Churchill, il vizio della democrazia
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Churchill, il vizio della democrazia

  1. 224 pagine
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Churchill, il vizio della democrazia

Informazioni su questo libro

È più semplice di quello che sembra. In assenza di maestri viventi, chi potrebbe finalmente spiegarci che è una follia credere che la politica sia di per sé un male, e che ha invece un ruolo fondamentale nelle democrazie di oggi? E chi potrebbe spiegarci che l'Europa è il piano lungimirante scaturito da due sanguinose guerre mondiali e dunque tocca diventare fieri di essere europei? Chi? Winston Churchill! Morto da più di cinquant'anni, ma vivo come non mai nel racconto travolgente di un autore che mentre lo scopre se ne innamora e gli chiede aiuto. Churchill è un po' il nonno di tutti noi europei, un nonno che tracanna whisky, urla, sbraita, si lamenta senza mai arrendersi, si dà sempre al cento per cento, fuma sigari senza sosta, tossisce, detta ad alta voce bevendo champagne, si ammala, comanda ma ascolta, è risoluto ma ammira chi è in grado di cambiare idea, spesso lavora sdraiato nel letto per giorni o mentre fa uno dei suoi due quotidiani bagni caldi. Fu primo ministro, passò il proprio sessantanovesimo compleanno all'ambasciata di Teheran assieme a Stalin; nel 1930 in un discorso parlò di Stati Uniti d'Europa, vinse il Premio Nobel per la Letteratura nel 1953 e aveva un'àncora come quella di Braccio di Ferro tatuata sull'avambraccio. Insomma, uno da stare ad ascoltare, uno di cui essere fieri, uno che ti fa sentire forte e felice di essere europeo. Perché se è vero che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre forme che si sono sperimentate finora, è bene che diventi un vizio, nella speranza che sia difficilissimo poi smettere.

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Non fate troppi pettegolezzi

