Bosch arrivò in ritardo e dovette parcheggiare in una stradina del cimitero lontana dal funerale di John Jack Thompson. Attento a non calpestare nessuna tomba, attraversò due sezioni zoppicando, con il bastone che affondava nel terreno soffice, finché vide un gruppo di persone. Per la sepoltura del vecchio detective c’erano solo posti in piedi e Bosch sapeva che il suo ginocchio non avrebbe retto, a sole sei settimane dall’operazione. Si ritirò nella sezione chiamata Garden of Legends e si sedette su una panca di cemento che faceva parte della tomba di Tyrone Power. Era una vera e propria panchina, in fondo, non gli sembrò di mancare di rispetto all’attore accomodandosi lì. Da bambino, sua madre lo portava a vedere i film di Power ogni volta che li davano nei cinema specializzati in classici. Lo ricordava pieno di fascino nella parte di Zorro e in quella dell’imputato in Testimone d’accusa. Era morto d’infarto sul lavoro, durante le riprese di un duello in Spagna. Morire mentre fai quello che ami non era un brutto modo di andarsene, Bosch l’aveva sempre pensato.
Il funerale di Thompson durò una mezz’ora. Bosch era troppo lontano per udire ciò che veniva detto, ma poteva immaginarlo. John Jack, come lo chiamavano tutti, era un brav’uomo. Quarant’anni di servizio nel Los Angeles Police Department, prima in divisa, poi come detective. Aveva arrestato molti delinquenti e aveva insegnato a farlo a tanti più giovani di lui.
Uno dei quali era Bosch. Da novellino, più di trent’anni prima, si era trovato a lavorare in coppia con quella leggenda della Divisione Hollywood. Tra le altre cose, John Jack gli aveva insegnato come riconoscere i segni di una menzogna durante un interrogatorio. Lui riusciva sempre a capire quando qualcuno mentiva, e diceva che ci vuole un bugiardo per riconoscerne un altro, ma non aveva mai spiegato a Bosch come avesse raggiunto quella conclusione.
Erano stati partner solo per due anni, perché Bosch si era dimostrato un allievo di talento e John Jack lo aveva lasciato andare per addestrare una nuova recluta della Omicidi, tuttavia maestro e studente erano rimasti in contatto negli anni. Bosch aveva fatto un discorso alla festa d’addio di Thompson, raccontando di una volta che, mentre lavoravano a un caso di omicidio, John Jack aveva fermato il furgone di un fornaio dopo averlo visto passare con il semaforo ormai arancione. Bosch gli aveva chiesto perché avevano interrotto la ricerca dell’indiziato per un’infrazione stradale di poco conto. Thompson aveva risposto che lui e sua moglie Margaret avevano degli invitati a cena, quella sera, e doveva portare a casa il dolce. Era sceso dall’auto, si era avvicinato al furgone e, mostrando il distintivo al conducente, lo aveva informato che aveva appena commesso una violazione da due crostate alla ciliegia. Tuttavia, da uomo giusto qual era, alla fine gliene aveva scontata una ed era tornato in macchina con il dessert per la cena.
Quelle storie, così come la leggenda di John Jack Thompson, erano sbiadite nei vent’anni in cui si era goduto la pensione, ma intorno alla sua tomba c’era una discreta folla e Bosch riconobbe molti uomini e donne con cui aveva lavorato al LAPD. Probabilmente anche il ricevimento a casa di John Jack dopo la sepoltura sarebbe stato affollato, e sarebbe durato fino a notte.
Bosch aveva perso il conto dei funerali di detective in pensione a cui aveva partecipato. La guerra di logoramento stava ormai avendo la meglio sulla sua generazione. Ma quel funerale era di alto livello, c’erano la guardia d’onore ufficiale del LAPD e i suonatori di cornamusa. Era un riconoscimento alla posizione che John Jack aveva occupato nel dipartimento. Le note tristi di Amazing Grace echeggiavano nel cimitero e oltre il muro di cinta che lo divideva dagli studi della Paramount.
La bara fu calata nella fossa, le persone cominciarono a tornare verso le loro auto. Bosch si diresse verso Margaret, che era rimasta seduta, con una bandiera piegata in grembo. Gli sorrise vedendolo.
«Harry, hai ricevuto il mio messaggio» disse. «Sono felice che tu sia venuto.»
«Non me lo sarei mai perso.»
Si chinò a baciarla su una guancia e le strinse la mano. «Era un brav’uomo, Margaret. Ho imparato tanto da lui.»
«Sì, lo era. E tu eri uno dei suoi preferiti. Si sentiva orgoglioso di tutti i casi che hai risolto.»
Bosch si voltò a guardare nella fossa. La bara sembrava di acciaio inossidabile.
«L’ha scelta lui» spiegò Margaret. «Diceva che somigliava a un proiettile.»
Bosch sorrise. «Mi spiace non essere riuscito a vederlo, prima della fine.»
«Non fartene una colpa, Harry. Avevi i tuoi problemi al ginocchio. Come sta andando?»
