
- 308 pagine
- Italian
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The 100 Rebellion
Informazioni su questo libro
NON C'È PACE SULLA TERRA. Da un mese, i Coloni sono tornati ad abitare il pianeta al seguito dei cento, un tempo giovani delinquenti sacrificabili, oggi figure di riferimento per la loro gente. Potrebbe finalmente essere un nuovo inizio, all'insegna dell'armonia e della fiducia nel futuro, ma ben presto una nuova minaccia si profila all'orizzonte: una setta di fanatici decisi a fare nuovi adepti e a "guarire" il pianeta devastato dalla guerra, sterminando chiunque non sia dei loro.
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Informazioni
Print ISBN
9788817098700eBook ISBN
9788858692295CAPITOLO 1
Clarke
Clarke rabbrividì quando una folata di vento spazzò la radura, facendo frusciare le foglie rosse e dorate ancora attaccate agli alberi. «Clarke» chiamò qualcuno da lontano. Era una voce che la ragazza aveva immaginato migliaia di volte dal suo arrivo sulla Terra. L’aveva udita nel gorgoglio del ruscello, nello scricchiolio dei rami, e soprattutto nel vento.
Stavolta però non aveva bisogno di dirsi che era impossibile.
Il brivido di freddo fu stemperato dal calore che le invase il petto; Clarke si voltò e vide la madre camminare verso di lei, con una cesta piena di mele raccolte nel frutteto dei terrestri.
«Hai assaggiato una di queste? Sono eccezionali!» Mary Griffin posò la cesta su uno dei lunghi tavoli di legno, prese un frutto e lo lanciò alla figlia. «Trecento anni d’ingegneria genetica e non siamo riusciti a produrre niente di anche solo vagamente simile, sulla Colonia.»
Clarke sorrise e addentò la mela, scrutando nel frattempo l’accampamento brulicante di attività. Coloni e terrestri si stavano preparando entusiasti alla loro prima celebrazione comune. Felix e il suo compagno Eric portavano grosse insalatiere colme di verdure, coltivate negli orti dei terrestri e cotte nelle loro cucine. Due terrestri stavano mostrando ad Antonio come intrecciare i rametti più teneri per formare delle ghirlande. A una certa distanza, Wells era impegnato a scartavetrare uno dei nuovi tavoli da picnic con Molly, che di recente aveva cominciato a lavorare come apprendista presso un carpentiere terrestre.
Nel vederli tutti così uniti e allegri, era difficile credere che negli ultimi mesi avessero sopportato stenti e sofferenze. Clarke aveva fatto parte dei primi cento adolescenti inviati sulla Terra per verificare se fosse possibile la sopravvivenza umana sul pianeta avvelenato dalle radiazioni; tuttavia la loro navicella si era schiantata al suolo e le comunicazioni con la Colonia si erano interrotte. Mentre i cento lottavano per sopravvivere, i coloni nello spazio si erano resi conto che il loro sistema di supporto vitale stava cedendo e il tempo era agli sgoccioli. Con la drastica diminuzione dei livelli di ossigeno e la diffusione del panico, si erano accalcati verso le navicelle di salvataggio che, purtroppo, non erano sufficienti ad accogliere tutti gli abitanti della Colonia.
Clarke e gli altri superstiti dei cento erano rimasti enormemente sorpresi quando diverse navicelle gremite di coloni erano atterrate sul pianeta; meno sorprendente era stato il comportamento del Vice Cancelliere Rhodes, che aveva scatenato una brutale opposizione per strappare il potere ai ragazzi che nel frattempo erano diventati i leader de facto dei coloni sulla Terra. Tra le vittime dello scontro c’era stata Sasha Walgrove, fidanzata di Wells e figlia del pacifico capo dei terrestri Max, e questo aveva innescato violente tensioni fra i due gruppi. Alla fine però si erano alleati per sconfiggere un nemico ancora più pericoloso, una fazione di terrestri ribelli e violenti che volevano annientare i coloni, e adesso tutti facevano del loro meglio per collaborare. Rhodes si era dimesso dalla carica di Vice Cancelliere e aveva contribuito a istituire un nuovo Consiglio, formato tanto da coloni quanto da terrestri.
Quel giorno non era soltanto la prima celebrazione congiunta dei gruppi: era anche la prima volta che il nuovo Consiglio sarebbe comparso davanti al popolo unito. Il ragazzo di Clarke, Bellamy, era uno dei membri ed era stato invitato a tenere un discorso.
