100 Brani di musica classica da ascoltare una volta nella vita
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100 Brani di musica classica da ascoltare una volta nella vita

  1. 256 pagine
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100 Brani di musica classica da ascoltare una volta nella vita

Informazioni su questo libro

Quello della musica classica è un universo vasto e pieno di bellezza, che a prima vista può disorientare ma che, con la giusta guida, può essere scoperto in tutta la sua meraviglia. In queste pagine Nicola Campogrande - compositore di fama internazionale e grande divulgatore - indica al lettore quali sono i 100 brani che vanno ascoltati almeno una volta nella vita, spaziando dalle origini alla musica degli autori viventi. Da Monteverdi a Bach, da Stravinskij a Pärt, passando per Mozart, Beethoven, Verdi, Schubert, Bartók, sfilano tutti i più grandi compositori dal 1300 a oggi, e ciascun brano preso in esame è presentato in modo semplice ma esauriente, con aneddoti sulla vita dell'autore e riferimenti alla nascita dell'opera. Un'introduzione chiara e appassionante da leggere e ascoltare, in cui ogni brano rappresenta un affascinante tassello di quel meraviglioso mosaico che è la musica classica.

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Informazioni

1

Guillaume de Machaut (1300-1377)

Messe de Nostre Dame
È il parto di un genio. E il fatto stesso che ne conosciamo l’autore lo testimonia.
Sino all’inizio del Trecento, infatti, i nomi dei compositori non passavano alla storia. Si trattava di artigiani della musica, che lavoravano per la gloria della Chiesa o per l’intrattenimento di una corte; e non erano degni di tramandare la propria firma.
Il salto, davvero significativo, avvenne quando la sede pontificia fu spostata ad Avignone, nel 1309. Gli artisti che speravano di vivere di commissioni papali, anziché affollarsi a Roma, si ritrovarono in Francia. E lì conversero altri musicisti, dal Nord Europa, eccitati dalle nuove prospettive che sembravano aprirsi. La concentrazione di ingegni, di idee e di esperienze permise così di risolvere un problema annoso, e grave, com’era quello di annotare la dimensione temporale della musica: si riuscì infatti, finalmente, a fissare su carta la durata delle singole note, permettendo l’incolonnamento verticale di più parti.
Come si può intuire, il balzo in avanti fu enorme. Prima di quel momento, si sapeva come scrivere l’andamento melodico (e non sempre in modo dettagliato), ma non esisteva un sistema, comunemente accettato, per indicare quanto le note, o le pause, dovessero durare. Ora, invece, si potevano concepire partiture complesse, a molte voci, definendo con precisione che cosa ciascuno dovesse cantare in relazione a quanto facevano gli altri.
In un certo senso, la musica smise di avere solo una dimensione concreta, che si esplicitava nel momento in cui la si cantava o la si suonava; e, fissata sulle nuove e ricche partiture, assunse lo statuto di oggetto culturale. I compositori divennero dunque, a tutti gli effetti, dei creatori. E il loro nome meritava ora di passare alla storia.
Quello di Guillaume de Machaut è il più significativo. Non solo perché – cantore, poeta, diplomatico che viaggiò in tutta l’Europa al seguito di Giovanni di Lussemburgo, re di Boemia – era un intellettuale di prim’ordine. Ma anche perché la sua musica rappresenta la perfetta sintesi delle diverse tendenze musicali dell’epoca (un po’ come accadde, secoli dopo, con la musica di Mozart, anch’essa frutto di una formidabile fusione di stili).
Il grosso della sua produzione fu profano; ma è la Messe de Nostre Dame, composta verso la fine della sua vita, a rappresentare la summa della sua abilità compositiva. Perché la ricchezza di ogni singola linea melodica, ornata con la generosità ereditata dal passato, qui si fonde con la forza di un disegno polifonico formidabile. La partitura, cioè, fa sì che ci si trovi davanti alle orecchie qualcosa che assomiglia a un all star ensemble: ciascuna linea melodica è bellissima, forte, potenzialmente autonoma; ma la sovrapposizione delle diverse linee (sono quattro in tutto) non è da meno, e moltiplica il piacere. Certo, è ciò che si sarebbe cercato di fare sistematicamente, da allora in poi – si tratta dell’ABC del contrappunto. Ma ascoltarlo nella sua prima, meravigliosa manifestazione, è una gioia del cuore.
2

Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594)

