Quando la mamma s'incazza
eBook - ePub

Quando la mamma s'incazza

Le fatiche di una madre esaurita

  1. 400 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Quando la mamma s'incazza

Le fatiche di una madre esaurita

Informazioni su questo libro

Ellen è una donna come tante, cioè perennemente sull'orlo di una crisi di nervi. Suo figlio Peter vive ormai in simbiosi con l'iPad, Jane, la maggiore, ha deciso di diventare una star di Instagram, e Simon, l'amore della sua vita nonché lo stronzo più irritante che Ellen abbia mai conosciuto, è perennemente in trasferta per lavoro. L'unico a darle qualche soddisfazione è il sempre fedele quattrozampe di casa, Giudicane. Che "vitadimerda"! Anche perché Ellen non si accontenta del ménage famigliare, ma ha deciso di imbarcarsi in una nuova avventura professionale in una start-up high-tech. Così, a 42 anni, Ellen scopre che la ragazza single che amava fare festa e non doveva occuparsi di figli e marito è viva e vegeta dentro di lei. E anche fuori. Dopo Un gin tonic per la mamma, torna la migliore amica di ogni madre del terzo millennio, ancora più scombinata di prima. Un romanzo che parla alle donne, quelle vere, che devono giostrarsi ogni giorno tra una miriade di sfide e che, sì, a volte si incazzano. Ma non perdono mai la voglia di ridere, e amare.

