C’era una volta, tanto tempo fa, un continente progredito e meraviglioso chiamato Atlantide. I suoi abitanti erano alti, belli, atletici, ricchi e saggi. Il loro sangue era di colore blu e donava alla loro pelle una caratteristica tinta violetta. Possedevano una tecnologia avanzatissima, capace di generare illimitate quantità di energia. Grazie a speciali cristalli potevano controllare il clima e curare ogni malattia. La vita media di un abitante di Atlantide era di circa ottocento anni.
I palazzi delle loro città erano ricoperti d’oro e sui tetti erano incastonate pietre preziose. Canali d’acqua attraversavano le strade, e sui canali navigavano vascelli dalle vele di seta che risplendevano al sole.
Gli abitanti di Atlantide allevarono una razza inferiore di umani - cioè noi - da usare come schiavi. Ma poiché la loro vita era così facile e comoda, accadde che iniziarono ad annoiarsi. Crearono così dei parchi in cui lasciare liberi gli umani e, in queste aree, scatenarono tempeste, terremoti, eruzioni vulcaniche e quant’altro li divertiva, senza preoccuparsi troppo per le sorti dei loro schiavi.
Un giorno quella tecnologia avanzatissima sfuggì al controllo dei suoi creatori e l’intero continente fu distrutto. In un solo giorno, tremendi terremoti e gigantesche ondate fecero sprofondare Atlantide negli abissi dell’oceano e di essa non restò nulla.
Sopravvissero solo alcuni gruppi di schiavi, che erano riusciti a scappare dal continente prima del disastro. Iniziarono a prosperare in varie parti del mondo, ricordando sempre la cultura dei loro padroni e cercando di ricrearla ovunque decidevano di vivere. Furono loro i progenitori delle antiche civiltà che oggi chiamiamo Aztechi, Inca, Maya, Sumeri, Egizi e Cinesi…
Caroline sollevò lo sguardo dal libro da cui aveva appena letto la storia di Atlantide, così come era stata riassunta sulla base di migliaia di altri libri scritti negli ultimi duecento anni. Era un volume che aveva suggerito loro il signor Zwingle.
«Iniziate da qui» aveva detto, mettendo a loro disposizione un paio di comode poltroncine e un tavolo bene illuminato da una lampada. «Poi lasciate che le vostre domande vi guidino nella ricerca. Questi sono alcuni dei testi più importanti scritti sulla storia di Atlantide… ve li lascio qui accanto. Se poi vi serve qualcos’altro, mi trovate di là ad aggiornare l’archivio.»
Caroline aveva iniziato quasi subito, mentre Tommy aveva preso a sfogliare prima un tomo, poi un altro, apparentemente senza un criterio.
– Non ti sembra romantico? – chiese ora Caroline.
Tommy si sistemò gli occhiali. – Romantico? Che cosa, di grazia, sarebbe romantico?
– L’idea che un tempo lontano esistesse una razza simile a quella umana e fosse la madre da cui sarebbero discese tutte le più antiche civiltà. Io la trovo un’ipotesi irresistibile!
– Hai detto bene – fece Tommy. – È un’ipotesi! E mi sembra assurda.
– Ma è scritto qui – protestò lei.
– Certo, lo so che è scritto lì. Però, se vuoi, ti faccio vedere un mucchio di libri dove c’è scritto che esistono i draghi e le fate, o altri ancora in cui si dice che la Terra è piatta o che l’uomo non è mai andato sulla Luna! Credi pure a quelli?
Caroline scosse la testa, irritata.
– Sei profondo come una pozzanghera! A parte che draghi e fate potrebbero esistere… Comunque, tornando ad Atlantide, magari la versione ufficiale che leggiamo sui libri di storia è diversa, ma qui si parla di un evento lontanissimo nel tempo su cui non esistono certezze. Perché queste teorie non dovrebbero essere valide? Sono sicura che sono supportate da prove importanti… non è che uno si inventa certe cose di sana pianta.
– Sai che mia zia lavora in una grande casa editrice, – rispose Tommy – e lei mi dice sempre che non si scelgono i libri da pubblicare sulla base del loro rigore o della verità dell’argomento che trattano. Si pubblicano i libri che possono vendere più copie, sia quelli che noi potremmo giudicare seri e ben fatti, sia quelli che sono pieni di sciocchezze, ma che piacciono a tante persone.
Caroline aggrottò la fronte. – D’accordo, ma qualcosa di vero deve esserci! – protestò.
Tommy si strinse nelle spalle. – Le case editrici non sono enti di beneficenza. Sono imprese commerciali e devono fare i loro interessi, altrimenti chiudono. Poi, certo, dice sempre mia zia: c’è anche chi decide di pubblicare solo libri seri e le cui informazioni sono verificate e controllate, ma diciamo che non è la regola –. Il ragazzo rivolse all’amica un sorriso furbo. – Per questo io scelgo sempre canali alternativi per approfondire gli argomenti che mi interessano. Basta conoscere gli Youtuber giusti!