Margaret entra, Churchill guarda nel vuoto. Quando lei gli è vicino, lui inizia a parlare: agitato, confuso, ipocondriaco.
CHURCHILL Durante il pisolino mi sono svegliato all’improvviso con un dolore alla gola, qui. (prende la mano di Margaret e se la mette sul collo) È durato parecchio, quasi un’ora, e ho tossito molto. Avrei voluto che lei fosse qui. Mi era già capitato. Dura già da un po’. (all’improvviso, senza nessun tatto e molto preoccupato) È cancro?
Margaret è colta di sorpresa, non sa cosa rispondere.
Non me ne importa, anche se è cancro.
MARGARET Mi faccia vedere. (lo visita, palpa la gola, le tonsille, i linfonodi) Apra la bocca.
CHURCHILL (apre la bocca) Aaaaaaaa...
MARGARET (professionale, continuando a guardare in gola) Non c’è bisogno che dica A.
CHURCHILL Dico B?
MARGARET (sorridendo) No.
CHURCHILL (spiritoso) Se serve, so tutto l’alfabeto. Se ancora me lo ricordo. Sto invecchiando sempre di più.
MARGARET Come tutti i vivi. (sempre controllando la gola. Sembra molto tranquilla) Apra solo la bocca. (un ultimo controllo) Non è niente di grave, questo è certo.
CHURCHILL (volendo sincerarsene) Certo?
MARGARET (annuendo) Non c’è nulla che non vada da un punto di vista organico.
CHURCHILL (diventando improvvisamente quasi allegro, come il migliore degli ipocondriaci) Non ero affatto preoccupato. (si alza, ringalluzzito, cammina per la stanza) In ogni modo, qual è il rimedio per questo dolore, e da che cosa dipende?
MARGARET Direi da un dolore reumatico.
CHURCHILL (non facendosi sfuggire l’occasione) Ottimo. A posto così. Reumatico. Umidità. Acqua. È esattamente quello che pensavo io. Margaret, lei è stata molto acuta a individuare la natura di questo dolore. La ringrazio. Posso riprendere a dipingere.
MARGARET Gradisce qualcosa da mangiare?
CHURCHILL No, non ho fame. Chieda a Jock se vuole qualcosa.
Tra le ultime parole, mi son sempre piaciute quelle di san Lorenzo, che morì bruciato sulla graticola, a faccia in giù su un letto di carboni ardenti, coi senatori romani tutt’intorno a chiedere quale fosse la sua ultima richiesta, e lui disse: «Questa parte è cotta, volta e mangia!».
Churchill ride di gusto, Margaret s’accoda divertita.
Un altro notevole fu Čechov. Sul letto di morte rifiutò l’ossigeno dicendo: «È inutile; io muoio», ordinò al suo medico dello champagne, ne sorseggiò una coppa e disse: «È tanto che non bevo champagne», si girò su un fianco e morì.
MARGARET (interrogandolo) Van Gogh? Le ultime di Van Gogh le conosce?
CHURCHILL No. (probabilmente fingendo) Le sapevo; ma non le ricordo. Mi illumini. Girasoli...?
MARGARET «La tristezza durerà per sempre.» Scritto di suo pugno. Su un biglietto. Prima di suicidarsi.
CHURCHILL (sorpreso) Sono le sue preferite?
MARGARET No, ma le penso spesso.
CHURCHILL (sinceramente partecipe) È anche lei malinconica?
MARGARET Talvolta. (per sdrammatizzare) Ma chi non lo è?
CHURCHILL (serio) Parlo d’altro, io.
MARGARET (seria a sua volta) Anch’io. Parlo dello stesso «altro» suo.
CHURCHILL (tornando a Van Gogh) Le parole di un pittore si trovano sulle sue tele; quelle dette o scritte, anche se appena prima di ammazzarsi, non varranno mai quelle dipinte. (ci pensa) Per me è l’esatto contrario. Infatti non sono un pittore, purtroppo.
(si perde nel quadro) Amo dipingere. Le barche. Il mare. Le onde. Il sangue. No, mai il sangue. Penso in pittura quanto sia semplice, basta cambiare tubetto e dal mare calmo della Francia postbellica, con soli pochi grammi di rosso, compare la Normandia e le acque del suo sbarco, i Dardanelli, Dunkirk, (con la mente va al ricordo) «uomo a mare!», tutti gli uomini a mare, sangue fra bombe, e sul pelo dell’acqua il risucchio tipico dell’U-Boot, le navi che affondano. (si riprende) Amo dipingere. Anche perché qui sono io il solo padrone, non devo scontrarmi con altri presidenti, (infervorandosi) altri dittatori, altri re e regine, altri generali, politici, ministri, opinionisti. (esausto) Qui dipingo ciò che voglio io, finalmente.
MARGARET E le piace?
CHURCHILL (piuttosto serio) Non è facile per niente, sa, non avere un contraddittorio; un confronto, qualcuno. Essere soli e prendere tutte le decisioni da soli, con sé stessi e contro sé stessi.
(convinto) Se dipingere fosse una guerra contro qualcuno invece che contro sé stessi, la vincerei! Non è così, dipingere. E non è così per la depressione. Combatto contro me stesso, sono imbattibile. Questo eterno pareggio mi sfianca.
MARGARET La capisco.
CHURCHILL Non ne sono sicuro.
MARGARET Si fidi.
CHURCHILL (la guarda convinto, in vago segno di assenso) Come vuole. Marsilio Ficino pensava che una mente tormentata avesse più valore: chi sa non può che essere insoddisfatto, e l’insoddisfazione provoca malinconia. (cambia discorso; cerca prodotti per dipingere) Diluente. Allunghiamo.
MARGARET (mentre lo assiste) Dipinge pochissime persone.
CHURCHILL Preferisco i paesaggi. Le persone si offendono. Un albero non si lamenta mai perché non gli ho reso giustizia.
MARGARET E usa tanto i colori scuri...
CHURCHILL Esalto il cupo e sepolcrale carattere definitivo del nero, così disse qualcuno dei miei quadri. Chissà. Il nero sa essere pericoloso. Non pretendo di essere imparziale circa i colori. Mi rallegro per quelli brillanti, e sono sinceramente dispiaciuto per i poveri marroni.
MARGARET Riesce a provare empatia anche per i colori?
CHURCHILL Forse solo per i colori, ormai. (vede il gatto Jock in un angolo sul fondo) Jock! Eccoti qua. No, non c’è bisogno di te. (seguendolo mentre se ne va) Bravo, fai bene, vai pure dove vuoi. (a Margaret) L’ha visto? (lei annuisce convinta) Quando parlo di depressione lui arriva. Una volta avevo Nelson, il gatto più coraggioso che abbia mai conosciuto. L’ho visto inseguire un grosso cane fuori dall’Ammiragliato, e ho deciso di adottarlo e dargli il nome del nostro coraggiosissimo ammiraglio. Nelson.
I gatti aiutano contro la depressione, forse anche perché io la depressione la chiamo «cane nero», e cane e gatto si sa... (sogghigna poi torna serio) La depressione è l’unica cosa che mi ha fatto più paura di Hitler. L’unica.
(avvista nuovamente Jock) Jock!, sei tornato anche se ho detto che non ce n’era bisogno? (a Margaret) La disobbedienza felina è sempre molto didattica.
MARGARET Direi che per lei la vita intera sia didattica; non smette mai di imparare.
CHURCHILL Per fortuna l’esistenza non è poi così facile; altrimenti arriveremmo troppo rapidamente alla fine. Visto che è una collezionista di ultime parole, vorrei perorare la causa della profonda differenza fra ultime parole dette a voce sul letto di morte e ultime parole scritte in solitudine prima di uccidersi, o sapendo che si sta p...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Churchill Il vizio della democrazia
  4. Uno
  5. Prologo
  6. Due
  7. La razione quotidiana
  8. Tre
  9. Stand Up, come al cabaret, come un clown
  10. Quattro
  11. Frau Hitler
  12. Cinque
  13. L’ultima delle carogne
  14. Sei
  15. Le parole di cui abbiamo bisogno
  16. Sono un disastro come padre
  17. Non fate troppi pettegolezzi
  18. Sette
  19. Non sono un buono a nulla, papà
  20. Otto
  21. Cosa sta iniettando?
  22. Nove
  23. Unire l’Europa
  24. Dieci
  25. Epilogo
  26. Ringraziamenti e titoli di coda
  27. Copyright