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Informazioni

Print ISBN
9788891582379
eBook ISBN
9788865976197

DICEMBRE

Venerdì 2 dicembre

Prima di tutto: VITADIMERDA, come CAZZO è possibile che sia già dicembre? Non sono pronta! Dicembre è fatto per decorare le porte con rami di agrifoglio, per i cantori natalizi con le guance rosse e per il Baileys, tantissimo amatissimo Baileys, ma io non sono pronta, neanche un po’. Il lavoro è un casino, il Progetto Importante è in consegna a inizio gennaio, e io continuo a frequentare quelle terribili lezioni di HIIT anche se non so bene perché, forse solo perché Alan non creda che mi abbatto per così poco. Però, almeno, mi sembra di essere un po’ meno molliccia e la mia voglia di biscotti cioccomenta è nettamente diminuita dopo avere letto quanti burpee dovrei fare per smaltirne uno. Il mio spirito natalizio è partito, andato, sprofondato. Boh. Dicembre porterààà (ero abbastanza soddisfatta di questa battuta, ma Simon non l’ha capita, neanche quando gli ho urlato A TUTTI I BIMBI BUONI!) una raffica di email dalle nostre famiglie che chiedono consigli sui regali e blaterano del pranzo di Natale e degli stramaledetti dolci di Natale, per non parlare dei biglietti di auguri da gente che non vedo da anni e che non mi piaceva nemmeno quando la vedevo, pieni degli infernali resoconti degli ultimi, mirabolanti successi di Jemima e Sebastian. Per di più, invece di una sola, avvilente festa aziendale in un hotel di seconda categoria, quest’anno me ne toccano circa due milioni. C’è un pranzo di Natale del team (a Ed verrà da piangere), una festa di dipartimento e poi quella per tutta l’azienda; però, se non altro, si terrà tutto in hotel e ristoranti molto carini. Ho un po’ paura della disastrosa combinazione tra la mia sete di alcol e la necessità di fingermi una Persona Normale; e poi c’è quel problemino per cui tutti suppongono che io sia single e senza figli, dimostrazione perfetta che a fare troppe supposizioni, si fa la figura dei coglioni. Oddio ho fatto la rima, è terribile. Il lato positivo è che se continuo con le lezioni di HIIT potrò presentarmi con un vestitino quasi aderente, invece del solito abito “comodo”. Ho troppe cose da fare.
Secondo: stasera c’è stato finalmente lo strabenedetto Mercatino di Natale. Preparare tutto è stata una corsa contro il tempo, ma ce l’abbiamo fatta.
Ho dovuto raccontare una piccola bugia in ufficio, per prendermi un prezioso pomeriggio libero, dicendo che avevo una visita medica e specificando a beneficio di Alan e compagnia che si trattava di «Questioni da Donne» per evitare domande. Tecnicamente, erano davvero Questioni da Donne, visto che tutti sembrano pensare che gestire i bambini sia roba da donne, esclusivamente da donne. Sono anni che uso spensieratamente questa scusa, ma è un po’ più imbarazzante con dei millennial sbarbatelli che con i repressi di mezza età del vecchio lavoro.
Io, Cara, Katie e Sam, insieme a una manciata di volontari, ci siamo trovati nel salone e abbiamo lanciato sulle pareti ogni filo di lucine in nostro possesso. Avevo portato anche un saccone della spazzatura pieno di edera che mi ero procurata una mattina al parco. Ci ero andata molto presto, prima che arrivassero quelli che portano a spasso i cani; poteva essere considerato furto? Forse sì, o forse no, in ogni caso lo stavo facendo Per I Bambini, quindi ero autorizzata.
In preda all’entusiasmo avevo comprato anche una pistola sparapunti, e devo dire che la ritengo l’oggetto migliore che abbia mai posseduto. È incredibile! Vuoi attaccare qualcosa al muro? BAM! Sparapunti! Ho pensato di usarla per attaccare al muro le palle di Simon, quando mi ha detto che oggi era troppo impegnato per dare una mano o per andare a prendere i bambini, aggiungendo che me l’aveva detto, lui, che era una pessima idea prendermi la responsabilità dell’associazione genitori. Con la mia amata sparapunti ho rivestito di edera tutto il salone, ignorando i bastiancontrari che dicevano che forse non era permesso attaccare roba al muro, e solo di tanto in tanto visualizzando la faccia di Simon (l’altro vantaggio della sparapunti è che quando qualcuno ti dà sui nervi, mentre spari puoi far finta di essere Robert de Niro in Taxi Driver e borbottare «Ma dici a me?»: dà veramente soddisfazione). Nel frattempo Kiki stava tra i piedi di tutti e girava per il salone con un boa di edera drappeggiato addosso, finché non ho brandito la sparapunti con fare minaccioso e le ho intimato di rendersi utile.
