Costituzione e Coronavirus
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Costituzione e Coronavirus

La democrazia nel tempo dell'emergenza

  1. 45 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Costituzione e Coronavirus

La democrazia nel tempo dell'emergenza

Informazioni su questo libro

Come funziona la democrazia durante l'emergenza di una pandemia globale? Le istituzioni pubbliche italiane hanno agito rispettando tutte le garanzie e le previsioni costituzionali? La divisione dei compiti tra regioni e Stato in ambito sanitario ha funzionato correttamente? La temporanea restrizione delle nostre libertà e la necessità di agire con urgenza lascerà dei segni sui poteri dello Stato e sui nostri diritti? Non serve evocare lo "stato di eccezione" o improbabili riforme di sistema, la nostra Costituzione contiene già le risposte a tutte queste domande.

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Costituzione e Coronavirus

L’emergenza imprevista dovuta all’epidemia, accanto e sia pure in subordine rispetto alle preoccupazioni più contingenti per la salute, per le limitazioni imposte nella vita di tutti i giorni, per le immediate conseguenze economiche e sociali, sta suscitando riflessioni e interrogativi sull’adeguatezza delle istituzioni pubbliche ai compiti, vecchi e nuovi, che a esse incombono e sul modo in cui vi fanno o dovrebbero farvi fronte.
Si va da chi mette a confronto le reazioni delle istituzioni nei diversi paesi e luoghi, interrogandosi sulle capacità di risposta dei sistemi democratici e di quelli più o meno autoritari; a chi si preoccupa di una presunta inadeguatezza delle regole sulla distribuzione delle competenze (fra Stato, Regioni ed enti locali) ai fini delle risposte da dare; a chi lamenta la mancanza di regole adeguate per governare lo stato di emergenza; a chi addirittura invoca una nuova fase costituente per “modernizzare” lo Stato.
L’intento di questo testo non è cercare di rispondere a tutti gli interrogativi che sorgono, ma solo di richiamare, sui temi del dibattito, il ruolo e il significato dei principi della Costituzione che entrano in gioco. Non daremo dunque qui risposta alle tante domande specifiche che sono state poste, o che si possono porre, su questo o quel provvedimento adottato, sui criteri seguiti nell’affrontare le circostanze dell’emergenza, anche alla luce delle evidenze o delle ipotesi scientifiche, o sulle prospettive che si aprono per il prossimo futuro.
È chiaro che una situazione eccezionale, la quale investe l’intera società e apre prospettive immediate inedite e incerte per tutti i suoi componenti, ripropone questioni, vecchie e nuove, sull’assetto effettivo o desiderato delle istituzioni: anche se può essere pericoloso guardare a questi temi con l’occhio impaurito del momento, senza guardare più lontano. Le istituzioni, infatti, non sono utensili usa e getta, da adattare solo con prospettive di breve o brevissimo termine: come se un viandante, sorpreso dalla tempesta in un bosco, pensasse che il riparo che si procura nell’immediato possa essere la casa in cui abitare per i prossimi anni o decenni, da scambiare con quella costruita per durare.
È giusto, quindi, interrogarci anche sul funzionamento delle istituzioni in questo momento e sul corretto funzionamento delle regole e dei principi che presiedono sempre, anche nelle situazioni di emergenza, alla vita della collettività. Ma attenzione a non farci deviare da preoccupazioni immediate (cui occorre far fronte con tutti gli strumenti che abbiamo, usandoli al meglio) verso prospettive istituzionali che, a lungo termine, sono destinate a rivelarsi dannose o pericolose.

La “saggezza” della Costituzione

Quanto detto vale ancor di più quando pensiamo alle regole e ai principi che per loro natura sono destinati a durare, afferendo alle esigenze più profonde e durature della società, come sono le regole e i principi costituzionali. È stato detto che le Costituzioni sono lo strumento che i popoli si dànno nel momento della saggezza, a valere per il momento della confusione. Ed è evidente come le situazioni di emergenza possano talora dar luogo più a pericoli di confusione che al manifestarsi di una “saggezza” di lungo periodo. L’emergenza può certo palesare esigenze o mettere a nudo difetti che in tempi normali magari siamo portati a trascurare o a sottovalutare; ma prima di sovrapporre la pretesa nuova “saggezza” di una futura Costituzione a quella della Costituzione che ci regge dobbiamo esercitare il massimo della riflessione e della cautela, e guardarci dal ragionare solo in termini di immediatezza. Tanto più in un Paese, come il nostro, in cui spinte non meditate e improvvide verso pericolosi “nuovismi” costituzionali hanno spesso caratterizzato la vita politica.

