Rusty il selvaggio
eBook - ePub

Rusty il selvaggio

  1. 140 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Rusty il selvaggio

Informazioni su questo libro

Rusty, quattordici anni, è un giovane sbandato con il mito del "duro". Il suo eroe personale è il Motociclista, di qualche anno più grande di lui, personaggio enigmatico quanto carismatico, capace di sedare frizioni tra gang di lunga data con un solo sguardo, ma anche di alienarsi per ore, immerso nella lettura, o sprofondato in riflessioni cupe e imperscrutabili. Per Rusty è la sola ancora di salvezza nella tempesta della sua vita. Quando rimane coinvolto nell'ennesima rissa, la scuola coglie l'occasione per espellerlo e Rusty va alla deriva, finendo con il perdere il ruolo di leader nella banda e persino la sua ragazza. Ma questa volta il Motociclista non potrà aiutarlo... Dall'autrice di The Outsiders, un'altra storia di gioventù maledetta, da cui Francis Ford Coppola ha tratto un film leggendario con Matt Dillon e un giovanissimo Mickey Rourke.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2018
Print ISBN
9788817104050
eBook ISBN
9788858694602

Tre

Quando Steve è dovuto andare a casa io sono andato dalla mia ragazza. Lo sapevo che era in casa perché sua mamma faceva l’infermiera e faceva i turni di notte e Patty doveva guardare i suoi fratellini.
«Non dovrei vedere nessuno quando la mamma è fuori.» È rimasta lì sulla porta a sbarrarmi il passo, senza fare nemmeno il gesto di lasciarmi entrare.
«Da quando?»
«Da un pezzo.»
«Be’, non è mai stato un problema» ho detto. Era arrabbiata per qualcosa. Voleva litigare. Non era arrabbiata perché ero andato da lei quando non dovevo, ma era per quello che voleva litigare. Quando litigavamo non era mai per quello per cui era arrabbiata.
«È un pezzo che non ti fai vedere» mi ha detto, fredda.
«Ho avuto da fare.»
«Ho sentito.»
«Dai, andiamo» ho detto. «Entriamo e parliamone.»
Mi ha guardato a lungo, poi mi ha tenuto aperta la porta. Sapevo che l’avrebbe fatto. Era pazza di me.
Siamo stati un po’ a guardare la tivù. I fratellini di Patty saltavano a turno sull’unica altra poltrona nella stanza.
«Che cos’hai avuto da fare?»
«Niente. Sono stato in giro. Io, Smokey e suo cugino siamo andati al lago.»
«Davvero? Avete portato delle ragazze?»
«Come sarebbe, se abbiamo portato delle ragazze? No.»
«Okay» ha detto lei, sistemandosi tra le mie braccia. Il tempo di cominciare a coccolarci e uno dei mocciosi ha cominciato a strillare «Lo dico alla mamma» finché non gli ho detto che gli spaccavo la faccia. Ma dopo sono rimasto lì ad abbracciarla e a darle ogni tanto un bacio sui capelli. Aveva i
capelli biondi con le radici scure. Mi piacciono le bionde. Non m’importa come lo diventano.
«Rusty-James» ha detto.
Sono saltato su. «Mi sono addormentato?»
La stanza era al buio, a parte il brillio bianco e nero della televisione.
«È mattina o è sera?» Ero confuso. Mi sembrava di essere ancora addormentato.
«Sera. Certo che sei stato di compagnia.»
Tremavo tutto. Poi mi sono ricordato.
«Che ore sono?»
«Diamine» ho detto, alzandomi. «Devo combattere contro Biff Wilcox alle otto. Hai qualcosa da bere qui in giro?»
Sono andato in cucina e ho cercato nel suo frigo. Ho trovato una lattina di birra e l’ho mandata giù.
«Adesso la mamma penserà che l’ho bevuta io. Grazie mille.» Sembrava lì lì per piangere.
«Cosa c’è, tesoro?» ho detto.
«Avevi detto che la smettevi di azzuffarti tutto il tempo.»
«Quando?»
«Dopo che le hai date a Skip Handly. Mi avevi promesso che non avresti più fatto le risse tutto il tempo.»
«Ah, già. Be’, non è tutto il tempo. È una volta sola.»
«Dici sempre così.» Piangeva. L’ho spinta contro il muro e l’ho tenuta stretta per un po’.
