La casa che mi porta via
eBook - ePub

La casa che mi porta via

  1. 336 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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La casa che mi porta via

Informazioni su questo libro

Marinka ha dodici anni e la cosa che vuole di più al mondo è trovare un amico. Un amico vero, in carne e ossa, umano. Ma non è facile farsi degli amici se si è nipoti di Baba Yaga e si vive con lei in una casa con zampe di gallina che si sposta in continuazione. La nonna di Marinka, infatti, è una Guardiana dei Cancelli che accompagna le persone nell'aldilà e anche lei è destinata a seguire le sue orme. Ma si deve per forza obbedire al destino che qualcun altro ci ha assegnato? Marinka non sopporta più la solitudine in cui è costretta a vivere e quando conosce una ragazza della sua età, forse l'amica che cercava, rompe tutte le regole. Non immagina certo le conseguenze! Una storia intensa tra Anna dai capelli rossi e La sposa cadavere, con una protagonista coraggiosa che, a forza di scavalcare gli "steccati" imposti dalle circostanze, riesce a costruirsi una vita tutta sua.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2019
Print ISBN
9788817108485
eBook ISBN
9788858695753

IL RITO DELL’UNIONE

La Vecchia Yaga si sporge fuori dalla finestra e urla di gioia. «Mi ero dimenticata che effetto fa viaggiare a bordo di una casa che corre tanto veloce.» Tira di nuovo la testa dentro e sorride raggiante, con i capelli tutti gonfi per il vento. Nuovi rampicanti scendono dalle travi, crescono e si attorcigliano formando un’amaca sotto di lei. «Accidenti, grazie, mia signora.»
«Signora?» chiedo, inarcando un sopracciglio.
«Ma certo.» La Vecchia Yaga salta sulla pianticella. «La tua casa è una raffinata signora.»
«Come fai a saperlo?» chiedo. Non ho mai pensato alla mia casa come un “lui” o una “lei”.
«Solo una sensazione. Guarda!» Il suo braccio scatta e indica qualcosa all’orizzonte. Una piccola macchia, appena visibile nel chiaro di luna, che cresce ogni secondo che passa. Jack la fissa facendo avanti e indietro sul davanzale.
Mi avvicino e osservo la macchia. «È un’altra casa!»
«È Yaga Onekin! Non lo vedo da… Accipicchia, devono essere minimo duecento anni.» La Vecchia Yaga si porta una mano sul cuore e sorride.
L’altra casa si avvicina, e presto galoppa al nostro fianco. Anche il mio cuore accelera, i tonfi delle due coppie di gigantesche zampe di gallina mi riverberano in tutto il corpo.
Un vecchio con una bombetta gialla saluta dalla finestra. «Buonasera, Yaga Tatyana!» grida. «Sei persino più bella di quanto ricordassi!»
La Vecchia Yaga ridacchia e agita il suo foulard verso di lui. «Be’, grazie, Yaga Onekin. Anche io ti trovo bene. È la serata ideale per una festa.»
«Assolutamente.» Yaga Onekin guarda la luna. È grande, luminosa e piena. «Facciamo a gara a chi arriva primo laggiù.» La sua casa sfreccia avanti, alzando una nuvola di polvere che turbina contro la finestra. Jack gracchia forte e mi vola sulla spalla.
«E tu glielo lascerai fare, Casa?» La Vecchia Yaga afferra i viticci dell’amaca e la nostra casa scatta velocissima. Barcollo, per non cadere devo aggrapparmi al davanzale della finestra. La casa corre come non ha mai fatto prima, e il paesaggio sfreccia via in una macchia indistinta. E in preda all’euforia, urlo nel vento.
«Più veloce! Forza, Casa! Puoi farcela! Più veloce! Più veloce!»
Jack fa eco alle mie grida, levando alto il becco e sbattendo le ali.
Le zampe della casa battono il terreno, sempre più forte, sempre più veloci, e presto raggiungiamo la casa di Yaga Onekin, che sorride e saluta levandosi il cappello mentre lo superiamo. La Vecchia Yaga risponde con un cenno del capo. Io esulto con un salto. «Lo sapevo che potevi farcela, Casa!» Do una pacca sul davanzale della finestra in segno di trionfo.
La Vecchia Yaga ride e torna all’amaca.
«È così che ti chiami?» chiedo. «Tatyana?»
«Sì, Yaga Marinka» dice la Vecchia Yaga annuendo, e poi mi porge la mano. «Io sono Yaga Tatyana. Molto piacere di conoscerti.»
Le stringo la mano, arrossendo. Non riesco a credere che non mi sia mai venuto in mente di chiederle come si chiama. «Conosci tutti gli Yaga che ci saranno stasera?» chiedo.
«Sì. Vengono tutti al mercato a comprare il mio trost. È il motivo per cui lo preparo.» Mi strizza l’occhio. «Mi piace farmi degli amici, anche se poi devono partire.»
All’orizzonte spuntano altre case Yaga, e si avvicinano, una scia di polvere alle loro spalle. Il rumore di tutte quelle zampe di gallina rimbomba nell’aria, e io fremo per l’eccitazione.
