La mattina dopo scoprimmo che Steven aveva preparato tutto: rifornimenti di cibo e pozioni da utilizzare in caso di difficoltà, set di armature nuove e armi studiate appositamente per ognuno di noi.
Mario aveva ricevuto una favolosa katana in grado di governare la forza dei venti e sferrare poderosi fendenti; a Stefano era toccato un bellissimo arco incantato capace di scagliare tre frecce in contemporanea e a me una vera bacchetta magica vincolata al potere del fuoco dell’Inferno.
Ancor prima di domandarmi come avremmo raggiunto Entity, sapevo già che Steven aveva risolto anche a questo e vedendo il Confine dell’Abisso posato poco distante dall’Albero ne ebbi la certezza. Doveva averlo ricaricato, anche se per noi continuava a rimanere un mistero.
«Lo Straniero è davvero un grande!» esclamò Stefano terminando di indossare la sua nuova armatura.
Una volta pronti, ci avvicinammo al Confine dell’Abisso, incerti su cosa fare.
«Pensate che funzionerà anche se non conosciamo la nostra destinazione?» domandai fissando il cielo con ansia, troppo spaventata dagli effetti ipnotici dell’artefatto per guardarlo.
«Concentratevi sul ricordo di Entity, credo che nessuno di noi faticherà a farlo…» disse Lyon.
In effetti dimenticare quegli occhi rossi e quello sguardo diabolico sarebbe stato impossibile, anche volendolo.
Quindi posammo tutti le mani sul cubo: in un attimo il buio ci avvolse e ci ritrovammo all’interno del Confine dell’Abisso.
Lyon ci era già passato, ma io e i ragazzi rimanemmo allibiti e increduli di fronte alle finestre sull’universo, fino a che all’improvviso una delle facce del cubo vibrò, mutando scenario.
«Che posto è?» domandai fissando il luogo oltre il vetro, senza riuscire a riconoscerlo.
«Temo che l’unico modo per scoprirlo sia andarci» sentenziò Mario.
Eravamo pronti, avevamo suddiviso fra di noi tutte le scorte e non c’era più alcuna scusa per rimandare l’inevitabile.
Inspirammo profondamente, quindi toccammo la superficie del cubo.
Non sapevo cosa ci avrebbe aspettato dall’altra parte, ma mai avrei immaginato di finire in un posto simile. Appena posammo i piedi sul lastricato scuro del pavimento e osservammo fuori da una delle grandi arcate dell’imponente costruzione in cui ci trovavamo, capimmo subito che non eravamo più nella nostra dimensione.
«Ci siamo» sussurrò Lyon stringendo la spada Galatea mentre anche noi estraevamo le armi.
Sapevamo che poco prima Steven doveva aver affrontato Entity in quello stesso luogo ma, a parte ciò, si sarebbe detto che mai anima viva ci avesse messo piede.
Al posto del tetto si apriva un’enorme cupola di vetro attraverso la quale si poteva ammirare la vastità dell’universo.
«Una vista magnifica, non trovate?»
Sussultai violentemente nell’udire quella voce e quando ci voltammo lui era lì, sospeso in aria a pochi blocchi da noi.
«Come Custode dell’Ordine, ho ritenuto opportuno avere una vista perfetta sul mondo che proteggo. E che presto sarà mio. Spero apprezzerete la mia scelta architettonica.»
Quel suo atteggiamento spavaldo, perfino sprezzante, invece che darmi sui nervi mi fece paura.
Non ricevendo risposta da nessuno di noi, continuò con disinvoltura: «Avete mai provato la bizzarra sensazione di svegliarvi una mattina e avere l’improvvisa consapevolezza che duecento anni della vostra storia sono cambiati in un attimo?».
Rabbrividii e Lyon mi strinse la mano, continuando a fissare lo sguardo infuocato del Custode.
«Be’, sono cose che capitano» commentò Lyon ostentando un tono forzatamente sfacciato.
Il Custode scoppiò in una risata cupa che mi fece venire la pelle d’oca.
«Scherzerai ancora per poco. Che un gruppo di ragazzini interferisca con il mio sacro compito è un affronto che non deve essere tollerato.»