Dopo un po’ sono arrivate le espositrici, portando le loro mercanzie. Mi ero immaginata delle signore allegre, amichevoli e sorridenti, invece a quanto pare il mondo delle piccole artigiane è una vera giungla: ho dovuto sedare numerosi diverbi tra chi cercava di sconfinare nello spazio delle altre/annettersi tavoli in più/nascondere la concorrenza piazzando in modo strategico gli stand delle sciarpe. L’anno prossimo dovrò studiarla meglio: per esempio, è stato un enorme passo falso mettere Candele pazze accanto alle bombe da bagno Che bomba (un nome davvero infelice), perché sono nemiche giurate da quando, anni fa, Candele pazze ha scambiato per un cupcake uno degli intrugli di Che bomba e ha cercato di mangiarselo. A quel punto, schiumando dalla bocca e sputacchiando brillantini, ha accusato Che bomba di tentato omicidio (comprensibile, visto quel nome DAVVERO TREMENDO); Che bomba ha a sua volta accusato Candele pazze di averla derubata. Da allora tra di loro c’è una faida mortale.
A parte questo, è stata una serata tranquilla. Con grande sollievo di Sam nessuno gli ha pisciato addosso mentre faceva Babbo Natale, anche se più tardi si è lamentato che due ore in quel completo di poliestere gli hanno fatto venire l’eritema ai testicoli («C’è un motivo per cui non indosso mai fibre sintetiche, Ellen!»). Poi ha mugugnato che, vista la sua solita fortuna, di sicuro la settimana prossima durante gli appostamenti da Sainsbury’s avrebbe finalmente incontrato l’amore della sua vita di fianco all’olio extra vergine; ma l’amore della sua vita l’avrebbe visto contorcersi per cercare di alleviare il prurito e se la sarebbe data a gambe, pensando che Sam avesse le piattole.
Peter e Jane sono spariti nella mischia urlante di bambini allucinati di zuccheri e vecchie signore. Da dove arrivano questi stormi di vecchie signore che popolano i mercatini di Natale? Forse hanno dei pulmini speciali con cui attraversano la nazione a caccia di mercatini, caricando altre pensionate per strada per ingrandire la banda e bloccare meglio il passaggio quando si fermano in mezzo alle corsie a lamentarsi di quanto sia deludente il banchetto delle torte fatte in casa: «Davvero, tre sterline per un pan di spagna con quell’aspetto, dovrebbero vergognarsi di chiedere tre sterline per quel pan di schifo, e che mercatino di Natale è senza nemmeno un tortino di frutta secca?». I miei figli ricomparivano di tanto in tanto per chiedere altri soldi. In seguito ho scoperto che Peter aveva speso quasi tutto alla tombola, continuando a giocare con un entusiasmo tale da suggerire una futura dipendenza dal gioco d’azzardo. O magari dovrei cercare di incanalare positivamente la sua potenziale ludopatia e incoraggiarlo a diventare un giocatore di poker professionista come Victoria Coren Mitchell. Pare faccia un sacco di soldi giocando a poker. Dovrebbe lavorare un po’ sul bluff, però, perché al momento si capisce con dieci minuti di anticipo se sta per fare la cacca (adesso che ci penso, Simon è uguale) e anche se fa solo una scoreggia silenziosa ma letale non riesce a fare a meno di ridacchiare per la soddisfazione. Un tempo speravo che fosse destinato a una carriera da gigolo di lusso, visto il grande fascino che esercita sulle vecchie signore, ma poi è arrivata la passione per le scoregge. Comunque la carriera di gigolo di lusso e quella di giocatore di poker professionista dovrebbero essere compatibili: a quanto ne so si tratta per entrambe di passare un sacco di tempo nei casinò, tipo Montecarlo. C’è da dire che non ho approfondito molto.
Kiki è dovuta andare a casa, per indossare le mise instagrammabili che aveva preparato per sé e le bambine. È tornata con un maglione natalizio così aderente che doveva esserselo dipinto addosso, trascinandosi dietro le povere Lalabelle e Trixierose vestite da elfi e un tizio in giacca e cravatta con l’aria seccata, che si è rivelato essere suo marito Keith: continuava a sibilare «Ma che cazzo, Karen, puoi mettere giù quel cavolo di telefono per un secondo e smetterla di fare foto?», mentre Kiki gli diceva «Smettila di chiamarmi Karen. Mi dovete chiamare Kiki, è il mio cazzo di brand, d’accordo? Mi hai rovinato la story su Instagram. Dovrò farne un’altra. Lo vuoi o no quel viaggio alle Maldive, Keith?».

