Questo martedì mattina non vuole più passare.
Per le prime due ore hanno continuato a girarmi in testa quel commento e quel nick. Il prof di Italiano spiegava e ogni tot io sbirciavo i miei profili. Non è cambiato niente, è tutto come ieri. Qualche like in più, ma nessun nuovo commento. E soprattutto, nessun nuovo commento da quel profilo. Ogni volta ho tirato un sospiro di sollievo e mi sono detta: Era solo una frase stupida. Hai visto?
Sì, certo, una frase stupida, ma che mi ha fatto male anche se non vorrei ammetterlo nemmeno con me stessa. L’unica persona con cui avrei voluto condividere il panico in cui mi ha gettata è praticamente sparita nel nulla. Ogni volta che ci penso un altro nodo d’ansia mi chiude lo stomaco. Che cosa sta succedendo a Jess? Che cosa sta succedendo alla mia vita?
Alla terza ora, ci si è messo pure Sisti a farmi aumentare l’ansia con l’interrogazione di Storia dell’Arte.
«Ieri ho fatto il laboratorio con la prof Riva e il prof Carpi» gli ha detto Anna, quando l’ha chiamata fuori. «Oggi posso essere interrogata solo se c’è una programmata.»
«Non si programma la conoscenza» le ha risposto lui. «E soprattutto non si può fare arte senza conoscere l’arte. Quindi, Lucino, vieni subito qui a raccontarmi per bene le strutture architettoniche della polis» ha concluso.
«Non è giusto» cerco di consolarla, mentre usciamo in corridoio.
La campanella dell’intervallo è appena suonata e Anna ha appena preso il suo primo 5 in un’interrogazione. Ovviamente ieri sera non ha studiato e lei non è il tipo che si ricordi le cose solo dopo aver sentito una spiegazione in classe (forse anche perché i suoi appunti sono abitati da unicorni).
Eppure la guardo camminare accanto a me verso la macchinetta, ed è assolutamente tranquilla. Continua a dirmi soltanto: «Recupero alla prossima interrogazione. Non è una tragedia!».
Oggi più che mai vorrei essere come lei: capace di fregarmene di qualsiasi cosa, di fare spallucce e dimenticare la frase che ho letto ieri sera, smettere di farmi venire l’ansia per Jess, per i voti, per i miei genitori e perché mi sento improvvisamente una sfigata totale, più di quanto mi ci sia mai sentita. Forse dovrei parlare con Anna di quella cosa, forse ci faremmo sopra una risata e tutto finirebbe lì.
Mi mette il telefono sotto il naso. «Vedi?» mi dice, inarcando le sopracciglia.
È un messaggio di sua madre:
Oh, ma che cosa vuoi che sia un 5 per Anna la peste? Lo recuperi con i tuoi super poteri!
«Non è una tragedia, te l’ho detto!» esclama, allargando le braccia.
«I miei mi ucciderebbero» ribatto.
Anna mi guarda con aria interrogativa.
«Sai, per la storia dell’insufficienza e del cambiarmi scuola» le spiego.
«Ah, certo!» fa lei, con l’aria di chi ha rimesso finalmente insieme i pezzi.
Jess avrebbe capito al volo, penso.
Ma Jess non è qui e all’improvviso mi è chiaro che no, non è il caso di parlare con Anna di quella cosa.
Mi blocco in mezzo al corridoio fulminata da un altro pensiero: «La settimana prossima potrebbe chiamare me in Arte! La tragedia potrebbe abbattersi su di me!».
«Quale tragedia?»
Il cuore mi arriva in gola per lo spavento e anche Anna ha la faccia di una a cui è appena preso un colpo.
«Ehi!» protesta, voltandosi. «Per caso hai deciso di farci venire un infarto?»
Come ho fatto a dimenticarmi completamente di Michael? E di Andrea, che adesso ride come un pazzo, mentre Michael sembra piuttosto imbarazzato.
«Pensavo che ci aveste sentiti» tenta di giustificarsi. «È un pezzo che vi chiamiamo.»
Anna aveva ragione: sono venuti a cercarci all’intervallo. E questa cosa da sola sarebbe già sufficiente a farmi smettere di respirare fino allo svenimento, ma lo spavento che ci hanno fatto prendere contribuisce a peggiorare la situazione del mio cuore. Quando finalmente credo di aver quasi riportato nella norma le mie funzioni vitali, Michael mi guarda con quei suoi occhi grigio-azzurro-verde e all’improvviso mi manca di nuovo l’aria.
Lui mi prende per mano (adesso svengo davvero) e mi chiede, preoccupato: «Va tutto bene? Ti senti bene?».
«Che tragedia sta succedendo? Ce lo volete dire?» aggiunge Andrea, sempre con quella sua aria da prendi in giro.
Per un momento, vorrei tirare fuori tutto, e dirgliela la mia piccola tragedia. Ma poi lo guardo e mi ripeto ancora: È solo una frase scema.
«Ecco, veramente…» Anna mi richiama sul pianeta-corridoio. È diventata improvvisamente seria, mi sembra quasi che abbia gli occhi lucidi.
Lo sapevo! Fa tanto la dura, ma ci è rimasta male per l’interrogazione.
«È che Sisti mi ha interrogata…» riprende lei.
