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Castle on the Hill – Ed Sheeran
Gli alberi scorrono veloci fuori dal finestrino. Il sole vigila alto nel cielo, non c’è nemmeno una nuvola. Stuzzico con l’indice il mio ciondolo d’argento a forma di mezzaluna. È un mio piccolo tic, lo faccio da sempre.
I miei genitori discutono animatamente, ma grazie a Castle on the Hill di Ed Sheeran, sparata a tutto volume nelle cuffiette, non li sento. L’argomento sarà sicuramente lo stesso di tre ore fa, due ore fa, un’ora fa: mio padre si è comprato una bicicletta nuova senza dire nulla a mia madre, un classico. Aggiungi la tensione dell’imminente distacco da me e boom, la bomba esplode.
Il mio unico pensiero, invece, è che sto per passare i tre mesi più belli della mia vita.
O almeno spero.
Quando mi è arrivata la lettera di ammissione per il campus estivo, ho urlato così forte che mia madre pensava fossero entrati i ladri in casa, e si è precipitata in sala da pranzo brandendo la scopa come una spada. Non dimenticherò mai quella scena. Io e papà l’abbiamo presa in giro per una settimana intera.
Nella tasca esterna dello zaino ho ancora la poesia che ho recitato al test di ammissione; la conservo come un portafortuna. Ancora non riesco a rendermi conto di essere stata presa. Il campus è uno dei posti più prestigiosi in Italia in fatto di recitazione, danza, canto e musica. Solo uno studente su dieci viene ammesso e questo pensiero mi agita tantissimo: spero di meritarmelo davvero, questo privilegio… ma allo stesso tempo ho tanta di quell’adrenalina in corpo che avrei voglia di cantare a squarciagola ogni singola canzone di Ed.
Sono felice!
Prendo una ciocca di capelli e la arrotolo tra le dita. Ho deciso di tingermi i capelli di rosa due mesi fa, avevo voglia di cambiare. L’attaccatura l’ho lasciata del mio colore naturale, cioè castano, e mi piacciono molto.
Per farmeli sono andata a casa di Isabella. Abbiamo guardato un tutorial online e poi abbiamo comprato tutti i prodotti. All’inizio ero convinta di aver fatto un pasticcio e che avrei dovuto rasarmi a zero (e quindi scappare di casa) ma, alla fine, l’esperimento è riuscito. Anzi, sono venuti proprio bene.
Ovviamente non avevo detto nulla ai miei. Per due giorni ho cenato con un cappellino in testa per nasconderli, ma poi mia madre si è insospettita e me l’ha fatto togliere. All’inizio stava per svenire, è una donna all’antica. Mio padre invece è stato più comprensivo: ha capito la mia voglia di cambiare, di provare a essere una persona nuova.
I miei pensieri vengono interrotti da una vibrazione del cellulare. È un messaggio di WhatsApp.
ISABELLA
Effy dove sei?? Sei arrivata??
Chiamami appena puoi!
Non sai cosa è successo stamattina
con Lorenzo!
Sorrido e digito velocemente la risposta.
IO
Ahah, d’accordo! Non vedo l’ora di sapere
che hai combinato!
Ma ci vuole ancora un po’…
Mi soffermo sulla sua foto del profilo: ci siamo io e lei, sedute in pigiama sul letto di camera sua. Io la abbraccio da dietro e mi faccio spazio in mezzo alla sua enorme chioma di ricci castani. Abbiamo due sorrisi giganti; sembriamo davvero tenere, ma in realtà siamo due pesti. Non avevo ancora visto questa foto: deve averla cambiata da poco, anche se è stata scattata un po’ di tempo fa, quando avevo ancora i capelli normali.
Lei è davvero una bella ragazza; ha gli occhi azzurri, contornati da una striscia di nero. È un po’ più bassa di me, ma ha un fisico perfetto. Ci conosciamo dalla prima elementare. È la mia migliore amica, insieme a Lorenzo.
