Un prato in pendio
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Un prato in pendio

  1. 496 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Un prato in pendio

Informazioni su questo libro

Pierluigi Cappello è un poeta inedito, le cui opere fondono altissimo valore letterario a una semplicità di linguaggio e a un'immediatezza di immagini capaci di parlare immediatamente alla mente e al cuore di tutti. Nel primo anniversario della sua scomparsa, viene qui raccolta per la prima volta tutta la sua produzione in versi, arricchita da preziosi inediti: otto poesie scritte nell'ultimo anno di vita, "strappate" a condizioni di salute sempre più difficili, e alcune prose, tra cui i primi passi di un progetto più grande rimasto incompiuto. La scrittura come spiraglio di luce, la ricerca di parole "bambine", gli omaggi alla terra e al dialetto friulani: i motivi cruciali della sua poetica si intrecciano tra le pagine, e le parole arrivano dritte al cuore di chi legge. Le tre prefazioni di Alessandro Fo, Gian Mario Villalta ed Eraldo Affinati, voci illustri della letteratura italiana, inquadrano l'opera di Cappello nel panorama poetico del nostro Paese, omaggiando con sincerità e commozione l'uomo e il poeta.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2018
Print ISBN
9788817104661
eBook ISBN
9788858694466

AZZURRO ELEMENTARE

poesie 1992-2010

Il settimo cielo

UN INTERNO

Certo non assomiglio al mio bisavolo
tagliapietre prestato all’Ungheria;
caffè, sconcerto, camel molle e via
attendendo, coi gomiti sul tavolo.

UN FOGLIO

Questo foglio. Battuto per tre quarti
dalla luce. Nella sua luce cresca
l’incerto zampettìo delle parole.

LA CARTA

Resta la carta mentre mi dileguo
specchio di me ma che non è me stesso
rimedio oppure tedio quando intesso
trame di me scrivendomi e m’inseguo
Abbiamo letto millenni quaerendo
invenietis cercando troverete
molto cercando, molto anche morendo
e secolo o non secolo segrete
sussurrano le voci in mezzo ai libri.
Ma d’ansia d’emendarci sulle pagine
a chi, se non a noi, brucia la brace?

NAMAZIANO

Non le barche, le scapole dei servi
amare al peso del trasloco, o l’alba
marina di Roma; lui magister
alzò su di sé lo sguardo, divenne
zona viva tra il suo respiro e l’altro
il filo e la sostanza del poeta;
allora non fu partenza il congedo:
nero, in mezzo, lo scalpito del mare
oltre l’indice teso del pontile.

UMBERTO SABA

Uno soltanto tu mi sei poeta
marino, che con l’iride d’azzurro
brevi ansietà d’imbarco mi riveli
e aria e onda spuma di mare e scoglio
respirano nei versi come te;
tu ne tremi, poeta, e quanto il mare
o l’ansito delle navi a vapore
sbioccate là sui fogli dove il cielo
altro non è che estrema ed incessabile
brama d’Odisseo che eri, torni in me:
alto com’è dei culmini ti levi.

DI SAINT-EXUPÉRY

A Daniele Del Giudice
Forse era l’indole cupa dei tempi
o forse dei tempi aveva concorde
il lungo spigare dell’alba, Antoine
pilota: ma come i pochi discorde
dei pochi non so se, muto, fumasse
arse Gauloises d’attesa o solitario
agli altri come a se stesso stimasse
il lento superfluire dell’ora.
Antoine, che era soldato, staccò l’ombra
da terra a luglio, lasciando sull’erba
se stesso e un acre sapore di fulmine;
qualcuno, perplesso, forse lo vide
farsi nera incrunatura nel cielo
e sparire, dimenticarsi in esso.

