1
Le cose migliori risplendono di paura.
Don De Lillo, Libra
«Perché. Dimmi perché. Dammi una spiegazione che regga» continuava a ripetermi. C’era un leggero tremolio nella sua voce. Un tremolio che mi bloccava le parole in gola.
«Io non so perché... non so cosa mi stia succedendo. So soltanto che tutto quello che un anno fa mi sembrava sicuro e indiscutibile, ora non lo è più.»
Passeggiavo a piedi nudi sulla spiaggia, mentre una leggera brezza primaverile mi sfiorava il viso e i pensieri. Intorno a me il rumore intenso delle onde, in una mano continuavo a sfregare una manciata di sabbia umida. Respiravo a pieni polmoni quell’aria che, da sempre, riusciva a rinvigorirmi, ricaricarmi.
«Azzurra, io non capisco, davvero, non riesco a capire. Per favore, devi essere sincera. Devi dirmi tutto quello che ti passa per la testa. Da quanto tempo lo pensi? Da quanto me lo nascondi?»
Mia madre mi ripeteva sempre una frase quando ero piccola: “cambierai idea”. Quando parlavo del mio futuro o combattevo per scelte decisamente improbabili, lei replicava con tono di sfida “ora la pensi così, ma vedrai, tra qualche anno cambierà tutto”. E fino a poco tempo fa non riuscivo a capire cosa intendesse dire, come si potesse “cambiare” così, da un momento all’altro. Perché nessuno ti spiega per quale motivo dovrebbe accadere. È una specie di mistero che ti perseguita giorno dopo giorno, che ti fa fare domande su domande; poi passano estati, inverni, mesi e anni e tutto cambia. E non sai né come né quando, né in che momento è successo. Ti guardi semplicemente allo specchio e ti scopri diversa. Sei diversa, ma sempre la stessa. Forse cresciuta, maturata, migliorata, chi lo sa, ma con te cambiano anche le tue idee, i modi di fare, di sentire, di pensare. Cambiano i libri da leggere, le canzoni da ascoltare, le persone da frequentare; quelle con le quali scegli di condividere la tua vita.
Per questo avevo preso la mia decisione, per questo avevo deciso di parlare con Giulio, per spiegargli che, in un modo o nell’altro, qualcosa era cambiato. Io ero cambiata.
«Ci penso da un po’, ecco. Io... io sento di dover stare del tempo da sola, per conto mio, sento di volere i miei spazi per capire se... se ancora ti amo.»
«Eppure qualche giorno fa mi hai guardato negli occhi e hai detto di amarmi.»
«Non so se è ancora amore o semplicemente abitudine. Io non sopporto più tante cose, Giulio, e tu lo sai, lo sai bene.»
Ed era vero. Non riuscivo più a sopportare le sue pessime battute, quando alzava la voce anche solo per scherzare, quei piccoli gesti che prima adoravo e ora sembravano torture. E le nostre conversazioni senza senso, e il fatto che io parlavo ma lui non ascoltava: sentiva, ma non ascoltava. E quando iniziavamo a discutere, io diventavo indifferente. Non preoccupata. Non dispiaciuta. Indifferente. Me ne sono accorta piano, lentamente, facendomi tante di quelle domande.
«Tu non immagini quanto mi stia ferendo tutto questo. Quanto mi faccia star male ferirti» aggiunsi.
Silenzio.
Mi guardai attorno lasciando che i miei pensieri si perdessero tra le onde e il vento, trattenendo i ricordi legati a quel luogo magico.
Avevo “conosciuto” quel posto quando ancora non avevo bocca né mani, quand’ero solo una piccola particella d’amore nella pancia della mamma. Probabilmente me ne innamorai subito. Crescendo diventò il mio rifugio, il mio porto sicuro. Ma ne era passato di tempo dall’ultima volta che mi ero ritrovata su quella spiaggia; per un lungo periodo non ero riuscita più neanche ad avvicinarmi, troppi ricordi di un passato che mi faceva tremare ancora le mani e il cuore.
Eppure quella mattina mi ero svegliata di colpo, colta dall’improvvisa consapevolezza di non poter più rimandare la fatidica conversazione, e avevo avvertito il bisogno di ritornare al “mio mare”. Così avevo preso il primo pullman in paese, dopo aver agguantato un paio di biscotti appena sfornati dalla mamma, e quaranta minuti più tardi ero finalmente “a casa”.
«Ok» disse lui infine dopo quella che sembrò un’eternità.
«Mi odi?»
«No, non ti odio.»
«E allora cosa pensi?»
«Penso che non vedo l’ora di vederti tornare da me per abbracciarti e baciarti ancora una volta, per altre mille volte.»