«Non ho mai visto così tante case!» dico.
«Il raduno di case Yaga è uno spettacolo meraviglioso.» La Vecchia Yaga sospira. «Purtroppo accade di rado.»
«Perché gli Yaga non si riuniscono più spesso?» chiedo, anche se conosco già la risposta.
«È nostro dovere proteggere le case e i Cancelli dai vivi. I raduni così grossi possono attirare attenzioni non richieste.» La Vecchia Yaga scaccia via quelle parole con un gesto della mano, come se puzzassero un po’, e mi guarda con la coda dell’occhio. «Ho sempre pensato che sarebbe bello se ci incontrassimo più spesso, però. Essere Yaga è una cosa che può far sentire soli.»
«Non per davvero» mento. Non voglio che pensi che non sono pronta per il rito. «Ogni notte possiamo fare festa con i morti.»
«È vero» dice la Vecchia Yaga annuendo. «Mi sono sempre piaciuti tanto i banchetti di quando si accompagna. Ma aspetta di vedere una festa Yaga. Non c’è nulla di paragonabile. A proposito, vado a prepararmi.» Salta giù dall’amaca e apre la grossa valigia che si è portata dietro. È un’eruzione di vestiti. La Vecchia Yaga si mette a rovistare sotto un enorme abito tutto a sbuffi e un vestito minuscolo che sembra fatto soltanto di nappine. «Temo di non essere mai stata un campione a fare le valigie.» Un cappello di pelliccia, un collare con le frange e un boa di piume vengono lanciati da parte, insieme a una borsetta decorata con pezzetti di conchiglie che scintillano dei colori dell’oceano.
«Ho pensato di portare qualcosa anche per te, ma non conosco i tuoi gusti.» La Vecchia Yaga solleva un cappellino blu tutto schiacciato che una volta poteva avere la forma di una barchetta. Ride. «Immagino che non siano più di moda da un pezzo. Dovrei davvero fare un po’ di pulizia.»
«Sto bene con questo» dico lisciando il mio vestito di lana semplice, ma non riesco a impedire al mio sguardo di tornare alla valigia.
«Come sei più comoda.» La Vecchia Yaga si allontana con una lunga gonna nera e una camicia bianca con dei fiori ricamati. «Ma mentre mi cambio, tu guarda pure senza fare complimenti.»
Ci sono così tanti tessuti e modelli a far capolino dalla valigia che presto mi ritrovo a scorrerli velocemente, cercando di indovinare da quale posto e da quale epoca arrivano. Quasi in fondo alla pila c’è un vestito di velluto nero, decorato con teschi colorati e fiori lungo i bordi. A guardarlo così, sembra caldo e morbido, e anche abbastanza spesso perché Jack non lo rovini con gli artigli. Il motivo mi ricorda Baba.
«Ti sta benissimo» dice la Vecchia Yaga con un sorriso quando torna e mi vede con il vestito indosso. «Stanotte ci divertiremo un mondo.» Salta di nuovo sull’amaca e guarda fuori dalla finestra. «Che tu decida di andare fino in fondo con l’unione o no.»
«Cosa vuoi dire? Ma certo che andrò fino in fondo» dico, decisa.
«Sto solo dicendo che se cambi idea, va bene lo stesso. È una decisione importante, quella di unirsi alla casa con un vincolo, soprattutto per chi come te…»
«È morto, dici?» la interrompo, con un brivido gelido che mi corre giù per la schiena.
«No, è tanto giovane» dice la Vecchia Yaga, gentile.
Le guance avvampano. «Scusa» farfuglio, imbarazzata per essere stata tanto brusca. Mi volto di nuovo verso la finestra e penso alla notte che ho davanti: la cerimonia, il momento in cui attraverserò il Cancello, e quello in cui fluttuerò verso le stelle. Dato che sono morta, passerò levitando sopra l’oceano nero e le montagne di vetro. Allora troverò Baba e la riporterò a casa, proprio come ha fatto lei con me quando ero piccola. «Sono assolutamente sicura di volerlo fare» dico. «E non cambierò idea.»
Il tonfo dei passi delle zampe di gallina rimbomba sempre di più. «Le Steppe» sussurra la Vecchia Yaga guardando fuori dalla finestra con gli occhi che brillano. «È meraviglioso essere di nuovo qui. Le ho sempre considerate casa mia.»
Praterie scintillanti come argento nel chiaro di luna si distendono a perdita d’occhio. Le zampe di gallina battono sul terreno, sollevando profumo di pioggia appena caduta. In lontananza, il profilo scuro di basse montagne e quello ancora più scuro della foresta.
La casa rallenta al piccolo galoppo e piega verso la linea degli alberi, presto imitata dalle altre case Yaga. Man mano che ci avviciniamo sento un’eco di tamburi trasportata dal vento. Quel suono pare quasi sollevarmi, e d’improvviso mi sento più leggera, più alta. Jack si posa sul davanzale della finestra, e scruta nella notte con gli occhi che brillano.