«È come se tutto stesse tornando ad avere un senso» commentò la mamma di Clarke, adocchiando un giovane colono che aiutava due ragazze terrestri ad apparecchiare i tavoli con vassoi di latta e posate di legno. «Che cosa posso fare per rendermi utile?»
«Hai già fatto tanto. Cerca di rilassarti.» Clarke la guardò con intensità per bearsi del suo caldo sorriso. Sebbene fosse passato un mese da quando si erano riuniti, non riusciva ancora a capacitarsi di come i suoi genitori non fossero stati espulsi nello spazio, in seguito alla condanna per alto tradimento sulla Colonia, come le era stato raccontato. Invece erano stati mandati sulla Terra, dove avevano affrontato innumerevoli pericoli prima di ritrovare la figlia. Da quel momento, i due medici si erano dimostrati elementi indispensabili del campo, aiutando a ricostruire dopo gli attacchi della fazione di terrestri violenti, lavorando con il dottor Bhatnagar per curare i feriti e, insieme a Clarke, Wells e Bellamy, a rafforzare i legami tra i coloni e i loro pacifici vicini terrestri.
Per la prima volta da che aveva memoria, Clarke provava la sensazione che la vita fosse bella e piena di speranze. Dopo mesi di terrore e di dolore, finalmente le sembrava giusto festeggiare.
Il padre attraversò la radura a grandi passi per avvicinarsi ai tavoli rozzamente tagliati; salutò con la mano Jacob, un agricoltore terrestre con cui aveva stretto amicizia, poi si girò per regalare alla figlia un enorme sorriso. Con il braccio sinistro stringeva un fascio di pannocchie dai colori squillanti.
«Jacob dice che la pioggia tarderà abbastanza da permetterci di vedere il sorgere della luna.» David Griffin posò le pannocchie sul tavolo e si grattò pensieroso la nuova barba folta, scrutando il cielo quasi potesse già vederla. «A quanto pare, sarà rossa sull’orizzonte. Jacob l’ha chiamata “Luna del Cacciatore”, ma credo sia quella che i nostri antenati definivano “Luna del Raccolto”.»
Da bambina Clarke si annoiava spesso durante le interminabili lezioni a proposito della Terra, ma adesso, dopo un anno di angoscia nella convinzione che i suoi genitori fossero morti, il tono didascalico del padre le riempì il cuore di gioia e di gratitudine.
Tuttavia, mentre l’uomo continuava a parlare, lo sguardo della ragazza si spostò verso i margini della foresta dove, in lontananza, una figura alta e familiare stava emergendo dalla boscaglia con un arco a tracolla. «Sai, preferisco la Luna del Cacciatore» dichiarò mentre un ampio sorriso le illuminava il volto.
Bellamy rallentò il passo nell’entrare nella radura, lo sguardo penetrante che scrutava l’accampamento. Nonostante le traversie che avevano passato insieme, sapere che lui ancora la cercava con gli occhi le fece battere forte il cuore. Qualunque cosa avesse in serbo per loro quel pianeta selvaggio e inospitale, l’avrebbero affrontata insieme, e insieme sarebbero sopravvissuti.
Mentre il giovane si avvicinava, Clarke notò che aveva sulla spalla un fagotto voluminoso: era un uccello enorme, con le penne dai colori elettrici, il collo lungo e sottile.
A giudicare dalle dimensioni, avrebbe potuto sfamare metà del gruppo quella sera. La ragazza si sentì pervadere da un fremito di orgoglio. Anche se la popolazione dell’accampamento aveva superato le quattrocento unità, compreso un buon numero di soldati addestrati della Colonia, Bellamy restava di gran lunga il miglior cacciatore.
«È un tacchino?» s’informò il padre di Clarke, rischiando di ribaltare un tavolo nella foga di correre incontro al giovane per dare un’occhiata ravvicinata al pennuto.
«Li abbiamo visti nella foresta» intervenne la madre, affiancandosi a Clarke. Si schermò gli occhi con la mano contro il riverbero del sole, mentre Bellamy continuava ad attraversare l’accampamento. «A nord-ovest di qui, lo scorso inverno. Credevo fossero dei pavoni, con quel piumaggio azzurro. A ogni modo, erano troppo scaltri per farsi catturare.»