Missa Papae Marcelli
Per fortuna, le Chiese delle diverse confessioni hanno sempre avuto bisogno di musica. E legioni di compositori, e di interpreti, sono sopravvissute grazie a loro. Ma la musica è un segno fortemente identitario, un veicolo formidabile per le idee di volta in volta dominanti. Non sempre ci si pensa, perché è più semplice osservare gli affreschi della volta di una basilica che decifrare le scelte linguistiche di una messa cantata. E invece, proprio perché la musica agisce a livello (anche) inconscio, le gerarchie ecclesiastiche, nei secoli, hanno prestato molta attenzione a che cosa si andava componendo.
La Riforma luterana, ad esempio, nel Cinquecento espresse una visione del mondo ben rappresentata da un gruppo di fedeli che cantano tutti insieme un corale, omoritmico, lasciandosi accompagnare da un organo. Ed è ciò che si ascolta, ancora oggi, nella pratica liturgica protestante.
La risposta del Concilio di Trento fu invece incarnata da cori appositamente costituiti, che intonavano brani polifonici, molto articolati e dunque ineseguibili dai semplici fedeli.
Scriverne non era cosa banale, perché non si trattava solo di gestire riccamente l’intreccio delle voci, distendendo melodie piacevoli: il Concilio aveva infatti previsto espressamente che i testi intonati dovessero rimanere il più possibile comprensibili, contrariamente a quanto era avvenuto con le musiche dei secoli precedenti, spesso fatte di lunghissimi ricami su poche sillabe. E dunque i compositori dovevano fare esercizio di equilibrio, e di saggezza, affinché tutto fosse chiaro, in ogni istante, senza per questo banalizzare l’articolazione polifonica.
Palestrina ci riuscì. Anzi: fu il vero e proprio principe della polifonia cinquecentesca. E nella Missa Papae Marcelli, il suo capolavoro, è meraviglioso ascoltare come la bellezza, la luce, la magnificenza di una partitura nella quale si incrociano sei voci non pregiudichino mai la chiarezza del testo: a intervalli regolari, tra i melismi e le note tenute con le quali si prolungano le sillabe (cantare significa questo), c’è infatti qualche voce che intona il testo in modo da renderlo comprensibile. Quello che trovo meraviglioso è che tutto ciò arriva alle orecchie non come una forzatura, un dazio da pagare ai committenti, ma, al contrario, come un raggio di sole che illumina la pagina. Ed è bellissimo.
3

Carlo Gesualdo da Venosa (ca. 1560-1613)

Madrigali
Quello di Gesualdo è probabilmente il caso più evidente di come la vita personale di un compositore possa influenzarne la produzione. Nello specifico, in modo drammatico.
Principe di Venosa, in Basilicata, Carlo colse la giovane moglie Maria D’Avalos in flagrante adulterio con l’amante Fabrizio Carafa, e uccise entrambi. Poi si risposò con Eleonora d’Este, e per diversi anni si trasferì dunque a vivere a Ferrara, presso una delle corti più raffinate del tempo, dove operavano artisti e intellettuali del calibro di Torquato Tasso, Luzzasco Luzzaschi o Giovanni Battista Guarini.
In un ambiente culturale d’élite, e con il proprio doloroso bagaglio esistenziale – aggravato dal fatto che le seconde nozze furono tormentate e infelici – Gesualdo si dedicò alla musica in modo totalizzante; e vi riversò, copiosa, la propria malinconia. I suoi sei libri di Madrigali a cinque voci sono infatti segnati da una scrittura assolutamente singolare, unica nel panorama dell’epoca, dove si alternano con violenza ombre e luci, dove le melodie sono contorte e caratterizzate da un accentuato cromatismo, dove le voci saltano in modo dissonante, dove le armonie sono inattese, sorprendenti, audaci. Nessun altro compositore, nel Seicento, osò tanto; e, per capire la novità assoluta delle creazioni di Gesualdo, la loro unicità, basta ascoltare i coevi madrigali di Monteverdi, che stava, sì, indicando una strada per il futuro, ma non percorreva certo i sentieri sconvolgenti immaginati da Carlo nelle proprie partiture. E ne è un ulteriore segno il fatto che Stravinskij, altro maestro di audacia e innovazione, gli volle tributare un omaggio esplicito, a quattrocento anni dalla nascita, con il suo Monumentum pro Gesualdo da Venosa ad CD annum.
Sia chiaro: è musica strepitosamente bella. La malinconia, gestita attraverso le tecniche accennate sopra, emerge dalle partiture con forza, con energia; e di tutto si tratta tranne che di musica deprimente. Certo, quella di Gesualdo non è una produzione tranquillizzante, da ascoltare con orecchio distratto. Dà molto, e chiede altrettanto. Ma, se non per provare emozioni intense, perché mai si dovrebbe uscire di casa e raggiungere una sala da concerto?
4

