La bambina che non amava il suo nome
eBook - ePub

La bambina che non amava il suo nome

  1. 192 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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La bambina che non amava il suo nome

Informazioni su questo libro

Gerania vive a Istanbul, ha undici anni ed è una bambina intelligente e curiosa, che fa sempre tante domande ai suoi genitori e agli insegnanti. Ha proprio una bella parlantina, e i grandi fanno fatica a starle dietro! Le piacciono gli animali, la pallavolo, la limonata… ma non il suo nome! Quello non lo sopporta. Quando i compagni la prendono in giro, lei si rifugia nei libri. E il libro che le piace di più è l'atlante, che ha ricevuto in regalo dal suo papà. Un giorno, è proprio nella biblioteca della scuola che a Gerania accade qualcosa di straordinario. Tra gli scaffali, vede una strana sfera luminosa: si tratta di un globo magico, che la guiderà verso un viaggo indimenticabile. Siete pronti per un'avventura incantata a Lefastor, il Paese delle Leggende, delle Favole e delle Storie? Lefastor è un mondo speciale, che vive di fantasia e rischia di scomparire. Ma forse, Gerania e i suoi nuovi amici, unendo le forze, riusciranno a salvarlo…

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2018
Print ISBN
9788817099547
eBook ISBN
9788858692608

