Papa Francesco, Maria è stata dipinta, scolpita, raccontata, è una delle figure più desiderate, più temute e anche più studiate, è stata la più difesa dai Papi. È anche la più ricercata dai peccatori, e la più odiata da Lucifero. Però solo il Signore è riuscito a conquistarla con un saluto che non ha paragone: «Ave, Maria, piena di grazia» (cfr. Lc 1,28). Nessuna creatura ha mai potuto vantarsi di un saluto simile dal Cielo. Ecco, quando recito l’Ave Maria mi commuovo, perché mi sembra di ascoltare l’incipit della storia che ha cambiato il destino dell’umanità. Un annuncio di misericordia: è come dire che Dio ricomincia, e ricomincia con una donna. È emozionante sapere che il cristianesimo parte così.
Il saluto a una donna. Dio saluta una donna, la saluta con una verità grande: «Io ti ho fatto piena del mio amore, piena di me, e così come sarai piena di me sarai piena del mio Figlio e poi di tutti i figli della Chiesa». Ma la grazia non finisce lì: la bellezza della Madonna è una bellezza che dà frutto, una bellezza madre. Non dimentichiamolo: Dio saluta una donna che è madre dal primo momento, è presentata già come madre nel momento stesso in cui concepisce.
È curioso che la biografia di Maria affondi nel silenzio, quasi che gli evangelisti volessero proteggere la privacy di questa donna straordinaria. Verrebbe da dire che Maria arriva dal silenzio come si proviene da un paese. Come si immagina, Papa Francesco, le stagioni di Maria, dalla nascita a quando è stata assunta in cielo?
Da quando è nata fino all’Annunciazione, al momento dell’incontro con l’angelo di Dio, me l’immagino come una ragazza normale, una ragazza di oggi, una ragazza non posso dire di città, perché Lei è di un paesino, ma normale, normale, educata normalmente, aperta a sposarsi, a fare una famiglia. Una cosa che immagino è che amasse le Scritture: conosceva le Scritture, aveva fatto la catechesi ma familiare, dal cuore. Poi, dopo il concepimento di Gesù, ancora una donna normale: Maria è la normalità, è una donna che qualsiasi donna di questo mondo può dire di poter imitare. Niente cose strane nella vita, una madre normale: anche nel suo matrimonio verginale, casto in quella cornice della verginità, Maria è stata normale. Lavorava, faceva la spesa, aiutava il Figlio, aiutava il marito: normale.
C’è un magnifico verso di un salmo: «Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo» (45,3). A me piace pensare che il più bello tra i figli dell’uomo alla fine è andato a cercare la più bella di tutte le donne: in fondo, è quel grande concetto dell’Immacolata Concezione di Maria. A volte mi spaventa perfino, tutta questa bellezza nascosta dentro una storia. Ma mi colpisce lo stile: Maria entra nella storia in punta di piedi e ne esce in punta di piedi. È anche lo stile di suo Figlio. Ma che cosa significa, in concreto, che Maria è nata senza peccato originale?
Vuol dire che è nata, come mi piace dire, anche prima di Eva. Non è vero dal punto di vista cronologico, ma mi piace pensare che sia nata prima del momento nel quale Eva è stata ingannata, sedotta, perché Lei non è stata vittima dell’inganno, non ne ha subito le conseguenze. Però è anche nata dopo perché, nella visione della Chiesa, che non sbaglia, la ri-creazione è più importante della creazione. La creazione comincia con Adamo e poi Eva, e tutti e due insieme sono stati creati a immagine e somiglianza di Dio. La ri-creazione comincia da Maria, da una donna sola. Possiamo pensare alle donne sole che portano avanti la casa, da sole educano i figli. Ecco, Maria è ancora più sola. Sola comincia questa storia, che prosegue con Giuseppe e la famiglia; ma all’inizio la ri-creazione è il dialogo tra Dio e una donna sola.
Questo passaggio è fondamentale: la storia cristiana inizia con una donna che è capace di stupirsi. Un poeta diceva che chi perde la capacità di stupirsi invecchia in anticipo. Verrebbe quasi da dire che se uno non sa sorprendersi – o lasciarsi sorprendere da Dio – non sa che cosa si perde nella vita.
