SECONDA PARTE
Giorno 1
Un brutto presentimento
Chiuse gli occhi e per qualche secondo lasciò che il vento le accarezzasse il viso, avvolgendola con l’odore salmastro che arrivava dal Mar Cantabrico. Lo sciabordio delle onde contro le rocce sovrastò ogni altro suono e per quel breve momento le parve che esistesse soltanto l’isola.
Aprì gli occhi e si lasciò sfuggire un sospiro: sotto il tiepido sole del Nord, a una ventina di miglia, si distingueva il profilo di Comillas, l’isolotto che dalla città passava quasi inosservato e di cui si poteva vedere la sagoma solo nelle giornate terse.
Emilia si sentì finalmente felice, o almeno non ci era mai andata così vicina. Ci aveva impiegato sette mesi a comprare l’isola e a ristrutturare il vecchio albergo per trasformarlo in un piccolo e accogliente hotel con spa, dove voleva offrire ai suoi ospiti la stessa pace che lei aveva trovato andando a vivere lì.
Ricordò il primo giorno in cui Santiago li aveva portati sull’isola con la barca. Appena scesa a terra, un brivido le aveva attraversato la schiena, perché aveva visto quel posto talmente tante volte nei suoi incubi che non le sembrava di trovarsi in un luogo estraneo. Il faro, il vecchio albergo abbandonato… perfino l’odore salmastro, ogni cosa le era familiare.
All’inizio, Roberto aveva creduto che fosse una buona idea usare gran parte del denaro della misteriosa donazione per acquistare un’isola privata. Però quella non era un’isola con spiagge di sabbia bianca, palme sotto cui sorseggiare cocktail esotici e piscine a picco sul mare. L’Isola dei Gabbiani era un gigantesco scoglio, pressoché privo di vegetazione, delimitato da rocce affilate che non permettevano di accedere facilmente all’acqua.
Non appena l’aveva vista di persona, Roberto aveva cercato di dissuadere Emilia dall’acquisto, ma lei sapeva che non doveva fermarsi, l’isola la stava chiamando da troppo tempo per poterla ignorare adesso che finalmente l’aveva trovata.
I lavori di ristrutturazione dell’hotel erano cominciati pochi giorni dopo il rogito. Gli incubi intanto si erano diradati, ma la morte continuava a essere presente in ognuno. La morte… e i gabbiani.
«Ancora non mi sono abituato a questo rumore» disse una voce alle sue spalle, che la fece sussultare.
Emilia si voltò e sorrise al cuoco. «Intendi il rumore del mare?» chiese.
Claudio fece segno di no con la testa. «I gabbiani. Non la smettono di gridare. Questo schiamazzo mi trafigge il cervello e…»
«È strano… io li sento appena» rifletté Emilia. «Mi sarò già abituata.»
«Io divento matto invece…»
«Sei arrivato da poco, concediti un po’ di tempo.»
Rimasero in silenzio per qualche secondo, contemplando in lontananza il profilo della terraferma. Emilia pensò a quanto si sentiva a suo agio vicino a Claudio, anche senza parlare. Di solito la gente tende a riempire quel tipo di istanti con un commento qualsiasi, come se il silenzio fosse un animale pericoloso da cui fuggire. Nonostante avesse conosciuto il cuoco appena ventiquattro ore prima, sentiva che accanto a lui poteva godersi quella pace.
«Un giorno poi mi spiegherai come si fa a comprare un’isola» chiese Claudio rompendo il silenzio.
«Con una barca di soldi…» disse lei con un sorriso e un leggero imbarazzo.
«Immagino» replicò Claudio. «Ma se uno ha la possibilità di comprare qualcosa… perché proprio un’isola? O meglio, perché quest’isola?»
«Il mio fidanzato mi diceva la stessa cosa all’inizio. Poi piano piano si è convinto, e ora, vedendo com’è venuto bene l’hotel, neanche lui ha più dubbi sulla mia decisione.»
«Ma all’inizio non capiva…»
«Nemmeno io.»
«E allora, perché?»
Emilia si strinse nelle spalle. «Credo che ognuno di noi abbia un posto speciale, un posto a cui è, come dire… destinato.» Fece una pausa e osservò le rocce spoglie tutt’intorno. «Credo che il mio sia questo.»
«Finalmente l’ho trovata!» gridò Bogdana andando loro incontro a passo spedito.
«Bogdana, che succede?»
«Succede che Olivia si è messa a lavare un’altra volta i piatti invece di fare i letti! Li avevo già lavati io stamattina, ma dice che sono sporchi! E intanto i letti sono ancora da fare! Stanno per arrivare gli altri ospiti e io non ce la faccio da sola.»
