Soffiava vento forte, da ponente. L’incredibile bel tempo della settimana precedente era finito e l’Atlantico si faceva valere, come al solito. Con due mani di terzaroli alle gabbie, uniche vele a riva, la Hotspur stava tenendogli testa stringendo il vento con mure a sinistra. Presentava il mascone di sinistra alle enormi ondate che le si avventavano contro dopo aver attraversato senza ostacoli tremila miglia di oceano, dal Canada alla Francia. Continuava a rollare, ad alzare la prua in aria, a precipitarla verso il basso, e poi a rollare ancora. La tremenda pressione del vento sulle gabbie agiva in modo che non sbandasse a sinistra; prendeva le sbandate a dritta, restava così per qualche momento e poi ritornava verso la verticale. Eppure, con il rollio così limitato, beccheggiava in modo inverosimile, e si alzava e ricadeva quando un’onda le passava sotto lo scafo. Così che un uomo in piedi sul ponte sentiva la pressione delle sue piante contro il tavolato aumentare e diminuire, secondo che la nave saliva o precipitava; era come se il suo peso cambiasse continuamente. Il vento urlava tra le manovre, e la struttura della nave gemeva sotto le sollecitazioni diverse che la tormentavano incurvandola in tutta la sua lunghezza, prima su, nel centro, e poi su alle due estremità. Ma quel lamento era un suono rassicurante: non c’erano schianti secchi o rumori disordinati, e ciò che si udiva era soltanto l’indicazione che la Hotspur era flessibile e sensibile, non rigida e fragile.
Hornblower comparve sul ponte. Era pallido per il mal di mare perché il cambio di movimenti lo aveva colto di sorpresa; ma l’attacco non era stato così grave come quello che aveva subito durante la corsa lungo la Manica. Era imbacuccato nel cappotto, e si doveva tenere saldo contro il rollio, perché le gambe non avevano ancora imparato una lezione così difficile. Bush venne sul ponte, dal centro, seguito dal nostromo; portò la mano al cappello e poi si girò, col nostromo al fianco, guardando il bastimento con aria preoccupata.
«Soltanto alla prima tempesta si sa che cosa si può scassare» disse Bush.
Parti dell’attrezzatura che sembravano perfettamente sicure al loro posto, quando sottoposte lungamente alle sollecitazioni imprevedibili del mare grosso, potevano mostrare tendenze preoccupanti e venire in bando o distaccarsi; per questo Bush e Wise avevano appena fatto un lungo giro d’ispezione.
«Qualcosa non va?» domandò Hornblower.
«Soltanto cose da poco, comandante, salvo l’ancorotto di tonneggio. Adesso è di nuovo sicuro.»
Bush era sorridente e i suoi occhi luccicavano, evidentemente era felice di quel cambiamento di clima, di quella furia di vento e della maggiore attività che tutto ciò richiedeva. Si soffregò le mani e respirò profondamente il vento tempestoso. Hornblower poté consolarsi ricordando che c’era stato un tempo in cui il mare in tempesta lo rallegrava, e sperando che quel tempo sarebbe ritornato; ma, da come si sentiva, pensò amaramente, quelli erano soltanto un semplice ricordo e una vana speranza.
Hornblower prese il cannocchiale e guardò intorno. In quel momento l’atmosfera era piuttosto chiara e la visibilità abbastanza ampia. Lontano, a poppavia del traverso a dritta, nel cannocchiale comparve un lampo di bianco; tenendosi fermo come meglio poteva cercò di inquadrarlo di nuovo. Erano i frangenti su Ar Men (nome bretone veramente curioso, quello), il più meridionale e il più esterno degli scogli che erano disseminati nella zona di mare davanti a Brest. Mentre guardava, una nuova ondata arrivò a prendere in pieno la roccia; il frangente esplose su di essa producendo una torreggiante, bianca colonna d’acqua, che raggiunse l’altezza del velaccio di un vascello, prima che il vento la gettasse di nuovo nel nulla. In quel momento un altro piovasco si scagliò sulla nave portando con sé un rovescio di pioggia, così che l’orizzonte si chiuse intorno a loro e la Hotspur divenne il centro di una piccola superficie di mare grigio e sconvolto, su cui le nubi non superavano l’altezza delle teste degli alberi.