Claudio Monteverdi (1567-1643)

Vespro della Beata Vergine
Monteverdi è tra gli inventori dell’opera. Non a caso, le prime note del suo Orfeo servono come sigla per l’apertura dei collegamenti Euroradio, quando le diverse nazioni trasmettono a reti unificate lo stesso concerto: da quelle note prende inizio una delle vicende culturali, quella dell’opera appunto, che segna l’identità europea, e c’è poco da discutere.
Ma, non soltanto perché – come spiegato nell’introduzione – l’opera è programmaticamente esclusa dai cento titoli presentati in questo libro, la sua pagina da ascoltare assolutamente è quella che si intitola Vespro della Beata Vergine da concerto composto sopra canti fermi sex vocibus et sex instrumentis. Qui infatti, benché ci si muova in ambito sacro seppur non tecnicamente liturgico (nel titolo stesso è specificato appunto «da concerto»), il concetto stesso di musica religiosa, tradizionalmente segnato da una certa sobrietà, viene allegramente abbandonato, con buona pace dei canti fermi, le melodie gregoriane sulle quali Monteverdi appoggia le proprie invenzioni. Nel Vespro ritmi vivaci si alternano a melodie ariose, combinazioni strumentali potenti si mettono al servizio di armonie lievi e tutto, per un’ora e quaranta minuti di musica, procede dando l’idea di una religiosità viva, carnale, magnetica. Già l’inizio, dove il coro canta su un’unica nota mentre l’orchestra è uno scatenarsi di invenzioni ritmiche, di accompagnamenti che diventano il vero motivo di attrazione (un po’ come accade nella Canzone mononota di Elio e le Storie Tese), è straordinario. E lo stesso gioco, tra i vari numeri dei quali è composto il Vespro, ritorna nella Sonata sopra Sancta Maria, dove un soprano ripete l’invocazione gregoriana «Sancta Maria ora pro nobis» per undici volte, tale e quale, mentre sotto si ascolta uno scatenarsi di virtuosismi strumentali estremamente colorati, affidati soprattutto ai violini e ai cornetti (strumenti con la forma del flauto diritto ma dal suono che si avvicina a quello della tromba).
Il numero da portarsi sull’isola deserta è però il colossale Magnificat finale, un tripudio di invenzioni in ogni direzione: l’alternanza delle sezioni è teatrale, sorprendente; le imitazioni tra le voci, che ripetono a turno le stesse frasi, sono incredibilmente espressive, quasi narrative, come se ci fosse una vicenda da raccontare e non un testo sacro, ben noto, da intonare. Persino il Sicut erat in principio conclusivo, nella sua grandiosità, dribbla il rischio di essere pompier e si mantiene caldo, palpitante, sino all’ultima nota.
Le esecuzioni in concerto oggi non sono così frequenti, perché ci vogliono interpreti numerosi, specializzati e di grande valore. Ma, se capita a tiro, l’ascolto dal vivo del Vespro della Beata Vergine è un’occasione da cogliere a tutti i costi.
5

Girolamo Frescobaldi (1583-1643)