«Ti amo, piccola» ho detto, e l’ho lasciata andare.
«Vorrei che non fossi sempre in giro a picchiarti.» Non piangeva più. Smettere di piangere le riusciva più facile che a qualunque altra ragazza che conoscevo.
«Be’, e tu?» le ho detto. «Tu sei corsa dietro a Judy McGee con una bottiglia rotta non molto tempo fa.»
«Faceva la scema con te» ha detto. Patty a volte era una belva.
«Non è colpa mia» ho detto. Ho preso il giubbotto mentre andavo verso la porta. Mi sono fermato a darle un bel bacio lungo. Era così carina, sembrava un fiore giallo con tutti i capelli scombinati.
«Sta’ attento» mi ha detto. «Ti amo.»
L’ho salutata con la mano e sono saltato giù dal portico. Ho pensato che forse avevo tempo di fermarmi a casa a buttar giù un bel sorso di vino, ma quando sono passato da Benny ho visto che erano tutti lì ad aspettarmi, così sono entrato.
C’era più gente che nel pomeriggio. La voce era girata, credo.
«Ti stavamo dando per perso» ha detto Smokey.
«È meglio se stai attento o mi scaldo con te» l’ho avvertito. Ho contato i ragazzi e ho deciso che forse sei sarebbero venuti al campo. Non ho visto Steve, ma non mi sono preoccupato. Non poteva uscire molto la sera.
«Separiamoci e vediamoci là» ho detto loro, «o avremo i poliziotti alle calcagna.»
Sono uscito con Smokey e B.J. Mi sentivo benissimo. Mi piacciono le risse. Mi piace come mi sento prima di una rissa, tipo eccitato, come se potessi fare qualunque cosa.
«Rallenta» ha detto B.J. «È meglio se risparmi le energie.»
«Se non fossi così grasso riusciresti a starmi dietro.»
«Non ricominciare con questa storia» ha detto B.J. Era grasso, ma era anche un duro. I duri grassi non sono rari come si pensa.
«Amico, è come ai vecchi tempi, vero?» ha detto.
«Non saprei» ha detto Smokey. Le risse lo innervosivano. Prima di una rissa diventava sempre più silenzioso, e gli scocciava tantissimo che io invece diventassi sempre più chiacchierone. C’era uno strano tipo di tensione tra noi. Lui sarebbe stato il cattivo numero uno del quartiere se non fosse stato per me. A volte capivo che stava pensando ad attaccar briga con me. Fino a quel momento o aveva avuto paura o voleva che restassimo amici.
«Sicuro» ho detto, «è vero. È finito tutto prima che arrivassi tu.»
«Maledizione, quella roba delle bande è passata di moda quando avevi dieci anni, Rusty-James» mi ha detto.
«Undici. Io me lo ricordo. Ero nei Piccoletti.»
I Piccoletti erano il gruppo dei cuccioli della banda locale, il Branco. Le lotte fra bande erano fuori moda al momento.
«Amico» ho detto, «allora una banda voleva veramente dire qualcosa.»
«Voleva dire finire all’ospedale una volta la settimana.»
Okay, quindi era nervoso. Io pure. Ero io quello che doveva combattere, dopotutto. «Parli quasi come un vigliacco, Smokey» ho detto.
«Parlo quasi come una persona sensata.»
Sono stato zitto. Ci è voluto un sacco di autocontrollo, ma sono rimasto zitto. Smokey è diventato nervoso, perché stare zitto non mi viene naturale.
«Senti» ha detto, «sto venendo con te, no?»
Immagino che quel pensiero gli abbia ridato coraggio, perché è andato avanti: «Se pensi che venga fuori una rissa sei pazzo. Tu e Biff ve le date e noi stiamo a guardare. Non credo che verranno in tanti, se è per quello».
«Sicuro» ho detto, ma non stavo attento. Eravamo arrivati al negozio di animali. Abbiamo svoltato nel vicolo che ci correva accanto, ci siamo infilati in un buco nella rete in fondo e siamo sbucati nello spiazzo vuoto che portava giù dritti al fiume. Era umido e puzzava. La zona qui puzza tutta per via del fiume, ma nello spiazzo è peggio. Più giù, un mucchio di fabbriche butta gli scarichi nell’acqua. Se stai qui da un po’ la puzza non la noti. È solo che in quello spiazzo è molto forte.