Un viaggio inaspettato

Immagine 1 Un viaggio inaspettato
Gerania restò sorpresa quando entrò nel soggiorno. Suo padre, il signor Hasan, era seduto in poltrona. Di solito a quell’ora non era mai a casa.
Il signor Hasan era immobile e guardava fuori dalla finestra. Non stava leggendo il giornale, non stava facendo un rebus e nemmeno i conti. Non si era neanche messo gli occhiali. Che strano! Suo padre era la persona più laboriosa che Gerania avesse mai conosciuto. Era la prima volta che lo vedeva seduto a fare niente.
«Mia intelligentissima figlia, mia geniale figlia… Bentornata» disse il signor Hasan. «Allora, come va?»
Gerania sorrise. Suo padre era orgoglioso di lei, le faceva sempre tanti complimenti e la incoraggiava.
«Bene» rispose la bambina.
Si sedette sulla poltrona a fianco del padre e appoggiò la testa alla sua spalla, godendosi quell’odore familiare. La signora Hayal comprava da anni lo stesso sapone. In bagno, e anche in cucina, tutti usavano il sapone all’alloro.
«Com’è andata a scuola?» le chiese il signor Hasan.
«Oggi, durante l’ora di geografia, la maestra Leyla mi ha detto “brava”.»
«Un “brava” anche da parte mia, allora.»
«Però l’insegnante di matematica mi ha fatto una ramanzina.»
Il signor Hasan sorrise amorevolmente. «Non ti preoccupare, anche i migliori studenti prendono ogni tanto dei voti brutti. Anche i più intelligenti a volte sbagliano. Cosa dicevano i nostri antenati… “Due teste sono meglio di una”.»
«E che cosa significa?»
«Significa che non si può sapere tutto. Anche se conosci molto bene qualcosa, ci può sempre essere qualcuno più bravo di te.»
«Ma tu sai tutto.»
«Io? No, ci sono tante cose che non so nemmeno io.»
Ma Gerania non ci credeva. Suo padre era la persona più acculturata che avesse mai conosciuto.
Proprio in quel momento, sua madre la chiamò: «Gerania!».
«Eeeeh?»
«Non si dice mai: “Eeeeh”. Si dice: “Sì, mamma?”.»
«Sì, mamma?»
«Vieni e aiutami ad apparecchiare la tavola.»
Gerania tirò fuori i piatti dalla credenza e li mise sul tavolo insieme alle forchette, ai coltelli, ai bicchieri e ai tovaglioli. Nello stesso tempo, però, osservava suo padre con la coda dell’occhio.
Le sembrava che avesse un’aria strana, e non capiva perché…
«Vedo che ti sei distratta di nuovo» le disse la signora Hayal. «Sei lì imbambolata come un allocco.»
«Che cos’è un allocco?»
«Un uccello.»
«E l’allocco è imbambolato perché pensa?»
«Sì, è sempre pensieroso» rispose la signora Hayal.
Gerania aggrottò le sopracciglia. «E tu come lo sai? Forse le persone credono che sia così, ma gli uccelli non hanno mica la lingua per raccontarlo.»
«Figlia mia, è solo un modo di dire.»
«Modo di dire»… Quella era un’altra cosa che non riusciva a capire degli adulti. Se erano le persone a scegliere le parole, che cosa significava «modo di dire»? Esisteva un modo per dire le parole? Anche se avrebbe voluto chiederlo ai suoi genitori, in quel momento ci rinunciò.
Immagine 2 Un viaggio inaspettato
Finì di apparecchiare e si misero tutti a tavola. Di solito a cena parlavano della giornata appena trascorsa. Stavolta però c’era un insolito silenzio.
Avevano appena finito di mangiare la zuppa, quando il signor Hasan incrociò lo sguardo della signora Hayal e disse: «Credo sia il caso di dire tutto alla nostra bambina…».
«Dire che cosa?» domandò Gerania.
La signora Hayal spinse di lato il piatto e fece un sorriso forzato. «Io e tuo padre dobbiamo partire per un viaggio.»
«Un viaggio? Perché? Quando? Dove?»
«Partiamo domani» disse sua madre.
«Ma nel fine settimana io voglio uscire con papà!» piagnucolò Gerania.
Il signor Hasan prese la mano della figlia. «Lo faremo al nostro ritorno, te lo prometto. Non sarà un viaggio lungo, staremo via soltanto una settimana.»
«Una settimana?» strillò stupita Gerania. «È tantissimo! Perché non me lo avete detto prima?»
«Perché non lo sapevamo, ce l’hanno appena confermato» rispose la madre. «In nostra assenza, baderanno a te i nonni. Non ti vedono da molto tempo e sentono la tua mancanza. Sei fortunata. Chissà quanto ti vizieranno…»
Era vero, i nonni le volevano un sacco di bene. E anche lei ne voleva a loro.
«Ma i nonni non abitano qui. Se vado da loro perderò giorni di scuola.»
Che strano. Sino a quel momento aveva sempre invidiato i grandi perché non erano obbligati ad andare a scuola. Qualche volta si era persino finta malata, pur di non andarci. Ora invece non voleva perdere neanche un giorno di scuola…
«Non ti preoccupare, papà ha parlato con il preside e ha avuto il permesso. Salterai solo cinque giorni, non di più. Chiederemo agli insegnanti delle dispense con gli argomenti fatti e recupererai subito.»
Mentre sua madre le diceva queste parole, stava riempiendole il piatto di pasta. Gerania chiese con apprensione: «E dove andate?».
«All’estero» disse suo padre senza guardarla.
Gerania sapeva che quando i grandi non ti guardavano negli occhi, allora significava che nascondevano qualcosa. Si preoccupò persino di più. Avrebbe voluto abbracciare suo padre e dirgli: «Non devi preoccuparti, a me puoi raccontare tutto!». Però in quel momento non lo fece.
«È soltanto una settimana» ripeté sua madre, «tuo padre deve fare un viaggio di lavoro e io devo accompagnarlo. Altrimenti ti avremmo portata con noi. Ma ti prometto che la prossima volta andremo insieme.»
