Il cattivo ragazzo che amo
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Il cattivo ragazzo che amo

  1. 304 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il cattivo ragazzo che amo

Informazioni su questo libro

Scegliere tra un bravo ragazzo e un cattivo ragazzo è facile. Ma se la scelta fosse tra due cattivi ragazzi? Chiara, diciannove anni, vivace e sincera. Cesare, stessa età e un passato da teppista. Ma da quando stanno insieme l'amore l'ha guarito, e tra i rovi del tatuaggio sul suo petto è nata una rosa per ogni mese trascorso con lei. Un giorno, Chiara vede tra le rose dei lividi e chiede spiegazioni che non ottiene. Con il suo atteggiamento sfuggente e misterioso, Cesare non fa che alimentare i dubbi di Chiara, al punto da farle trascurare lo studio per il temuto e atteso test di ingresso a Veterinaria. Chiara si mette a pedinarlo, e scopre così un giro di incontri clandestini notturni in cui i ragazzi di Roma si picchiano a mani nude. Ed è proprio a uno di questi incontri che conosce Ricky, che Cesare ha appena battuto. Ricky le ricorda il Cesare dei primi momenti, ne è al tempo stesso spaventata e attratta. Anche Ricky sembra interessato a lei: vuole solo vendicarsi di Cesare, o quello che prova per Chiara è un sentimento vero? E Chiara riuscirà a tornare a fidarsi di Cesare o sceglierà di cedere al fascino di questo nuovo cattivo ragazzo? Tra non detti, bugie e inseguimenti, Giulia Besa ci regala una nuova appassionante storia d'amore in una Roma notturna inedita e affascinante.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2019
Print ISBN
9788817141888
eBook ISBN
9788858698273