Smokey aveva ragione: ad aspettarci c’erano solo quattro dei tipi che c’erano da Benny. B.J. si è guardato intorno e ha detto: «Avrei detto che veniva anche Steve». L’ha detto in modo sarcastico. Non sono mai riusciti a capire come mai con me c’era sempre anche Steve.
«Be’, magari è in ritardo» ho detto. Non che mi aspettassi di vederlo; però aveva detto che veniva.
Dall’altra parte del campo c’erano Biff e la sua banda. Li ho contati come mi aveva insegnato il Motociclista. Scopri tutto quello che puoi sul nemico. Erano in sei. Eravamo abbastanza alla pari. Ero così eccitato che non riuscivo a star fermo.
«Rusty-James!»
Era Biff che mi veniva incontro attraversando lo spiazzo. Non stavo nella pelle. Gliene avrei date tante. Mi facevano male le mani dalla voglia di prendere a pugni qualcosa. «Sono qui!» ho gridato.
«Per ora, cretino» ha detto Biff. Era così vicino che lo vedevo bene. Ho gli occhi che mi diventano superacuti prima di una zuffa. Tutto diventa superchiaro prima di una zuffa: è come se mancasse tanto così a volare. Però nel pieno della zuffa sono quasi cieco; diventa tutto rosso.
Biff aveva sedici anni, ma non era più alto di me; era robusto; aveva le braccia che gli pendevano dalle spalle come quelle di un gorilla. Aveva un brutto muso rincagnato e i capelli biondi ispidi. Era tutto nervoso, peggio di me.
«Si è fatto delle pillole» ha detto Smokey alle mie spalle.
Io odio fare le risse con la gente fatta. Sono pazzi. Si è già fuori abbastanza quando si lotta, senza doversi fare. Ti metti a lottare con uno che ha buttato giù delle benze con l’alcol e non capisce nemmeno quando lo fai fuori. Il solo vantaggio è che hai un po’ più di controllo. Io non mi drogo mai. È stata la droga a rovinare le bande.
Biff era fuori, si vedeva. La luce dei lampioni gli rimbalzava dagli occhi in un modo che lo faceva sembrare matto.
«Ho sentito che mi cercavi» ho detto. «Sono qui.»
L’ho fatto un sacco di volte. Mi azzuffavo una volta la settimana. Erano quasi due anni che non perdevo una rissa. Ma Biff era un po’ più duro dei soliti ragazzi. Se le guerre di bande ci fossero ancora state lui sarebbe stato il capo dei Falconi. E lui non voleva che la gente se lo dimenticasse. Nemmeno quando ti metti contro a un moccioso di settima puoi dare per scontato che vinci, quindi quando ti metti contro uno come Biff Wilcox ci pensi bene.
Abbiamo cominciato a scaldarci, a insultarci un po’, a dirci parolacce, a sparare minacce. Tutto secondo le regole. Non so chi aveva fatto le regole.
«Su» ho detto io alla fine. Mi piace fare sul serio. «Tirami un pugno.»
«Tirarti un pugno?» La mano di Biff è andata alla tasca di dietro ed è venuta fuori con un lampo d’argento. «Io ti faccio a fettine.»
Io non avevo il coltello. Oggi non sono tanti quelli che fanno le risse al coltello. Di solito mi portavo un serramanico, ma mi avevano beccato con quello a scuola e me l’avevano portato via e non ero riuscito a procurarmene un altro. Biff doveva dirmelo, che sarebbe stata una rissa al coltello. Dio come mi sono arrabbiato! La gente non rispetta più le regole.
Gli amici di Biff facevano il tifo e strillavano e i miei amici borbottavano e io ho detto: «Qualcuno mi presta un coltello?». Pensavo ancora che potevo vincere: Biff non tirava fuori il coltello se pensava di riuscire a vincere in una lotta leale. Dovevo solo ritrovarmi alla pari con lui.
Nessuno av...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Uno
  4. Due
  5. Tre
  6. Quattro
  7. Cinque
  8. Sei
  9. Sette
  10. Otto
  11. Nove
  12. Dieci
  13. Undici
  14. Dodici
  15. Nota dell’autrice
  16. Copyright