In un istante intorno a noi calò la più completa oscurità. Per quanto fossi consapevole di avere i miei amici accanto, non riuscivo ad avvertirne la presenza. All’improvviso sentimmo un fragore assordante di vetri che andavano in frantumi e avvertimmo una forza incredibile trascinarci verso l’alto.
«La cupola di vetro si è spaccata e la pressione ci sta trascinando nel vuoto!» udii gridare al mio fianco.
Che sciocchi eravamo stati. Come potevamo pensare di affrontare un’entità potente come il Custode e credere di avere una possibilità di vittoria?
Fui schiacciata dall’angoscia mentre intorno a me udivo le grida di Lyon e degli altri che, come me, sapevano di stare andando incontro a morte certa.
«La pozione fluorescente!» fu l’urlo improvviso e disperato di Mario. «Bevete la pozione che luccica!»
Frugai rapida nella tasca in cui avevo riposto le pozioni preparateci da Steven, e fui attratta dal debole bagliore emanato da una delle fiale. La presi con mano tremante, notando un bigliettino legato al collo della bottiglia: “Bolla d’aria” diceva.
Peggio di così non poteva andare, così la stappai e ne trangugiai il contenuto. Subito le mie orecchie si tapparono e avvertii una forte pressione intorno alla testa.
Annaspai disperata, convinta che il liquido non avesse avuto alcun effetto e fosse ormai troppo tardi.
Vidi che anche gli altri vorticavano nel vuoto, circondati dalle stelle.
Il petto stava per scoppiarmi per la mancanza d’aria, e quando d’istinto provai a inspirare… i polmoni si riempirono di puro ossigeno. Sbalordita mi guardai intorno, e vidi i miei amici galleggiare goffamente al mio fianco.
La pozione aveva funzionato: anche se era invisibile, intorno alle nostre teste si era formata una sorta di molle casco spaziale, letteralmente una bolla d’aria.
Un’improvvisa risata tuonò intorno a noi, facendoci sguainare le armi, ansiosi.
«Ho pensato che avreste apprezzato un panorama MOZZAFIATO come questo.»
«Fatti vedere!» gridò Lyon rabbioso, impugnando saldamente la spada Galatea, come se quel gesto riuscisse a infondergli più coraggio.
«Come desideri, Lyon.»
Per un instante vidi gli occhi rossi di Entity lampeggiare a un passo da noi, poi fummo investiti da una pioggia di meteore.
Ci ritrovammo a dover schivare le rocce volteggiando da un punto all’altro senza sosta, mentre Mario sferzava l’aria con la sua katana mandando le rocce in frantumi.
Ci sentivamo come marionette in uno spettacolino allestito per il divertimento di Entity.
Lyon iniziò a perdere la pazienza: si bloccò guardandosi intorno furioso ma del Custode non c’era traccia.
D’un tratto una gigantesca meteora sfrecciò proprio nella sua direzione. Preso di sorpresa, lo avrebbe senza dubbio colpito, ma Stefano riuscì a spaccarla scoccando tre frecce con il suo nuovo arco.
«Lyon, devi riuscire a trovarlo o rimarremo intrappolati in questa pioggia di meteore in eterno!» gli gridai prima di essere costretta a saltare via, schivando l’ennesima minaccia.
Se Entity non si prendeva il disturbo di scendere in battaglia, bisognava che Lyon andasse da lui per trascinarcelo.
Steven doveva essere davvero riuscito a fiaccarlo, se si rifiutava di combattere.
Notando che le meteore si generavano da un preciso punto, Lyon iniziò a risalirne la corrente saltandoci sopra, mentre noi lo seguivamo tentando di distruggere quelle che lo ostacolavano nella sua scalata.
Quando infine giungemmo alla fonte della pioggia di meteore, scoprimmo che era lo stesso Entity a generarle, non senza un certo sforzo, a giudicare dallo sguardo concentrato.
«Fine dei giochi, Custode! È ora di un faccia a faccia!» gli gridò Lyon lanciandosi su di lui con la spada sacra stretta tra le mani.
In risposta quello gli scagliò un enorme masso contro, che Lyon riuscì a rispedirgli indietro, costringendolo a scansarsi per non essere travol...