Secondo libro di toccate
La sciatteria della musica liturgica praticata oggi in Italia fa sì che anche l’ascolto della produzione organistica – per la concomitanza del luogo – sia scioccamente velato da un sentimento di depressione. Certo, esistono strepitosi concerti d’organo, con un loro pubblico specializzato e abituato ad ascoltare senza vedere (perché l’organista di norma si trova alle spalle, in alto, e solo in alcuni casi, grazie all’aiuto della tecnologia, è presente uno schermo, dalle parti dell’altare, per vederlo in azione). Ma lo strumento, nell’immaginario comune, porta con sé un vago senso di noia. E infatti è raro che i frequentatori delle sale da concerto, confrontandosi tra loro sul più interessante pianista da andare ad ascoltare, sul miglior quartetto d’archi o sul giovane direttore del momento, prendano in considerazione gli organisti. Che, di conseguenza, sono confinati in un mondo a sé.
È un vero peccato. E, se per rendersene conto basta avere occasione di ascoltare la coloratissima produzione nata nell’Ottocento per i giganteschi organi romantici, ricchi di tastiere, registri e possibilità, come veri e propri sintetizzatori ante litteram, in realtà anche procedendo a ritroso, e prestando un po’ di attenzione, si può scoprire quanto i compositori rinascimentali e barocchi, alla tastiera, si divertissero, e divertissero i loro ascoltatori.
Frescobaldi era uno di loro. Nominato al vertice della musica della cristianità – fu l’organista di San Pietro, a Roma, per trentacinque anni – seppe declinare il suo ruolo istituzionale alternando la necessaria funzionalità delle proprie Messe a una produzione di brani variopinti, per i quali prescriveva esecuzioni mobili nell’agogica, reattive, vitali. Gli era particolarmente congeniale il genere della toccata, con il suo carattere improvv...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione
  4. Nota sui titoli dei brani
  5. 100 Brani di musica classica da ascoltare una volta nella vita
  6. 1. Guillaume de Machaut (1300-1377). Messe de Nostre Dame
  7. 2. Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594). Missa Papae Marcelli
  8. 3. Carlo Gesualdo da Venosa (ca. 1560-1613). Madrigali
  9. 4. Claudio Monteverdi (1567-1643). Vespro della Beata Vergine
  10. 5. Girolamo Frescobaldi (1583-1643). Secondo libro di toccate
  11. 6. Henry Purcell (1659-1695). Fantasy upon One Note
  12. 7. François Couperin (1668-1733). Pièces de clavecin
  13. 8. Antonio Vivaldi (1678-1741). Le quattro stagioni
  14. 9. Jan Dismas Zelenka (1679-1745). Missa Dei Filii
  15. 10. Georg Philipp Telemann (1681-1767). Tafelmusik
  16. 11. Jean-Philippe Rameau (1683-1764). Pièces de clavecin en concerts
  17. 12. Georg Friedrich Händel (1685-1759). Messiah
  18. 13. Johann Sebastian Bach (1685-1750). Concerto Brandeburghese n. 3
  19. 14. Johann Sebastian Bach (1685-1750). Suites per violoncello solo
  20. 15. Domenico Scarlatti (1685-1757). Sonate per clavicembalo
  21. 16. Karl Philipp Emanuel Bach (1714-1788). Concerto per il cembalo concertato n. 1 in fa maggiore Wq. 43
  22. 17. Franz Joseph Haydn (1732-1809). Quartetto in re maggiore op. 76 n. 5
  23. 18. Luigi Boccherini (1743-1805). Quintetto per archi in mi maggiore op. 13 n. 5
  24. 19. Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791). Concerto per clarinetto e orchestra
  25. 20. Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791). Sinfonia n. 41 “Jupiter”
  26. 21. Ludwig van Beethoven (1770-1827). Sinfonia n. 3 “Eroica”
  27. 22. Ludwig van Beethoven (1770-1827). Concerto per pianoforte e orchestra n. 4
  28. 23. Ludwig van Beethoven (1770-1827). Sinfonia n. 9 “Corale”
  29. 24. Carl Maria von Weber (1786-1826). Concerto per clarinetto e orchestra n. 1
  30. 25. Franz Schubert (1797-1828). Sinfonia n. 8 D. 759 “Incompiuta”
  31. 26. Franz Schubert (1797-1828). Die schöne Müllerin
  32. 27. Hector Berlioz (1803-1869). Sinfonia fantastica
  33. 28. Felix Mendelssohn (1809-1847). Sinfonia n. 4 “Italiana”
  34. 29. Fryderyk Chopin (1810-1849). Notturni
  35. 30. Robert Schumann (1810-1856). Dichterliebe
  36. 31. Robert Schumann (1810-1856). Concerto per pianoforte e orchestra
  37. 32. Franz Liszt (1811-1886). Studi d’esecuzione trascendentale
  38. 33. Richard Wagner (1813-1883). Preludio e morte di Isotta
  39. 34. Giuseppe Verdi (1813-1901). Messa da Requiem
