SCEGLI ME.
Non riesco a fare altro per non gridare. Affondo le unghie nel legno di marula del mio bastone e stringo con forza per cercare di calmarmi. Le gocce di sudore mi colano lungo la schiena, ma non so dire se è il primo calore dell’alba oppure se è il cuore che mi picchia contro il petto. Luna dopo luna, sono stata ignorata.
Oggi non può andare allo stesso modo.
Mi infilo una ciocca di capelli bianchi come la neve dietro un orecchio e faccio del mio meglio per stare seduta tranquilla. Come sempre, Mama Agba rende snervante la selezione, fissando ogni ragazza quel tanto che basta a metterci in imbarazzo.
Aggrotta le sopracciglia per la concentrazione, e così facendo le grinze sulla sua testa rasata si accentuano. Con la pelle scura e il caffettano dalle tinte tenui, Mama Agba assomiglia a qualsiasi altra anziana del villaggio. Non verrebbe da pensare che una donna della sua età possa essere così letale.
«Ehm.» Yemi si schiarisce la voce vicino alla porta dell’ahéré, un modo non tanto sottile per ricordare che ha già passato questa prova. Ci rivolge un sorrisino compiaciuto mentre fa roteare il bastone intagliato a mano; sembra desiderosa di capire chi di noi sconfiggerà, nella gara per passare di grado. Molte ragazze sono intimidite dalla prospettiva di affrontare Yemi, ma oggi io lo desidero con tutta me stessa. Mi sono allenata e sono pronta.
So che posso vincere.
«Zélie.»
La voce logorata e stanca di Mama Agba rompe il silenzio. Un sospiro si leva all’unisono dalle quindici ragazze che non sono state scelte. Il nome rimbalza contro le pareti intrecciate di canne dell’ahéré finché non mi rendo conto che mi ha chiamata.
«Davvero?»
Mama Agba fa schioccare le labbra. «Posso scegliere un’altra…»
«No!» Scatto in piedi e faccio un rapido inchino. «Grazie, Mama. Sono pronta.»
Il mare di facce brune si apre e io attraverso la folla. A ogni passo, mi concentro sul modo in cui i miei piedi nudi strisciano sulle canne del pavimento di Mama Agba, saggiando l’attrito di cui avrò bisogno per vincere questo incontro e passare finalmente di grado.
Quando giungo al materassino nero che rappresenta l’arena, Yemi è la prima a fare l’inchino. Aspetta che io la imiti, ma il suo sguardo non fa altro che attizzare il fuoco che cova dentro di me. Non c’è rispetto nella sua postura, nessuna promessa di una lotta corretta. Pensa che io le sia inferiore solo perché sono un’indovina.
Pensa che sarò io a perdere.
«L’inchino, Zélie.» Per quanto il monito di Mama Agba sia chiaro, non riesco a convincere il mio corpo a muoversi. Vicina come sono a Yemi, l’unica cosa che vedo è la sua voluttuosa chioma nera, la sua pelle marrone noce di cocco, di gran lunga più chiara della mia. Ha la carnagione delicata di un’orïshana che non ha mai faticato un giorno intero sotto il sole; di chi ha condotto una vita privilegiata, finanziata in segreto da un padre che non ha mai conosciuto. Un nobiluomo che, per la vergogna, ha confinato la figlia bastarda nel nostro villaggio.
Tiro indietro le spalle e spingo avanti il petto, raddrizzandomi anche se devo piegarmi. I lineamenti di Yemi spiccano tra la folla di indovine dai capelli candidi. Indovine che sono state costrette a inchinarsi più e più volte davanti a donne come lei.
«Zélie, non farmelo ripetere.»
«Ma, Mama…»
«Inchinati oppure abbandona il ring! Stai facendo perdere tempo a tutti.»
Non avendo altra scelta, serro la mascella e m’inchino, strappando a Yemi un insopportabile ghigno. «Era così difficile?» Lei ripete l’inchino, per sicurezza. «Se devi perdere, fallo con fierezza.»
Risatine soffocate si levano dalle ragazze, messe subito a tacere da un movimento brusco della mano di Mama Agba. Le fulmino con lo sguardo prima di concentrarmi sulla mia avversaria.
Vedremo chi riderà quando avrò vinto.
«Prendete posizione.»
Retrocediamo fino ai margini del materassino e diamo un calcio ai bastoni per sollevarli da terra. Il ghigno di Yemi scompare, mentre le si stringono gli occhi. Il suo istinto omicida emerge.
Ci fissiamo, in attesa che venga dato il segnale di inizio. Temo che Mama Agba la tiri per le lunghe, e invece lancia un grido.
«Cominciate!»
E io sono subito sulla difensiva.
Prima che riesca a pensare di colpire, Yemi gira su se stessa con la rapidità di una ghepardera. Ruota il bastone sopra la testa, e un istante dopo cerca di abbattermelo sul collo. Anche se le ragazze sussultano, non mi scompongo.
Yemi forse è veloce, ma io posso esserlo di più.
Quando il suo bastone si avvicina, inarco la schiena più che posso, schivando l’attacco. Sono ancora in questa posizione quando colpisce di nuovo, stavolta calando l’arma con la forza di una ragazza grande il doppio di lei.
Mi getto su un fianco, rotolando sul materassino mentre il suo bastone sbatte sulle canne. Yemi indietreggia per attaccare un’altra volta mentre io tento di rimettermi in piedi.
«Zélie» mi ammonisce Mama Agba, ma non ho bisogno del suo aiuto. Con un movimento sinuoso, rotolo e mi rialzo, facendo scattare l’arma verso l’alto e parando un nuovo colpo di Yemi.