«Bellamy è capace di prendere qualsiasi cosa» disse Clarke, per poi arrossire di colpo quando la madre le scoccò un’occhiata eloquente.
All’inizio Clarke era stata un po’ in ansia nel presentare Bellamy ai suoi, non sapendo come avrebbero reagito davanti a un ragazzo che non fosse il suo ex, Wells, un fenicio di rango sociale elevato. Invece, con suo sommo sollievo, i genitori lo avevano accolto con favore. I traumi da loro stessi patiti li avevano resi più comprensivi e perfino protettivi nei confronti di Bellamy, quando trascorreva la notte nella capanna di famiglia di Clarke, tormentato da incubi debilitanti che lo strappavano dal sonno e lo riducevano a un mucchietto sudato e tremante. Incubi su plotoni di esecuzione, bavagli che gli s’incollavano al viso, urla agghiaccianti di Clarke e Octavia. In quelle occasioni, i dottori Griffin si affrettavano a preparargli infusi di erbe per aiutarlo a dormire e, mentre Clarke gli stringeva la mano, nessuno dei due proferiva una sola parola di cautela alla figlia.
Nonostante i sorrisi cordiali che i genitori gli stavano rivolgendo, Clarke non poté fare a meno di provare una certa inquietudine. C’era qualcosa che non andava nella falcata del giovane. Aveva il volto pallido e continuava a gettarsi occhiate alle spalle con un’espressione terrorizzata.
Il sorriso del dottor Griffin si spense quando Bellamy si avvicinò. L’uomo tese le braccia per prendere il volatile e il ragazzo glielo consegnò in fretta e senza nemmeno dire grazie.
«Clarke» ansimò Bellamy, come se avesse appena corso. «Devo parlarti.»
Prima che la ragazza avesse il tempo di rispondere, lui l’afferrò per il gomito e la tirò oltre il grande focolare centrale fino ai margini dell’anello di capanne di recente costruzione. Lei inciampò in una radice sporgente e fu costretta a recuperare in fretta l’equilibrio per evitare di essere trascinata sul terreno.
«Bellamy, fermati!» Clarke liberò il braccio con uno strattone.
Lo sguardo vitreo di lui si schiarì per un attimo. «Scusa. Tutto bene?» s’informò, tornando in sé.
Clarke annuì. «Sì, bene. Che cosa succede?»
L’espressione terrorizzata tornò a oscurare il volto del giovane mentre scrutava l’accampamento. «Dov’è Octavia?»
«Sta tornando proprio adesso insieme ai bambini.» La ragazza aveva portato i più piccoli a giocare al ruscello per impedire che interferissero con i preparativi del pomeriggio. Clarke indicò la fila di bambini che si tenevano per mano mentre attraversavano la radura diretti ai tavoli, con la ragazza dai capelli neri che guidava il branco. «Vedi?»
Bellamy si rilassò un istante alla vista della sorella, ma quando i suoi occhi incontrarono quelli di Clarke, il suo volto si rabbuiò di nuovo. «Ho notato qualcosa di strano mentre ero a caccia.»
Clarke si morse un labbro per reprimere un sospiro. Non era la prima volta che il giovane pronunciava quelle parole negli ultimi giorni. E non era nemmeno la decima.
Gli strinse la mano e annuì. «Racconta.»
Lui spostò il peso da un piede all’altro, un rivolo di sudore che gli colava dai neri capelli scompigliati. «Una settimana fa, più o meno, ho visto un cumulo di foglie sulla pista della selvaggina, sulla strada per Mount Weather. Mi è parso… innaturale.»
«Innaturale» ripeté Clarke, facendo del suo meglio per non spazientirsi. «Un cumulo di foglie. Nella foresta. In autunno.»
«Un enorme cumulo di foglie. Grande almeno il quadruplo di un qualsiasi altro mucchio nei dintorni.» Bellamy cominciò a camminare avanti e indietro, parlando più a se stesso che a Clarke. «Non mi sono fermato a controllare. Avrei dovuto. Perché non l’ho fatto?»
«Okay» scandì Clarke indulgente. «Torniamo lì a dare un’occhiata, allora.»
«È scomparso» ammise Bellamy, passandosi una mano tra i capelli ribelli. «Quel giorno l’ho ignorato e oggi è scomparso. Come se qualcuno lo avesse usato per uno scopo e poi lo avesse eliminato perché non gli serviva più.»
