In prima linea contro il Coronavirus
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In prima linea contro il Coronavirus

Storie dai reparti Covid-19

  1. 31 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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In prima linea contro il Coronavirus

Storie dai reparti Covid-19

Informazioni su questo libro

Il racconto del periodo più drammatico nella storia della Repubblica e dell'eroismo di chi sta affrontando l'emergenza in prima linea - medici, infermieri e personale sanitario - nelle parole di un protagonista: il direttore dell'unità di terapia intensiva generale e cardiovascolare dell'Ospedale San Raffaele di Milano.

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Informazioni

In prima linea contro il Coronavirus

Se Friedrich Wilhelm Nietzsche, morto a Weimar il 25 agosto del 1900, potesse collegarsi via Skype dal Cielo, probabilmente ci direbbe con un sorriso: «Io ve l’avevo detto!»
Infatti, quello che noi tutti stiamo vivendo da metà febbraio rischia di ridurre considerevolmente le nostre certezze in tema di verità e progresso scientifico, ingenerando un pericoloso senso di vuoto di fronte al caos irrazionale.
Leggere che metà dell’umanità è intrappolata a domicilio mi porta a un pensiero semplice e devastante: alla natura e a tutto il mondo animale ciò non è mai successo, se non per colpa dell’uomo.
Sembrano considerazioni futili, ma occupano la mia mente e mi obbligano a riflettere e a cercare risposte difficili, forse impossibili da ottenere, a meno che non ci si accontenti delle banalità proposte ogni giorno da chi trascorre il suo tempo alla ricerca del facile consenso.
Riguardando le immagini del mio diario devo tornare a sabato 22 febbraio 2020; dopo di allora, la vita di tutti noi non è stata più la nostra vita ma una sequenza incalzante di notizie, riunioni e azioni, talvolta caotiche, non programmate, urgenti, miseramente inutili.
Quel giorno, un sabato carnevalizio, partecipai a due riunioni, una con i vertici direzionali sanitari del mio ospedale, il San Raffaele di Milano, l’altra con i primari di anestesia e rianimazione dell’area metropolitana milanese; oggi, a distanza di due mesi, posso affermare con certezza che non sapevamo e non potevamo immaginare ciò che ci attendeva.
Era evidente che stava manifestandosi qualcosa di grave, ma avvertivo che la situazione non era realmente chiara a nessuno. Chi valuta prima di tutto i dati certi, come faccio io, sapeva che le cose si erano messe da subito nel modo peggiore: il famoso “paziente zero”, la coppia di turisti cinesi, lo Spallanzani, le conferenze stampa… tutto sembrava concorrere a costruire in tempi brevi la più imprevedibile rappresentazione del Dramma Globale del primo quarto di questo secolo.
L’Italia stava per scoprire un mondo sommerso popolato da Comitati, Commissioni e Istituti, ma soprattutto i numeri, le proiezioni, le curve statistiche, e poi loro: i virologi, gli esperti, i sequenziatori genetici e i matematici. Ma un’altra categoria ancora emergeva con forza indiscussa: gli Scienziati! Ora io non conosco bene i confini entro i quali una persona possa essere considerata uno scienziato; in realtà non me ne sono mai occupato seriamente, ma quando ho iniziato a percepire una certa facilità nell’attribuzione della qualifica sono diventato severo e ho avvertito il bisogno di fornire qualche utile indizio senza avere la pretesa di avere per forza ragione. Esiste il cosiddetto indice H, o indice di Hirsch (H-Index), un criterio per valutare la produzione scientifica del presunto scienziato e qualificarlo sulla base di pubblicazioni e numero di citazioni. Provate a trovare quello dei vari scienziati televisivi o del web: è molto semplice, è sufficiente consultare un database internazionale. Vi divertirete!
La sera di sabato 22 febbraio capii che dovevo iniziare a lavorare per cercare di centrare un primo obiettivo: ricavare nuovi letti di terapia intensiva da dedicare ai pazienti critici con gravi complicanze polmonari indotte dall’infezione da Covid-19.
Lavorare al San Raffaele è una cosa bellissima per tante ragioni, la più importante delle quali è che si svolge la professione medica nel Policlinico Universitario italiano con il più alto credito internazionale. Non bisogna sottovalutare, però, un altro aspetto determinante: il San Raffaele è un istituto clinico e di ricerca ad alta specializzazione privato.
In Italia lavorare nel privato, soprattutto in ambito sanitario, ti fa sentire osservato con sospetto se non addirittura, in talune circostanze, con disprezzo (per esempio durante le riunioni con colleghi del pubblico).
Non voglio sprecare tempo prezioso, ma devo chiarire: “privato convenzionato col Servizio Sanitario Nazionale” vuol dire curare tutti gratuitamente e allo stesso modo, con la differenza che il tuo proprietario non è lo Stato.
La mattina di domenica 23 febbraio ricordo che chiamai il dottor Paolo Rotelli per aggiornarlo sui temi trattati nella famosa riunione del giorno precedente. Dopo avermi ascoltato con attenzione, lui mi disse: «Ci troviamo, molto probabilmente, di fronte alle prime manifestazioni di una epidemia che potrebbe sconvolgere gli equilibri sociali nazionali e internazionali. Per quanto è di tua competenza, agisci e opera affinché il San Raffaele e tutti gli ospedali del Gruppo forniscano il massimo supporto all’Autorità governativa regionale. Da oggi questo è il nostro obiettivo prioritario».
Le parole propositive del dottor Rotelli mi rincuorarono, e quella stessa domenica mattina iniziò la battaglia più importante della mia vita professionale.
È inutile negare che l’epidemia di Covid-19 sia stata comunicata con un ritardo significativo rispett...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. In prima linea contro il Coronavirus
  4. Copyright