Andrea e Michael si avvicinano, quasi come se volessero abbracciarci, e io passo davvero un braccio attorno alle spalle della mia amica. Mi sembra di sentirla tremare. Lo sapevo, lo sapevo!
«Le ha dato 5» taglio corto io, per mettere fine a questa sofferenza.
Stringo Anna più forte. Adesso sta tremando davvero. Guardo Michael e Andrea cercando di fare la mia migliore faccia “Fate qualcosa!”, e loro che cosa fanno? Si mettono a ridere.
Mi volto, la guardo: anche Anna sta ridendo a crepapelle!
«Ma va’ a cagare!» le grida Andrea, e le dà uno spintone.
«Sì, vai proprio a cagare» ribadisco io. Mi giro di spalle e me ne vado a passi decisi verso il lato opposto del corridoio.
Ma come le è venuto in mente di farmi uno scherzo così cretino? Io muoio di preoccupazione e lei mi prende in giro.
«Non si scherza sulle insufficienze!» protesto ad alta voce, passando davanti a Sofia, Mia, Aurora e Gaia, appollaiate davanti al loro solito calorifero con la loro solita faccia di disapprovazione.
Anna mi chiama e mi richiama, sento il mio nome che rimbomba per il corridoio nonostante il caos dell’intervallo, ma adesso sono troppo arrabbiata. Come fa a scherzare con me su una cosa del genere? Oggi, poi! Come ha fatto a non leggermi in faccia che c’è qualcosa che non va?
Jess lo avrebbe capito subito, mi ripeto. E poi: ma Jess non c’è.
Continuo a camminare finché Anna non mi afferra per una spalla.
Mi volto di scatto: «Sono molto arrabbiata con te».
«Perché?» mi domanda Michael, con un’aria davvero sorpresa. «Dovresti prendertela con Anna. E comunque, voleva solo scherzare.» Mi si avvicina, sento il suo profumo da tanto è vicino (sa di caramelle e di vento, di mare e sole), e mi sussurra: «Credo che cercasse di fare colpo su Andrea».
«E che cosa te lo fa pensare?» gli domando, riuscendo con molta fatica a guardarlo negli occhi.
Lui fa spallucce e risponde: «Sensazioni. A te non capita mai?».
Si starà riferendo al fatto che ho la netta sensazione che, se continua a starmi così vicino, fra poco sverrò?
«A volte» taglio corto. Per esempio, adesso io lo so perfettamente che ci conosciamo solo da 21 ore scarse e una manciata di secondi, ma ho la nettissima sensazione che tu non sia come gli altri, che potrei fidarmi di te, confidarmi con te, potremmo parlare per ore e ascoltare la nostra musica preferita stesi su un prato al parco mentre tutto il mondo ci gira intorno e io e te non ce ne accorgiamo perché siamo troppo impegnati a essere felici.
Ma ovviamente questo resta tutto chiuso nella mia testa.
«O almeno spero!» esclamo. E se avessi parlato di nuovo a voce alta senza accorgermene? Il quarto teorema di quel disastro di Emma si verifica sempre quando meno me l’aspetto.
Michael fa una faccia perplessa: «Speri di avere a volte delle sensazioni? In che senso?».
Okay, scampata figura di C. Sì, insomma, più o meno.
Agito una mano in aria: «Lascia perdere! A volte sono un po’ confusa».
«Sai qual è la verità?» ribatte lui.
Faccio no con la testa, anche perché Michael mi guarda in un modo che mi rende impossibile spiccicare parola.
«Che sei troppo sensibile, l’ho capito appena ti ho vista.»
Okay, adesso posso anche morire felice.
Anna e Andrea ci raggiungono gridando come due mandriani al pascolo: «Merenda del perdono in arrivo!».
Michael mi guarda con una faccia che dice “Che ti avevo detto?” e io gli rispondo con una che dice “Quei due sono fatti uno per l’altra”.
La mia amica mi butta le braccia al collo: «Ti ho preso la merendina cioccolato e nocciole che ti piace tanto!». Poi mi guarda negli occhi e aggiunge: «Scusami, volevo solo prendervi un po’ in giro. Lo sai che sono fatta così».
Afferro la mia merendina preferita e sorrido: «Scuse accettate».
Ce ne andiamo tutti e quattro verso il cortile della scuola, chiacchierando di Sisti, del laboratorio del giorno prima e delle merendine della macchinetta. Anna è felice, alla faccia del 5, i ragazzi sono simpaticissimi, e io riesco a resistere alla tentazione di prendere il cellulare e controllare i miei profili social. Forse era davvero solo una frase. E la ricaccio, quella frase, nell’angolino più remoto che riesco a trovare nel mio cervello.
La campanella suona. Michael mi ha appena dato il suo numero di cellulare. Ora mi guarda negli occhi: «Vi aspettiamo all’uscita?».
«Abbiamo Scultura fino alle quattro» si dispera Anna.
«E allora vi aspettiamo da Checco per fare merenda» conclude Andrea, prima di alzare una mano per darle il cinque.
«E adesso come faccio?» dico ad Anna, mentre aspettiamo il prof nell’aula di Scultura.
Presa dall’entusiasmo mi sono completamente dimenticata della mia punizione. Mia madre, che og...