Tieni il mio cuore per mano (Life)
eBook - ePub

Tieni il mio cuore per mano (Life)

  1. 200 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Tieni il mio cuore per mano (Life)

Informazioni su questo libro

Joshua e Natalie hanno sedici anni. Grandi occhi azzurri e capelli biondi lei, braccia forti e la passione per lo skate lui. Si amano, e quando lei rimane incinta, scelgono di restare uno accanto all'altra... almeno fino a quando il piccolo Tommy compie un mese, e Natalie abbandona entrambi. Josh, disperato, è costretto a diventare adulto in fretta, a combattere per la propria vita e per quella di suo figlio, solo contro il resto del mondo. Fino al giorno in cui arriva Becca. Tra lui e la ragazza, divorata da un passato capace ancora di scaraventarla nel peggiore degli incubi, nasce presto un legame fortissimo, prima basato sulla fiducia e il reciproco sostegno e, infine, sull'amore. I fantasmi più neri però non vogliono abbandonare né l'uno né l'altra: l'incantesimo si spezza, ogni certezza si dissolve di nuovo nel nulla. Ma proprio quando tutto sembra perduto, l'amore potrebbe riuscire ancora una volta a illuminare la loro strada...

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Informazioni

1

Becca

paura
s.f.
spiacevole sensazione provocata dalla minaccia di un pericolo, un dolore, un danno.
È anche un’emozione davvero strana e difficile, e a volte ingiustificata.
Ho convissuto con la paura per tutte le ragioni menzionate sopra, ma ora, se la provo, è per un motivo completamente diverso.
L’insicurezza.
Guardo fuori dal finestrino mentre la nonna mi parla dal sedile del conducente. «Voglio che ti senta a tuo agio. Adesso la mia casa è la tua. Tuo padre…» dice, ma io non l’ascolto, guardo gli alberi che sfilano ai lati della strada e i raggi di sole che filtrano tra le foglie. Abbasso il finestrino e respiro a fondo, sentendo l’aria calda accarezzarmi le guance. Poi chiudo gli occhi e appoggio la testa allo schienale, abbandonandomi al piacere di respirare e basta. Perché quando vivi nella paura, questo semplice atto è una lotta senza tregua.
La macchina sobbalza su una cunetta, strappandomi ai miei pensieri. «Eccoli qui» dice Chazarae. Dal finestrino vedo un giovane che apre il cancello. Di chi sta parlando? mi chiedo. Il ragazzo fa un sorriso e urla qualcosa a un bambino che sta correndo verso la macchina. Lo solleva per la vita e si sposta per far parcheggiare Chazarae (o la nonna, come vuole che la chiami) davanti alla casa.
Quando lei scende, prendo la borsa ai miei piedi e me la metto a tracolla guardando l’edificio a due piani che adesso sarà la mia casa.
«Rebecca» mi chiama Chazarae, e io chiudo gli occhi.
Esco dall’auto e lei è già accanto al bagagliaio. «Becca» le dico, con la voce arrochita da tante ore di silenzio.
«Cosa vuol dire?» chiede lei tenera, con aria confusa.
«Il mio nome è Becca. Rebecca è mia madre.» Era mia madre, avrei dovuto precisare.
Lei inarca le sopracciglia e le rughe attorno agli occhi si distendono mentre risponde pacatamente: «Mi dispiace».
«Non preoccuparti» mormoro, sentendomi in colpa per la sua reazione. Allungo lentamente una mano, vorrei toccarla, dimostrarle che sono io quella che dovrebbe essere dispiaciuta. Ma la paura che nasce dall’insicurezza previene il contatto e lascio ricadere la mano lungo il fianco, stringendo con l’altra la borsa.
«Questo è il ragazzo di cui ti parlavo» dice mentre il giovane, che sta ancora tenendo in braccio il bambino, si avvicina. «Joshua, questa è Becca. Becca, questo è Joshua.»
Quale ragazzo? mi domando. Deve avermelo descritto in auto, mentre guardavo fuori dal finestrino immersa nei miei pensieri.
Joshua posa delicatamente a terra il bambino e si toglie il berretto, scoprendo i capelli neri arruffati e gli occhi marrone scuro. Li strizza guardando verso di me, poi sbatte le palpebre e fa un sospiro. Mi chiedo se abbia visto le cicatrici che cerco in tutti i modi di nascondere. Ma non sono visibili, non a tutti perlomeno.
«Ciao» dice alla fine, sollevando una mano verso di noi. Osservo la sua mano e poi la nonna, in preda al panico, sperando che mi capisca.
L’espressione confusa svanisce subito dal suo volto. Afferra Joshua per il braccio e lo fa voltare dalla sua parte. «Sono contenta che tu sia qui. Abbiamo bisogno dei tuoi muscoli.»
Joshua non mi ha staccato gli occhi di dosso. Distolgo lo sguardo, abbassandolo sul bambino che mi fissa sorridente, e decido lì per lì che potrebbe diventare la persona che preferisco al mondo. Lui non mi farebbe mai domande a cui non voglio rispondere, domande che ho già sentito troppe volte.
Gli rivolgo un cenno con la mano e il suo sorriso si fa ancora più radioso. Mi rendo conto che è uguale a quello di Joshua. Li confronto. Joshua sembra avere indovinato i miei pensieri perché dice: «Questo è mio figlio. Dille ciao, Tommy!».
«Ciao Tommy» urla il bambino, strappandomi quasi un sorriso.
Quasi.
«Becca è mia nipote» spiega la nonna a Joshua. «Starà con noi per un po’.»
Noi?
Dopo un istante di silenzio, sento Josh rispondere: «Bene!». Poi posa la borsa ai miei piedi. Stringo il manico e resto lì impalata. Non so dove e con chi sono, non so cosa diavolo sto facendo.
«Josh abita nell’appartamento sopra il garage» mi informa la nonna. Annuisco.
«Vuoi che ti aiuti a portare le borse?» mi chiede lui.
Continua a tenere gli occhi fissi su di me.
«No» rispondo con un sussurro. Deglutisco nervosamente, ho la bocca secca, il cuore mi martella nel petto. Il suo sguardo impenetrabile mi mette ansia. «Però grazie.» Questa volta riesco a sorridere. È un falso sorriso ma, con un po’ di fortuna, lui non se ne accorgerà.
Josh non sembra avermi sentita, se ne resta lì a squadrarmi in silenzio.
Faccio un passo indietro e mi allontano trascinando la valigia e guardando il bambino: il mio nuovo migliore amico. Sollevo un’altra volta la mano per salutarlo e il suo sorriso si allarga ancora di più. Si aggrappa alla gamba del padre e urla: «Ciao Tommy!».