Lorenzo è arrivato nella nostra classe in terza elementare e gli altri compagni lo hanno subito escluso. Lo prendevano in giro perché era basso e lo avevano soprannominato Bigfoot perché aveva i piedi grossi, anche se non lo erano poi così tanto. Una volta a ricreazione io e Isabella lo abbiamo trovato rannicchiato sotto la cattedra, mentre piangeva a dirotto. Quel giorno gli abbiamo promesso che non lo avremmo mai più lasciato solo, e così è stato. Arrivato alla terza media, a guardare dall’alto in basso i compagni era lui, dal suo metro e ottantacinque.
Siamo sempre stati un bel terzetto, ma da quando loro due hanno capito che a unirli non era più solo l’amicizia mi hanno un po’ esclusa. È normale, lo capisco, però mi dispiace. Ieri sera in compenso mi hanno organizzato una specie di festa d’addio, anche se starò via per appena tre mesi.
Non sospettavo nulla. Sono tornata a casa dopo aver portato fuori Baby, il mio cane, e ho trovato i miei due migliori amici che urlavano: «SORPRESA!». Per poco non mi è venuto un infarto.
Isabella mi ha persino preparato una torta a tre strati, tutta al cioccolato, la mia preferita! Era così grande che non siamo riusciti a finirla nemmeno con l’aiuto dei miei genitori, così mi sono portata una bella porzione con me nella valigia. Speriamo non si spiaccichi. E Lorenzo faceva finta di niente, ma ho visto che aveva gli occhi lucidi… che tenero! Gli voglio un mondo di bene.
Controllo l’orologio: arriverò tra un’ora e venti minuti esatti. Proprio in Toscana doveva essere, questo posto? Mi sembra di non arrivare mai! Sul sito del campus c’è scritto che la location è stata scelta per ridurre al minimo le distrazioni e avere un “totale isolamento creativo”. Ma spero che non sia troppo isolato… Voglio raccontare tutto a Isabella, in tempo reale.
Cambio canzone sulla playlist e chiudo gli occhi. Metto A te di Jovanotti.
Sono pronta per affrontare questi tre mesi. So che sarà dura, ma il mio obiettivo è quello di dare il massimo. E soprattutto, di divertirmi come non mai.
2
Ever Since New York – Harry Styles
Vengo svegliata dalla voce di mio padre.
«Effy, siamo arrivati!»
Mi tiro su di scatto, ripongo le cuffiette nello zaino e infilo le scarpe da ginnastica che mi ero tolta per il viaggio. Sono così emozionata! Chissà come sarà… Ci saranno persone che cantano e improvvisano balletti per i corridoi come in High School Musical?
La prima volta che ho cercato su Internet il nome del campus, ho scoperto che da lì sono usciti un sacco di band, cantanti e attori. Chissà se diventerò mai famosa come loro…
Mentre i miei tirano fuori le valigie dal bagagliaio, osservo affascinata questo posto enorme. I giardini sono immensi, con una fontana al centro, circondata da panchine con la vernice scrostata e macchie di ruggine. Sul prato alcuni ragazzi fanno un picnic; altri giocano a pallone. L’edificio centrale è così gigantesco che mi ricorda il castello di Harry Potter.
Ai lati del palazzo principale ci sono altre due costruzioni in mattoni rossi. Devono essere i dormitori, perché davanti ai rispettivi ingressi ci sono un sacco di ragazzi e ragazze con le valigie.
Mia madre singhiozza. Non ci siamo mai separate per così tanto tempo.
«Tesoro, sei proprio sicura di voler andare?» chiede, dopo essersi soffiata il naso.
I suoi occhi, di solito allegri e spensierati, sono tutti rossi e cerchiati da profonde occhiaie. Mio padre invece è più riservato, anche se è una delle persone più sensibili che io conosca.