Caroline sbuffò. Sapeva bene che Tommy si considerava un mago delle ricerche online, ma sospettava che YouTube non fosse esattamente una miniera di informazioni affidabili.
– Be’, la Dalton ci ha vietato di usare Internet – sospirò Caroline. – Dobbiamo trovare un modo per capire se quello che dice questo libro sia vero oppure no…
– Sai che cosa potremmo fare per cercare di capirlo?
– No, che cosa?
– Andare indietro nel tempo!
Caroline alzò gli occhi al soffitto, spazientita. – Oh, che stupida a non averci pensato subito. Ma certo, possiamo salire sulla nostra macchina del tempo e vedere con i nostri occhi se Atlantide è esistita o meno. Che ideona!
Tommy ridacchiò. – Be’, in un certo senso è così… Effettivamente noi ce l’abbiamo, una macchina del tempo.
– Ah, sì? Tu ce l’hai? Perché la mia l’ho dimenticata a casa – disse Caroline sarcastica e sempre più irritata.
Il ragazzo indicò il tavolinetto con la pila di volumi che il libraio aveva messo loro a disposizione. – Eccola.
– Che cosa… il tavolo? –. Caroline non capiva dove volesse andare a parare il suo amico.
– Ma no, i libri! Sono come macchine del tempo: se cerchi quelli più vecchi scoprirai come vedevano le cose i nostri antenati, e più vai indietro nella ricerca, più ti avvicinerai a chi ha parlato per primo di un dato argomento, riuscendo magari a scoprire un resoconto che non è distorto dal passare del tempo e dagli abbellimenti che ogni autore aggiunge ogni volta che ripete una storia scritta da altri.
La ragazza non poté nascondere un sorriso. – Pensavo che non ti fidassi dei libri –. Dopo un istante annuì. – Però hai ragione. Ci sono certe storie legate alla nostra famiglia che mia mamma racconta in un modo, ma poi, se ne parlo con il nonno, scopro che le stesse storie lui se le ricorda diversamente. E quando andiamo a trovare la bisnonna lei ci racconta un’altra versione ancora, che però poi si rivela essere quella giusta.
– Caspita, tu hai ancora la bisnonna?
Caroline sorrise. – Sì, lei mi racconta che una volta si diventava mamme molto presto…
– Be’, – riprese Tommy – se vogliamo capire come nasce la storia di Atlantide, è abbastanza inutile metterci a leggere quello che oggi dicono certi scrittori, che magari riempiono i loro racconti di abbellimenti e dettagli fantasiosi per renderli più interessanti e credibili. Dobbiamo risalire alle origini.
La ragazza tolse dallo zaino il quaderno con gli appunti che aveva preso in classe il giorno prima. Tommy non poté fare a meno di osservare l’amica mentre lo sfogliava: alcune pagine assomigliavano a piccole opere d’arte, piene in egual misura di parole, illustrazioni veloci, frecce multicolore e scarabocchi geometrici. Gli appunti di Caroline erano raramente ordinati, ma erano sempre una gioia per gli occhi. Tommy (che di appunti ne prendeva pochissimi) certe volte le chiedeva di prestarglieli solo per poterli ammirare.
– Allora, la prof ha detto che il primo a scrivere di Atlantide è stato il filosofo greco Platone, vissuto tra il 427 e il 347 avanti Cristo. Platone dunque visse circa duemilacinquecento anni fa nell’antica Grecia. Fu allievo di quello che è considerato il primo, vero filosofo, cioè Socrate, e a sua volta fu maestro di un altro grandissimo pensatore, Aristotele.
Navigando con sicurezza tra i suoi appunti artistici, Caroline raccolse le idee: intorno al 355 avanti Cristo, Platone aveva ormai superato i settant’anni d’età, aveva avuto una vita ricca e avventurosa e da alcuni decenni teneva lezioni ad Atene; fu in quel periodo che scrisse due dialoghi, intitolati Timeo e Crizia, dove iniziava a raccontare la storia di Atlantide.
A Platone piaceva esporre le sue idee inventandosi dialoghi in cui immaginava il suo maestro, Socrate, rispondere alle domande di altre personalità di Atene. Gli argomenti spaziavano dalla politica, alla morale, al linguaggio…
Nel suo dialogo più famoso, La Repubblica, il filosofo presentava il suo progetto per uno Stato ideale, basato sul bene comune. Dopo quel testo, forse, Platone intendeva scrivere altri tre libri, ciascuno dei quali dedicato ai ragionamenti di un personaggio diverso: Timeo, un astronomo di Locri, doveva parlare delle origini del mondo e della natura dell’uomo secondo la filosofia di Pitagora; poi c’era Crizia, un lontano parente di Platone, storico, poeta e politico, che raccontava la storia della guerra fra Atlantide e Atene; infine Ermocrate, un generale siracusano in esilio, che avrebbe dovuto parlare di qualche argomento analogo. Il progetto però non fu mai completato: Platone scrisse il Timeo, iniziò a lavorare sul Crizia e poi si interruppe per dedicarsi a quello che sarebbe stato il suo ultimo dialogo prima di morire, Le Leggi.