«Non ti preoccupare per Olivia, lasciala fare. I piatti, più sono puliti e meglio è. Manca poco. Abbiamo due camere occupate, e il resto è praticamente pronto…»
Emilia seguì Bogdana fino all’hotel, un edificio di granito a due piani, con travi di legno a vista e il tetto di ardesia a doppio spiovente che ricordava le case delle favole.
All’interno, i colori delicati delle pareti catturavano la luce che filtrava dalle ampie vetrate del piano terra, da cui si godeva una splendida vista sull’isola e sul mare.
Quella era stata un’idea di Emilia, che aveva deciso di buttare giù dei tramezzi nella sala da pranzo e nella reception per guadagnare spazio e dare maggiore respiro agli ambienti. Aveva anche fatto sostituire il pavimento di mattonelle con un parquet chiaro, più caldo e accogliente.
L’albergo era rimasto chiuso per quasi vent’anni, e i danni erano stati piuttosto seri, ma nel complesso la struttura aveva resistito bene al passare del tempo.
Non altrettanto si poteva dire per la dépendance, che rischiava di crollare a ogni colpo di vento. Coperta di edera e altre piante rampicanti, versava in condizioni tali da impedirne perfino l’accesso, e avevano così deciso di sigillare la porta.
Roberto avrebbe voluto farla abbattere, ma Emilia, capace di provare un affetto immediato sia verso persone e animali sia verso oggetti inanimati, si era opposta. Per la sicurezza degli ospiti però aveva fatto innalzare una recinzione in attesa di decidere il da farsi e tutto sommato la casetta, anche se un tantino lugubre, conferiva un tocco pittoresco alla zona.
Claudio arrivò all’albergo solo pochi secondi dopo le due donne. Prima di entrare, si fermò un istante pensieroso, con la strana e inspiegabile sensazione che uno sguardo gravasse su di lui. Si voltò verso la portafinestra dell’ufficio di Emilia: nonostante fosse chiusa, la tenda ondeggiava dolcemente, ma non badò alla cosa ed entrò.
Roberto, nell’ufficio di Emilia, era appoggiato di schiena al muro e aveva la mascella contratta, come ogni volta che era preoccupato. Qualche minuto prima aveva visto Bogdana andare a cercare Emilia e tornare indietro con lei ma anche… con il cuoco appena assunto.
Benché fosse arrivato sull’isola soltanto il giorno prima, Roberto era convinto che sarebbe stato d’ostacolo ai suoi piani.
Doveva intervenire.
«Emilia! La stavo cercando…»
Julia scese le scale che conducevano al piano terra; indossava un paio di jeans attillati e una camicia di cui si stava chiudendo i primi due bottoni. Era scompigliata, come se il vento le avesse arruffato i capelli.
«Dica.»
«Volevo chiederle se poteva farmi portare in camera un paio di bottiglie d’acqua.»
«Certamente. Due bottiglie piccole, giusto?»
«No, grandi. Da un litro e mezzo, o da due, se ne ha.»
«Certo, nessun problema.»
«Fantastico, grazie infinite» replicò Julia, risalendo le scale. «A proposito, il mio… amico scenderà più tardi a firmare il registro, se per lei va bene. In questo momento è…» Tentò di nascondere un risolino malizioso che balenò però nei suoi occhi. «Insomma, non è presentabile.»
«Le porto su le bottiglie» disse Bogdana a Emilia, non appena l’altra donna se ne fu andata, «ma gliele lascio fuori dalla porta. Io là dentro non ci metto piede» concluse, dirigendosi verso la cucina.
Nel frattempo Emilia fu raggiunta da Roberto che la abbracciò da dietro e le diede un bacio sul collo. «Tesoro… è un po’ che ti stiamo cercando. Dove ti eri cacciata?»
Lei si liberò dall’abbraccio con eleganza. «Sono andata a fare un giro, la mia solita passeggiata del mattino. Lo sai quanto mi piace. Claudio mi ha accompagnato per un pezzo.»
«Fantastico. Anche se non sono certo che sia il momento ideale per una passeggiata, il giorno dell’inaugurazione. Lo dico soprattutto per i dipendenti…» Sottolineò di proposito l’ultima parola. «Comunque il signor Cruz ti sta aspettando nella sala. Non so che problema abbia con la sua stanza, ma a quanto pare non ci è neanche entrato…»
Seduto su una poltrona di fronte al camino spento, Ángel leggeva il giornale con aria preoccupata.
«Signor Cruz… mi hanno detto che ha un problema con la camera» esordì Emilia con il suo sorriso più smagliante.
