Nei giorni seguenti, andare in palestra per me equivale a salire sul patibolo. In quel luogo che prima consideravo casa, che sentivo familiare e sicuro, tutto è cambiato. In peggio.
Appena c’è un momento di pausa, Marco ed Emma si cercano per scambiarsi delle effusioni, costringendo gli altri ad assistere alla loro immensa felicità. Da quello che vedo e che sento, però, sono io l’unica a cui la cosa dà fastidio. Mi domando se tutti gli innamorati siano così stucchevoli visti dall’esterno o se il loro sia un caso particolare: tutti quei sorrisi, quei contatti furtivi, quegli sguardi languidi. Mi viene voglia di vomitare. Naturalmente, ogni volta che il mio sguardo incrocia il loro, sorrido imperterrita. Una fatica immane.
Cerco di concentrarmi sugli esercizi per non pensarci ma purtroppo le mie compagne di squadra non sono una compagnia migliore. Le Incredibili continuano a trattarmi in modo freddo, soprattutto Nicole. Ho cercato di avvicinarla per ricucire, per spiegarle che non c’è nessun interesse per Zeno da parte mia ma secondo lei il solo fatto che mi sia fermata a parlare con lui e che gli abbia dato il mio numero è una colpa imperdonabile. La sua cocciutaggine e la sua intransigenza sbarrano la strada a ogni mio tentativo di riconciliazione. Alla fine, l’unica cosa che mi resta da fare è arrendermi e lasciare che pensi il peggio di me. Mi ferisce molto la mancanza di fiducia che ha dimostrato nei miei confronti e mi ferisce anche il comportamento di Serena ed Elisa che, senza pensarci due volte, hanno preso le sue parti. Non mi ero mai resa conto di quanto siano succubi di Nicole, assecondano ogni suo desiderio e la venerano come un idolo. Non mi sento più parte di questa squadra e penso che anche loro farebbero volentieri a meno di me. Purtroppo, però, il campionato è alle porte e non possiamo andare contro le decisioni dell’allenatore. Continuiamo ad allenarci, divise ma con lo stesso obiettivo.
In qualche modo la giornata finisce e anche il mio strazio. Per fortuna è venerdì e ho davanti un intero weekend senza ginnastica. Nello spogliatoio mi tengo in disparte, mentre Nicole continua a fare l’amicona con Emma, supportata da Serena ed Elisa nella veste delle damigelle d’onore. Poco dopo, fuori dalla palestra, la recita continua: Emma si ferma ad aspettare Marco, Le Incredibili decidono di farle compagnia finché lui non arriva. Procedendo a occhi bassi, passo oltre e faccio per allontanarmi ma finisco quasi investita da Zeno. A cavalcioni della sua moto, fasciato nel giubbotto di pelle e con il volto coperto da un casco integrale, sembra una strana specie di centauro. Mi aspetto che raggiunga la sorella e invece si ferma proprio davanti a me. Quando si toglie il casco mi sorprendo a pensare che è più bello di quanto ricordassi. Forse perché è la prima volta che lo vedo da così vicino, alla luce del sole.
«Ehi, Gioia, come va?»
«Tutto bene. Sei venuto a prendere Emma?»
«No, in realtà sono venuto per te.»
Questo suo essere così diretto mi mette in difficoltà ma in un modo che un po’ mi piace.
«Per me?» ripeto.
«Sto ancora aspettando una tua risposta per il concerto.»
«Mi dispiace ma non credo di poter venire…»
Istintivamente, con la coda dell’occhio, guardo Nicole e Le Incredibili che ci stanno osservando. Sono sicura che lo stanno facendo anche se fingono di parlare tra loro. Quando torno a focalizzarmi su Zeno, lui mi sta porgendo un casco.
«Posso almeno accompagnarti a casa?»
Resto per un momento confusa: può accompagnarmi a casa? No, penso di no. Ed è quello che sto per dirgli non fosse che, in quel preciso istante, voltandomi di nuovo, vedo Marco uscire dalla palestra. Adesso la platea è al completo. Percepisco gli sguardi di tutti su di me, anche se do loro le spalle so che mi stanno guardando, così decido di fare proprio quello che non si aspettano.
«Certo che puoi accompagnarmi a casa.»
Prendo il casco dalle mani di Zeno, lo infilo e salgo sulla moto, dietro di lui. Inclinandosi leggermente all’indietro, Zeno mi chiede dove deve portarmi. Io gli do l’indirizzo, poi lui indossa il casco e accende il motore. Voltandosi di nuovo verso di me mi urla qualcosa che non riesco ad afferrare.