Domenica 4 dicembre

Dopo anni di benevolo distacco, sembra che papà si senta pronto, ora che ha una certa età, a interpretare il ruolo di padre di famiglia affettuoso. Mi ha chiamato stamattina per dire che sarebbe di nuovo passato dalle nostre parti con Natalia, e che magari potevano fermarsi a pranzo. Fino a quel momento avevo delegato il pranzo della domenica a Simon, e lui aveva decretato che avremmo mangiato dei semplici toast al formaggio. Non vedevo l’ora che Simon scoprisse che in realtà i toast al formaggio non hanno proprio niente di “semplice”: Jane li mangia solo se il formaggio è grattugiato e non a fette; Simon li pretende con i cetriolini, ma al resto della famiglia i cetriolini fanno vomitare, anche solo la traccia di un cetriolino; e Peter non ci vuole il burro. Di solito, quando tutti hanno finito di descrivere il loro cazzo di toast al formaggio ideale, io ormai ho perso la voglia di vivere e voglio solo mandarli al diavolo, per me possono anche morire di fame, il formaggio lo do al mio amato Giudi, tanto non gli importa se è grattugiato, a fette o se glielo do intero, lui se lo spazzola comunque. (Come abbiamo scoperto quando si è introdotto nel frigorifero e ha divorato un pezzo di cheddar, una confezione ancora chiusa di taleggio, una bella fetta di brie e un camembert intero. Poi ha vomitato a spruzzo una fonduta. Che bello.) Il motivo principale per cui in generale evito di dargli il formaggio è che poi fa delle puzze radioattive. E non è facile amarlo quando succede.
Comunque, dato che mio padre si era autoinvitato a pranzo, ho dovuto fare un salto da Sainsbury’s per prendere la carne per fare l’arrosto, e già che c’ero ne ho approfittato per lasciare Peter e Jane a casa con Simon e andare a una lezione-lampo di HIIT (ne ho bisogno: presa dall’entusiasmo, ho comprato un vestitino per la festa di Natale che non è per niente “comodo”, anzi, è decisamente fasciante). Da Sainsbury’s ho anche comprato un po’ di pensierini per le calze da appendere a Natale, che metterò al sicuro da qualche parte per poi scordarmene e ritrovarli intorno a luglio; oppure, nel caso improbabile che riescano davvero a finire nelle calze, ne rimarranno delusi tutti quanti e li accantoneranno subito, ignorandoli. Però mi sono presa l’ultima confezione di cioccolato all’arancia a forma di arancia, tutto a spicchi, un grande classico di Natale! L’ho sfilato sotto il naso a una tizia spaventosa con cui sono sicura di aver già litigato una volta ai gonfiabili (non possono esserci molte persone con “Juztin Beebor 4ever” tatuato sul collo!). Era davvero minacciosa, per cui me la sono svignata e non ho preso altri pensierini. Sarà contento Simon, che non capisce che bisogno c’è di mettere Cosine Carine nelle calze: «Perché non ci possiamo mettere dentro i regali e basta? Perché dobbiamo riempirle con tutto questo ciarpame inutile?». Questo è l’ennesimo segno che Simon non ha un cuore: lo sanno tutti che le calze sono fatte per “ninnoli e pensierini” e che i Regali Grandi (anche se sono di piccole dimensioni io li chiamo comunque Regali Grandi) vanno sotto l’albero; è di vitale importanza non deviare mai da questo Sistema Dei Regali, altrimenti il Natale sarà rovinato PER SEMPRE!
Il pranzo è andato abbastanza bene. Peter si è preso una mega-cotta per Natalia: ha flirtato senza vergogna e poi, forse per dimostrarsi degno del suo amore, ha mangiato una quantità di roastbeef e Yorkshire pudding pari al suo peso corporeo. Natalia non sembrava molto colpita quando Peter l’ha informata di avere appena mangiato dodici di quei pudding, nove patate arrosto e quattro porzioni di carne. Sinceramente non so dove lo metta, tutto quel cibo. Natalia sembrava restia a dichiarargli amore eterno come riconoscimento del suo eroico apparato digerente, così Peter ha annunciato che poteva mangiare ancora e stava per prendere il tredicesimo pudding, ma gliel’ho impedito per paura che vomitasse. Peter è davvero incredibile, mangia quantità oscene di cibo senza mai ingrassare di un etto. Se io mangiassi tutti quegli adorabili soufflé fritti che sono gli Yorkshire pudding, domani non riuscirei neanche ad allacciarmi la gonna, altro che lezioni di HIIT.
C’è stato un momento imbarazzante quando papà ha chiesto cosa avremmo fatto per Natale e ho dovuto dirgli che saremmo andati dalla mamma.
«Oh» ha detto papà. «Anche Jessica?»
«Ehm, sì. Anche Jessica.»
«Capisco» ha detto papà. «È proprio un peccato, perché speravamo di passare il Natale con te e tua sorella. Sai, è il primo Natale di Natalia in famiglia… Non è che puoi cambiare programma? E dirlo anche a Jessica?» mi ha implorata....

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. QUANDO LA MAMMA S’INCAZZA
  4. LUGLIO
  5. AGOSTO
  6. SETTEMBRE
  7. OTTOBRE
  8. NOVEMBRE
  9. DICEMBRE
  10. GENNAIO
  11. FEBBRAIO
  12. MARZO
  13. APRILE
  14. MAGGIO
  15. GIUGNO
  16. LUGLIO
  17. RINGRAZIAMENTI
  18. Copyright