La Hotspur era così vicina alla costa perché Hornblower osava correre quel rischio. Un uomo timido, al primo segno di cattivo tempo, sarebbe andato al largo, ma dopo, al cambiare del vento, si sarebbe trovato distante e sottovento alla zona che doveva sorvegliare. Interi giorni sarebbero quindi passati prima che avesse potuto ritornare al suo posto; e in quei giorni, lo stesso vento, favorevole ai francesi, avrebbe consentito loro di fare ciò che volevano, non osservati. Era come se ci fosse una linea disegnata sulla carta insieme con i meridiani: coraggio da una parte, temerarietà dall’altra; e Hornblower si teneva sul confine.
Non c’era niente altro da fare eccetto che aspettare e stare in guardia, come sempre accadeva in mare. Lottare contro la tempesta con occhio pronto a rilevare ogni piccolo cambiamento del vento, lottare andando verso nord con le mure su un lato e quindi virare e lottare verso sud con le mure opposte, bordeggiando su e giù davanti a Brest finché non si presentava l’occasione di dare alla base francese un’altra occhiata, più da vicino. Così aveva fatto tutto il giorno prima, e così avrebbe fatto per innumerevoli giorni avvenire, se la guerra fosse scoppiata. Tornò nella sua cabina per nascondere un altro assalto di mal di mare.
La sua sofferenza s’era in parte calmata, quando fu richiamato da un violento battere alla porta.
«Che c’è?»
«La vedetta sta chiamando dalla coffa, comandante. Il signor Bush la fa scendere abbasso.»
«Vengo subito.»
Hornblower emerse sul ponte in tempo per vedere l’uomo che era di vedetta venire giù scivolando sino al ponte.
«Signor Cargill» disse Bush, «mandate un altro uomo a riva a prendere il suo posto.»
Bush si voltò verso Hornblower.
«Non riuscivo a capire che cosa stesse dicendo quest’uomo, comandante, per il rumore del vento; così l’ho chiamato abbasso. Ebbene, che cosa devi dire?»
La vedetta teneva il berretto in mano, un po’ confuso di trovarsi davanti a due ufficiali.
«Non so se è importante, ma durante quest’ultima schiarita ho visto per poco la fregata francese.»
«Da che parte?» domandò Hornblower; all’ultimo momento prima di parlare aveva cercato di contenere la sua istintiva rudezza. Non c’era nulla da guadagnare e qualcosa da perdere a maltrattare quell’uomo.
«Due quarte dalla prora, sottovento. Lo scafo non si vedeva ancora, ma ho visto le sue gabbie. Le conosco.»
Dopo l’episodio dello scambio di onori, la Hotspur aveva di frequente avvistato la Loire in diversi punti dell’Iroise; era stato un po’ come giocare a rimpiattino.
«Che rotta aveva?»
«Navigava stringendo il vento, sotto le sole gabbie, con due mani di terzaroli, mure a dritta.»
«Hai fatto bene a riferirlo. Ritorna al tuo posto, adesso. Tieni con te l’altro uomo.»
«Signorsì.»
L’uomo se ne andò e Hornblower guardò il mare. Le nubi avevano di nuovo assediato la Hotspur e la visibilità era minima. C’era qualcosa di strano, in questa uscita della Loire a sfidare la tempesta? Cercava di addestrare i suoi uomini? Ma no, dov’era la logica? Questo concetto non era per niente francese. Nella marina francese c’era la tendenza a conservare il materiale con il criterio di un avaro.
Hornblower si rese conto che Bush gli stava accanto aspettando che parlasse.
«Che pensate, signor Bush?»
«Suppongo che la notte scorsa la Loire abbia dato fondo nella baia di Berthon, comandante.»
«Non mi sorprenderebbe.»