1

#rose #rovi #demonetentatore

Sbadiglio, e apro piano gli occhi. La rosa che sboccia sul torace di Cesare è una visione mozzafiato. Il fiore dipinto sulla sua pelle chiara in corrispondenza del cuore è rigoglioso, e il colore intenso dei petali fa sbiadire l’antico tatuaggio dei rovi.
Percorro con l’indice il profilo della rosa, seguendone il contorno lungo i pettorali scolpiti del mio ragazzo. Nell’ultimo anno mi è successo sempre più spesso di svegliarmi con la mano sul suo torace, le dita posate sul fiore rosso.
Un clacson distante mi fa alzare la testa verso il balcone. Un venticello fresco agita le tende della portafinestra socchiusa. Rabbrividisco, e mi rannicchio contro Cesare; premo il mio petto nudo sul suo fianco. E per sicurezza mi imbozzolo sotto il lenzuolo candido. Non si è mai troppo coccolosi!
Lui ronfa beato, sdraiato sulla schiena, e, dopo la notte d’amore selvaggio che abbiamo appena trascorso, non si sveglierebbe neppure se gli Iron Maiden gli entrassero in camera per un concerto a sorpresa!
Ammiro il suo volto rilassato affondato nel cuscino di piume d’oca – anche se ormai abbiamo dormito insieme un sacco di volte, ancora mi sembra buffissimo che il mio cattivo ragazzo non riesca a prendere sonno se non ha sotto la testa il cuscino più morbido di tutta la casa. I capelli neri e lucidi come la superficie del Tevere di notte sono sparsi sulla federa bianca. Le ciocche gli incorniciano il viso ancora stanco. Non so a che ora ci siamo addormentati, ma era già l’alba.
Mi mordo il labbro. Okay, abbiamo dormito poco, ma io ho ancora voglia!
Senza contare che non mi va di rimanere da sola con le mie preoccupazioni. Ormai mancano pochi giorni al test di ammissione per veterinaria, e la tensione comincia a farsi sentire. Se dovesse andarmi male per la seconda volta di fila... No, non ci devo pensare, o mi torna su il prosecco che ci siamo scolati ieri sera. Accidenti, ieri non dovevo bere, dovevo studiare! E sì che al liceo ero la prima della classe. Niente avrebbe potuto distrarmi se decidevo di concentrarmi sui libri di scuola.
Ma come faccio a resistere a Cesare?
Ricalco la silhouette della rosa, questa volta con l’unghia. Cesare mugugna e intorno al mio dito compare un accenno di pelle d’oca. Sorrido tra me e scendo con la mano lungo il suo corpo. Mi spiace per lui, ma lo devo svegliare.
Cesare si volta verso di me, e mi sorride. Dio, quando vedo quella fossetta che gli incide la guancia è il momento più bello della giornata. Be’, diciamo il secondo momento più bello dopo...
«Buongiorno» mi saluta, la voce ancora impastata dal sonno. Allunga la mano, e la posa dietro la mia nuca per attirarmi a sé. Mi bacia e le sue labbra hanno il mio sapore. Il pensiero mi fa arrossire, nonostante mi abbia assaggiata ormai tante volte.
«Lo conosco quello sguardo furbetto» dice lui. «Mi hai svegliato perché vuoi farlo di nuovo.»
«Veramente volevo marchiarti.» Sfioro con le dita la macchiolina rosa sul suo collo, vicino alla vena assediata dai rovi. «Il mio marchio di ieri sta svanendo, e non vorrei che quando vai in giro qualcuna si facesse strane idee che sei libero.»
«Anche il tuo sembra sbiadito.» Cesare mi scandaglia con gli occhi neri la spalla. «Sarà il caso che ci rimetta bocca.»
«Ma guarda che prima ero in bagno e il tuo morso si vede ancora benis...»
Cesare mi salta addosso e mi azzanna la spalla. Ma è un morso dolce, un morso d’amore. È il simbolo del suo desiderio di farmi sua. Cesare mi stringe a sé, e mi succhia la pelle nell’incavo tra il collo e la spalla, imprimendo il suo segno. So già che forma avrà, somiglierà al petalo di una rosa.
La sua lingua mi stuzzica, e ho i brividi, e un familiare senso di calore al ventre mi fa venire voglia di spingermi contro di lui e dimenticarmi tutto.
Ma è un casino dimenticarsi del test! E dimenticarsi che devo studiare. Non voglio rivivere la tragedia dell’anno scorso: quando ho scoperto che non ero riuscita a entrare a veterinaria mi è crollato il mondo addosso. È stata l’umiliazione scolastica più cocente che abbia mai subito. Non sono bastate tre serate di fila ad abbuffarmi da McDonald’s per rimettermi in sesto.
E anche mamma era delusa. Non ha voluto farmelo pesare ed è stata comprensiva, mi ha incoraggiata a riprovare senza abbattermi, ma si vedeva che ci era rimasta male. Ci tiene che io diventi una veterinaria come lo era papà. No, non ce la faccio a ripetere un’esperienza fallimentare del genere.
«Ehi.» Cesare mi scosta una ciocca di capelli dal viso, e mi schiocca un bacio leggero sulle labbra. «Che ti prende? All’improvviso hai la faccia preoccupata.»
Distolgo lo sguardo, e indugio sulle tende della portafinestra scosse dal vento. Ho l’impressione che, se uscissi ad affacciarmi in balcone e distendessi la mano, potrei sfiorare le persiane del palazzo di fronte, tanto è vicino. Anche se preferisco appoggiarmi con i gomiti alla balaustra e osservare le persone che vanno e vengono per via del Corso. Lo trovo rilassante.
«È per via del test?» chiede Cesare.
Riporto l’attenzione sul mio ragazzo.
Lui mi scruta negli occhi. «Non ti va di parlarne?»
Mi mordo il labbro. «No.»
«Se devi studiare, ti lascio in pace.» Lo sguardo di Cesare è serio, ma purtroppo ha ancora un’ombra di malizia. «Faccio il bravo, promesso.»
«Certo. Come ieri sera, e l’altro ieri, e il giorno prima.»
«Oggi esco. Così non cado in tentazione. Vado dal commercialista.»
«Sì proprio, dal commercialista di domenica.»
«Perché se ti immagino qui seduta sul letto a gambe incrociate, con il libro in grembo che ti sfiora le mutandine di pizzo, e hai il faccino concentrato di quando studi e non ti sei neanche rimessa il reggiseno...»
Sospiro. «Lo so, lo so, tu immagini e poi devi importunarmi.»