«E Giorno e Notte? Chi darà da mangiare alle mie tartarughe?»
I suoi genitori si scambiarono un’occhiata. Evidentemente non avevano pensato a questo particolare. Allora Gerania disse: «Le metterò in una scatola e le porterò con me!».
La signora Hayal alzò le sopracciglia e obiettò: «No, figlia mia. E se Canikom se le mangia?».
Canikom era il gatto dei nonni. Un gatto con il pelo arancione, grasso e pigro, capace di ingurgitare qualsiasi cosa. Una volta aveva mangiato i pon-pon delle pantofole di Gerania, un’altra volta aveva fatto cadere un calamaio e poi si era messo a leccare l’inchiostro. Gli era rimasta la lingua blu per un mese.
Il signor Hasan intervenne: «Tua madre ha ragione. E poi sarebbe un peccato per quelle bestioline, si stancherebbero durante il viaggio».
«E chi se ne occuperà?»
«La cosa migliore è affidarle ai vicini del piano di sotto. Punto e basta!» tagliò corto la signora Hayal.
A Gerania quella soluzione non piaceva affatto. Non si fidava di Efekan, il figlio dei vicini. Quel bambino pestifero avrebbe potuto dare alle tartarughe qualcosa di sbagliato da mangiare. Ma nonostante le sue riserve, nessuno le diede retta. Ancora una volta, i suoi genitori avevano preso una decisione senza consultarla.
Gerania allora promise a se stessa una cosa: quando sarebbe cresciuta, e sarebbe diventata mamma, lei avrebbe sempre dato ascolto ai suoi figli. Non li avrebbe liquidati dicendo: «Punto e basta!».
Finì di mangiare la pasta controvoglia e subito dopo cena andò a chiudersi nella sua stanza.
La sua stanza era il suo rifugio. Trascorreva lì buona parte della giornata, specialmente durante il fine settimana. Si guardò intorno. Sulle mensole c’era un sacco di oggetti colorati: quaderni, braccialetti, collane, ciondoli a forma di cane o di cavallo, foto di scoiattoli giapponesi… Sulla parete, in una cornice d’argento, c’era una foto con lei e i suoi genitori, scattata quando erano andati tutti insieme allo zoo. Alle loro spalle avevano dei pappagalli azzurri e verdi. Accanto a quella foto ce n’era un’altra, scattata durante la recita scolastica, quando Gerania aveva interpretato il ruolo della principessa. A lei però non era piaciuto recitare quella parte. Essere una principessa era noioso. Per tutto lo spettacolo era rimasta chiusa dentro una torre, ad aspettare che il principe venisse a salvarla. Fare il principe sarebbe stato molto più eccitante. Lui aveva la spada, il cavallo e il drago da sfidare. Era il principe che viveva le avventure più avvincenti. E quella era un’ingiustizia.
Se doveva andare dai nonni, era meglio prepararsi. Gerania raggiunse l’armadio e tirò fuori la valigia. Cosa ci doveva mettere? Prima di tutto, prese il diario in cui scriveva sempre ogni volta che si sentiva sola.
Immagine 3 Un viaggio inaspettato
Poi si piazzò davanti agli scaffali e prese i suoi libri preferiti: Il pesciolino nero, Alice nel Paese delle Meraviglie, Il principe felice, Il giro del mondo in ottanta giorni, I bambini della ferrovia. Poi prese un romanzo per ognuna di queste serie che aveva già letto: I diari di Nikki, La banda dei cinque e La Bottega Battibaleno. Poi prese Le avventure di Huckleberry Finn, Il meraviglioso mago di Oz, Piccole donne, Nuvole viola nel cielo, I bambini che vendevano musica, L’abito fa il monaco di Nasreddin Hoca e Oliver Twist di Charles Dickens…
C’erano anche dei fumetti, ma a sua madre non piaceva che lei leggesse fumetti. «I monelli leggono cose del genere!» diceva sempre. La signora Hayal era convinta che fossero tutti pieni di asce, armi varie, guerre e battaglie. Invece racchiudevano un mondo di divertimento. Era bello vedere le parole e i disegni insieme. Prese la sua serie preferita della Marvel, Avengers, e la mise in valigia.
Tutti i grandi dicevano ai bambini: «Dovete leggere, leggere tanti libri!». E allora perché loro non lo facevano mai?
La signora Hayal e il signor Hasan infatti non leggevano molto, però erano felici che la figlia amasse i libri.
Una volta Gerania aveva chiesto a sua madre: «Mamma, mi dici sempre che devo leggere. Ma perché tu non leggi?».
«Noi lavoriamo perché tu possa leggere. Per cosa si danno da fare tutti i genitori? Perché i figli possano leggere. Tuo padre, pover’uomo, torna sempre stanco dal lavoro, mangia un boccone e va a dormire. Secondo te dove lo trova il tempo di leggere? Io bado alla casa tutto il giorno. Sai quanto è difficile prendersi cura del nostro nido? Sempre a cucinare e a lavare una montagna di piatti…» aveva risposto lei risentita.
«Però, mamma, noi abbiamo la lavastoviglie…» aveva commentato Gerania.
«Non fa differenza. Tra rassettare la casa e andare a fare la spesa, la giornata trascorre in fretta. Non ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. La bambina che non amava il suo nome
  4. La mentalità dei bambini
  5. A scuola
  6. Un segreto a casa
  7. Un viaggio inaspettato
  8. Una strabiliante scoperta
  9. In visita alla cittadina
  10. Nuovi amici
  11. Il potere dei libri
  12. Il Bosco delle Scelte
  13. Terra
  14. Acqua
  15. Fuoco
  16. Aria
  17. Il ticchettio dell’orologio
  18. Il ritorno a casa
  19. Indice