La sua espressione, un misto di ansia e di rimorso, le strinse il cuore. Clarke conosceva l’origine di quel comportamento. Dopo l’atterraggio delle navicelle, il Vice Cancelliere Rhodes aveva cercato di giustiziare Bellamy per dei presunti crimini commessi sulla Colonia. Erano passati soltanto due mesi dal giorno in cui il ragazzo era stato costretto a uno straziante commiato dalle persone che amava, prima di essere bendato e trascinato davanti al plotone di esecuzione. Aveva affrontato la morte, consapevole di lasciare sola Octavia, e Clarke con il cuore spezzato. Tuttavia l’esecuzione era stata interrotta dall’improvviso e violento attacco dei terrestri rinnegati. Sebbene in seguito Rhodes avesse concesso la grazia a Bellamy, quegli eventi gli erano rimasti impressi a fuoco nella mente. Gli attacchi di paranoia del ragazzo erano comprensibili, ma invece di migliorare col tempo, Bellamy sembrava peggiorare.
«E aggiungilo a tutto il resto» proseguì lui, la voce sempre più stridula per la tensione. «I solchi di ruote nei pressi del fiume. Le voci che ho sentito nella foresta…»
«Ne abbiamo già discusso» lo interruppe Clarke, cingendogli la vita con le braccia. «I solchi potrebbero appartenere ai carri della gente del villaggio. Quanto alle voci…»
«Lo ho sentite!» Bellamy fece per staccarsi dall’abbraccio, ma Clarke lo strinse più forte.
«Lo so» mormorò lei.
Lui si arrese, appoggiandole il mento sulla testa.
«Non voglio fare una scenata…» Bellamy deglutì. La parola ulteriore rimase in sospeso. «Però insisto. C’è qualcosa che non va. Ho già avuto questo presentimento e ce l’ho adesso. Bisogna avvertire gli altri.»
Clarke voltò la testa a guardare le persone indaffarate. Lila e Graham passarono lì accanto con dei secchi d’acqua, prendendo in giro un ragazzino più piccolo che arrancava sbuffando per il peso; bambini terrestri correvano ridendo mentre tornavano dal villaggio con altro cibo per il banchetto; le guardie di ronda chiacchieravano tra loro nello scambiarsi il turno.
«Dobbiamo avvertirli prima di questa…» Bellamy fece un vago gesto con la mano. «Qualunque cosa sia.»
«La Festa del Raccolto» disse Clarke. Non vedeva l’ora di partecipare a un rito tradizionale che risaliva a centinaia di anni prima del Cataclisma, la guerra nucleare che aveva distrutto quasi completamente la Terra e costretto i primi coloni a rifugiarsi nello spazio per salvare la razza umana. «Max ha detto che si celebra da generazioni, e sarà bello prenderci un momento per…»
«È proprio quello che la fazione di terrestri ribelli sta aspettando» la interruppe Bellamy alzando la voce. «Se fossi io a voler attaccare, sceglierei proprio oggi. Con noi tutti qui riuniti. Bersagli facili.»
Un ragazzino uscì in fretta dalla sua capanna, poi, nel vedere B...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- CAPITOLO 1. Clarke
- CAPITOLO 2. Wells
- CAPITOLO 3. Glass
- CAPITOLO 4. Bellamy
- CAPITOLO 5. Wells
- CAPITOLO 6. Clarke
- CAPITOLO 7. Bellamy
- CAPITOLO 8. Glass
- CAPITOLO 9. Wells
- CAPITOLO 10. Bellamy
- CAPITOLO 11. Clarke
- CAPITOLO 12. Glass
- CAPITOLO 13. Wells
- CAPITOLO 14. Bellamy
- CAPITOLO 15. Glass
- CAPITOLO 16. Wells
- CAPITOLO 17. Clarke
- CAPITOLO 18. Bellamy
- CAPITOLO 19. Glass
- CAPITOLO 20. Wells
- CAPITOLO 21. Clarke
- CAPITOLO 22. Bellamy
- CAPITOLO 23. Glass
- CAPITOLO 24. Wells
- CAPITOLO 25. Bellamy
- CAPITOLO 26. Clarke
- CAPITOLO 27. Wells
- CAPITOLO 28. Glass
- CAPITOLO 29. Clarke
- CAPITOLO 30. Glass
- CAPITOLO 31. Bellamy
- CAPITOLO 32. Wells
- CAPITOLO 33. Clarke
- RINGRAZIAMENTI