Ecco il motivo per cui avevo scelto di telefonargli piuttosto che parlargli faccia a faccia. Vigliacca? Sì, forse, ma già sapevo come sarebbe andata a finire. Non me lo avrebbe permesso, con i suoi occhioni da cerbiatto e i modi gentili. Mi avrebbe baciata. Mi avrebbe chiesto di restare. E io sarei rimasta. Ma questa era una cosa che andava fatta. Nonostante il senso di colpa. Lo dovevo fare.
«Scusami...»
Silenzio.
Come si fa a dire a qualcuno che hai amato che quello che c’è ora non basta più?
«Noi non funzioniamo più» sussurrai.
«Potremmo sempre cambiare.»
«È quello che dici ogni volta, ma non succede mai per davvero.»
«No Azzurra, non ci sto.»
Silenzio.
«Non ci stai?» risposi confusa.
«Pensi che basti una telefonata per scaricarmi? Tu non mi puoi lasciare. Non così. Non puoi farlo! Mi rifiuto di accettarlo! Stai dando i numeri, Azzurra, te ne rendi conto? Tu...»
Attaccai.
Avevo gli occhi lucidi e le mani tremanti. Prima di chiamarlo non potevo sapere come avrebbe reagito, ma conoscendolo mi aspettavo qualcosa di molto simile a quello che era appena successo.
Non mi restava altro da fare che caricarmi di tutta la forza necessaria e affrontarlo di persona.
Meriti mille
sorrisi negli occhi
e l’amore sulle labbra,
i baci più belli
e i brividi nel sangue.
Meriti qualcuno che voglia volerti davvero.
Che ti stringa forte le mani se non trovi le parole,
che ti sfiori gli angoli della bocca quando un bacio
non sa bastare, che conosca a memoria le tue
debolezze e non te le faccia pesare, che accarezzi
la tua anima nera e nonostante tutto decida
di restare, rischiare, amare.
Meriti le decisioni affrettate e folli che non hai tempo
di pensare, le fughe al mare, e qualsiasi cosa che sia
amore da desiderare, e realizzare.
Meriti qualcuno che tremi per te, che ti senta
nelle vene, che abbia voglia di correre, partire,
andare, che non aspetti il sole, che voglia starti
accanto anche se fuori piove.
Meriti qualcuno che voglia volerti davvero.
Sempre.
2
Non dipendere dalla luce di un altro.
È persino meglio che tu brancoli nel buio,
ma che almeno sia il tuo buio.
Osho
Eravamo invecchiati. Ecco cos’eravamo. Simili a una coppia sposata ormai da anni che ha perso la voglia di fare ogni cosa. Una coppia che si accontenta delle giornate a casa passate a dormire abbracciati, ed è bello, sì, è davvero dolce stringersi, fondersi, godere di quei momenti, piccoli ma intensi, impregnati di tutto l’amore del mondo. Ma.
Ma a diciannove anni c’è tanto da fare. Tanti posti da visitare, tanti mari dentro cui nuotare, tante persone da conoscere, tante delusioni da sopportare. Cadere, rialzarsi, amare.
A diciannove anni sei una bomba a mano piena di energia e voglia di fare.
Hai voglia di volare. Hai voglia di volere di più.
La verità è che la storia con Giulio è stata complicata dal primo all’ultimo momento.
Abbiamo iniziato tutto troppo di fretta.
Sono fatta così, a volte passo da un estremo all’altro, dall’odio all’amore, dal poco al troppo, dal dare tutto al dare niente, dallo stare sempre a pensare, riflettere, ragionare, a buttarmi del tutto, affidarmi alla sorte e alle persone, persino quelle palesemente sbagliate. Quelle che ti fanno percepire da subito un brivido dietro la schiena, un avvertimento sottile, un segnale di pericolo.
Io l’ho ignorato.
Ero così presa dalla sua finta dolcezza, dalle sue belle parole, dall’apparente sensibilità che nascondeva la sua vera personalità. Adoravo il modo in cui mi sfiorava i lunghi capelli castani, come tentava di contare le lentiggini sul mio viso, adoravo quando notava il verde nascosto tra il marrone dei miei occhi, quando mi guardava e mi rendeva bellissima ai suoi occhi. Bellissima come io non avrei mai saputo rendermi.
Così sono inciampata fra le sue labbra. E i suoi occhi. E i suoi sorrisi. E le fossette agli angoli dei suoi sorrisi.
E mi sembrava di sentire la felicità, forte, sulla pelle.
Lentamente, poi, i dettagli amorevoli diventarono insopportabili. La sua gelosia diventò possessività. Il mio amore, vergogna.
Quante volte l’ho giustificato, quante volte ho chiuso gli occhi e sono andata oltre fingendo di non vedere. È una trappola ingegnosa l’amore. Tu sei lì, attenta a non cadere, a non farti ingannare, quando arrivano d’un tratto emozioni ...