una donna all’epoca aveva ben poca autonomia e dunque Monaldo crebbe tra zii e prozii, che non gli fecero mancare l’istruzione. Ebbe un precettore privato e al compimento dei 18 anni (nel 1794), siccome Monaldo si era dimostrato un giovane assennato e attendibile, il papa, Pio VI, gli concesse di diventare amministratore dei possedimenti che erano stati del padre.
Fin qui tutto bene, no? Ma è adesso che viene il bello.
Monaldo era di fatto ricco, ma gli capitarono tra capo e collo spiacevoli guai. Per esempio, si trovò a dover pagare alcuni debiti di un prozio e a essere travolto dalla Rivoluzione francese che con il suo attacco alla nobiltà – che si espanse da Parigi in tutta Europa – complicò non poco la facile vita degli aristocratici. Aggiungici che Monaldo non era proprio un tipo tagliato per gli affari e ti sarà evidente che il gran patrimonio era in grave pericolo.
Più o meno ricco, resta che Monaldo era comunque un buon partito ed era desiderabile e opportuno che si sposasse.
Eh, facile a dirsi ma mica a farsi. Fu una faticata arrivare al matrimonio…
Il primo tentativo fu con una nobildonna che abitava lontano.
Attenzione: in un’epoca in cui non c’erano mezzi di trasporto meccanici e non avevano ancora inventato il telefono, essere lontani non significava per forza essere dall’altra parte del mondo. E, come detto, Recanati non era all’epoca un luogo facile da raggiungere.
Dunque, iniziano a scambiarsi lettere e a un certo punto si scambiano i ritratti: delle belle miniature, che all’epoca erano un po’ l’equivalente delle attuali fototessera. Ma, pensaci: se tu fossi un ritrattista e dovessi lavorare il più possibile per tirare a campare, la gente la ritrarresti più bella o più brutta di quanto non sia nella realtà? La risposta esatta è: più bella. Cielo, non un ritocco vero e proprio, ma una limatina ai difetti, ecco. Insomma, i due già non erano un granché nei ritratti, ma decidono comunque di incontrarsi per organizzare il fidanzamento. E… niente, quando si vedono Monaldo proprio non regge e molla la partita. Ci rimette la faccia, è chiaro. Guadagna l’odio intramontabile della nobildonna e di tutta la sua famiglia, è il minimo. Però lui è felice come uno che l’ha scampata. Con tutta probabilità la signorina non era né simpatica né colta, perché se fosse stata istruita Monaldo ne sarebbe stato affascinato: per lui la cultura era tutto. Per quanto gli affari gli andassero male, lui continuava a comprare i libri, sebbene costassero un botto. La sua biblioteca era straordinaria e rinomata. Arrivò a raccogliere oltre ventimila volumi, distribuiti in quattro ampie sale.
Gettata alle ortiche la prima possibilità di sposarsi, ne cercò una seconda. Ed ecco che arriva la batosta: a essere rifiutato questa volta è lui, perché ha fama di spendaccione.
Un altro si sarebbe arreso, ma non Monaldo.
Del resto, la donna di cui finalmente si innamora davvero l’aveva sempre avuta sotto il naso perché abitava nella sua stessa via: Adelaide Antici!
La madre
Adelaide Aloisa Francesca Antici incontra Monaldo Leopardi… da sempre, perché le bastava attraversare la strada e fare poche decine di metri per finire davanti al suo portone e viceversa poteva fare lui. Erano pure parenti alla lontana. La nobiltà però aveva i suoi rituali e quindi i due si incontrano ufficialmente quando lei ha 18 anni. Si innamorano. Figo, vero? …Mica tanto.
Gli Antici e i Leopardi litigano da tempo per la proprietà di alcune terre, quindi i due mettono in scena una vicenda che potrebbe ricordare quella di Giulietta e Romeo che, se non lo sai, erano due che si amavano ma le loro famiglie erano rivali.
Se mai si fosse accesa in te una scintilla di curiosità (il mio cuore di prof tifa che ciò sia accaduto) puoi andare a cercarti la trama di questa celeberrima tragedia di un altro figo spaziale, William Shakespeare (che si legge Sciecspir… giusto per evitarti brutte figure).