È proprio così, perché Dio è il Dio delle sorprese. Lo stupore è una virtù umana che al mercato non si trova più. Prendi un bambino, fagli vedere qualcosa che gli attiri l’attenzione: si stupisce subito, lo stupore è la virtù dei bambini. Se perdiamo la capacità di stupirci non possiamo capire Maria: per capire Maria bisogna tornare indietro, indietro, farsi bambini, provare lo stupore dei bambini, dire «Ave, Maria» come un bambino, col cuore di bambino, con gli occhi del cuore, che la nostra cultura ha perso. Non è una categoria usuale lo stupore, dobbiamo ritrovarla nella vita della Chiesa. Dobbiamo meravigliarci.
[Ogni 8 dicembre] contempliamo la bellezza di Maria Immacolata. Il Vangelo, che narra l’episodio dell’Annunciazione, ci aiuta a capire quello che festeggiamo, soprattutto attraverso il saluto dell’angelo. Egli si rivolge a Maria con una parola non facile da tradurre, che significa «colmata di grazia», «creata dalla grazia», «piena di grazia» (Lc 1,28). Prima di chiamarla Maria, la chiama piena di grazia, e così rivela il nome nuovo che Dio le ha dato e che le si addice più del nome datole dai suoi genitori. Anche noi la chiamiamo così, ad ogni Ave Maria.
Che cosa vuol dire piena di grazia? Che Maria è piena della presenza di Dio. E se è interamente abitata da Dio, non c’è posto in Lei per il peccato. È una cosa straordinaria, perché tutto nel mondo, purtroppo, è contaminato dal male. Ciascuno di noi, guardandosi dentro, vede dei lati oscuri. Anche i più grandi santi erano peccatori e tutte le realtà, persino le più belle, sono intaccate dal male: tutte, tranne Maria. Lei è l’unica «oasi sempre verde» dell’umanità, la sola incontaminata, creata immacolata per accogliere pienamente, con il suo «sì», Dio che veniva nel mondo e iniziare così una storia nuova.
Ogni volta che la riconosciamo piena di grazia, le facciamo il complimento più grande, lo stesso che le fece Dio. Un bel complimento da fare a una signora è dirle, con garbo, che dimostra una giovane età. Quando diciamo a Maria piena di grazia, in un certo senso le diciamo anche questo, al livello più alto. Infatti la riconosciamo sempre giovane, perché mai invecchiata dal peccato. C’è una sola cosa che fa davvero invecchiare, invecchiare interiormente: non l’età, ma il peccato. Il peccato rende vecchi, perché sclerotizza il cuore. Lo chiude, lo rende inerte, lo fa sfiorire. Ma la piena di grazia è vuota di peccato. Allora è sempre giovane, è «più giovane del peccato», è «la più giovane del genere umano», per citare il Diario di un curato di campagna di Georges Bernanos.
La Chiesa oggi si complimenta con Maria chiamandola «tutta bella», tota pulchra. Come la sua giovinezza non sta nell’età, così la sua bellezza non consiste nell’esteriorità. Maria, come mostra il Vangelo, non eccelle in apparenza: di semplice famiglia, viveva umilmente a Nazaret, un paesino quasi sconosciuto. E non era famosa: anche quando l’angelo la visitò nessuno lo seppe, quel giorno non c’era lì alcun reporter. La Madonna non ebbe nemmeno una vita agiata, ma preoccupazioni e timori: fu «molto turbata» (Lc 1,29), dice il Vangelo, e quando l’angelo «si allontanò da Lei» (v. 38), i problemi aumentarono.
Tuttavia, la piena di grazia ha vissuto una vita bella. Qual era il suo segreto? Possiamo coglierlo guardando ancora alla scena dell’Annunciazione. In molti dipinti Maria è raffigurata seduta davanti all’angelo con un piccolo libro in mano. Questo libro è la Scrittura. Così Maria era solita ascoltare Dio e intrattenersi con Lui. La Parola di Dio era il suo segreto: vicina al suo cuore, prese poi carne nel suo grembo. Rimanendo con Dio, dialogando con Lui in ogni circostanza, Maria ha reso bella la sua vita. Non l’apparenza, non ciò che passa, ma il cuore puntato verso Dio fa bella la vita. Guardiamo oggi con gioia alla piena di grazia. Chiediamole di aiutarci a rimanere giovani, dicendo «no» al peccato, e a vivere una vita bella, dicendo «sì» a Dio.