Cesare ride. Non scoppia mai veramente a ridere lui, ma la sua risata bassa e vibrante ha il potere di coinvolgermi. E sono contenta che sorrida molto di più da quando stiamo insieme. Non sono più i mezzi sorrisi del cattivo ragazzo, sono sorrisi sinceri. Lui poggia la mano sul mio fianco, un gesto possessivo che adoro. Siamo solo noi due in casa – be’, escluso Bruto, il suo gattino – ma vuole comunque mantenere sempre il contatto con me. Sentirmi sua.
Risalgo con lo sguardo dalla sua mano al suo viso, e poi giù lungo il corpo meraviglioso. Gli allenamenti di boxe gli fanno mantenere i muscoli definiti anche quando non sono in tensione. Le vene che si rincorrono sulle sue braccia somigliano a quelle delle statue marmoree qui in piazza del Popolo. E la vena sul collo scolpito mi fa impazzire. Peccato solo per i rovi neri che la imprigionano, risalendo dal petto alla gola.
Il tatuaggio di rovi parte dal fianco destro e avvolge il torace del mio fidanzato, estendendosi fino alla spalla opposta. Una selva di spine ricopre i muscoli, e qualunque altra ragazza avrebbe timore ad avvicinare le labbra, tanto il disegno è realistico. Ma io no. Io non ho avuto paura di pungermi, e sono orgogliosa che tra i rovi siano spuntate tante rose.
Dodici rose. Cesare ha celebrato ogni mese insieme facendosi tatuare una nuova rosa. E uno dopo l’altro i fiori vinceranno la battaglia contro i rovi.
Ma... Allungo la mano verso il profilo delle anche del mio ragazzo, proprio dove nascono i rovi. C’è una grossa macchia scura, che non fa parte del tatuaggio. Cos’è? Un livido?
Dischiudo le labbra per chiedergli dove ha preso un colpo simile, ma il mio sguardo incontra il suo, e rimango imbambolata.
«Vuoi un assaggio?»
«Eh?»
Cesare sogghigna. «Mi pareva di aver capito che volevi studiare, ma mi stai mangiando con gli occhi.» La fossetta gli incide di nuovo la guancia, e ho una fitta di voglia. Il suo alito mi stuzzica, sa di fragola, e sa di me.
«Sei una persona orribile che si diverte a corrompere le studentesse.»
Cesare mi afferra la mano che avevo sollevato verso il livido e se la porta alle labbra. Mi succhia il polpastrello dell’indice. Dio! Lo sa che quando si comporta così mi manda in confusione. Lo sa e se ne approfitta. Alla faccia di lasciarmi ripassare per il test d’ingresso!
«Magari ti va di fare una colazione speciale» borbotta, senza sfilarsi il mio dito dalle labbra. «Qualcosa che ti dia energia per tutto il giorno.»
«Smettila.»
Però il mio tono non è molto deciso. Me ne rendo conto da sola.
Cesare si toglie il dito dalla bocca e si china per baciarmi. E mi accorgo che il livido sul suo fianco non è il solo. Ce ne sono altri, mimetizzati tra i rovi, e uno molto brutto sulla clavicola, appena più in basso del muscolo bombato della spalla. Tra le spine mi sembra persino di scorgere dei tagli rimarginati da poco.
«Cesare, ma come te li sei fatti?» Sfioro i segni neri più evidenti. «Ti fanno male?»
Il suo sorriso si gela, e il suo sguardo si rabbuia. Le iridi scure si confondono con le pupille. «È solo qualche botta che ho preso allenandomi.»
Sarà. Ma l’ho visto allenarsi tante volte, anche sul ring, e non si era mai conciato in questo modo. «Non è che hai fatto a botte con Luca perché lo devo incontrare?»
«No.» Il sorriso ritorna allegro e rispunta la fossetta deliziosa. «Anche se non nego che mi piacerebbe fargli rientrare il naso nella faccia a furia di pugni.»
«Ehi! È amico mio, non dire così!»
Cesare si stringe nelle spalle. I capelli neri gli sfiorano gli occhi, e lui si impegna a mettere su un’espressione da angioletto. Ma non scherzava. Non gli va proprio giù che io e Luca abbiamo ripreso a vederci in amicizia.
Amen. Cesare dovrà farsene una ragione. Sì, d’accordo, Luca è il mio ex, ma è anche una persona fantastica e gentile, e non capisco perché dovrei rinunciare alla sua amicizia solo per una gelosia infondata. Tra l’altro Luca l’ho fatto soffrire tantissimo in passato, e non è il caso che adesso ci si metta Cesare a rincarare la dose.
«Stai pensando a lui» dice Cesare, con un tono basso e lo sguardo da puma. «Ma devi pensare sempre e solo a me.»
Un tocco tra le gambe, sul cotone delle mutandine. Serro le cosce, ma la mano di Cesare rimane lì in mezzo. Mi stuzzica da sopra il tessuto, proprio dove sono più sensibile. Il suo indice compie movimenti circolari premendo, e mi vanno a fuoco le guance e non capisco più niente!
Cesare è un demone tentatore!
«Certo, se però preferisci studiare...»
Il dito accenna a staccarsi dalle mutandine e mi sfugge un verso di rammarico. Sollevo il viso e dischiudo le labbra pronta a mordere le sue.
Ma prima che possa sfiorarlo, lui sgrana gli occhi. «Ahi!»
Cesare sobbalza e rotola via da me, finendo di schiena sul lenzuolo. «Bruto!»
Il gatto bianco – più che un gatto adesso sembra una pantera tanto è cresciuto – si è attorcigliato al piede nudo del mio ragazzo e glielo blocca con le unghie. Con le zampe posteriori dà dei calcetti alla pianta del piede, e intanto gli morde il pollicione. Bruto tiene le orecchie tirate all’indietro, e gli occhi sono assatanati.
«Mollami!» strilla Cesare. «Ti scuoio vivo!»
Fa per acchiappare il gatto per la collottola, ma Bruto si divincola e si prepara a un nuovo assalto. Il mio ragazzo si massaggia il piede, su cui spiccano i segni rossi degli artigli.
«Guarda cos’hai fatto!»
Bruto inarca la schiena, minaccioso, e appare ancora più grosso. Il giorno ch...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. 1
  4. 2
  5. 3
  6. 4
  7. 5
  8. 6
  9. 7
  10. 8
  11. 9
  12. 10
  13. 11
  14. 12
  15. 13
  16. 14
  17. 15
  18. 16
  19. 17
  20. 18
  21. 19
  22. 20
  23. 21
  24. 22
  25. 23
  26. 24
  27. 25
  28. EXTRA
  29. Copyright