UNA LETTURA

Pioveva fuori.
Aprii il libro di Odisseo
e il libro cominciò con la sconfitta.
Sotto, immaginai, c’era la fitta
schiera di cimieri e alte controcielo
le aste dei barbari di Grecia;
sulle muraglie rosse,
ma in lontananza, e delicate come
il verde degli steli fra le pietre,
quelle dei fanti d’Ilio sbigottiti.
L’incantatore greco,
qui mi conduce e qui trema – pensai –
in mezzo a questa piana di polveri e di terre
che hanno veduto rompersi difesa
e forza e rovinare all’urto
del combattente acheo
le armi d’Ettore, il fuoriclasse d’Asia.
Pioveva fuori,
dentro l’oscillare del pendolo
tagliava minuti e il frusciare
teso dei fogli.
Per tre volte intorno alle mura
e trenta miglia almeno,
legati gli stinchi al carro di guerra,
sconcio e scempio facendone,
Achille trascinò le spoglie
del principe di Priamo
finché, estenuata, la ferocia
ricadde come polvere sul campo.
Lì posava la testa bruna d’Ettore
e potevi vedere
di sotto le palpebre malchiuse
il bianco delle sclere rovesciate
e potevi sentire,
ma prima che Achille in alto levasse
via nel cielo
asta di frassino e urlo di vittoria,
salire dal corpo del vinto
il silenzio del vincitore vero.

PRIMAVERA

Quanto pesano gli occhiali stasera;
di tante negli ostinati giardini
soltanto una rima: la primavera.

IL CIELO STELLATO

(Imbruna, la linea d’orizzonte aspira
a un’unità che ne disponga l’ordine;
un respiro immobile di ombre, luce
contorna il fioco embrione della luna)
“Nello stellato di stasera
infiniti nostri frammenti.
Pane d’aria ai nostri denti”.

Arie

I globi chiari, i lenti globi templari cumuli dei venti non sono me.
FRANCO FORTINI
Il nonnulla che ti coprì le spalle
quel cencio di sole e luce che corse
la volontà disalberata e franta,
le dita di chi porse alle tue dita
breve calore, il vertice d’inverno
dei letti nichelati d’ospedale
e, nera a paragone di ogni nero,
la mezzanotte nera dentro il sonno
e il tuo centesimo rabbrividito
d’anima, il fuoco di febbre che rese
ogni minuto battaglia di lazzaro
una caduta ogni sosta di sangue,
quel nonnulla: che ti coprì le spalle
non eri tu.

IDILLIO

Il temporale è passato di qua.
La ragnatela del ragno crociato
è un battimani di luce che varia,
non varia, al fresco di brezza che ha messo
respiri alle foglie. Concede adesso
nuovo calore il sole, e come passa
fra il pettine dei rami dal sereno
sull’angolo di muro in piena luce
ritornano fulminee le lucertole
a mettere teste e dorsi di rettile;
il temporale è passato di qua:
e dove il cielo ha colore di selce
un tuono tarda sovrano, ma poco
increspa, del colpo infertole, quiete.

IN GIARDINO

Esco in giardino, stanco, a mezzasera;
lì c’era il verde del verde lì c’era
il cielo del cielo lì c’era il vero
del vero perduto di me nel perdermi
o per farmi archeonauta di me stesso
con il passo che dà seguito al passo
dentro quel verde che ricordo scorto
scendere le erbe e morbide salite
e, ahi, quanto la pietra di pietra in pietra
a poco a poco in sabbia passo, e come
dentro il numero del cerchio smarrite
nascono e rinascono le ore, e quanto
quello che era ieri non era, ma adesso.
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Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Un prato in pendio
  4. «Io appartenevo al cielo»: la poesia di Pierluigi Cappello di Alessandro Fo
  5. Non un milligrammo in meno. Da Il me Donzel ad Assetto di volo di Gian Mario Villalta
  6. Carne della carne, terra della terra di Eraldo Affinati
  7. Nota al testo
  8. UN PRATO IN PENDIO
  9. AZZURRO ELEMENTARE
  10. OGNI GOCCIA BALLA IL TANGO
  11. STATO DI QUIETE
  12. POESIE E PROSE INEDITE
  13. OCEANO INDIANO
  14. UN DOLORE LUNGO UN ADDIO
  15. OGNI GIORNO, DAL CIELO ALLA NOTTE
  16. QUADERNO DEI MANOSCRITTI
  17. APPENDICE
  18. BIBLIOGRAFIA a cura di Anna De Simone
  19. Copyright