Ángel si alzò dalla poltrona, appoggiandovi sopra il giornale, e sembrò indugiare qualche secondo prima di rispondere. «Sì, infatti… cioè, la camera è favolosa, ma ne preferirei una dall’altra parte del corridoio. Intendo… una con la vista sull’isola invece che sul mare. È solo per la vista, nient’altro.»
Emilia abbassò lo sguardo e notò casualmente che sul giornale campeggiava una fotografia a tutta pagina proprio di Ángel. Riuscì a leggere le prime cinque parole del titolo prima che il suo ospite le bloccasse la visuale.
«Siamo molto onorati di averla qui con noi questi giorni» disse lei, cordiale. «Credevo che i politici non potessero concedersi delle pause durante la campagna elettorale…»
«Sì, io infatti… Solo un paio di giorni per riposare prima delle elezioni. La camera, quindi…?» ribatté l’uomo piuttosto seccato.
«Ah, naturalmente, non c’è nessun problema. Gli altri ospiti non arriveranno prima di mezz’ora, quindi può scegliere quella che preferisce. Mi segua pure.»
Accompagnò il politico al piano superiore, mentre continuavano a ronzarle in testa le parole che aveva appena letto: «Il candidato Ángel Cruz abbandona…». Era davvero curiosa, ma di qualunque cosa si trattasse l’importante era che adesso fosse nel suo hotel.
Emilia entrò poi nella camera rifiutata da Ángel. Le persiane erano chiuse, andò quindi alla finestra e le spalancò in modo che il sole inondasse la stanza e accogliesse a braccia aperte il nuovo ospite, chiunque fosse. Inspirò a fondo per riempirsi i polmoni con quell’aria che la metteva sempre di buonumore e, dopo aver dato un’occhiata in giro per controllare che tutto fosse a posto, uscì.
In quell’istante, un pensiero le attraversò la mente; più che altro era una strana sensazione, come se qualcosa nella camera fosse fuori posto. Riaprì la porta e scrutò velocemente all’interno: era tutto in ordine.
Nella stanza accanto, Julia e il suo amico sembravano intrattenersi in una vivace conversazione, inframmezzata da risate e, soprattutto, da lunghi silenzi. Le due bottiglie di acqua che Bogdana aveva lasciato fuori dalla porta erano già sparite.
Emilia scese al piano inferiore, senza riuscire a scacciare l’impressione che ci fosse qualcosa che non andava.
Intanto, nella sala da pranzo Olivia stava riponendo i piatti appena lavati in una credenza di legno scuro che Emilia aveva scovato tra le cianfrusaglie del vecchio hotel e fatto restaurare. Il mobile troneggiava nella piccola sala, che si trovava in un angolo dell’edificio ed era delimitata da un’enorme vetrata che dava ai commensali la sensazione di mangiare all’aperto.
La ragazza era continuamente seguita da una piccola ombra bianca, che le saltellava tra le gambe rischiando di farla cadere. «Bosi! Allora!» gli gridò Olivia, reggendo una pila di piatti.
«Bosi, qui… qui…» disse Emilia, chinandosi. Il piccolo westie si accorse della nuova presenza, le corse incontro e si lasciò accarezzare, sdraiandosi poi sulla schiena per farsi grattare la pancia. «Spero tanto che non si comporti così quando servirai da mangiare…»
«Mi dispiace, Emilia. Non appena arriveranno tutti gli ospiti, lo legherò.»
«Non se ne parla nemmeno. Se qualcuno ha un problema con i cani, ti chiedo solo maggiore attenzione, altrimenti, fagli fare quello che vuole. Io amo questi animali.»
«Ne hai avuti?»
Prima di rispondere, Emilia guardò nei cassetti della credenza. «Hai lucidato l’argenteria?»
«Oddio, l’argenteria…» gemette Olivia, portandosi una mano alla fronte.
Già durante il colloquio di lavoro il mese prima, Emilia aveva capito che la ragazza era piuttosto distratta. Neodiplomata alla scuola alberghiera, era gentile e volenterosa, però aveva spesso la testa tra le nuvole. Emilia l’aveva assunta senza la minima esitazione, perché lei e Roberto erano alla ricerca di una dipendente di bella presenza che facesse da contraltare alla rude Bogdana.
Insieme tirarono fuori le posate d’argento e le poggiarono su un tavolo, perché dovevano essere lucidate una a una.
Tuttavia, appena Emilia prese in mano il coltello per tagliare gli arrosti, accadde qualcosa. La sala da pranzo sparì di colpo e divenne ...