Nel secondo verso dell’Ave Maria diciamo «il Signore è con te». Io penso che per Maria Dio non sia un’operazione intellettuale: è una ricerca e come tutte le ricerche è inquieta, perfino pericolosa. E mi piace perché dire «il Signore è con te» è un po’ un complemento di compagnia, è come dire: «Guarda che nel tuo cuore è in corso una storia d’amore con Dio». Però – ci penso tante volte – in tutte le storie d’amore, con l’amore e la sorpresa arriva anche la paura. Si può avere paura quando Dio bussa alla porta e chiama a un’avventura?
Eh, certo, è un bel segno quello. Se un ragazzo di oggi, una ragazza di oggi, sentono una chiamata speciale del Signore e non hanno paura, allora vuol dire che manca qualcosa, mi viene da dubitare. Invece, quando con l’entusiasmo di quella chiamata si sperimenta anche la paura, allora si può andare avanti, perché Dio chiama a cose grandi e, se siamo sinceri, conosciamo le nostre piccolezze: è normale, è umano aver paura di sbagliarsi, temere – nel caso di giovani che sentono la vocazione a seguire Gesù più da vicino, nella vita consacrata, nel sacerdozio, ma anche al matrimonio comme il faut – che quella chiamata che si ripete nel tempo sia una fantasia, un’illusione. C’è una paura aperta e una paura chiusa. La paura chiusa è quella che ti rende schiavo: sei figlio della paura. Quella non serve, non ti lascia crescere. La paura aperta è il santo timore di Dio. Ho paura, ho timore, ma vado avanti provando insieme paura e sicurezza.
Quando ci troviamo a fare una scelta, troviamo spesso qualcuno che ci dice: «Non aver paura, ti sono vicino, ti accompagno io». Però nell’attimo cruciale della scelta l’uomo si trova tremendamente solo. Quel giorno in quella stanza Maria era sola con il suo Dio. Confesso, Papa Francesco, che quando penso a Maria mi viene in mente proprio la figura del Papa, quando deve prendere una decisione davanti a Dio e davanti alla Chiesa. Io penso che sia il più solitario di tutti i solitari che ci sono al mondo, e vorrei chiederle: come si fa a non soccombere sotto il peso di una paura simile?
Non solo il Papa: tanti uomini e donne, nei momenti difficili della vita, devono fare una scelta. Una buona decisione si prende grazie ai consigli, con consultazioni, ma nel momento decisivo sei solo col Signore. Maria è sola in quel momento: si spaventa, all’inizio non capisce bene, perché mai aveva immaginato una chiamata del genere, manifesta le proprie difficoltà. Ma quando riceve le spiegazioni, allora va avanti: da sola, ma con il Signore. Il coraggio di una ragazza che, dopo aver capito cosa ci si aspetta da lei, accetta di proseguire.
Infatti le prime parole di Maria nei Vangeli sono una domanda: come è possibile questo? Dire a una persona «il Signore è con te» è fare un’annunciazione. Papa Francesco, pensando alla storia della sua chiamata sacerdotale in Argentina, lei ha sentito l’appello di questa voce? Le chiamate di Dio servono a liberare le persone, anche dalla paura. Il sogno della dittatura, invece, è renderle schiave. Un giorno ho incontrato una mamma, una delle mamme di Plaza de Mayo, che mi ha raccontato della figlia gettata da un aeroplano durante i voli della morte. Come si fa a trovare il coraggio di dire a una mamma a cui è stata annunciata la morte di un figlio, di una figlia, «il Signore è con te»?
Posso dire cosa ho fatto con loro. A una mamma che ha sofferto quello che hanno sofferto le mamme di Plaza de Mayo io permetto tutto. Può dire tutto, perché è impossibile capire il dolore di una mamma. Qualcuna mi ha detto: «Vorrei vedere almeno il corpo, le ossa di mia figlia, sapere dov’è stata sepolta». È un’esperienza terribile, quella di una donna a cui hanno strappato un figlio. Esiste una memoria che io chiamo «memoria materna», qualcosa di fisico, una mem...