Joshua

I suoi occhi hanno il colore degli smeraldi.
È quasi l’unica cosa che ricordo di lei. Anche adesso, dopo tutte queste ore, riesco a pensare soltanto a quegli occhi.
Qualcuno bussa alla porta. Supero il percorso a ostacoli dei giocattoli sparsi sul pavimento e vado ad aprire. Chazarae mi saluta con quel suo sorriso genuino che ho imparato a non confondere con la pietà.
«Tutto bene?» le domando.
«Sì. Volevo soltanto chiederti scusa per Rebecca… Voglio dire, Becca. È arrivata all’improvviso e…»
«Non devi scusarti di nulla. È casa tua.»
«No, Josh. È casa nostra, e non voglio che la presenza di Becca…»
«È tutto okay, davvero. Non mi disturba affatto.»
«Bene» dice lei schiarendosi la voce.
«Resterà qui per un po’? Non sapevo che avessi una nipote.»
«Si è appena diplomata nel Mississippi ed è venuta qui… È una storia lunga e complicata, che voglio resti tra Becca e me. D’accordo?»
«Certo» rispondo, anche se non capisco bene su cosa sono d’accordo. «Si è messa nei guai o qualcosa del genere?»
«Che intendi per guai?» borbotta lei più a se stessa che a me, e così lascio perdere.
Chazarae si volta per andarsene, ma prima che si allontani le chiedo: «C’è qualcosa che posso fare perché si senta più a suo agio?».
Lei sospira di nuovo. «Penso sia meglio lasciarla sola.»