Il mio corpo freme quando scorgo il raduno al limitare della foresta. Nemmeno nella mia immaginazione ho mai visto una cosa simile. Un gigantesco steccato di ossa brilla, riflettendo la luce dorata di centinaia di teschi, attorno a una miriade di case Yaga che saltano e danzano al ritmo della musica che esce dalle loro porte spalancate. Appena fuori dal cerchio un paio di case più vecchie se ne stanno sedute con le zampe piegate a guardare alcune case più giovani che giocano a calcio con una palla speciale di cuoio grossa come una mucca.
Una manciata di ossa rotola fuori dal mio deposito e corre a unirsi alle altre nello steccato. Femori e peroni si assemblano in uno strano carretto che sbatacchiando fila in equilibrio precario sulla cima dello steccato. «Dovresti farti un giro, andare un po’ a divertirti.» La Vecchia Yaga mi accompagna alla porta. «Oh, solo un attimo, ho una cosa per te. L’hai perso fuori dalla mia bancarella alcune notti fa.» E dalla tasca estrae il foulard di Baba, quello con i teschi e i fiori, e me lo lega al collo. «Ecco fatto.» Scende gli scalini del portico con me e indica una pozzanghera sul terreno umido. «Cosa vedi adesso?»
Guardo nell’acqua e vedo i miei ricci che sbucano da sotto il foulard di Baba. «Il mio riflesso!» Mi chino sulla pozza. «Sembro una Guardiana!»
«Quasi» dice ridacchiando la Vecchia Yaga. «Ci vediamo alla cerimonia.»
Mi incammino verso la calca, agitatissima, e senza nemmeno rendermene conto mi ritrovo circondata da Antichi Anziani che mi stringono la mano e mi danno pacche sulla schiena.
«Sono Yaga Ana…»
«… Yaga Dmitry…»
«… incantata di conoscerti…»
«… magnifica notte per un’unione…»
«… che splendida casa…»
«Yaga Elena! Vieni a conoscere Yaga Marinka.»
Una ragazzina si avvicina di corsa e il mio sorriso si allarga. È la prima volta che vedo una Yaga della mia età.
«Ciao, Yaga Marinka. Congratulazioni per la tua unione.» Yaga Elena ricambia il sorriso, come se mi conoscesse da tutta la vita, mi prende a braccetto e mi porta via dagli Anziani. «Andiamo sulle montagne ossee?»
Sulla cima dello steccato d’ossa, dove sta guardando Yaga Elena, adesso filano parecchi carretti. Yaga Elena mi guida verso un punto in cui lo steccato è più basso, e uno dei carretti si precipita verso di noi con un gran sbatacchiare. Saliamo a bordo, ci sediamo sopra un osso pelvico e appoggiamo la schiena contro delle scapole. Un attimo dopo, sento un tuffo allo stomaco: il carretto riparte di slancio e sfreccia su in cima allo steccato, lungo un binario di ossa che salendo e scendendo fa un grande giro tutto intorno alle case Yaga.
Jack si libra sopra di noi mentre filiamo veloci, tenendoci strette l’un l’altra durante le salite traballanti e strillando insieme nelle discese sfrenate. È tutto luci abbaglianti e mulinelli, vertigini e risate, e stelle nei miei occhi. Quando il carretto finalmente si ferma, barcollo fuori con le gambe molli e un sorriso immenso.
Ci sono Yaga dappertutto, appoggiano piatti colmi di cibo su lunghi tavoli parlando così in fretta da farmi girare la testa. Sono tutti super amichevoli. Sorridono e si congratulano con me e la casa, e offrono a Jack pezzetti di cibo con le dita. Alcuni mi raccontano che conoscevano Baba, e che era proprio una bella persona. Ricambio i sorrisi, senza svelare il mio piano segreto. Baba non se n’è andata per sempre, io presto la salverò.
Incontro tantissimi Yaga, ma non riesco a conoscerne nessuno davvero. Danzano e si allontanano, come i morti quando li accompagniamo – però stavolta mi fanno male le guance tanto sorrido, perché loro sono Yaga, come me. Be’, quasi come me. Non appartengo ai...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Prologo
  4. Un Cancello per i morti
  5. Benjamin
  6. Una coperta troppo pesante
  7. Dall’altra parte dello steccato
  8. Il deserto
  9. Nina
  10. Lezioni di nuoto
  11. Serina
  12. Ancora qualche minuto
  13. La spiaggia
  14. Verità e bugie
  15. La nuova Guardiana
  16. Il rumore dolente di qualcosa che si spezza
  17. La Vecchia Yaga
  18. Salma
  19. Sottosopra
  20. Il riad
  21. Un universo che si espande
  22. Parole crudeli
  23. Barlumi di luce
  24. Il Rito dell’Unione
  25. Oscurità
  26. Fuoco
  27. La Terra della Neve
  28. La Terra dei Laghi
  29. Attraverso il Cancello
  30. Una scatola piena di semi
  31. Crescendo
  32. Epilogo. Più di una Yaga
  33. Il Glossario di Marinka
  34. Qualche domanda a Sophie Anderson
  35. Ringraziamenti
  36. Copyright