  40. 35. César Franck (1822-1890). Sonata per violino e pianoforte
  41. 36. Bedrich Smetana (1824-1884). La Moldava
  42. 37. Anton Bruckner (1824-1896). Sinfonia n. 8
  43. 38. Johann Strauss figlio (1825-1899). Sul bel Danubio blu
  44. 39. Johannes Brahms (1833-1897). Sonata per violoncello e pianoforte n. 2
  45. 40. Aleksandr Borodin (1833-1887). Nelle steppe dell’Asia centrale
  46. 41. Camille Saint-Saëns (1835-1921). Il carnevale degli animali
  47. 42. Modest Musorgskij (1839-1881). Quadri di un’esposizione
  48. 43. Pëtr Il’ič Čajkovskij (1840-1893). Sinfonia n. 6 “Patetica”
  49. 44. Antonín Dvořák (1841-1904). Concerto per violoncello e orchestra n. 2
  50. 45. Edvard Grieg (1843-1907). Suites da Peer Gynt
  51. 46. Nikolaj Rimskij-Korsakov (1844-1908). Sheherazade
  52. 47. Gabriel Fauré (1845-1924). Requiem
  53. 48. Leoš Janáček (1854-1928). Quartetto n. 1 “Sonata a Kreutzer”
  54. 49. Ernest Chausson (1855-1899). Sept Mélodies op. 2
  55. 50. Edward Elgar (1857-1934). Variazioni “Enigma”
  56. 51. Hugo Wolf (1860-1903). Lieder
  57. 52. Isaac Albéniz (1860-1909). Iberia
  58. 53. Gustav Mahler (1860-1911). Sinfonia n. 1
  59. 54. Claude Debussy (1862-1918). Prélude à l’après-midi d’un faune
  60. 55. Richard Strauss (1864-1949). Quattro ultimi Lieder
  61. 56. Paul Dukas (1865-1935). L’apprendista stregone
  62. 57. Jean Sibelius (1865-1957). Valse triste
  63. 58. Erik Satie (1866-1925). 3 Gymnopédies
  64. 59. Aleksandr Skrjabin (1872-1915). 24 Preludi per pianoforte op. 11
  65. 60. Sergej Rachmaninov (1873-1943). Concerto per pianoforte e orchestra n. 2
  66. 61. Arnold Schönberg (1874-1951). Verklärte Nacht
  67. 62. Gustav Holst (1874-1934). I pianeti
  68. 63. Charles Ives (1874-1954). The Unanswered Question
  69. 64. Maurice Ravel (1875-1937). Bolero
  70. 65. Maurice Ravel (1875-1937). Ma mère l’Oye
  71. 66. Fritz Kreisler (1875-1962). Liebesleid
  72. 67. Manuel de Falla (1876-1946). Siete canciones populares españolas
  73. 68. Ottorino Respighi (1879-1936). Pini di Roma
  74. 69. Béla Bartók (1881-1945). Danze popolari rumene, per piccola orchestra
  75. 70. Béla Bartók (1881-1945). Concerto per pianoforte e orchestra n. 3
  76. 71. George Enescu (1881-1955). Rapsodia romena n. 1
  77. 72. Igor Stravinskij (1882-1971). Le sacre du printemps
  78. 73. Zoltán Kodály (1882-1967). Musica corale
  79. 74. Heitor Villa-Lobos (1887-1959). Bachianas brasileiras n. 5
  80. 75. Bohuslav Martinů (1890-1959). Divertimento per pianoforte (mano sinistra) e piccola orchestra
  81. 76. Sergej Prokof’ev (1891-1953). Sonata per violino e pianoforte n. 2
  82. 77. Darius Milhaud (1892-1974). Le boeuf sur le toit
  83. 78. Federico Mompou (1893-1987). Canciones y Danzas
  84. 79. Paul Hindemith (1895-1963). Six chansons per coro a cappella su testi di Rilke
  85. 80. George Gershwin (1898-1937). Rhapsody in Blue
  86. 81. Francis Poulenc (1899-1963). Sonata per clarinetto e pianoforte
  87. 82. Aaron Copland (1900-1990). Rodeo, suite dal balletto
  88. 83. Joaquín Rodrigo (1901-1999). Concierto de Aranjuez
  89. 84. William Walton (1902-1983). Façade
  90. 85. Dmitrij Šostakovič (1906-1975). Concerto per pianoforte e orchestra n. 2
  91. 86. Olivier Messiaen (1908-1992). Quatuor pour la fin du temps
  92. 87. John Cage (1912-1992). Sonatas and Interludes per pianoforte preparato
  93. 88. Benjamin Britten (1913-1976). Serenata per tenore, corno e archi
  94. 89. Leonard Bernstein (1918-1990). Ouverture da Candide
  95. 90. Astor Piazzolla (1921-1992). Las cuatro estaciones porteñas, per violino e orchestra d’archi
  96. 91. György Ligeti (1923-2006). Lux Aeterna
  97. 92. Luciano Berio (1925-2003). Quattro versioni originali della “Ritirata notturna di Madrid” di Luigi Boccherini sovrapposte e trascritte per orchestra
  98. 93. Arvo Pärt (1935). Fratres
  99. 94. Steve Reich (1936). Music for 18 Musicians
  100. 95. John Adams (1947). Harmonielehre
  101. 96. Heiner Goebbels (1952). The Horatian – Three Songs
  102. 97. Michael Daugherty (1954). Metropolis Symphony
  103. 98. Tan Dun (1957). Water Concerto, per percussioni ad acqua e orchestra
  104. 99. Giovanni Sollima (1962). Violoncelles, vibrez!
  105. 100. Jaakko Mäntyjärvi (1963). Canticum calamitatis maritimae
  106. Glossario
  107. Indice alfabetico degli autori
  108. Copyright