Bush si riferiva alla baia di Bertheaume, situata sulla parte a mare del Goulet, dove era possibile stare alla fonda con l’àncora a picco lungo con un qualunque vento del quarto quadrante. In quel punto di fonda, la Loire sarebbe stata in contatto con la terra e avrebbe potuto ricevere notizie e ordini da Brest, situata a dieci miglia soltanto di distanza. E avrebbe potuto aver notizia di una dichiarazione di guerra. In quel momento stava forse sperando di prendere la Hotspur di sorpresa. Lui, quindi, doveva agire secondo questa supposizione, e in tal caso, sarebbe stato più prudente virare. Andando a sud con il vento sulla dritta avrebbe avuto spazio abbondante per manovrare, libero dal pericolo della terra sottovento, e si sarebbe trovato tanto di prua alla Loire da poter ridere del suo inseguimento. Ma – un simile ragionamento era come il soliloquio di Amleto, nel punto in cui il principe danese dice «È questo l’ostacolo» – all’arrivo di Cornwallis sarebbe stato distante dal suo posto, forse assente per giorni. No, questo era il caso in cui doveva rischiare la sua nave. La Hotspur era soltanto un’inezia nel conflitto tra due grandi marine. Era importante per lui personalmente, ma le informazioni che era riuscita a raccogliere erano, per Cornwallis, cento volte più importanti del materiale di cui era fatta.
«Manteniamo questa rotta, signor Bush» disse Hornblower.
«Era due quarte dalla nostra prora a dritta, sottovento» disse Bush. «Quando ci incontreremo, dovremmo essere bene sopravvento rispetto a lei.»
Hornblower aveva già fatto questo calcolo; se il risultato fosse stato diverso avrebbe fatto virare la Hotspur cinque minuti prima per mettersi in salvo.
«Sta di nuovo schiarendo un po’, comandante» commentò Bush, guardandosi intorno, e proprio in quel momento la vedetta gridò:
«È laggiù, una quarta a proravia del traverso a dritta!».
«Bene!»
Col calmarsi del piovasco era possibile parlare tra il ponte e la coffa.
«Si vede benissimo, comandante» disse Bush puntando il cannocchiale.
Mentre la Hotspur si trovava sul colmo di un’onda, Hornblower vide le gabbie della fregata, ma non chiaramente. Erano bracciate in modo che si presentavano al suo cannocchiale solamente di taglio. La Hotspur le era almeno quattro miglia sopravvento.
«Guardate, sta virando, comandante!»
Le gabbie si stavano allargando, trasformandosi in rettangoli; ondeggiarono per un momento, poi restarono ferme: erano bracciate parallelamente alle gabbie della Hotspur. Le due navi avevano le stesse mure.
«Ha virato, appena è stata sicura che eravamo noi. Sta ancora giocando a rimpiattino.»
«A rimpiattino? Signor Bush, io credo che siamo in guerra.»
Era difficile fare affermazioni così gravi col tono di una normale conversazione, come se lui fosse un uomo dai nervi d’acciaio. Hornblower fece del suo meglio. Bush non aveva simili inibizioni. Guardò Hornblower e fischiò. Ma subito poté seguire la stessa linea di pensieri che Hornblower aveva già considerato.
«Penso che abbiate ragione, comandante.»
«Grazie, signor Bush.» Con suo immediato rincrescimento, Hornblower disse queste parole con aria di scherno. Non era leale far scontare a Bush la tensione che il suo comandante aveva sopportato; né rivelarne anche solo l’esistenza era in accordo con l’ideale di imperturbabilità di Hornblower. Meno male che gli ordini da dare avrebbero quasi certamente distratto Bush dal suo eventuale risentimento.
«Penso che sarebbe bene mandare la gente al posto di combattimento, signor Bush. Sgombrate i ponti per il combattimento, ma non date fuori i cannoni.»
«Signorsì.»
Il sorriso di Bush rivelò il suo eccitamento. E cominciò subito a gridare gli ordini. I fischi trillarono in tutta la nave. Il tamburino dei fanti del mare saltò in coperta; era un ragazzo di non più di dodici anni, e la sua tenuta era in un disordine impensabile. Non solo fece un movimento troppo impetuoso per mettersi sull’attenti sul casseretto, ma omise completamente di seguire la prescrizione di alzare le bacchette in aria, prima di battere il rullo lungo, tanto era ansioso di cominciare.
Prowse si avvicinò; come pilot...