I nostri bastoni si scontrano con uno schianto sonoro. I muri di canne tremano. La mia arma vibra ancora per l’impatto, quando lei gira su se stessa per colpirmi alle ginocchia.
Mi do una spinta con la gamba che tengo davanti e dondolo le braccia in modo da darmi slancio, per poi fare la ruota. Mentre scavalco il suo bastone proteso in avanti, colgo la mia prima occasione, la mia prima possibilità di attaccare.
«Uh!» gemo, sfruttando lo slancio aereo per sferrare a mia volta un colpo. Andiamo…
Il bastone di Yemi colpisce il mio, parando l’attacco ancor prima che inizi.
«Pazienza, Zélie» mi urla Mama Agba. «Non è il momento giusto per attaccare. Osserva. Reagisci. Aspetta che l’avversaria attacchi.»
Soffoco un lamento ma annuisco, retrocedendo con il bastone. Avrai un’opportunità, mi dico. Aspetta solo il tuo tur…
«Esatto, Zél.» La voce di Yemi è così bassa che la sento a malapena. «Ascolta Mama Agba. Comportati da brava larva.»
Ed eccola lì.
Quella parola.
Quell’ingiuria avvilente.
Sussurrata senza il minimo rispetto. Agghindata da quel ghigno arrogante.
Prima di riuscire a fermarmi spingo avanti il bastone, che arriva a un soffio dalla pancia di Yemi. Più tardi Mama Agba mi strapazzerà per averlo fatto, ma vedendo la paura negli occhi di Yemi sento che ne è valsa la pena.
«Ehi!» Per quanto Yemi chieda l’intervento di Mama Agba, non ha il tempo di obiettare. Ruoto l’arma in maniera così rapida da farle spalancare gli occhi prima di lanciarmi in un altro attacco.
«L’esercizio non era questo!» grida Yemi, facendo un balzo per evitare il mio colpo alle ginocchia. «Mama…»
«Deve essere lei a battersi per te?» Rido. «Forza, Yem. Se devi perdere, fallo con orgoglio.»
La collera accende i suoi occhi come quelli di una leonera cornuta e pronta a scattare. Stringe il bastone come una furia.
Ora sì che inizia il vero scontro.
Le pareti dell’ahéré di Mama Agba tremano mentre i bastoni si scontrano più e più volte. Ci battiamo alla ricerca di un varco, per assestare il colpo decisivo. Vedo un’opportunità quando…
«Ahi!»
Barcollo all’indietro e mi piego in avanti, ansimando mentre un conato di vomito mi sale in gola. Per un istante temo che Yemi mi abbia spezzato le costole, ma il dolore all’addome ha la meglio.
«Stop…»
«No!» Interrompo Mama Agba con voce rauca. Mi sforzo di far entrare aria nei polmoni e uso il bastone per tenermi in piedi con la schiena dritta. «Sto bene.»
Non ho ancora finito.
«Zélie…» attacca Mama, ma Yemi non aspetta che finisca di parlare. Mi corre incontro carica di rabbia e il suo bastone è a un solo dito di distanza dalla mia testa. Mentre si ritrae per colpire, mi scanso. Prima che attacchi, mi giro di scatto e le affondo il mio nello sterno.
«Ahi!» riesce a dire Yemi. Il suo viso è una maschera di dolore e sorpresa mentre si ritrae. Nessuno l’ha mai centrata durante uno scontro da Mama Agba. Non sa come ci si sente.
Prima che si riprenda, giro su me stessa e colpisco allo stomaco. Sto per assestare il colpo finale, quando le lenzuola color ruggine che coprono l’ingresso dell’ahéré d’un tratto si scostano.
Bisi entra di corsa, con i capelli bianchi che le fluttuano dietro le spalle. Il suo petto minuto si alza e si abbassa e lei inchioda lo sguardo su Mama Agba.
«Che succede?» chiede Mama.
Gli occhi di Bisi si riempiono di lacrime. «Scusa» piagnucola. «Mi sono addormentata. Io… io non…»
«Sputa il rospo, piccola!»
«Stanno arrivando!» esclama finalmente Bisi. «Sono vicine, ormai sono qui!»
Per un attimo non riesco a respirare. Non credo che ci riesca nessuno. La paura paralizza ogni cellula del nostro corpo.
Poi l’istinto di sopravvivenza prevale.
«Veloci» dice Mama Agba tra i denti. «Non abbiamo molto tempo!»
Aiuto Yemi ad alzarsi. Respira ancora a fatica, ma non c’è tempo per verificare se sta bene. Afferro il suo bastone e corro a raccogliere gli altri.
Nell’ahéré esplode il caos mentre tutti corrono a nascondere la verità. Metri di tessuto dai colori vivaci volano nell’aria. Spunta un’armata di manichini di canne. Stanno succedendo così tante cose tutte insieme che non si può sapere se avremo il tempo di mettere via tutto. Io non posso fare altro che concentrarmi sul mio compito: infilare i bastoni sotto il materassino dell’arena dove nessuno potrà vederli.
Appena finisco, Yemi mi mette in mano un ago di legno. Sto ancora correndo verso la mia postazione quando le lenzuola all’ingresso si scostano di nuovo.
«Zélie!» tuona Mama Agba.
Mi blocco. Tutti gli occhi all’interno dell’ahéré si rivolgono a me. Prima che io possa parlare, Mama Agba mi dà uno schiaffo sulla nuca; u...