Con Giulietta e Romeo finisce che muoiono in due (in modo drammaticissimo… varrebbe la pena di raccontartelo, ma sarà per la prossima occasione) mentre per Monaldo e Adelaide finisce che si sposano senza la presenza dei Conti Leopardi. La benedizione all’unione da parte della famiglia avverrà solo dopo lo scambio degli anelli.
Adelaide era una donna descritta dalle cronache come di “bellezza severa” (come a dire “un tipo”) e con gli occhi di zaffiro (ossia molto blu), gelida nel comportamento.
Doveva essere un bel peperino, sia per quello che ne scrisse poi Giacomo sia per il fatto che si fece subito amministratore dei beni di famiglia, appena in tempo per evitare il disastro.
Dovendo cominciare un periodo di austerità, fu la prima a dare il buon esempio: vestiva di scuro, rideva poco, pregava in continuazione e se qualcuno moriva bisognava – diceva lei – essere felici perché l’anima era andata a stare meglio (che è vero, ma insomma…).

Il marito pare che accettasse di buon grado questo decisionismo della moglie, ma se entri in Casa Leopardi, in una cornice vedi un panciotto di Monaldo: bianco, con tanti fiorellini ricamati. Saranno stati bene insieme perché gli opposti si attraggono?
Ah, si sposarono nel settembre 1797.
Un passo indietro su Monaldo, che lo merita
Non vorrei sembrare insistente ma, di fatto, lo sono. Monaldo merita ancora qualche riga, perché anche lui aveva i suoi buoni motivi per essere considerato un figo.
Subito dopo il matrimonio rivestì alcuni incarichi pubblici ma seppe anche rifiutarne altri, che non è da tutti (trovami un politico capace di rinunciare a una poltrona!). Non ricoprì quelli che non riteneva in sintonia con il suo credo di cristiano e con la sua fedeltà al papa. Certo, si oppose alla Rivoluzione francese e fu un conservatore che finì per precludersi alcune possibilità, ma fece anche cose davvero importanti per la gente che abitava nel suo territorio. Per esempio, pur essendo preoccupato che meccanizzare alcune mansioni significasse togliere posti di lavoro, si espresse a favore delle ferrovie, perché aveva capito benissimo l’importanza di scambiare merci e far viaggiare persone (con suo figlio fu un altro paio di maniche, ma ne parliamo dopo).
Favorì la costruzione di abitazioni per i contadini che lavorassero i terreni ricavati dalla messa a coltura dei prati.
Attenzione! Ora tu puoi pensare che coltivare aree selvagge sia un danno ambientale, ma all’epoca non esisteva inquinamento e la popolazione era in numero drasticamente ridotto rispetto a ora, quindi la sua idea era salvifica per tutti quelli che non avevano la terra e quindi, in senso letterale, non sapevano che cosa mangiare
Non ancora soddisfatto, introdusse colture nuove, tra le quali il cotone e le patate (che sono belle sostanziose e crescono a ciclo continuo, ma all’epoca non erano per niente diffuse. Spiegare il perché sarebbe bello ma – ancora una volta – è un’altra storia!).
E il buon Monaldo aveva pure capito che mangiare non basta: bisogna nutrire la testa! E cosa fece? Aprì la propria biblioteca a chiunque. Cioè, proprio come se fosse stata una biblioteca pubblica. Vabbe’, il prestito era una cosa impensabile (i libri erano costosissimi), ma è un po’ come se oggi un concessionario di Ferrari ti prestasse l’auto per raggiungere la tua scuola così da essere sicuro (lui!) che tu ci vada tutti i giorni (perché...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Nota pratica
- Nota introduttiva
- Scritto nero su bianco
- Diario del Primo Amore
- Le Operette Morali
- Dialogo tra un venditore di almanacchi e un passeggere
- I Canti
- L’infinito
- Il passero solitario
- La sera del dì di festa
- Alla luna
- A Silvia
- Il sabato del villaggio
- Le ricordanze
- Canto notturno di un pastore errante per l’Asia
- La quiete dopo la tempesta
- A se stesso
- La ginestra
- Opere di Giacomo Leopardi
- Copyright