La democrazia non è “debole”

Una prima cosa deve essere chiara. Il saldo mantenimento e la salvaguardia dei principi del costituzionalismo democratico – legalità e Stato di diritto, garanzia dei diritti fondamentali, assetto pluralistico dei poteri, carattere democratico-rappresentativo delle istituzioni politiche – non possono né debbono mai essere sacrificati a presunte esigenze di efficienza e rapidità degli interventi. Non è vero che una democrazia in quanto tale sia necessariamente più “debole” di un regime autoritario nell’affrontare le emergenze, perché non avrebbe i mezzi per operare adeguatamente.
Al contrario, la risposta delle istituzioni pubbliche alle necessità dell’emergenza è tanto più efficace, nell’immediato e ancor più alla lunga, quanto più la società è consapevole che quelle istituzioni sono davvero i “suoi” strumenti, che essa si è data e utilizza per curare il “bene comune”, cioè gli interessi fondamentali di tutti, e non per offrire occasione di potere a qualcuno o per far prevalere certi interessi di parte su altri interessi di parte.
Un potere autoritario può forse pensare di ottenere prima e in maniera più “spiccia” una apparente obbedienza di massa in superficie, ma non di “governare” davvero la società, o almeno una società di esseri umani liberi, pensanti, comunicanti fra di loro e in rapporto con tutti gli altri esseri umani. Con la forza e la repressione ci si può illudere (solo illudere) di tenere tutto sotto controllo nell’immediato, ma non si governa e non si guida la società. Questa richiede, per durare e per essere la “casa” a cui i suoi componenti si riconoscono partecipi, una diffusa e almeno implicita coscienza che si tratta davvero della “casa comune”, e che quindi costruire dei “codici” collettivi e condivisi, e rispettare almeno tendenzialmente le regole sociali, non è solo una necessità imposta dall’esterno, ma un’esigenza di fondo di quell’essere sociale che è l’uomo. La presenza di una base di consenso diffusa rispetto all’esistenza di leggi e di poteri e doveri individuali e collettivi – che non vuol dire unanimità su tutto né assenza di differenze e di dissensi – è il presupposto di un sistema di istituzioni pubbliche che davvero possa svolgere fino in fondo il proprio ruolo.
Un sistema democratico è un sistema nel quale tutti possono avvertire che c’è qualcosa – non la pura forza o il timore della forza – che “tiene insieme” tutti i membri della società, e di cui tutti sono partecipi consapevoli. Questo è il senso più profondo della Costituzione “casa di tutti”. Le persone, gli esseri umani, avvertono di non essere semplici “oggetti” maneggiati con la forza da un potere estraneo alla società, ma “animali sociali” abitanti di quella casa. Come recita l’articolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, in cui almeno formalmente oggi tutti i gruppi umani sulla terra si riconoscono, «tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti; sono dotati di ragione e di coscienza, e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza».
La consapevolezza di ciò è tanto più forte in un mondo come quello di oggi, in cui la comunicazione e lo scambio fra gli esseri umani hanno una dimensione e una frequenza senza precedenti, e la “rete”, con le sue potenzialità, è sempre più di fatto un “ambiente” comune a tutti, per quanti sforzi possa fare il “potere” di controllarne l’accesso e l’uso, e per quante deviazioni e mistificazioni possano caratterizzare questo uso.

Non serve lo “stato di eccezione”

Ciò premesso, non è vero che il nostro sistema costituzionale non contempli regole e strumenti adatti per le situazioni di emergenza. Esso non prevede, ed è bene così, uno “stato di eccezione” in cui sia pure temporaneamente non valgano più i principi costituzionali. La Costituzione prevede solo, all’articolo 78, lo «stato di guerra» deliberato dalle Camere, le qual...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Costituzione e Coronavirus
  4. Copyright