– Dunque, Platone non terminò il suo lavoro dedicato ad Atlantide – osservò Tommy. – Ma quello che scrisse nei primi due dialoghi forse è sufficiente a darci un’idea di come doveva essere Atlantide. Guarda un po’ se il libraio ci ha lasciato qualcosa su Platone…
Caroline fece scorrere i libri sul tavolino basso e trovò proprio una traduzione commentata dei lavori di Platone.
– Eccola! – esclamò, iniziando a sfogliarla. – Dunque, vediamo…
Caroline leggeva qualche brano qui e là. Partì dal Timeo, che iniziava con un dialogo tra il filosofo Socrate e l’astronomo Timeo, in cui i due discutevano di come si sarebbe dovuta comportare una società ideale in guerra. A un certo punto interveniva lo storico Crizia, il quale diceva che, per una strana coincidenza, era a conoscenza di una vicenda significativa per quel tema. L’aveva sentita quando era un bambino di dieci anni da un anziano poeta.
– Ecco – disse Caroline. – È qui che Crizia inizia a raccontare la sua storia. Sta a sentire: “Ascolta, Socrate, una storia decisamente strana, ma d’altra parte del tutto vera, stando a quanto mi disse una volta Solone”.
– Chi è Solone? – chiese Tommy.
– Ah, durante l’ora della Dalton non sei stato attento… – lo canzonò Caroline.
Lui sospirò. – Ogni mattina devo scegliere se stare attento a lezione o fare il buffone. E sai quanto tengo al buon umore delle persone.
La ragazza alzò gli occhi al soffitto trattenendo una risata. – Solone era stato un politico e un poeta di Atene – spiegò. – Ebbene, dice Crizia, una volta Solone visitò l’Egitto e si mise a parlare di epoche lontane con gli anziani sacerdoti. Riportò quelle che credeva fossero le storie più antiche di Atene, ma fu deriso dal più anziano dei sacerdoti egizi: “Solone, voi Greci siete sempre fanciulli”. Intendeva dire che i greci non avevano né tradizioni né scienze poi così antiche. “Non sapete nemmeno” gli disse “che nella vostra regione è vissuto il popolo migliore del genere umano, da cui discendete tu e la tua città… Ne siete ignari perché, per molte generazioni, i superstiti sono morti senza lasciare traccia di sé, per la mancanza di scrittura.”
– Si riferisce agli abitanti di Atlantide? – domandò Tommy.
– Aspetta, ci sto arrivando! – rispose Caroline, poi proseguì. – Il vecchio egizio raccontò di come un tempo Atene sconfisse una potenza che aveva invaso senza scrupoli tutta l’Europa e l’Asia, irrompendo nel continente dall’Oceano Atlantico. Questa potenza ostile era Atlantide. Eccola qui –. Caroline picchiettò l’indice sulla pagina. Era la prima volta che quel nome compariva nel testo di Platone. – Qui, sempre riportando il racconto di Solone, si dice che Atlantide era “un’isola, davanti a quell’imboccatura che chiamate Colonne d’Ercole”.
– Questa la so! – esclamò Tommy, orgoglioso. Si schiarì la voce e iniziò a parlare con un tono impostato: – Sono le colonne immaginarie che delimitavano i confini del mondo conosciuto dagli antichi e che corrispondono all’odierno stretto di Gibilterra, cioè quel passaggio di mare, tra la Spagna e l’Africa, che mette in comunicazione il Mar Mediterraneo con l’Oceano Atlantico!
Caroline alzò i pollici. – Bravo, Tommy! Dieci e lode.
– Grazie, Internet – disse lui esibendosi in un buffo inchino.
– Non avevo dubbi. Dunque, dov’eravamo… Ah, sì, dicevo che Atlantide si trovava oltre questo stretto di mare. “L’isola” continuò il sacerdote egizio “era più grande della Libia e dell’Asia messe assieme, e da essa i naviganti dell’epoca potevano passare alle altre isole di quel mare lontano e raggiungere perfino il continente che si trovava all’estremità opposta.” Un giorno, dunque, – proseguì Caroline – quest’isola raccolse i suoi eserciti e tentò di sottomettere la Grecia, l’Egitto e tutte le regioni che si estendevano al di qua dello stretto. “In quell’occasione, Solone,” disse ancora il vecchio sacerdote “la forza e la virtù della città di Atene furono chiare agli occhi di tutti gli uomini… Dopo aver sconfitto gli invasori, eresse monumenti, impedì che fossero asservit...