«Ogni giorno un po’ meglio. Non avrò bisogno di questo bastone ancora a lungo.»
«Quando John Jack si è operato alle ginocchia, quindici anni fa, diceva che si sentiva come nuovo.»
Bosch si limitò ad annuire. “Come nuovo” gli sembrava un tantino ottimista.
«Vieni a casa?» chiese Margaret. «Ho qualcosa per te. Da parte sua.»
Bosch la guardò.
«Da parte sua?»
«Vedrai. È una cosa che darei solo a te.»
Bosch vide gli altri familiari intorno a un paio di limousine nella corsia di parcheggio. Dovevano essere due generazioni di figli.
«Posso accompagnarti alla macchina?» chiese.
«Sei gentile, Harry.»
Il motivo per cui Bosch era arrivato in ritardo al funerale, quella mattina, era che si era fermato a prendere una crostata alla ciliegia da Gelson’s. La portò con sé nello chalet su Orange Grove dove John Jack e Margaret Thompson avevano vissuto insieme per oltre cinquant’anni e la lasciò sul tavolo da pranzo con altri piatti e vassoi di cibo.
La casa era piena di gente. L’attraversò salutando persone e stringendo mani, in cerca di Margaret. La trovò in cucina. Stava estraendo una teglia dal forno. Per tenersi occupata.
«Harry. Hai portato la torta?»
«Sì. l’ho messa sul tavolo.»
Lei aprì un cassetto e gli mise in mano spatola e coltello.
«Cosa volevi darmi?» chiese Bosch.
«Un po’ di pazienza» rispose Margaret. «Prima taglia la torta, poi va’ nello studio di John Jack, a sinistra lungo il corridoio. È sulla scrivania, non puoi sbagliare.»
Bosch tornò in sala da pranzo e tagliò la crostata in otto fette. Poi riattraversò la folla del soggiorno e andò in corridoio. Era già stato lì. Molti anni prima, quando lavoravano insieme, dopo un turno lungo Bosch finiva spesso a casa di Thompson per una cenetta a tarda sera preparata da Margaret e una riunione strategica con John Jack. A volte si fermava sul divano dello studio per qualche ora di sonno, prima di tornare al lavoro. Teneva persino dei vestiti di ricambio nell’armadio di quello studio e Margaret gli lasciava sempre un asciugamano pulito nel bagno degli ospiti.
La porta era chiusa e per qualche motivo bussò, pur sapendo che dentro non c’era nessuno. Entrò nel piccolo ufficio con scaffali su due pareti e la scrivania contro la terza, sotto la finestra. Il divano dal lato opposto della finestra c’era ancora. Su un sottomano verde sopra la scrivania c’era un raccoglitore blu con dentro quasi dieci centimetri di documenti.
Era un quaderno dell’omicidio.
Ballard osservò i resti senza battere ciglio. Da vicino, l’odore di kerosene misto a quello di carne bruciata era tremendo, ma tenne duro. Era lei ad avere il comando della scena fino all’arrivo degli esperti di incendi. La tenda di nylon si era fusa ed era crollata sopra la vittima, come un sudario che ancora l’avvolgeva qua e là, nei punti in cui il fuoco non aveva consumato tutto. L’uomo aveva un’espressione serena e lei si chiedeva come fosse possibile che non si fosse svegliato. I test tossicologici avrebbero determinato il livello di alcol e droghe nel sangue. Forse non si era davvero accorto di nulla.
Ballard sapeva che non si sarebbe occupata di quel caso, ma prese il cellulare e scattò foto del cadavere e della scena, tra cui diversi primi piani della stufa da campeggio rovesciata che presumibilmente era stata la causa dell’incendio. Quindi aprì l’app del termometro e annotò che la temperatura attuale nella zona di Hollywood era di undici gradi centigradi. Lo avrebbe scritto nel rapporto che avrebbe inoltrato anche all’Unità Incendi Dolosi dei vigili del fuoco.
Fece qualche passo indietro e si guardò intorno. Erano le 3.15 del mattino e Cole Avenue era deserta, a parte i senzatetto che erano usciti da tende e ripari di cartone sul marciapiede che costeggiava l’Hollywood Recreation Center. Fissavano confusi e a occhi spalancati il procedere dell’indagine sulla morte di uno di loro.
«Come è arrivato a noi questo caso?» domandò Ballard.
Stan Dvorek, il sergente di pattuglia che l’aveva chiamata, venne da lei. Lavorava al turno di notte, detto “l’ultimo spettacolo”, da prima di chiunque altro alla Divisione Hollywood: più di dieci anni. Gli altri del suo turno lo chiamavano il Relitto, solo alle spalle, però.
«Ci hanno avvertito i vigili del fuoco. Qualcuno passando in auto ha visto le fiamme e ha chiamato loro per segnalare un incendio.»
«Quel qualcuno ha un nome?»
«No. Ha fatto la telefonata e ha proseguito.»
«Grande.»
Due autocisterne erano ancora sulla scena. ...