«Cosa?» urlo di rimando.
Lui mi afferra le braccia e se le allaccia attorno alle spalle.
«Devi tenerti forte, adesso, capito?»
Poi abbassa la visiera, dà una sgasata e la moto parte con un balzo in avanti. Io rischio di essere catapultata all’indietro ma mi tengo ben salda alle sue spalle. Mentre filiamo via, da dietro la visiera scura, passo in rassegna i volti di tutti e mi sembra di vederci incredulità e sorpresa. Spero tanto che ci sia anche un po’ d’invidia nel caso di Nicole e di dispiacere nel caso di Marco. È solo per ottenere questo effetto che sono salita sulla moto di Zeno.
MA POI, QUELLO CHE È NATO COME UNA RIPICCA, DIVENTA QUALCOSA DI MOLTO PIACEVOLE.
Stare così a stretto contatto con Zeno e volare con lui lungo le vie della città è un’esperienza esaltante.
Quando costeggiamo la spiaggia, lui rallenta per godere del paesaggio.
«Bello, vero?» mi domanda attraverso il casco.
«Stupendo.»
«Allora, hai pensato se venire o no al concerto?»
«Te l’ho detto: non credo che…»
Non riesco a finire la frase che Zeno dà una potente accelerata e lancia la moto a una velocità folle. Istintivamente mi aggrappo con tutte le forze a lui e mi rannicchio contro la sua schiena. Vedo il paesaggio sfrecciare via e diventare sempre più confuso: auto, alberi, palazzi schizzano alle nostre spalle senza che io riesca quasi a vederli. Zeno guida con aggressività piegando la moto sulle curve e facendole fare spericolati zig-zag in mezzo al traffico. Non capisco cosa gli è preso.
«Bastaaa!» urlo terrorizzata.
Non so se mi ha sentita, di fatto rallenta, solleva la visiera e domanda di nuovo: «Allora, ci vieni o no al concerto?».
«Cosa?»
Di nuovo dà gas e ripartiamo alla velocità della luce. Adesso ho capito cosa sta facendo: vuole che gli dica di sì.
«Tu sei tutto matto!» grido. E poi comincio a dargli dei colpi sulla schiena.
«Va bene! Va bene! Hai vinto! Verrò al tuo concerto.»
Zeno ha un gusto tutto suo per le sfide e ancora una volta ha ottenuto ciò che voleva. Ma devo ammettere che arrendermi non mi ha mai fatto tanto piacere come adesso. Finalmente la moto rallenta, Zeno si sporge di nuovo verso di me e ribadisce: «Guarda che l’hai promesso».
«Veramente non l’ho promesso.»
«Allora fallo subito» dice lui girando leggermente la manopola dell’acceleratore a mo’ di minaccia.
«Va bene, lo prometto!» faccio io, ormai vinta su tutta la linea.
Dallo specchietto retrovisore lo vedo sorridere e, mio malgrado, sorrido anch’io.
Arriviamo sotto casa mia che è quasi sera, scendo dalla moto e gli restituisco il caso. Anche lui se lo toglie per salutarmi con due baci sulle guance.
«Grazie per il passaggio» gli dico. «Anche se non era del tutto disinteressato.»
«Non ho mai detto di essere disinteressato.»
Poi indossa di nuovo il casco.
«Allora ci vediamo domani, alle dieci. Io andrò un po’ prima perché dobbiamo preparare gli strumenti. Ti mando la posizione su WhatsApp!»
«Va bene. A domani.»
Zeno parte con tutta calma, solleva una mano per salutarmi, poi dà una potente sgasata e sfreccia via.
Rientro in casa leggermente scombussolata. Anche se mi sono fatta pregare ho davvero voglia di rivedere Zeno. I “ma” che facevano da impedimento d’un tratto mi sembrano superabili: Marco è preso da Emma e Nicole… Nicole, forse, non merita tutta questa lealtà da parte mia. Fino a prova contraria, Zeno è libero di invitarmi e io di accettare. Il vero problema, adesso, è trovare un passaggio per arrivare fino alla villa e, soprattutto, trovare il modo per far digerire a mio padre un’uscita serale da sola, senza nemmeno le mie amiche.
Dopo un’attenta analisi della situazione mi convinco che c’è solo un modo per ottenere il permesso da papà: selezionare accuratamente le informazioni da dare. C’è una bella differenza tra mentire spudoratamente e omettere parte della verità. La s...