2

Becca

intrigare
verbo
avvincere suscitando curiosità o interesse; affascinare.
Dalla finestra della mia camera vedo Joshua stringere la mano agli uomini che sono venuti a consegnare una montagna di terra e una quantità inverosimile di piante. Lui e la nonna sono in piedi l’uno accanto all’altra, con Tommy in mezzo, mentre i tipi salgono sul camion e ripartono. Appena si sono allontanati, Joshua getta le braccia al collo della nonna e scuote la testa.
Le dice qualcosa che la fa ridere, o almeno così mi sembra. Non sento le loro voci, noto soltanto le labbra di lei che si schiudono e i suoi occhi che si illuminano quando si volta verso Joshua. La nonna solleva una mano e lo accarezza sulla guancia, con un sorriso genuino come quelli che mi rivolge da quando, due settimane fa, mi sono trasferita qui.
Josh annuisce e si incammina verso il garage. Il suo viso è rischiarato dallo stesso sorriso della nonna, ma poi alza lo sguardo e, quando i suoi occhi incrociano i miei, il sorriso svanisce e io sento un nodo allo stomaco.
Merda!
Chiudo le tende e mi volto verso la parete mordendomi il pollice.
Il cuore mi batte all’impazzata, strizzo gli occhi per scacciare il dolore.
Tolgo il pollice dalla bocca e lo fisso. I segni dei denti scompaiono mentre il sangue riprende lentamente a circolare.
Un istante dopo sento bussare alla porta e mi alzo per aprire. «Va tutto bene?» chiede la nonna.
«Perché?» sussurro, annuendo.
Sussurro molto, ultimamente.
«Josh mi ha detto che ti ha visto alla finestra. Oggi dobbiamo lavorare in giardino, vuoi venire a darci una mano? Respirerai un po’ d’aria fresca e starai al sole.»
Scuoto la testa e le chiudo la porta in faccia.
Naturalmente me ne pento all’istante, ma non riesco a controllare le mie azioni, sono dominata dalla paura.
Aspetto qualche secondo, poi scosto leggermente le tende e sbircio giù in giardino. La nonna esce di casa e raggiunge Josh, che sembra aspettarla. Si scambiano qualche parola e lui solleva di nuovo lo sguardo verso di me.
Ripeto la stessa sequenza di azioni. Chiudo le tende, mi volto, mi mordo il pollice finché il dolore non mi rende insensibile, poi fisso la carta da parati.
Lo faccio spesso.
Mi piace molto la carta da parati.
Ma adesso non riesco a stare ferma. Forse è perché il cuore mi martella nel petto, le gambe mi tremano e le dita fremono dalla voglia di aprire di nuovo le tende.
Un gemito mi sale dal fondo della gola, facendomi rabbrividire. Sembra il verso di un mostro in agguato sotto il letto. Oppure sono i miei mostri che non vogliono più stare nascosti.
Alla fine mi arrendo all’impulso – all’intrigo – e guardo ancora dalla finestra. Josh e Tommy stanno spingendo due carriole, una vera e una giocattolo. È tutto quello che vedo prima di nascondermi, terrorizzata all’idea che lui mi scorga.
Resto seduta qualche istante, ancora meno della volta precedente, poi balzo in piedi e scosto di nuovo le tende. Tommy ha in mano un secchio. Josh e la nonna parlano guardando il giardino. La nonna indica qualcosa e lui annuisce con le mani sui fianchi.
Basta così, mi dico, tornando a sedermi sul letto e a guardare il muro.
Ma poi lo rifaccio.
Continuo a fare la spola tra il letto e la finestra, e dopo un’ora trascorro più tempo osservando il giardino che la carta da parati.
La carta da parati è stupida.
Adesso Tommy è su un monopattino e Josh gli pulisce la faccia con un lembo della camicia, dandomi le spalle, mentre la nonna sta osservando un fiore giallo.
Decido in quell’istante che è il mio fiore preferito.
Mi accuccio sul letto e mi mordo il pollice per qualche secondo prima di sbirciare ancora dalla finestra. La nonna è salita in macchina e sta facendo marcia indietro nel vialetto. Tommy si è infilato in testa il secchio e Josh sta scavando… vicino a quello che ho appena eletto come mio fiore prediletto.
Josh posa il piede sulla vanga per affondarla nella terra e una fitta mi trafigge il cuore. Il mio sguardo si sposta senza sosta da lui al fiore. Il tempo rallenta, il suo piede si muove e la vanga si conficca nel terreno, separando la pianta dalle sue radici. Non riesco a trattenermi. «Fermati!» urlo, ma dalla bocca non mi esce alcun suono e maledico me stessa per non riuscire a parlare. Afferro la borsa, quella che ho stretto al petto durante tutto il viaggio in pullman fino a qui, quella che tengo sempre accanto a me da quando sono ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Dedica
  4. Prologo
  5. 1
  6. 2
  7. 3
  8. 4
  9. 5
  10. 6
  11. 7
  12. 8
  13. 9
  14. 10
  15. 11
  16. 12
  17. 13
  18. 14
  19. 15
  20. 16
  21. 17
  22. 18
  23. 19
  24. 20
  25. 21
  26. 22
  27. 23
  28. 24
  29. 25
  30. 26
  31. 27
  32. 28
  33. 29
  34. 30
  35. 31
  36. 32
  37. 33
  38. 34
  39. 35
  40. 36
  41. 37
  42. 38
  43. 39
  44. 40
  45. Epilogo