Li abbraccio, mi sto per commuovere anche io. «Mamma, papà, state tranquilli. Questo è uno dei posti più sicuri di tutto il Paese, e finalmente avrò l’opportunità di fare qualcosa che mi piace. Andate. Vi voglio bene.»
Li saluto un’ultima volta, poi mi incammino verso l’entrata principale lungo un vialetto di ghiaia bianca, trascinandomi dietro le valigie. Mi giro per guardarli andare via, ma l’automobile è già scomparsa.
La vista mi si appanna. Fa caldo; ho il fiatone e i capelli appiccicati alla fronte sudata. Sono quasi arrivata, quando sento il rumore di una sgommata. Mi volto e vedo una grossa automobile con i vetri oscurati che parcheggia davanti al dormitorio maschile.
Un gruppetto di ragazze si ferma a guardare, ma dai loro occhi a cuoricino capisco che sanno già chi sta per scendere dall’auto. Ridacchiano, parlottano tra loro e si coprono la bocca con le mani.
Un ragazzo con gli occhiali da sole scende dal posto del guidatore. Ha i capelli corti, di un nero corvino; la sua t-shirt bianca lascia intuire i muscoli del torace e i jeans neri gli fanno risaltare le gambe. Porta in spalla una giacca di pelle.
Pochi secondi dopo, anche la portiera dal lato del passeggero si apre. Ne esce un ragazzo completamente diverso dal primo; i capelli gli arrivano alle spalle, ondulati e castani. È vestito uguale al suo amico, ma ha diversi tatuaggi sulle braccia, anche se da così lontano non riesco a distinguerli.
Il primo ragazzo guarda nella mia direzione e sussurra qualcosa all’orecchio dell’altro, poi scoppiano a ridere entrambi ed entrano nel dormitorio.
Rimango stupita per qualche secondo, imbambolata sul vialetto con le valigie ancora in mano. Poi una voce alle mie spalle mi riscuote e io sobbalzo per lo spavento.
«Belli, eh? Sono i due diamanti di questa edizione del campus.»
Mi volto e guardo perplessa la ragazza che mi trovo davanti. Avrà ventitré o ventiquattro anni: troppo giovane per essere un’insegnante, troppo grande per essere una studentessa. Sorride, con una sola fossetta sulla guancia destra, e ha lunghi capelli neri raccolti in una coda come la mia: con questo caldo, non posso biasimarla… Ha una macchina Polaroid appesa al collo; con un gesto aggraziato e fulmineo, la solleva e me la punta addosso.
«Sorridi!» dice, e mi scatta una foto a tradimento. Poi abbassa la macchina e aggiunge: «Sono Michelle, la segretaria della scuola; sei nuova? Ma certo, con quelle valigie! Be’, se hai bisogno di una mano sono a tua disposizione: chiedi e non fare complimenti, d’accordo? Sono qui per questo!».
Parla talmente veloce che ci metto qualche secondo a capire tutto quello che ha detto. Ha un tono di voce squillante e sprizza energia da tutti i pori.
«Grazie. Sono Federica Lanieri, ma tutti mi chiamano Effy. Piacere…»
Sorrido e tendo la mano, ma a metà della frase lei si è già allontanata. A passo di marcia entra nell’edificio principale e raggiunge un bancone; deve essere quello della reception. Si allunga sopra il ripiano, prende alcuni fogli e una chiave e torna da me.
«Questa è la chiave della tua stanza» mi dice, porgendomela, «mentre questi sono gli orari delle lezioni e le informazioni utili per muoverti nel campus; vieni, ti accompagno!»
Non faccio in tempo a ringraziarla, che ha già afferrato una delle mie valigie e si dirige a grandi falcate verso il dormitorio femminile.
«Stasera c’è l’assemblea di benvenuto con tutti gli studenti, alle sette, prima di cena, nella sala dei banchetti; non fare tardi, mi raccomando!» continua Michelle. Ma riesce a respirare quando parla?
Finalmente entriamo nel dormitorio. È pieno di ragazze. Alcun...